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Autore: Anouk92    05/02/2013    0 recensioni
Tabhita, Sarah e Beverley sono tre sorelle, figlie di una ex campionessa olimpica di ginnastica artistica. Si allenano nella palestra della madre insieme a tante altre ragazze e ragazzi e anche con tutto il resto della famiglia. La loro dura vita da ginnaste deve fare i conti con la vita da ragazze, con i loro sogni, aspirazioni e con tutti i problemi tipici. Tutto questo per realizzare un sogno: le Olimpiadi!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Tabhita
Non riuscivo a non pensare. Il cielo era grigio e tetro, e il mio cuore triste e dolorante.
Come potevo credere a una cosa simile?
Sarah aveva un tumore e, che mi piacesse o no, era la verità.
La sera che l’avevamo saputo, non era riuscita a trattenere la sua preoccupazione, ma bisogna dire che era stata molto forte.
Neppure una lacrima.
Aveva solo detto: “Potrei non fare le Olimpiadi. Ci pensate?”.
Aveva fissato me e Bev per venti secondi, con gli occhi lucidi e un’espressione difficilmente decifrabile.
Non eravamo riuscite a spiccicare una parola.
Poi sospirò e riprese a parlare: “Almeno adesso il ginocchio non mi farà più male…”.
Lo guardava. Impaurita, ma lo guardava.
Papà aveva deciso di rimanere qualche giorno di più. Aveva intenzione di aiutarci psicologicamente, ma non saprei dire fino a che punto ci sarebbe effettivamente riuscito.
Averlo in giro, ci rendeva tutti nervosi,ma lui aveva deciso che sarebbe rimasto una settimana, sarebbe andato a New York e avrebbe fatto le valigie per tornare a casa nostra.
Non avrebbe mai lasciato la sua piccolina da sola!
Da un lato, ciò mi faceva molto piacere. D’altra parte, però, sentivo una specie di gelosia.
Insomma, sarebbe tornato a casa con noi,ma avrebbe avuto occhi solo per Sarah. Come era sempre stato d'altronde!
Mia madre aveva un’aria non troppo contenta per questo ritorno, e penso anche per Sarah.
Non sembrava una cosa troppo seria. Almeno i medici avevano detto che era stato preso in tempo, che con un’operazione e non troppe terapie si sarebbe ripresa.
Forse non in tempo per le Olimpiadi, ma si sarebbe ripresa.
E Sarah, proprio di questo aveva paura. Di non riuscire a fare le Olimpiadi!
Insomma, le avevano detto che non sarebbe morta, quindi poteva benissimo preoccuparsi per il secondo problema principale:le Olimpiadi!
Papà era andato a New York quella mattina, mentre noi, invece ci stavamo preparando per andare in palestra.
L’operazione di Sarah era prevista per la settimana dopo, e lei  sembrava essere tutt’altro che preoccupata!
Aveva una settimana di vacanza e di riposo e stava cercando di godersela.
Non le credevo molto. Sapevo bene che stava male, ma Sarah era sempre stata così. Quando c’era un problema lei semplicemente faceva finta che non esistesse!
“Bev, hai lasciato il tuo borsone per le scale! Ti sembra normale?”.
“Andiamo mà! Ero di fretta! Mi hai svegliata tardissimo!”.
Scossi il capo. Non era tardissimo, ma lei aveva deciso di alzarsi dal letto almeno venti minuti più tardi!
Sarah arrivò in jeans e maglione.
Non metteva quei vestiti da una vita!
Si sedette con noi a fare colazione.
“Aranciata?”- le chiese Beverley, masticando il suo toast a bocca aperta.
“Oh Bev, che schifo!”- esclamai, buttando gli occhi al cielo.
“Per favore, non cominciamo già alle sei!”- ci chiese mia madre, prendendo il giornale e smettendo di sorseggiare il suo tè.
Sarah aveva preso il latte e stava bevendo,con lo sguardo perso nel vuoto.
Mia madre fu l’unica a rendersene conto.
“Sarah! – posò il giornale – Stavo pensando che forse non ti fa bene venire con noi in palestra senza poterti allenare, – le si avvicinò – forse dovresti fare qualcos’altro… magari…”.
“No. Vengo in palestra, mamma.”.
Io e Beverley eravamo immobili. Guardavamo la scena con una sorta di estraniamento.
“Sai, visto che non puoi fare granché… pensavo che ti sarebbe potuto piacere andare a fare un giro magari!”.
“Da sola?” – sentenziò Sarah, posando la tazza sul tavolo.
“No… Con qualcuno! Voglio dire semplicemente che non sei obbligata a venire se non te la senti!”.
“Studio bene in palestra.”.
“Ma potresti fare altro! Hai una settimana prima di un’operazione, non hai voglia di fare qualcosa che non hai mai fatto prima?”.
“Si.”.
“E cosa? Perché non lo fai allora?”.
“Non lo so, mamma. Forse perché sarei da sola!” – Sarah si alzò dal tavolo e andò in salone velocemente.
Tornò con in mano il suo zaino e gli occhi pieni di lacrime.
“Allora? Quanto deve durare questa colazione? Andiamo?”.
Io e Beverley posammo i nostri piattini nel lavabo.
“Si, ora andiamo. Io e Bev siamo pronte.” – risposi con un fil di voce, ma questo non fece stare meglio Sarah, che invece scoppiò in lacrime.
Mia madre andò da lei. Le tolse dalle mani quello zaino e la abbracciò.
Non l’avevo mai vista così. Sarah non era molto aperta alle “coccole”, per così dire.
Quella era Beverley,e forse anche io!
“Oggi faremo una cosa, io e te! E non voglio sentire scuse! Andiamo a fare  una bella passeggiata, ma tu non entrerai in palestra finché non reggerai questa cosa, è chiaro?”.
Sara non aveva osato dire di no, questa volta!
Mia madre ci lasciò in palestra. In macchina aveva regnato un silenzio surreale, ma si capiva bene che nei nostri cuori c’era tanta preoccupazione.
Era strano fare un allenamento senza mia madre. Non avevo nessuno che mi urlasse contro ogni sei secondi, o che mi desse ordini a manetta!
Mi sentivo stranamente libera in quella palestra!
“Ehi, Tabbhy! – Beverley mi era venuta incontro, mentre sistemavo i paracalli – Sai stavo pensando a stamattina.”.
“Non sei l’unica.”.
“La mamma era molto preoccupata! E poi tutta questa situazione è proprio pesante! Sarah sta male e io non capisco se sia più perché ha paura di quello che ha o perché teme di non potersi allenare per le Olimpiadi!”.
La guardai un secondo. Non era mai capitato di vedere Beverley farfugliare di cose pressoché ovvie!
“Penso siano entrambe le cose.” – tagliai corto, sperando che quel suo monologo terminasse lì.
Non fu così.
“Non credi che magari lei vorrebbe stare con… - e sussurrandomi quasi all’orecchio proferì – …Jason?”.
“Probabile! Ma che possiamo fare? Se la mamma scoprisse questa cosa succederebbe l’inferno!”.
“Oh,non credo proprio! Si sta trovando in una situazione difficile! Vorrei proprio vedere se per un istante non le venisse di pensare prima alla felicità di sua figlia!”.
“Bev, ti prego! Jason è meglio che nella mente di nostra madre rimanga soltanto un nostro amico! Abbiamo già fin troppe difficoltà da affrontare per preoccuparci pure di far uscire Sarah allo scoperto!”.
Detto questo, mi avviai verso le parallele, pronta a lanciarmi.
Evidentemente, però, non avevo tenuto in conto il fatto che Beverley fosse estremamente combattiva,e infatti me la ritrovai alle spalle, pronta a domandare qualcos’altro.
“Ma se invece le organizzassimo un incontro segreto? Non credi che forse voglia venire in palestra anche per vedere lui? Oltre che perché le manca la ginnastica, è ovvio!”.
Mi voltai di scatto. Avevo voglia di mollarle un pugno!
Con tutti i problemi che avevamo voleva crearne degli altri?
Questo si che era tipico di Beverley!
“ Sei impazzita? – urlai, attirando l’attenzione di zia Danielle – Tu sai che ci sono dei problemi seri a casa! Abbiamo due genitori che a mala pena si parlano, una sorella con un tumore e dovremo pure sopportare la presenza di un padre che ci ha abbandonate come cani! Come può venirti in mente anche solo per un istante di dire bugie a nostra madre e magari mettere nei pasticci Sarah? Sei forse stupida? A te non importa, perché tanto sono sempre io ad andarci di mezzo, a pagare per te! A prendermi le colpe per tutte e due! Ma ora basta!”.
Ero esplosa! Bev mi guardò, con i grandi occhioni neri spalancati e piangenti. Avrebbe pianto, se fossimo state altrove.
Ad un tratto sentii una mano sulla spalla.
“Ragazze, che succede?”.
Zia Danielle era lì. I capelli scuri le incorniciavano il viso pallido. Gli occhi erano preoccupati.
Anche i suoi!
Sospirai.
“Niente.. noi.. – guardai Beverley, con il volto non triste, ma peggio – Stavamo solo parlando. E Bev… mi dispiace…”.
Mi resi conto di quello che le avevo appena urlato e mi sentii un verme.
Bev annuì : “Fa niente. Ti ho fatto arrabbiare.. hai ragione tu. Vado ad allenarmi, zia!”.
Bev si allontanò lentamente.
L’avevo uccisa! Ero stata spietata.
“Tabhita, - ed ecco che sentivo di nuovo pronunciare il mio nome, ma stavolta da mia zia – volevo chiederti… ecco, so che state attraversando un momento complicato, ma ci sono altri problemi a casa, tesoro?”.
“Beh… Sarah sta avendo un crollo emotivo. Stamattina mia madre non ha voluto che venisse, perché era veramente.. come dire… giù di morale! Papà tornerà dopodomani e non siamo tutti felici di questo, anche perché averlo in giro è… zia, tu sai già la risposta! Perché mi fai questa domanda?”.
Ero proprio nervosa.
“Perché ti fa bene parlare. Tieni sempre tutto dentro, come facevo io alla tua età! Ti carichi delle responsabilità delle tue sorelle, come me. Cerchi sempre di trovare un compromesso, una soluzione, e di mettere sempre tutto insieme! Finirai con esplodere se non parli con qualcuno.
E’ da almeno un mese che tua madre non fa che parlare di te, di quanto sia preoccupata per te, perché ti occupi di Beverley, ti addossi i problemi di Sarah e non pensi a te stessa.”.
“Dice questo? Di me? Si preoccupa per me?”.
“Si. E credo che abbia ragione! Sei un pilastro per la tua famiglia, ma tu non sei la madre di nessuno. Tu sei una figlia e una sorella. E prima di ogni cosa,sei una ragazza. E spero che tu abbia i tuoi sogni. E lo spera anche tua madre! Ora ti lascio al tuo allenamento, ma tu pensa a quello che ti ho detto e se vuoi parlare… io sono dall’altra parte della palestra, in infermeria!”.
Mi diede una pacca sulla spalla e se ne andò, saltellando sui suoi tacchi.
Deglutii.
Mia madre era preoccupata per me, e anche mia zia.
Io ero una ragazza.
Non ci avevo mai pensato.
Potevo anche io fare degli errori, o avere dei sogni…
Mi attaccai alla parallela.
E continuai a pensare per tutto il tempo dell’esercizio.
Non conclusi con la mia uscita, perché improvvisamente sentii di dover fare una cosa.
Mi lanciai in una corsa sfrenata verso gli spogliatoi, dove era appena entrata Beverley.
Le afferrai il braccio e, respirando affannosamente, dissi: “Hai ragione tu! Dobbiamo aiutare Sarah!”.
“Ma avevi detto che…”.
“Non pensare a quello che avevo detto! Mi faccio schifo da sola per questo! Per non finire nei guai, per essere sempre responsabile, potrei non aiutare Sarah a sentirsi meno sola!”.
Presi una matita dal mio borsone e il quaderno di matematica.
“Che devi fare con quelli?”.
“Non possiamo improvvisare Bev. Ci serve un piano!”.
Ci lanciammo uno sguardo complice e subito cominciammo a scrivere.
  
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