Mi voltai e vidi
entrare questa dolce ragazza, capelli raccolti in una treccia e avvolti
in un
delicato aroma al gelsomino. Aveva occhi chiari come il ghiaccio,
sorriso
perfetto e i piedi da ballerina.
«Salve, sono
l’ispettore Corsini. Piacere di conoscerla»
«Piacere, io sono Emma
Morgan, la figlia dei coniugi» feci per stringerle la mano in
segno di saluto,
ma lei stette ad osservarmi con uno sguardo svanito, per poi toccarmi
con la delicatezza di una piuma.
«Inizio subito col dire
che mi dispiace per la sua perdita. Immagino debba essere molto
difficile..»
«In effetti, sarà
dura
andare avanti senza di lei, ma ci proveremo» tolse il
fazzoletto dal suo
vestito vermiglio e si asciugò le lacrime.
«Mia cara, se non se la
sente, posso far chiamare qualcun altro, se ha bisogno di
riprendersi..»
«No, va tutto bene. Mi
dica, cosa vorrebbe sapere?»
«Innanzitutto,
perché
avete aspettato tanto tempo per chiamare un medico? La signora
è morta quasi da
tre giorni ormai..»
«Si, ha ragione. Ma il
fatto è che ultimamente abbiamo avuto problemi con il
telefono, la corrente eh..
beh, tutto necessita di essere riparato.»
Adesso stava muovendo
freneticamente le mani, le tremavano le gambe e leggevo i suoi occhi:
erano sconvolti.
«In tal caso.. non potevate
chiedere ai vicini? Oppure andare direttamente
all’ospedale?»
«Si, è vero,
però non
avevamo tempo ed eravamo terrorizzati, poi abbiamo trovato il suo
numero e
l’abbiamo chiamata, contando ovviamente sulla sua
discrezione.»
«Naturale, anche se
penso sarebbe meglio informare le autorità.. tornando
all'omicidio, quando l’avete trovata?» cambiai
discorso, notando che era sempre più restia a parlare.
«Due giorni fa..
è
stato mio fratello Louis a trovarla, può immaginare che
shock per un ragazzino
di appena diciassette anni.. l’abbiamo trovata esattamente
così, non abbiamo spostato
nulla da allora.»
«Mmh, bene.
Un’ultima
cosa.. so che sembra una domanda fuori luogo ma.. ecco, lei dove si
trovava al
momento dell’omicidio?»
«E’ buffo, sa? Non
ho
un alibi per quel momento. Posso dire che ero fuori per una
passeggiata, ma
come potrà verificare nessuno ne sarà
sicuro.»
«In effetti, questo
complica un po’ le cose.» dissi, accompagnandola
fuori. Mi rivolsi poi a tutti
i presenti: «Scusatemi, un attimo di attenzione. Mi
sembrate tutti
alquanto scossi dall’accaduto e, francamente, preferisco
lasciarvi tempo per
riprendervi. Continueremo nel tardo pomeriggio. Intanto, grazie a tutti
per la
disponibilità.»
I presenti si
allontanarono. Riuscii però a scorgere il figlio del signor
Morgan, Louis, che
entrava nello studio. Incuriosita, mi avvicinai, e posai
l’orecchio contro il
portone.
«Allora,
è tutto pronto? Si, certo.. tranquillo, ormai non dobbiamo
più
preoccuparci di quella.. assolutamente, concluderò
l’affare.. e la
riunione?Dimmi.. ah,tra una settimana all’Hotel Continental..
d’accordo, ci
sarò.. a presto.»
Sentii i suoi passi
avvicinarsi alla porta, così mi appiattii contro il muro.
Lui uscì, si guardò
intorno per assicurarsi che nessuno lo stesse spiando, e se ne
andò via
raggiante. Credeva di fregarmi, quel furbacchione.
Guardai l’ora. Era
passato mezzogiorno, infatti il mio stomaco cominciava a brontolare.
«Lenzi!LENZI!»
urlai
dal fondo della scala.
«Eccomi capo! Che
succede?» scese tanto in fretta le scale che mancò
il gradino, capitombolando
giù come un sacco di patate.
«Accidenti! Lenzi, come
sta? Mi risponda!» lo scuotevo energicamente.
«Starei sicuramente
meglio se la smettesse di sbatacchiarmi come una pallina da
ping-pong..»
«Ops, mi scusi.. le va
di andare a mangiare qualcosa?»
«Sto bene capo, e
sì,
accetto volentieri l’idea!»
«Ti ho già detto
di non
chiamarmi capo.»
Rientrammo poco dopo,
giusto un quarto d’ora per mangiare un panino, quando
sentimmo un urlo.
«Ohh no, e adesso cosa
succede?!»
«Signora, la prego
faccia presto! Emma è sul balcone e si vuole buttare nel
vuoto!» la cameriera
prese i lembi della sua veste e cominciò a correre su per le
scale, seguita da
noi due.
Spalancata la porta,
vedemmo tutti i parenti riuniti nella stanza di Emma. La ragazza si
trovava
sull’orlo del balcone: indossava un vestito di tulle color
grigio perla, i
capelli color ebano raccolti in una coda di cavallo e le mani protese
verso il
cielo.
«Per carità! Emma
non
faccia sciocchezze!» urlò il maggiordomo di
famiglia.
«Emma.. che stai
facendo?» mi avvicinai lentamente a lei.
«Vado a trovare la
mamma, chissà come sta adesso.. sono stufa di questo mondo,
persone che odiano
senza provare ad amare, chi di loro ha tutto e chi niente, persone che
hanno
dimenticato le storie e la magia delle favole antiche e proseguono solo
con
gossip e scandali.. l’amore puro, ormai nemmeno quello esiste
più.»
Mentre parlava le
lacrime le rigavano le guance, sorrideva d’un amara dolcezza
e fissava il
cielo, come se avesse voluto aver le ali e fuggire via.
«Hai ragione, Emma, ti
capisco. Ma non puoi sacrificarti per peccati che non hai commesso..
non è
colpa tua, e lo sai.»
Non feci in tempo a finire la frase
che Emma si lanciò nel
vuoto. Vidi le sue lacrime cadere come goccioline di pioggia, vidi il
suo
sguardo, perso, amareggiato, mentre sfidava il destino lasciandosi
andare.
Attimi che sembrarono un’eternità.