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Autore: Agapanto Blu    25/01/2013    5 recensioni
Anno Domini 1234.
Chatel-Argent, feudo dei Montmayeur, Francia.
Quando Daniel Freeland decide, come ultimo tentativo di aiutare la figlia diciottenne, di portare la sua Alexandra nel passato, non si aspetta certo l'immensità di sciagure che, con più foga e sadismo del solito, Hyperversum gli scatenerà contro...
Tra un rapimento, segreti che tornano alla luce e giovani amori, sembra che tutto si stia rivoltando contro il gioco di maschere dei Ponthieu e perfino la morte potrebbe non essere così certa...
Ma chi si cela dietro tutto ciò?
**********
Quando i battenti furono aperti di nuovo, il Falco d’Argento non esisteva più e Ian Maayrkas veniva portato fuori dalla sala con i polsi incatenati dietro la schiena e due guardie ai fianchi.
Lo sgomento della corte francese fu totale.
*****
Daniel non voleva crederci, non riusciva a crederci.
Eppure davanti a lui, terribili nelle loro armature, l'una con un leone d'oro rampante in campo rosso e l'altra bianca con una croce nera centrale, stavano gli incubi più tremendi che Hyperversum gli avesse mai fatto incontrare.
Jerome Derangale sorrise.
"Chi abbiamo qui?"
Al suo fianco, il barone Gant rise.
"Una spia senza signore!".

Alcuni personaggi leggermente OOC.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Daniel/Jodie, Etienne/Donna, Geoffrey/Brianna, Ian/Isabeau
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13. Il traditore

 
Marc e suo padre scesero dalla torre, dopo le opportune spiegazioni, per dirigersi al salone ma trovarono una situazione… insolita.
Tutti i nobili convocati per la riunione aspettavano fuori dalla stanza, vi erano anche alcune dame, ma del Re nessuno sapeva niente.
I due uomini si accostarono al gruppetto composto da Giullaume, Michel, i Freeland e Isabeau.
“Dev’essere per via del traditore.” commentò Alex attirandosi gli sguardi sorpresi degli altri, “Sua Maestà mi aveva detto che oggi avrebbe dovuto dare ascolto ad un uomo che aveva tradito anni fa…”
Ma Alex si sbagliava.
Il Re comparve, con espressione truce e abbaiando ordini alle guardie, e si accostò ai Ponthieu.
“Margherita di Provenza è stata rapita lungo la strada che l’avrebbe portata qui.” dichiarò cupo.
 
***
 
Quello che avvenne, da quel momento in poi, fu molto caotico.
I nobili, sconvolti da un affronto tale, iniziarono a lanciare accuse a mezza voce, il Re fece allontanare tutti e si rinchiuse nel salone di Chatel-Argent con i suoi feudatari e i suoi guerrieri più fidati ed esperti tra i quali Guillaume e Jean Marc de Ponthieu e Daniel Freeland.
Isabeau e Jodie, preoccupate, rimasero in attesa dei mariti fuori dalla porta mentre Michel si occupò di scortare Dama Matilde de Sancerre alle sue stanze poiché la di lei madre era determinata ad aspettare il consorte.
Marc porse il braccio ad Alex quasi senza dirle nulla e lei lo accettò in silenzio, neanche si aspettasse quel gesto.
“Vuoi andarti a riposare?” le chiese Marc mentre camminavano.
Alex scosse la testa.
“Non trovo che le brutte notizie concilino il sonno.” commentò, “Portami da qualche parte, parlami... Ho paura che questa storia non finirà in fretta.”
Alexandra, ormai, aveva capito che Margherita sarebbe stata comunque rilasciata e che il rapimento spiegava il ritardo del matrimonio con Luigi al 27 Maggio, a Sens, ma questo non voleva dire che non potesse accadere nulla nel frattempo. Per quanto la giovane si arrovellasse, non riusciva a capire chi potesse aver compiuto quell’agguato: innanzitutto, nelle cronache future non veniva menzionato affatto e, in secondo luogo, a nessuno conveniva fermare il matrimonio perché non avrebbe cambiato la situazione politica o costretto Luigi ad abdicare. Margherita era, tutto sommato, una preda sacrificabile: sarebbe bastato che morisse perché il neo-re di Francia potesse scegliere una nuova sposa quindi era davvero insensato un suo rapimento. Certo, portava una buona dote, ma niente di così eccezionale da spiegare quel gesto.
“Non preoccuparti.” le sussurrò Marc in quel momento, “Risolveranno la situazione…”
Alex annuì.
“Ne sono certa.” rispose, sicura.
“Allora a cosa pensi?”
Alex decise di non mentire.
“A chi potrebbe avere il coraggio di fare una cosa tanto ignobile…” sussurrò.
Marc non le rispose, ma la aiutò a sedersi su una panca e poi si accomodò al suo fianco.
Erano seduti in silenzio sulla panca da mezz’ora circa quando una guardia corse a chiamare il giovane Marc.
Nessuna spiegazione chiara e molte dicerie ma, a quanto pareva, il traditore pretendeva che gli venisse data udienza nonostante la situazione e diceva di avere informazioni importanti per l'intero Paese.
“Vostro padre vi cerca.” concluse il soldato.
Marc e Alex annuirono e si diressero quasi di corsa verso il salone.

***

Di nuovo, i nobili attendevano fuori dalle porte e il Re non si vedeva.
Ian era in ansia: ciò che Alex gli aveva detto, del matrimonio rimandato, ora lo preoccupava e si chiedeva se non avesse fatto male a sottovalutare la questione.
Guillaume, al suo fianco, era silenzioso e meditabondo e Isabeau, aggrappata al braccio del marito, manteneva a stento il suo contegno da castellana.
Ian aveva voluto i figli vicini a sé, nel disperato tentativo di controllare almeno la sua famiglia dopo un affronto tanto grande, ma sapeva bene che era inutile. Una parte di lui, si chiedeva anche se Luigi avrebbe messo da parte la rabbia personale e avrebbe accontentato il traditore.
La risposta arrivò con uno sferragliare di catene.
Ian si voltò per vedere chi fosse il traditore di cui aveva parlato Alex e impietrì.
Quasi trascinato da due guardie reali, con catene ai polsi e alle caviglie, arrancava lungo il corridoio Renaud de Dammartin.
Ian sbiancò.
Il padrino di Jean de Ponthieu era l’unico che potesse riconoscerlo come un impostore, ma lui non si aspettava certo di vederlo fuori da una cella dopo che aveva tradito la Francia nel 1214, alla battaglia di Bouvines. Renaud de Dammartin aveva tentato di suicidarsi nel 1217, ma, a quanto aveva saputo l'americano, era stato salvato per un soffio e rinchiuso con ancor più segretezza di prima, al punto che molti ancora credevano fosse morto allora e perfino i libri di Storia erano convinti che in quel tentativo egli avesse raggiunto il Creatore*.
L’uomo, per quanto non più vestito di armatura e blasone, incuteva ad Ian ancora più paura di quando lo aveva trovato sul campo di battaglia.
Proprio in quel momento, Renaud alzò lo sguardo dal pavimento e incrociò gli occhi azzurri di Ian. E ghignò.
“Sei finito, maledetto!” ringhiò Dammartin e Ian, seppur a fatica, distolse lo sguardo mentre le guardie facevano entrare il prigioniero nel salone, dove avrebbe parlato con il re.
Ian fissava il pavimento a occhi sgranati, sconvolto.
Non c’era dubbio che Dammartin fosse lì per tradirlo, ma come aveva fatto a sapere che lui non era il vero Jean senza mai vederlo?!
Devo trovare una soluzione!, capì al volo l’americano, ma la sua mente era vuota.
Isabeau, al suo fianco, si era fatta cinerea e lo guardava con terrore, pur cercando di mantenere un contegno.
Ian si accorse che molti nobili lo additavano quando Etienne gli si accostò.
“Che diamine voleva quel dannato traditore da te?” ringhiò fulminando la porta. Alle sue spalle, entrambi gli Henri erano indignati.
Ian non seppe cosa rispondere, spaventato all’idea di perdere tutto, ma capì che c’era qualcuno che avrebbe potuto mantenere la calma.
“Devo parlare con Guillaume, scusatemi…” sussurrò sbrigativamente prima di dirigersi con la moglie vicino al suo signore.
Guillaume, come molti, aveva visto la scena e attese che il fratello gli si avvicinasse per trascinarlo, sebbene con discrezione, con sé in una stanza abbastanza lontana dal corridoio io cui la nobiltà attendeva.
“Com’è possibile che sappia tutto?!” chiese Ian sconvolto.
“Sicuro che non ti abbia mai visto né a Bouvines né dopo?” chiese Ponthieu, serio.
Ian annuì.
“Mi ha visto una volta in battaglia ma avevo ancora l’elmo…” sussurrò, terreo.
Guillaume era palesemente furioso ma Ian ormai sapeva che, dietro alla rabbia, il conte nascondeva sempre la preoccupazione.
“Madame, vi prego di raggiungere i vostri figli e rassicurarli sul fatto che arriveremo presto…” sussurrò Ponthieu a Isabeau che, seppur spaventata, annuì e li lasciò soli.
Non appena la porta si fu chiusa alle sue spalle, Guillaume fissò il suo uomo di fiducia negli occhi.
“Il Re è furibondo.” disse serio, “Il rapimento della fidanzata lo ha reso furioso e se ora Dammartin gli riferisce e gli prova che tu non sei chi dici di essere, non avrà pietà per il nostro casato. Non si limiterà a uccidere me e te ma si rifarà su chiunque, forse anche su Marc e Michel e persino Elodie potrebbe rischiare le sue ire: dobbiamo trovare una soluzione in fretta!”
“Appena il Re verrà a sapere le accuse di Dammartin, vorrà capire: abbiamo sì e no quindici minuti.” calcolò Ian, sconvolto dalla prospettiva di vedere sua moglie e anche i suoi figli, che non c’entravano niente, pagare per le sue azioni.
“Ho bisogno del Falco, Jean!” ringhiò Ponthieu vedendo che non riusciva a ragionare e afferrandolo per la tunica sul petto, “Oppure moriranno anche persone che non hanno nulla a che fare con questa faccenda!”
Ian deglutì, pensando: era impossibile provare che era Jean de Ponthieu, fino a quel momento la sua parola era bastata perché nessuno a parte un inglese che non aveva mai visto l’originale aveva mai sospettato niente, ma Renaud de Dammartin era un caso a parte. Non solo conosceva il vero Jean ma era stato il suo padrino d’investitura: lui possedeva ritratti fatti al vero Jean de Ponthieu e per quanto poco accurati in essi, Ian ne era certo, alcune differenze si sarebbero viste. Prima fra tutte, gli occhi: Ian aveva occhi azzurri mentre il cadetto Ponthieu aveva occhi castani, seppur più chiari di quelli del fratello**. Nessuno si poteva ricordare quel dettaglio vista la prolungata assenza del giovane dalla corte ma i ritratti più vecchi avrebbero senz’altro mostrato la verità e a quel punto sarebbe bastato chiamare a testimoniare i frati del monastero dove Jean aveva passato la sua vita dai diciotto anni fino quasi alla morte…
Dammartin riuscirà a farmi cadere., comprese Ian in un lampo di lucidità, Non ho alcun modo per fermarlo.
Ma se Ian non poteva impedire la propria caduta, forse poteva ancora fare qualcosa… Doveva solo essere certo che gli altri gli reggessero il gioco.
“Guillaume, forse ho un modo per evitare che il Re stermini il casato,” ammise con voce bassa, “ma ho bisogno che mi giuri, davanti a Dio Onnipotente, che non contraddirai in alcun modo la mia versione dei fatti davanti al Re!”
Guillaume sgranò gli occhi ma annuì.
“Te lo giuro.” disse, “Cosa vuoi…?”
“Non c’è tempo, ora.” lo interruppe Ian uscendo dalla stanza, “Devo far giurare anche Isabeau, Daniel, Jodie e Alexandra!”
Guillaume andò dietro a suo fratello fingendo indifferenza a beneficio di chi li avrebbe visti ma, dentro di lui, qualcosa ribolliva allo spettacolo di quelle iridi azzurre così disperate, come le aveva viste solo quando le aveva ripudiate e quando quel gioco di maschere era iniziato.
Per la carità, Ian: non fare follie!, riuscì solo a pensare prima che raggiungessero la famiglia Freeland.
“Isabeau, ho bisogno di te e di Daniel.” disse Ian senza esitazione, “Jodie, Alexandra: anche voi, per favore.”
Marc e Michel guardarono il padre, sconvolti.
“Cosa succede?” chiese il primo afferrando il padre per un braccio nel vederlo allontanarsi.
“Niente, Marc. Niente.” rispose Ian fingendo indifferenza poi ricordò lo sguardo preoccupato del figlio e la promessa di spiegargli dell’incontro con sua madre e del suo segreto subito dopo la discussione con il re, “Però… Non so se potrò mantenere quello che ti ho detto sulla torre…”
Marc sgranò gli occhi.
“Perché?” chiese, confuso e preoccupato.
“Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto, ragazzi.” sussurrò Ian, includendo nell’occhiata anche Michel, che guardava la scena attonito, “Forse fra un po’ non mi crederete più, ma sappiate che vi voglio molto bene e che sono davvero orgoglioso di entrambi.”
Senza aggiungere altro, Ian si allontanò dai figli e prese da parte le uniche persone che sapevano del viaggio nel medioevo.
“Ascoltate, forse so cosa fare ma voi dovete giurarmi davanti a Dio che non contraddirete la mia versione dei fatti davanti al Re, va bene?”
Isabeau gemette, sconvolta; Daniel e Jodie si lanciarono un’occhiata preoccupata e Alex aggrottò la fronte.
“Chi era?” chiese.
“Renaud de Dammartin.” rispose Guillaume, lapidario.
“Il padrino di Jean de Ponthieu!” sussurrò Daniel capendo la situazione.
Cinque minuti buoni ci vollero perché Ian convincesse i quattro a giurare ma alla fine estorse a tutti quella promessa vincolante dopodiché prese un respiro profondo.
“Isabeau?” chiese.
Lei sobbalzò, sorpresa, ma lo guardò.
“Sì?”
Ian le prese il volto tra le mani e la baciò.
“Perdonami, ti prego.” le sussurrò pianissimo, “Temo che mancherò di nuovo alla mia promessa.”
Isabeau si lasciò sfuggire un gemito strozzato, ma Ian non poté fermarsi a consolarla e uscì rapido dalla stanza sotto gli occhi sgomenti di tutti.

***
 
Geoffrey Martewall strinse più forte la mano sull’elsa della spada.
I mormorii sull’identità del prigioniero erano tutti concordi su Renaud de Dammartin ma le congetture sui motivi della sua sibillina quanto terribile promessa al conte Jean Marc de Ponthieu erano dei più svariati tipi. Nessuno, però, si era avvicinato alla verità come lui.
Dammartin poteva riconoscere il vero Jean de Ponthieu e il barone ormai era stato da tempo messo al corrente del fatto che il Falco non fosse chi diceva di essere.
In which trouble did you fly, Hawk?***, pensò preoccupato dalla piega della situazione.
Lo cercò con gli occhi per parlargli e chiedergli come essere d’aiuto ma trovò solo i suoi figli, preoccupati, che parlavano sottovoce, e i suoi amici, sconvolti.
Stava per andarlo a cercare quando lo vide comparire, seguito dalla moglie, dal fratello e dalla famiglia del suo compagno: tutti quelli che sapevano di certo la verità su di lui.
È così grave?, non riuscì a impedirsi di pensare mentre si avvicinava.
Jean lo vide, Geoffrey ne era certo perché i loro sguardi si erano incrociati e il Falco gli aveva sorriso mestamente, ma nonostante questo non si fermò e andò dritto dalle guardie ignorando l’inglese.
“Devo parlare con Sua Maestà.” dichiarò.
“Mio signore, il Re ha detto che…” tentò di obbiettare il soldato ma Ian lo fermò con un gesto.
“Vi assicuro che non appena avrà terminato di ascoltare il prigioniero, vorrà conferire con me.” disse.
Fu in quel momento che la porta si aprì e due guardie ne uscirono alla ricerca di Jean Marc de Ponthieu.
Ian annuì.
“C’est moi.” disse loro prima di seguirle nella sala.
I battenti furono richiusi alle sue spalle in un’aria densa di confusione e paura.
 
***
 
Per quattro ore non si seppe nulla di ciò che avveniva nel salone tra Sua Maestà, Renaud de Dammartin e Jean Marc de Ponthieu.
Quando i battenti furono aperti di nuovo, il Falco d’Argento non esisteva più e Ian Maayrkas veniva portato fuori dalla sala con i polsi incatenati dietro la schiena e due guardie ai fianchi.
Lo sgomento della corte francese fu totale.
“PADRE!” esclamò Marc, sconvolto, correndogli incontro ma il soldato reale lo fermò e continuò ad accompagnare il prigioniero verso le segrete del castello.
Non è possibile!, pensò il giovane sconvolto, Non è vero!
Cambiò direzione e corse verso Luigi, che usciva in quel momento dal salone con espressione truce.
“Che hai fatto?!” gli urlò sconvolto.
Le guardie reali e quelle del palazzo si mossero, a disagio, ma fortunatamente Luigi le fermò prima che dovessero arrestare anche il giovane.
“Marc, lui non è quello che sembra…” tentò il Re con diplomazia.
“Che hai fatto?!” ripeté Marc, furibondo, senza ascoltarlo e arrivando perfino ad afferrare l’amico d’infanzia, dimentico in ogni modo del suo titolo.
“Marc…!”
“Perché?! La parola di un traditore vale più di quella di mio padre dopo tutto quello che ha fatto?!”
“TUO PADRE NON È JEAN MARC DE PONTHIEU!” urlò il sovrano, esasperato, vedendo che l’amico non lo ascoltava.
Marc rimase paralizzato, un gelido silenzio cadde su tutta la corte.
“Non è Jean Marc de Ponthieu.” ripeté Luigi staccando le mani dell’amico dalla propria casacca e spostandole sulle sue spalle, “Si chiama Ian Maayrkas, viene da un’isola oltre la Scozia.”
Marc scosse la testa, incapace di ascoltare oltre.
“No!” cercò di opporsi istintivamente, scostandosi e sfuggendo alla presa del sovrano, “Come puoi credere a un traditore e non a…”
“Quel traditore era il padrino del vero Jean de Ponthieu.” lo fermò Luigi, “Lo ha riconosciuto come un impostore, volendo avrebbe anche le prove…”
“Ma…”
“Marc!” esclamò Luigi, incapace di girare ancora attorno alle cose.
Marc era suo amico, gli voleva molto bene e avrebbe voluto spigargli tutto con più tatto, in un altro luogo e senza occhi indiscreti, ma ormai aveva capito che non avrebbe potuto farlo perché il giovane de Ponthieu era troppo sconvolto per ragionare lucidamente. Il sovrano non vedeva altra scelta che spiegargli la verità.
“Ian Maayrkas si è dichiarato colpevole di tutto.” sussurrò, “Ha ammesso di essere un impostore.” esitò, solo per un attimo, “E ha dichiarato di aver ucciso il vero Jean de Ponthieu per sposare tua madre e prendere possesso del feudo dei Montmayeur.”

 



 
 
*Secondo le fonti storiche, Renaud de Dammartin è morto suicida nel 1217; io mi sono presa la libertà di tenerlo in vita ancora per un po’, più avanti però prometto che riporterò la Storia alla normalità ;)
**Nel libro, si dice solo che Jean de Ponthieu ha gli occhi chiari: io mi sono presa la libertà di interpretare quel ‘chiari’ con ‘castano chiaro’… Di nuovo, perdonatemi.
***In quali guai sei andato a volare, falco?




Ehm... Eh già...
"Finalmente" siamo arrivati alla svolta principale della storia: Ian è stato scoperto e arrestato...
Qualcuno ha già capito da tempo l'identità del traditore, ma spero che questo capitolo sia risultato comunque interessante...
Chiedo perdono in anticipo per qualsiasi errore io possa aver commesso: grazie mille a tutti!
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu
  
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