XI: Echi
Vi invito a ballare
Sulla mia tomba.
*
Nei
quattro giorni seguenti la distruzione della dimora del Re degli Incubi, Crysis
era riuscita a spezzare altri due sigilli.
Gli
incantesimi che imprigionavano gli Incubi Grigi nelle loro antiche gabbie
richiesero molta energia a Discordia, energia ampiamente ripagata dalle
Creature che liberava.
Una
volta svincolati dal loro giogo, quegli esseri diventavano un tutt’uno con
Discordia, donandole la loro forza, i loro poteri, le loro conoscenze e i loro
ricordi.
Ricordi
di prigionia.
Una
prigionia secolare, a volte millenaria.
E
gridavano. La donna sentiva le loro voci lamentose sospirare, sussurrare, a
volte urlare, incessanti come le onde del mare.
Gridavano
di rabbia e di odio.
Volevano
annientare tutto ciò che si sarebbe parato sul loro cammino.
Discordia
sapeva che c’erano migliaia di quei sigilli, sparsi per tutto il territorio un
tempo occupato dagli antichi regni dell’Età dell’Oro.
Le
costellazioni e i pianeti che poteva osservare da quel minuscolo granello di
sabbia che era la Terra erano solo una piccola parte di quegli immensi
territori. Quante Creature senza Nome dormivano, intrappolate nei sigilli di
Pitch? Quanti di quei prigionieri aspettavano il giorno in cui la loro gabbia
sarebbe stata finalmente aperta, per poter divorare tutto ciò che si trovava al
suo esterno?
Discordia
non lo sapeva, ma non le importava. Prima o poi, li avrebbe liberati tutti. Li
avrebbe lasciati fare, gli avrebbe permesso di trascinare il tutto nel niente.
Gli
Incubi di Pitch le avevano definite Creature Senza Nome, ma Crysis si era
presto resa conto che non poteva esserci definizione più sbagliata.
Quegli
esseri un nome ce l’avevano. Anzi, ne avevano molti.
Il nome era l’ultima traccia della loro
passata esistenza. Perché loro erano
stati qualcosa prima di tramutarsi in ciò che erano attualmente. Avevano avuto
una vita, un identità, avevano fatto delle scelte.
Avevano
avuto un’anima. Anima che col tempo
si era persa, lasciandosi dietro tutto il resto.
E, sopra
a tutto ciò che era rimasto, avevano lasciato che le loro emozioni continuassero a vagare.
Ed erano
emozioni estreme, più durature e più potenti di qualsiasi Incantesimo. Emozioni
negative, rimaste a marcire sulla terra, a vagare senza meta, infettando con la
loro energia tutto ciò che incontravano.
Ecco
cos’erano quegli esseri.
Erano energia negativa.
Anche
gli Incubi di Pitch erano fatti di emozioni. Emozioni anch’esse negative,
originariamente nate per artigliare come un arpione chi le provava e
trascinarlo verso la luce, rendendolo
incapace di sopportare l’oscurità che lo minacciava. La Paura del Re degli
Incubi era nata come un sentimento costruttivo.
Ma, per qualche ragione, quella
paura positiva aveva cominciato lentamente a marcire, contaminata dall’odio.
E ciò che era nato per spingere
verso la vita, si era trasformato in un artiglio the trascina verso la morte.
Un
artiglio che bloccava sul posto, impedendo ogni fuga, occludendo ogni via
d’uscita.
Non lasciando scampo.
Per
questo gli Incubi avevano abbandonato il loro Re, ed erano venuti da lei. Il
marcio dentro di loro aveva fiutato uno spirito più affine, qualcuno capace di
renderli completi.
Capace di tingerli dell’Oscurità
più totale, quando ancora oscillavano tra buio e luce.
Gli
Incubi di Pitch le avevano riferito la posizione del quarto sigillo. Si trovava
lontano da lì, nel nord dell’Inghilterra.
Discordia
si era affrettata a raggiungere il luogo esatto, ansiosa di liberare un'altra Creatura.
Gli
Incubi l’avevano guidata fin nei pressi di una foresta. Era una zona selvaggia,
senza la più vaga traccia di civiltà, eccezion fatta per un antico castello in
rovina, il cui profilo diroccato si stagliava su una collina, in lontananza, simile
ad un dente spezzato.
Crysis
inspirò l’aria gelida e pungente e osservò attentamente i grandi alberi che si
stagliavano di fronte a lei.
Erano
altissimi, perlopiù conifere, e i loro rami, vestiti del candore della neve,
erano talmente fitti da impedire il passaggio dei raggi solari.
Quel
giorno, tuttavia, non c’era nessuna luce da oscurare. Il cielo era grigio,
percorso com’era da grandi, scure nubi temporalesche che minacciavano tempesta
imminente. Il vento era gelido, e
soffiava forte.
Oltre i
primi alberi della foresta, imbiancati di neve e brina, c’era solo il buio.
Un buio
strano, serpeggiante.
Crysis
sorrise nel sentire gli Incubi dietro di lei innervosirsi, fiutando l’aria e
scoprendo le lunghe zanne affilate, pronti ad attaccare. Anche lei lo sentiva.
C’era
qualcosa, oltre quegli alberi. Qualcosa che sembrava sfidare la Regina a
compiere un altro passo, a violare il territorio delle ombre. Una sfida che Discordia
non temeva di accettare.
Avanzò a
passo rapido, guidata dagli Incubi. Il terreno sotto i suoi piedi era nero e un
po’ molle, formato da ramoscelli secchi e foglie marce. La neve non arrivava
fin laggiù: rimaneva sugli alberi, bloccata dai fitti rami.
Il
silenzio era pressoché totale, appena rotto dal suono dei suoi passi e dai
deboli, rochi sospiri emessi dagli Incubi Grigi. La luce che arrivava fin lì,
sfidando metri e metri di fitti rami spinosi era talmente scarsa da dare a quel
luogo un’aria onirica, surreale, accentuata dalla presenza di un vago
pulviscolo formato da qualcosa che sembrava polline, che danzava lenta a pochi
centimetri da terra.
Tutto aveva un’aria familiare.
Crysis
continuò a scrutare quei tronchi, quel terreno marcio, quell’oscurità,
impensierita. Non era mai stata lì, lo sapeva. Non amava molto le foreste.
Aveva sempre preferito vivere in mezzo agli umani, per nutrirsi del loro odio,
per vederli agitarsi disperatamente come formichine, lasciando scorrere via le
loro brevi vite.
In mezzo
agli alberi, circondata da quelle forme di vita così antiche e così inerti, si
sentiva… sola.
Come se qualcuno, tanto tempo fa,
l’avesse abbandonata lì, lasciandola al suo destino.
Distolse
lo sguardo, scacciando via quei pensieri, e lo volse davanti a sé.
Gli
Incubi non la guidarono molto lontano.
Discordia
sentì che erano arrivati alla loro meta quando notò che la luce proveniente
dall’esterno era scomparsa pressoché del tutto, lasciando solo qualche vaga colonna
qui e là, prossima ad essere inghiottita dalle tenebre. A illuminare il luogo
erano rimasti gli occhi degli Incubi, il cui fioco chiarore rossastro aveva
distorto l'aria del luogo, donandole le soffocanti tonalità dell’incubo.
Con quale coraggio violi il mio
regno, creatura immortale…?
Crysis
voltò lentamente la testa, seguendo con gli occhi un punto preciso
nell’oscurità, sentendo i suoi Incubi innervosirsi e sibilare, pronti ad
attaccare al primo ordine.
Discordia
non vedeva al buio. Poteva soltanto percepire.
Il suo sguardo seguiva ciò che sentiva nascondersi nell’ombra, e il suo udito
si concentrò su quella voce, che sembrava provenire da più parti, come sciolta
nell’oscurità.
All’improvviso,
qualcosa si mosse dietro di lei. Crysis si voltò.
Un
enorme serpente piumato, alto quasi come gli alberi circostanti e nero come la
notte si srotolò, ergendosi di fronte a lei e, dondolando appena la bella
testa, fissò la donna con tre paia di lucenti occhi color oro, percorsi da sbiadite
pupille verticali.
Era
cieco.
Sei venuta perché desideri
scomparire del tutto, immortale?
Anche la voce del mostro aveva preso consistenza, trasformandosi in un basso
sibilo minaccioso.
Discordia
sorrise appena alla minaccia, lo sguardo fisso su quello vacuo della creatura.
Quel serpente era il guardiano del sigillo che stava cercando. E non era un
Incubo comune.
Crysis l’aveva scoperto quando aveva spezzato
il secondo sigillo: ne aveva approfittato per corrompere l’essere che lo
custodiva, per trasformarlo in uno dei suoi seguaci.
Non ci era riuscita.
Quell’Incubo
si era limitato a contorcersi avvelenato dal suo potere, agonizzante, e
scomparire trasformato in fumo che si era disperso nella notte. L’evento aveva
lasciato Crysis confusa, ma i suoi dubbi vennero presto dissipati.
Quello era
un frammento dell’antico potere di Pitch, della sua essenza.
Un
potere che, come lui, non poteva essere corrotto, né domato.
Poteva solo essere ucciso.
Per
Crysis era davvero un peccato non poter avere creature simili sotto il suo
comando, ma non le importava.
Quei
frammenti erano consumati da secoli di guardia, sgretolati pezzo per pezzo dal
potere dei sigilli che custodivano. Non avevano più forza per combattere.
- Qual è
il nome del tuo prigioniero, guardiano? – chiese Discordia, rivolta al
serpente. La creatura ondeggiò ancora, poi si piegò a sinistra, e scivolò più
vicino alla donna.
Essa non ha più nome disse, con la sua bassa voce
sibilante, ha corrotto molte anime nel
corso della sua esistenza, e continua a farlo…
il suo nome e quello delle sue vittime.
Il
serpente si raccolse, continuando a fiutare l’aria con la lunga lingua
biforcuta, gli occhi ciechi fissi su Discordia.
Dimmi immortale… tu ce l’hai un
nome?... sibilò
piano. Crysis sorrise.
Gli
Incubi dietro di lei scalpitavano.
Con un
guizzo appena visibile il serpente scattò, spalancando le grandi fauci pronte
ad ingoiare la donna, ma l’unica cosa che riuscirono ad azzannare fu un leggero
fumo color cenere.
Il
serpente piumato non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi. L’unica cosa che sentì
fu un leggero peso posarsi sulla sua spina dorsale, seguito da un dolore acuto,
atroce, che gli attraversò la nuca fino a perforargli la gola, simile alla
punta di una lancia.
La
creatura emise un sibilo acuto e spalancò le fauci, agonizzante. Crysis fece in
tempo ad estrarre la lunga spada di cristallo nero dal suo cranio e saltare giù
che il serpente prese ad agitarsi, dissolvendosi, trascinato via da un leggero,
gelido vento che aveva preso a spirare fra gli alberi.
Discordia
non sentiva nessun’altra presenza.
Gli
Incubi, rimasti immobili dopo il suo silenzioso ordine di non intervenire, si
stavano calmando. Non c’era nient’altro lì.
Peccato.
Uno di
essi si mosse e si avvicinò a Crysis, annusandole con fare affettuoso la mano,
e la guidò verso il sigillo. Era un albero, a pochi passi da lì.
Era una
quercia vecchissima, e sembrava che il gelo, il buio e il tempo l’avessero
pietrificata. Sul largo, rugoso tronco era incisa una lunga serie di luminosi glifi
rossastri, che si muovevano lentamente. L’intorno, immerso in un buio pressoché
totale, non era altro che terra spoglia ed indurita dal gelo, morta.
Discordia
si avvicinò, e tese una mano, aspettandosi di sentire le grida di pietà della
creatura rimbombare nella sua testa, e la sua fame risucchiare le sue energie.
Si
sentiva tremare.
All’improvviso
qualcosa, simile a una moltitudine di lunghi, invisibili nastri di seta
strisciò sui suoi polsi e sulle sue caviglie, stringendoli in una morsa
stritolatrice, bloccandola sul posto. Discordia sentì qualcosa di morbido e
gelido come il ghiaccio percorrerle la schiena, causandole un brivido.
Infine,
altri nastri le accarezzarono il collo, per poi avvinghiarvisi con forza,
soffocandola.
Poi, una
voce parlò. Una voce profonda, maschile.
Non è una maledizione…
Arrivava
da ovunque. Echeggiava fra gli alberi, ripetuta dall’eco, suonava lontanissima
e contemporaneamente gridava nella sua testa.
Non è una maledizione, è qualcosa
che hai richiamato tu.
Suonava
distorta, familiare, come l’ombra di
un ricordo rimosso.
Eppure
Crysis non la riconosceva.
- Cosa…?
– non respirava. Tentò di sottrarsi alla stretta, ma non ci riuscì. La sua
forza aumentava lentamente, strangolando la giovane.
Poi,
all’improvviso, sentì freddo.
Ci hai creduto con l’anima… l’hai
inseguito con tutte le tue forze. L’hai desiderato.
Le si
gelò il sangue. Era un gelo fisico, palpabile.
Era
ghiaccio liquido che si propagava nelle vene, partendo dalle funi invisibili
che la immobilizzavano, e si diffondeva sottraendo vita e calore, sostituendoli
con il freddo marcio della cancrena. Poi,
all’improvviso, un sentimento la invase.
Paura.
Terrore. Così intenso, così assoluto da non essere il suo.
Spalancò
gli occhi appannati, fissi sul sigillo. Nonostante la vista offuscata dalla
mancanza di ossigeno, vide qualcosa.
Una
grande mano spettrale, dalle lunghe dita magre, appena visibile, emerse dal
tronco, tesa verso Discordia.
Come se volesse
trascinarla con lei, nella sua
prigione.
La donna
tentò di usare il suo potere, ma non servì a nulla. La creatura imprigionata nel
sigillo non allentò la sua stretta mortale, anzi. Come un guinzaglio, la forza
che strangolava Crysis la tirò in basso, a terra, costringendola in ginocchio. Sentì gli incubi sibilare dietro di lei,
azzardare qualche passo, nervosi. Fiutavano la sua paura.
- No… -
Discordia, alla vista della mano che si avvicinava si tirò indietro. Cercò
nuovamente di liberarsi con il suo potere.
Non cercare i colpevoli…
Nessuno
dei suoi tentativi sortì alcun effetto.
-
…Basta… -
Non cercare i mostri…
Sentì
quel ghiaccio liquido percorrerle i polmoni, ghiacciandole il respiro. Le toccò
il cuore, pungendolo come la lama di una spada. Pronta a porre fine a quel
battito frenetico.
…Urleresti di orrore nel
guardarti allo specchio!
- FA’
SILENZIO! – Crysis urlò quelle due parole con quanto fiato aveva in gola,
sentendo il panico raggiungere l’apice.
Esattamente
com’era iniziato, tutto finì.
I nastri
si sciolsero di colpo, contemporaneamente, come se qualcuno li avesse tagliati.
Anche la mano spettrale svanì, come un’allucinazione.
Il
sigillo prese a brillare.
Crysis
rimase a terra, in ginocchio, la testa ed i gomiti a contatto col terreno duro,
gli occhi chiusi, nel disperato tentativo di riprendere fiato, e soprattutto di
calmarsi. Di scacciare quella paura
che non le apparteneva.
Sentiva
la presenza degli Incubi attorno a lei. L’avevano circondata, frementi,
fiutando quella paura che si stava lentamente dissolvendo, scalpitando
nell’attesa di assalirla al primo segno di debolezza.
Crysis
sapeva di non poter scoprire il fianco. In fondo, erano Incubi. Era nella loro natura nutrirsi di paura, dilaniare l’animo
di chi la provava, fino a non lasciarne che tracce. Ed era una caratteristica
che non poteva né voleva cambiare.
Inspirò
piano, ancora tremante, sentendo finalmente il cuore rallentare i battiti. Alzò
lo sguardo verso il sigillo.
Il
bagliore rossastro emesso dai glifi magici incisi sul tronco era aumentato,
illuminando una zona più ampia della radura, scacciando un po’ dell’oscurità
quasi assoluta che regnava in quel luogo.
Crysis
si alzò, senza staccare lo sguardo da quello spettacolo inatteso.
Alla
luce si era aggiunto una strano sibilo, che era aumentato di intensità,
trasformandosi, fino a diventare un urlo inumano.
Crysis
indietreggiò, senza riuscire a staccare lo sguardo da quella luce, che si era
fatta accecante. Quella voce, quel grido le suonavano familiari.
…Perché?
All’improvviso,
il sigillo parve esplodere.
- AH! -
Discordia, accecata, si coprì gli occhi col braccio ed indietreggiò di qualche
passo. Cosa stava succedendo? Si chiese. La creatura che aveva appena tentato
di liberare non solo le aveva opposto resistenza, ma aveva addirittura tentato
di ucciderla.
Anzi…
aveva tentato di trascinarla con sé. Di intrappolarla.
Perché?...
Un forte
vento prese a spirare nella foresta, e avvolse la grande quercia pietrificata
in un turbinio di neve e foglie secche, come a voler proteggere il sigillo e la
creatura ivi intrappolata, tenerli lontani da Discordia.
Crysis
si allontanò di qualche altro passo, il braccio ancora alzato, troppo sconcertata
dallo spettacolo che le si era formato davanti.
All’improvviso,
la luce dei glifi magici venne risucchiata dalle venature del tronco, e corse
verso i rami, concentrandosi lì, dando forma a qualcosa che sembrava una figura
umana fatta di luce rossastra.
Con un
altro grido, l’essere prese il volo, verso il cielo, rapido come la freccia di
una balestra, e sparì lasciandosi dietro soltanto l’eco della sua voce e il
suono del vento.
Poi, più
nulla.
Il vento
tacque e rallentò, lasciando cadere la neve e le foglie che si era trascinato
dietro nella sua corsa, e riportando così la calma e il silenzio fra gli
alberi.
Crysis,
ancora semiaccecata dall’intensa luce, abbassò lo sguardo verso l’albero su cui
era stato impresso il sigillo.
Sul
tronco pietrificato non era rimasto nulla, a parte una lunga serie di segni
carbonizzati, illeggibili.
Era scomparso.
Il
sigillo, la creatura… perfino la magia che permeava quel luogo e lo rendeva
così inquietante.
Era
scomparso tutto, portato via da
quella strana luce.
Che significa…?
Discordia
si avvicinò piano alla grande quercia, fino a sfiorarne il tronco con una mano.
Era
freddo, vuoto, morto. Come se
quell’antico albero non avesse mai custodito niente dentro di sé.
Discordia
si chiese se quello non fosse stato per caso uno degli scherzi di Pitch, o
forse un inganno degli Incubi. La prima ipotesi era probabile. La seconda molto
meno: gli Incubi erano creature troppo primitive per poter manipolare la magia
di loro volontà. Potevano farlo soltanto per ordine di un padrone.
E la
padrona degli Incubi era Crysis.
Con la
mano ancora poggiata sul tronco, Discordia si concentrò su quel che era
successo pochi istanti prima che il sigillo scomparisse.
Quelle
strane funi, su cui il potere dell’Odio non aveva avuto effetto.
Quella
spettrale mano tesa, bramosa di trascinarla con sé.
Quella voce.
La paura provata. Quella paura, che non
sentiva come sua.
E, ancor
prima, quella sensazione tanto
aliena. Discordia alzò lo sguardo verso gli altri alberi, osservandoli con
attenzione, desiderosa di ricevere risposta ad una domanda che non sapeva
formulare.
È come se fossi già stata qui.
Era
fastidioso.
La
sensazione di aver dimenticato qualcosa,
e di non poter dire cosa.
Crysis
abbassò lo sguardo a terra, pensierosa. Non le piaceva.
Ma, in
fondo, non importava.
Se
l’aveva dimenticato, significava che non era fondamentale come sembrava. Ciò
che realmente importava in quel momento era ciò che era appena avvenuto.
Il
sigillo era letteralmente sparito, senza lasciare traccia. Qualunque creatura
vi fosse intrappolata, non ha gradito l’idea di poter riassaporare la libertà.
Perché?
Non
riusciva a spiegarselo, ma avrebbe ottenuto delle risposte soddisfacenti molto
presto, di questo ne era certa.
Non
poteva certo distrarsi.
Aveva
già tre Creature Senza Nome sotto il suo comando, e aveva piani per loro.
Piani
che sarebbero andati in porto molto presto.
-+-
*Si ri-butta
sotto la scrivania* orrificoquestocapitoloéorrifico.
Geh, mi dispiace per questo cap. Non è bello come
volevo che fosse, e poi c’è solo
Crysis. Tra parentesi, sembra che Discordia si sia dimenticata di qualcosa. O è
solo una sua impressione? Chissà. Forse lo scopriremo. E dico forse perché mi conosco, e so che niente
di quel che progetto di fare va come voglio. XD
Comunque, rallegratevi:
nel prossimo capitolo rivedrete i nostri cari Guardiani. E Pitch (non ho finito
di torturarlo, no no). E ci sarà anche June <3
Ok, ho finito. VI AMO,
MA SUL SERIOOOOOO <3<3<3 *scappa*