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Autore: Erik Burton    02/02/2013    0 recensioni
Quattro uomini legati da un destino comune e legati da una sete di potere che li costringe ad odiarsi al punto da uccidersi a vicenda. Che cosa lega questi uomini ad un ragazzo di appena diciotto anni che sembra essere l'ultimo della stirpe maledetta? Ma soprattutto, che cosa lega questi uomini, Lee Chaolan, Paul Phoenix, le sorelle Williams e una misteriosa setta di guerrieri ad un'antica profezia che sembra sia la chiave per annientare una volta per tutte il Gene del Diavolo?
A volte, quando ritornano a saldare i loro conti, le ombre del passato sanno essere molto pericolose.....
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna Williams, Lee Chaolan, Nina Williams, Paul Phoenix, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Ogni notte,mi sento sprofondare dal peso dei miei ricordi. E’ come se volessero dirmi qualcosa le migliaia di immagini che ogni stramaledetta sera mi riempiono la testa, ma non riesco ancora a comprenderne il significato;questa notte,mi trovo a vagare senza meta per le strade illuminate della Grande Mela; ad un certo punto incontro una donna che mi fa cenno di seguirla. Io la seguo in una strada che non ha fine e mi parla dicendomi “Cerca la verità, Paul, cerca tuo figlio” Un figlio? Io avrei un figlio?  Tutto questo mi sembra assurdo. All’improvviso compaiono diverse immagini che mi bombardano la mente facendomi ricordare cose che non voglio: la morte di mio fratello,l’uomo che l’uccise ed infine Nina e Steve.. Ma che cosa vuole dire questa immagine di loro due? La donna infine mi disse “Loro sono l’Alpha e l’Omega della tua vita Paul, trovali, scopri la verità e salva la tua famiglia”  Famiglia? Non capisco.. Ma ora non c’è tempo per capire Paul.. E’ il tempo di svegliarsi.”
Paul si svegliò di soprassalto, madido di sudore che imperlava il suo corpo scultoreo. Si mise una mano sulla fronte cercando di essere partecipe alla realtà che lo circondava, gettò uno sguardo rapido all’orologio vicino al comodino. Erano le 6,30 di mattina. “Oddio, è stato solo un sogno, solo un altro fottutissimo sogno” si disse tra sé e sé; aveva bisogno di calmarsi, così andò in bagno e si gettò dell’acqua fredda sul viso. Si guardò allo specchio e si disse “Non sei più quel ragazzo che aveva bisogno di aiuto, ora sei un uomo Paul, un uomo che si fa vedere come un emerito idiota e non come un eroe e una gran testa quale sei sempre stato.” Nel volto di Paul, scese lenta una lacrima. Infine Paul scosse la testa come se volesse dimenticare tutto quello che gli è successo nel sogno e infine si mise a preparare la colazione per Steve e Lee.
 “Ragazzi è ora di alzarsi!” disse dalla cucina mentre preparava del buon caffè, del buon tè inglese, il pane tostato con la marmellata o il burro ed infine i suoi famosi pancakes. “Ma, Paul sono quasi le sette lasciami dormire!” disse Lee rigirandosi nel letto. Steve si alzò subito dal letto, prese la sua roba e disse a Paul “Vado a farmi una doccia, arrivo tra poco” “Va bene. Lee non te lo ripeto, alzati da quel letto oppure ti scaravento di sotto!” “Paul, per l’amor del cielo, sono le 7,20 non puoi buttarmi dal letto a quest’ora!” “Okkk, vorrà dire che questi meravigliosi pancakes che sto facendo me li mangerò con Steve..” Lee alzò la testa, annusò il profumo che proveniva dalla cucina e chiese “Quelli con lo sciroppo d’acero?” “Proprio quelli!” “Arrivo!” disse Lee alzandosi. Paul pensò tra se e se “Questa tattica funziona ancora”.
  Dopo cinque minuti, Lee e Steve arrivarono in cucina. “Accidenti Paul, tu ci vizi così” disse Lee sedendosi a tavola “Ora viziarvi, non credo proprio.. E’ una piccola gentilezza che vi ho fatto” “Paul, attento sta andando di fuori l’acqua per il tè!” disse Steve notando l’acqua che stava uscendo dal bricco. “Grazie mille provvedo subito” Paul tentò di spostare il bricco con la presina ma la presa gli scivolò e quasi si ustionò un piede“Ahi! Cazzo, scotta!”  “Tutto a posto?” “Merda, ho quasi rovesciato l’acqua. Spero che ti basti per il tè Steve” disse Paul, versando il contenuto del bricco nella tazza di Steve “Sì,sì basta stai tranquillo.” “Mangi altro oltre ai biscotti?” “No,no, ti ringrazio anche perché devo scappare tra 10 minuti” “Ah,sì? E’ per quell’incontro che devi fare per entrare ad Harvard?” disse “Sì, devo incontrare il rettore, tra poco.” Steve guardò l’orologio e infine disse “Oddio! Devo andare! Scusatemi se non sto a chiacchierare con voi ma devo correre se no arrivo in ritardo” disse Steve prendendo velocemente la tracolla e uscì di casa “Buona fortuna, Steve, facci sapere..qualcosa.” disse Paul al ragazzo ma Steve era già uscito.
 “Mah, non capisco che cosa gli passa in questi giorni a Steve. Meglio così, almeno non si tiene occupato con la boxe.” “Mmm, forse hai ragione. Come va il mal di testa?” “Va meglio grazie Lee.”  disse Paul. Paul,dal giorno dell’incidente, non era più lo stesso. Aveva cambiato atteggiamento e come se non bastasse aveva stilato delle domande di lavoro con le maggiori università americane per avere la cattedra di archeologia, materia nella quale era laureato, ma purtroppo quei sogni lo tormentavano provocandoli dei grossi mal di testa e gli riapriva delle ferite mai sanate. “Paul.. va tutto bene?” “Sì, abbastanza.” Ma in realtà sapeva che non era così, non voleva che i suoi amici sapessero del suo passato travagliato per risvegliare in lui terribili ricordi. Guardò l’orologio, andò in camera sua e s’iniziò a vestire. “Ora devo andare. Marshall mi starà aspettando al ristorante” “Ok, ti devo fare qualcosa?” “No,no, pulire la casa l’ho già pulita io da cima a fondo, mi raccomando non mettere in disordine niente.” disse Paul mettendosi il suo giaccone nero. “Ok, d’accordo. E se vado a fare un giro?” Paul diede a Lee un mazzo di chiavi,l’ultima a sinistra era la chiave che apriva l’appartamento. Paul aveva fatto fare diversi paia di chiavi così era sicuro di non perderle. “Mi raccomando non le perdere.” “Tranquillo, Paulie! Ci vediamo dopo” “A dopo” disse Paul uscendo. 
Quel giorno pioveva a New York, anche se a volte la pioggia lasciava spazio al sole creando un panorama fantastico, ammirato dai più piccoli che rimanevano incantati da questa meraviglia di tempo. Paul camminava con passo deciso verso il ristorante di Marshall, sentendo la pioggia che li accarezzava dolcemente il viso quasi fosse stata la mano di quella donna che gli aveva salvato la vita dopo l’incidente; ad un tratto si fermò al Wilde’s Café,uno dei café irlandesi più belli del quartiere di Chinatown per prendere un caffé e vide Steve seduto al tavolo con una ragazza bionda. Paul la riconobbe subito. Che diavolo ci faceva lei a Chinatown? Fortunatamente Nina non l’aveva mai visto con i capelli all’ingiù e questo giocava a suo favore e sperava che Steve non lo riconoscesse. Sentì il cuore battergli all’impazzata quasi fossero i colpi delle mitragliatrici, la guardò meglio. Era molto più bella del solito, era vestita con una maglia viola come sempre ed un paio di jeans neri, non era truccata e questo le faceva brillare ancora di più il viso con quei suoi scintillanti occhi blu. Paul si ricordò  tutte le volte che avevano combattuto insieme nel King of Iron Fist. Lei era stata l’unica ad essere pari a lui e questo aveva creato in Paul un sentimento di ammirazione e qualcos’altro di più profondo per quella donna. Amore. Un sentimento mai provato prima e che da dopo il loro primo incontro non si era attenuato in Paul. Quella strega irlandese gli aveva rubato il cuore e sperava anche che gli rubasse l’anima; quel giorno,lì al café non smetteva di fissarla un attimo, era come se fosse sotto un incantesimo dal quale non trovava via di fuga. Ad un certo punto sentì il barista che lo stava facendo ritornare dal mondo dei sogni “Signore,signore..” Paul si voltò “Ah, sì scusami” “Il suo caffè, signore” “Ah, grazie mille” disse Paul prendendo il portafogli e diede 5 $ al ragazzo per pagare il caffè. Il ragazzo voleva dargli il resto ma Paul lo convinse a tenerseli come mancia ed uscì frettolosamente dal café.
 Bevve il caffè in fretta incurante del fatto che era bollente non gustandosi nemmeno il sapore, gettò nel cestino dell’immondizia la tazza di carta del caffè, si mise a sedere su una panchina e iniziò a piangere. Non voleva che lei lo vedesse in quello stato. Per anni non aveva fatto altro che tentare di reprimere il suo amore per lei, ma era impossibile; se avesse avuto un briciolo di pazzia sarebbe rientrato nel café e gliel’avrebbe detto magari l’avrebbe anche baciata ma in quel momento ma c’era qualcosa dentro di lui che gli impediva questo gesto così folle, un qualcosa che non voleva ricordare che gli impediva di vivere la sua vita. Infine scosse la testa, si asciugò le lacrime e si diresse al ristorante di Marshall con un passo da pensatore romantico; quando arrivò al ristorante, tutto era spento, Paul pensò che Marshall fosse in ritardo ma infine notò un biglietto affisso alla porta del ristorante indirizzato a lui che diceva “ Sono andato alla festa delle matricole a Princeton, scusa se non ti avevo avvisato prima. Ci sentiamo. Marshall” “Ah, grandioso! Se mi avvisava prima.. Bah, tanto meglio tornare a casa ad allenarsi un po’” si disse infine Paul dirigendosi verso la via di casa.
 Lee intanto stava rimettendo apposto la camera per lasciarla in ordine all’arrivo di Paul, quando qualcosa accadde dentro di lui sentendo come una forte fitta al torace. Quella fitta al torace lo fece cadere in terra come morto ma all’improvviso delle immagini bombardarono la sua mente senza che avessero un nesso logico tra di loro; infine comparve l'episodio del burrone nel quale suo padre Heihachi gettò Kazuya dall'altura di una rupe e qualcosa gli disse "Tutto è iniziato da lì e tutto finirà lì". Lee si riprese dalla fitta,corse nella camera di Paul, si tolse la maglietta e scoprì un tatuaggio all'inizio del braccio: rappresentava un tribale simile a quello di suo nipote Jin  e sentiva solo che faceva un gran male e si disse "Che diamine mi sta succedendo?".
 Paul intanto stava tornando verso casa quando un tizio vestito di bianco gli prese la borsa dove dentro aveva i suoi appunti, si girò di scatto e vide il ladro "Cosa.. La mia borsa.. I miei soldi!" "Oh, i tuoi soldi?! Io non li ho, vecchio!" disse il ladro e si mise a correre. Paul l'inseguì gridandogli di rimangiarsi ciò che aveva detto e di tornare indietro; il ladro corse a perdifiato ma Paul con una mossa agile che non sapeva nemmeno lui come aveva fatto a farla, lo atterrò e si mise in guardia pronto a combattere  come faceva di solito "Ora molla la borsa!" "Ok,ok, amico, calmo", il ladro gli restituì la borsa e se ne andò di fretta. Paul ritornò verso casa pensando alla giornata stranissima che gli era capitata, prima Nina poi il ladro.. cos'altro poteva capitare? Il ladro corse in un vicolo, si tolse i vestiti scoprendo una tunica bianca che portava indosso assieme ad un cappuccio che gli copriva il viso ma che lasciava un piccolo ciuffo di capelli rossi che gli cascarono scomposti vicino al viso. "Bene, e ora è il momento di trovare il demone" disse l'assassino prima di sparire nell'ombra come un fantasma.
 Intanto a Osaka, Iori stava studiando per il giorno seguente quando entrò in uno stato di trance dove vide strane immagini che si soffermarono in particolare su Paul e Lee.. Alla fine disse solo una parola "Kanshiki kan ga modottekita". 
 
Nuovo capitolo della storia, spero che vi piaccia e scusate il ritardo.
E.B.
  
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