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Autore: Lauur    02/02/2013    1 recensioni
Un nuovo trillo segnalò l’arrivo di un messaggio sul telefono di Mycroft.
La pigrizia di impedisce persino di leggere un sms? SH
Un ghigno sfuggì dalle sue mani. Amore fraterno. Con un leggero tocco sullo schermo aprì anche il primo dei messaggi inviatogli da suo fratello.
Tengo a precisare: non lo faccio per farti un favore. SH
Poi
Vediamoci. Novità interessanti. Accetto il caso. SH
Note: MinorCharacterDeath!
Genere: Azione, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angoletto dell’autrice:
 
 Emm, mi scuso per il deplorevole ritardo, ma il mese di Gennaio è in un anno quello che il lunedì è in una settimana. Andrebbe cancellato, semplicemente.
Spero di non tardare tanto con il prossimo.
In ogni caso voi (se ci siete ancora, dopo tutto questo tempo) leggete e lasciate un segno, sia anch’esso un pomodoro muffito.
 
 
Dedico questa mia fatica
A Patta97. Happy Birthday, Sweetie.
 
 
 
 
 
 
 
Il pericolo senza nome
 
 
 
Molly Hooper aveva sempre avuto un certo timore reverenziale nei confronti di Sherlock Holmes.
 
Nonostante fossero coetanei, e lei avesse una quantità illimitata di titoli accademici appesi alla parete del suo piccolo studio all’obitorio, l’intelligenza di quell’uomo la intimidiva a livello molecolare.
 
Era così che Molly aveva iniziato a pensare a Sherlock Holmes.
Come un uomo intelligente che si collocava due o tre gradini più in alto di lei.
Poi aveva iniziato a notarne le labbra a cuore.
I ricci corvini dai riflessi mogano.
Gli occhi di ghiaccio che sembrano non perderti di vista mai. Nemmeno per un secondo. Ti scrutano dentro e ti cambiano. Ti fanno sentire nuda e vulnerabile al cospetto di quell’essere etereo e superiore.
 
E così Molly iniziò a pensare un po’ di più al detective. Un po’ più del lecito.
 
Ma lui sembrava non vederla. Molly aveva realizzato di essere semplicemente trasparente per quegli occhi. Era utile, questo è certo.
Un discount di pollici, lingue, orecchie e interi corpi da prendere a frustate, aperto ventiquattro ore su ventiquattro.
E una persona su cui scaricare dosi di esibizionismo e nervosismo veicolate da frasi sgradevoli e commenti che definire poco carini…beh, sarebbe proprio un eufemismo.
 
Ma Molly si accontentava. Lieta già di quel contatto che lui le concedeva condividendo l’obitorio con lei.
Certo però, in sua presenza si limitava a pronunciare frasi sconnesse, non riusciva a fissare i suoi occhi senza perdere due o tre battiti del cuore, ma su. Diciamo che ci stava lavorando.
 
Poi era arrivato quel giorno. Il giorno della caduta. E da quel giorno tutto nel rapporto tra Sherlock e Molly era cambiato.
Lui l’aveva fatta sentire importante. Aveva faticosamente sceso quei gradini che li separavano, raggiungendo il livello di Molly, chiedendo il suo aiuto.
 
Avevano diviso l’appartamento per qualche mese, prima che la caccia alla rete di Moriarty lo portasse in giro per il globo.
 
E lì Molly Hooper aveva scoperto che aldilà della “divinità” Sherlock, c’era l’uomo.
Mangiava, dormiva, si lavava come chiunque altro. Era un essere umano, dopo tutto. L’aveva persino sentito russare, un paio di volte.
 
E il timore reverenziale di Molly Hooper si era trasformato in affetto, l’affetto di un’amica sincera. E devota.
Si, era questo che si ripeteva. Affetto e devozione. Solo affetto e devozione.
 
Fu quindi per affetto che quando, quella mattina, la ragazza si trovò davanti gli occhi dal colore indecifrabile di Sherlock, si lasciò andare ad un sorriso caldo ed avvolgente.
 
- Ciao, Molly Hooper. – disse Sherlock, scoccandole un sorriso ammiccante. Il sorriso di chi sta per chiedere un favore.
 
- Hey Sherlock! – rispose la dottoressa – Ciao John. Che fate ragazzi? A caccia di cadaveri?
 
- Temo di si, Molly. – rispose Watson, ancora un po’ provato per quello che era successo al 221 B.
 
- Beh signori, cercate qualcosa in particolare, o devo esporvi la merce migliore che ho per poi farvi scegliere? – disse Molly nella macabra imitazione di un venditore porta a porta di cadaveri.
 
John arricciò il naso, un po’ disgustato. A Sherlock, invece, scappò un sorriso.
 
- Credo di cercare qualcosa in particolare, o meglio qualcuno. -  disse il detective, reggendo il gioco – Un tale Mark Miles, dovrebbe essere arrivato stamattina.
 
- Si, beh, è arrivato da poco – annuì Molly, arrossendo leggermente – devo ancora esaminarlo io, e come sai Sherlock…io non potrei…
 
- Oh su, Molly Hooper. – la incalzò Sherlock – potremmo vederlo insieme… - concluse ammiccando in maniera eloquente.
 
John Watson si portò alla faccia una mano con fare sconsolato, vergognandosi per la sfacciataggine del suo migliore amico. Certe cose non sarebbero mai cambiate.
Molly, dal canto suo, sentì che molti dei suoi progressi stavano andando allegramente alle ortiche, quella mattina.
 
- Va bene, Sherlock. – si ritrovò a dire. Doveva lavorare ancora sulle negazioni, a quanto pare.
 
- Perfetto! – esclamò il minore degli Holmes, evidentemente su di giri – Mi servono le analisi complete del sangue. Cerchiamo residui di oppiacei, somministrati probabilmente per inalazione.
 
Molly avvicinò le sopracciglia, corrugando la fronte con fare un po’ dubbioso.
- Sarà difficile trovarne. – disse dispiaciuta -  Questo tipo di sostanze sono particolarmente volabili, potrebbero già essere scomparse del tutto dal corpo.
 
- Beh, Molly – incalzò Sherlock – Allora smettiamo di parlarne, e iniziamo a lavorare. Presto, che è tardi!
 
John si sedette in un angolo.
Sarebbe intervenuto solo se interpellato, aveva ancora bisogno di schiarirsi le idee. E poi, non riusciva a togliersi dalla mente gli occhi di Mary Mortsan.
 
°°°
 
 
- Deve esserci una connessione, Myc. – disse l’ispettore Lestrade guardandolo con apprensione.
 
- Lo so Gregory, lo so. Ma quel cocciuto di mio fratello non vuole collaborare, e noi non possiamo esporci indagando in prima persona. Non come vorrei, almeno. – ribattè il maggiore degli Holmes, prendendosi l’apice del naso tra il pollice e l’indice.
 
- Credo che l’arrivo della ragazza abbia però suscitato la malsana curiosità di Sherlock… - insinuò Greg – e poi ha già capito che questo caso stava attirando troppo la mia attenzione…come se sospettasse che Mark fosse un nostro collaboratore
 
Mycroft strinse ancora più saldamente il suo naso. – Avrà certamente capito. Capisce tutto quel pazzo.
 
Greg arrossì leggermente sulla punta delle orecchie. – Credo che abbia capito più di quello che immaginiamo.
 
Il sorriso di Mycroft fu uno di quelli rari, che solo l’ispettore Lestrade aveva la fortuna di vedere.
- E anche se fosse, Gregory?
 
Lo sguardo d’intesa che si scambiarono i due fu molto più eloquente di mille parole.
La loro relazione era iniziata qualche mese dopo la caduta di Sherlock. Il supporto di Lestrade era stato fondamentale in quei mesi per Mycroft, Gregory riusciva a tenergli su il morale, e allo stesso tempo a tener testa ai suoi eccessi di complesso di onnipotenza.
Dopo poco tempo il loro sodalizio era diventato anche professionale.
 
Al maggiore degli Holmes piaceva molto la pragmaticità dell’ispettore, il suo modo di fare risoluto, ma allo stesso tempo umano.
Greg, dal canto suo, era così profondamente affascinato dall’incredibile potere di Mycroft, potere esercitato in ogni modo, e in ogni campo.
 
Quando scoprì che il suo compagno fosse ai vertici del MI5, non stupì  più di tanto.
 
Quando gli chiese di affiancarlo, pur mantenendo il suo posto a Scotland Yard, non esitò un attimo a dire di si.
 
Ed ora si trovavano lì, nello studiolo che Mycroft aveva discretamente occupato e fatto suo, tra le sicure e silenziose mura del Diogenes’ Club, a parlare di come due “dei loro” fossero morti in circostanze più che sospette.
 
Mycroft si schiarì la voce con un leggero colpo di tosse, che riportò Greg alla realtà.
 
- Ho bisogno di bere qualcosa… - disse Holmes con la voce rauca. Poi digitò velocemente qualcosa sullo schermo del suo smartphone.
 
- Sei preoccupato, Myc? – gli occhi scuri di Greg lo passarono da parte a parte.
 
- No, Greg. Solo…solo non mi torna qualcosa… - le rughette intorno agli occhi di Mycroft raccontavano notti insonni.
 
Il telefono di Holmes suonò, nello stesso momento in cui si aprì la porta.
Anthea entrò con la sua camminata flessuosa, reggendo in mano un vassoio con sopra due tazze di the, un whiskey liscio e una zuccheriera.
 
- Grazie, Anthea. – disse Mycroft con fare affabile – Ci hai portato anche altro?
 
Anthea scosse impercettibilmente il capo e porse ad Holmes un fascicolo sottile.
 
- Sono i tabulati di Jude, Myc? – chiese Lestrade.
 
- Già. – rispose Myc, riempiendo un cucchiaino di zucchero. Poi disse, rivolto ad Anthea – Quanto zucchero, cara?
 
- Tre. – rispose lei, laconica, senza alzare lo sguardo dal suo smartphone.
 
Mycroft riempì distrattamente i cucchiaini, prendendo lo zucchero, che sembrava brillare sotto la luce diretta della lampada da tavolo, dalla pregiata zuccheriera in porcellana.
 
Era sul punto di versare un abbondante cucchiaino di zucchero nella sua tazza, quando incrociò lo sguardo con gli occhi indignati di Lestrade.
 
- Oh. – disse Holmes, a mo’ di scuse – Hai ragione Gregory.
 
Mycroft estrasse quindi una piccola scatola di plastica dalla tasca interna della sua costosa giacca dal taglio sartoriale. Premette un pulsantino blu in fondo alla scatola, e due piccole pilloline bianche si riversarono all’interno del suo tea fumante.
 
Lestrade sembrava molto soddisfatto.
 
- Bravo, My. – disse dolce.
 
- Non capiso perché la legge non sia uguale per tutti. – disse Mycroft stizzito – Io devo usare questo desolante dolcificante al fruttosio nel mio prezioso Early Grey, e tu puoi continuare a bere il tuo whiskey in tutta pace e tranquillità.
Esigo più giustizia sociale.
 
- Zitto e bevi, Holmes. – replicò Lestrade con il sorriso a fior di labbra.
 
Allo stesso tempo, girò lo sguardo verso Anthea, che stringeva la sua tazza tra le esili dita.
Aveva lasciato per qualche secondo il suo telefono, si sarebbe potuto gridare al miracolo.
La ragazza li osservava a sua volta, sorridendo leggermene per quel piccolo battibecco tra amanti.
Lestrade pensava che fosse davvero bella. Magari, un tempo…
 
- Anthea, cara – Mycroft interruppe il silenzio, rivolgendosi a lei – hai trovato niente di interessante nei tabulati?
 
- Mmm. – annuì lei, sorseggiando il tea con aria circospetta – Delle chiamate fatte tramite un account Skype. Non sono riuscita a identificare l’indirizzo IP di riferimento. Sembra essere inesistente.
 
- Interessante. – disse Holmes congiungendo le nani sotto il naso, in un gesto che a Lestrade ricordava tanto Sherlock.
Un nuovo trillo segnalò l’arrivo di un messaggio sul telefono di Mycroft.
 
 
La pigrizia di impedisce persino di  leggere un sms?  SH
 
Un ghigno sfuggì dalle sue mani. Amore fraterno. Con un leggero tocco sullo schermo aprì anche il primo dei messaggi inviatogli da suo fratello.
 
Tengo a precisare: non lo faccio per farti un favore. SH

Poi

Vediamoci. Novità interessanti. Accetto il caso.  SH
 
Un brivido gli percorse la schiena. L’interesse di suo fratello doveva essere stato suscitato da qualcosa di veramente grande.
Avrebbe dovuto essere sincero con lui. Limitatamente sincero.
 
Appena sollevò lo sguardo dal telefono, si ritrovò di fronte a un’Anthea davvero pallida.
 
- Tutto bene, Anthea? – le chiese, ancora pensieroso. Anche Greg la stava fissando.
 
- Credo che il tea mi abbia fatto male. – disse lei, con una smorfia di dolore. – Vado.
 
Andò via socchiudendo leggermente la porta.
 
Greg. – esordì immediatamente Mycroft – Sherlock accetta il caso. Dobbiamo continuare a mantenere tutto su due binari fin quando…
 
Le sue parole furono interrotte da un tonfo sordo. L’inequivocabile rumore di un corpo che cade.
 
I due uomini scattarono subito in piedi; Lestrade fu però il più veloce.
 
Aprì la porta e si ritrovò dinanzi Anthea, riversa sul pavimento.
La posizione scomposta del corpo non lasciava molte speranze.
 
Gregory aveva visto molti corpi senza vita. Quello non sembrava fare eccezione.
 
Si chinò con delicatezza a prenderle il polso, mentre percepì alla sue spalle la presenza di Mycroft, che tratteneva il fiato, senza parole.
 
Il polso era assente.
 
- Myc… - tentò di dire, ma Holmes lo bloccò immediatamente posandogli una mano sulla spalla, il volto immobile. Sembrava una delle cere del Madame Tussauds.
 
Difficilmente Mycroft Holmes avrebbe dimenticato gli occhi vuoti di Anthea, così come il rivoletto di sangue che spuntava beffardo dalla sua bocca, quasi a voler decorare il pallore del suo volto. 
  
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