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Autore: Beauty    07/02/2013    11 recensioni
Rumpelstiltskin è il dio dei morti, Belle è la figlia del dio delle messi, dolce, bella e spensierata. Rumpelstiltskin sa che non accetterebbe mai di divenire la sua sposa, così decide di rapirla...costretta a vivere in sua sola compagnia in un mondo di oscurità, come si evolveranno i sentimenti di Belle nei confronti del signore delle tenebre?
Storia ispirata al mito greco di Ade e Persefone.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Dov’è?! Dov’è mia figlia?!
James sospirò, passandosi una mano sulla fronte mentre sua moglie Snow chinava il capo al suo fianco. Nessuno degli dei si azzardava a profferire parola ad alta voce, limitandosi a mormorii sommessi. Solo in quel momento, James comprendeva appieno le ultime parole che Rumpelstiltskin gli aveva rivolto prima di andarsene.
Io ti ho chiesto una cortesia. Se tu non avrai la bontà di farmela, allora vorrà dire che dovrò provvedere da solo.
Il dio dei morti aveva mantenuto la sua promessa.
- E’ stato lui, non è vero?- ringhiò Maurice.- E’ stato quel mostro! E’ stato lui a rapire la mia Belle!
- Maurice, cerca di calmarti…
- Come posso calmarmi, dannazione?!- urlò il dio delle messi, fuori di sé per la rabbia e la preoccupazione.- Mia figlia è sparita! Quella bestia l’ha portata via con sé! Devi fare qualcosa, James, devi riportarla da me!
- Non posso fare nulla, Maurice. Nessuno può - disse James, rassegnato.
- Certo che possiamo!- Ruby scattò in piedi, raggiungendo velocemente il centro del salone. Come la maggior parte dei presenti, la dea della caccia non era ancora riuscita a metabolizzare ciò che era successo. Le sembrava impossibile di aver parlato con Belle solo la mattina precedente e che ora lei fosse scomparsa. No, rapita. Rapita dal dio dei morti.- Possiamo entrare nell’Ade! Siamo dei, il traghettatore non pretenderà da noi alcun pagamento, né ci impedirà di passare!
- Ma lo farà Rumpelstiltskin!- intervenne Archie.- Quello è il suo regno, dopotutto. Noi potremmo anche non sottostare alle regole dei mortali, ma se entreremo nell’Oltretomba sarà lui a tenere i fili della situazione!
- Allora, costringiamolo a lasciarla andare!- suggerì Emma con forza.- Possiamo cercare di farlo ragionare, e se le belle parole non funzionano, allora lo faranno le minacce!
La dea della sapienza terminò la frase un attimo prima che una sonora risata risuonasse contro le pareti del palazzo. Emma si voltò verso la dispensatrice di quella ilarità, innervosita; detestava venire interrotta e soprattutto derisa, specialmente se era la dea della discordia a farsi beffe di lei.
Regina prolungò la sua risata ancora per qualche istante, prima di accomodarsi meglio sul proprio trono e accavallare le gambe, il volto disteso in un sorriso di strana soddisfazione.
- Ma vi prego! Qualcuno di voi si ascolta, mentre parla?- domandò.- Davvero credete che Rumpelstiltskin cederà alle vostre moine, o a delle minacce. Il dio dei morti è come la stessa Thanatos, non perdona nessuno e non ode le suppliche di chicchessia. Ha detto di volere una sposa, non è così? In tal caso, conoscendo il signore dell’Ade, temo che il destino di Belle si sia già compiuto da un pezzo…- concluse, con un sorriso cattivo.
- Taci!- tuonò il dio delle messi.- Taci! Non osare mai più dire una cosa simile, mi sono spiegato?!
- Non è colpa mia se tu non riesci a guardare in faccia la realtà, Maurice - rispose Regina, senza scomporsi.- Così come non lo è il fatto che Belle sia stata rapita da Rumpelstiltskin…
- Su questo non ci metterei la mano sul fuoco…- mugolò Emma.
- …e che voi non sappiate come fare per risolvere questa situazione - concluse la dea della discordia, ignorando il commento.- Andiamo, confessate! Non avete la più pallida idea di come riportare indietro quella ragazza. E lo sapete perché? Ve lo dico io - Regina si alzò in piedi, guardando gli dei ad uno ad uno.- Perché non c’è un modo per riportarla indietro. Rumpelstiltskin si è preso ciò che voleva, e non vi rinuncerà tanto facilmente. Non ci resta che rassegnarci al fatto compiuto.
Maurice avrebbe voluto urlarle insulti e maledizioni, ma le parole di Regina aumentarono la sua ansia, e non poté fare altro che voltarsi a guardare James con aria supplichevole. Il re degli dei, comunque, si limitò a scuotere il capo. Per quanto detestasse ammetterlo, Regina aveva ragione: molto probabilmente, Belle era già divenuta la sposa del dio dei morti, e Rumpelstiltskin non avrebbe rinunciato a lei, se non per amore, anche solo per semplice ripicca. Loro non potevano violare le porte dell’Ade e riportarla indietro, e tentare di far ragionare il re degli Inferi sarebbe stato inutile.
Non c’era nulla che potessero fare.
Maurice chinò il capo, le guance rigate da lacrime di preoccupazione e rabbia, e strinse i pugni, sentendosi debole e impotente come mai gli era accaduto nella sua vita immortale.
Non avrebbe rivisto mai più sua figlia.
Nel momento esatto in cui quel pensiero si affacciò nella mente del dio delle messi, la terra iniziò lentamente a morire.
 

***

 
Belle si risvegliò nell’oscurità. Ci mise diversi istanti a raccapezzarsi, e più si guardava intorno, più si sentiva spaesata. Si trovava in una stanza quasi completamente immersa nelle tenebre, fatta eccezione per una candela accesa, la cui debole fiammella illuminava parzialmente l’ambiente. Belle era distesa su di un letto a baldacchino, le cui tende e lenzuola erano di un cupo rosso sangue. Per il resto, non riusciva a scorgere nient’altro. Non avrebbe saputo dire se la stanza era grande o piccola, se vi era altra mobilia, o se vi fosse – fu il suo primo pensiero non appena si rese conto di non essere più a casa sua – una qualche via di fuga. Belle si guardò furiosamente intorno, gettando le lenzuola via da sé. Si sedette sul bordo del letto, prendendo la candela fra le mani e cercando di illuminare l’ambiente circostante, ma la luce si estendeva solo fino a pochi passi da lei.
Belle posò la candela, iniziando a tremare violentemente. Ricordò tutto: il tempio abbandonato, la carrozza…Dove si trovava? Cosa le era successo?
Belle prese un profondo respiro, cercando di calmarsi e di ragionare, ma non riusciva a smettere di tremare. Si alzò in piedi, barcollando un poco e avanzando di qualche passo a tentoni, ma subito si arrestò. Non conosceva quel luogo, non era in grado di orientarsi al buio.
Improvvisamente, venne colta da una vampata di gelo, quasi che uno spiffero invernale l’avesse investita improvvisamente, e avvolse le braccia intorno alle proprie spalle.
- Ben svegliata, dearie!- ridacchiò improvvisamente una voce acuta e maligna, proveniente da chissà dove. Belle sobbalzò, facendo dardeggiare lo sguardo tutt’intorno cercando di capire da dove provenisse quella voce, ma non vedeva nulla oltre lo strato di oscurità.
Indietreggiò istintivamente, tornando a sedersi sul letto e abbracciando le proprie ginocchia.
- Non avere paura!- si affrettò a dire la voce; non era più ridacchiante e canzonatoria, ma a Belle parve comunque familiare.- Non ti accadrà nulla di male, finché sarai qui.
Lo sguardo di Belle s’indurì; aveva riconosciuto la voce ancor prima che il suo possessore entrasse nell’aura della poca luce che le era concessa.
Rumpelstiltskin avanzò di qualche passo, e l’intera sua figura venne illuminata dalla debole luce della candela. Belle sentì il cuore saltare un battito; le ombre proiettate dalla fiammella rendevano il volto del dio dei morti ancora più cupo e inquietante. La ragazza prese un lungo respiro, cercando di ritrovare il sangue freddo e soprattutto un po’ di contegno. Aveva sempre desiderato essere coraggiosa: quella era l’occasione buona.
- Dove sono? Perché mi avete portata qui?- domandò, mantenendo la voce ferma. Nonostante il dio dei morti l’avesse appena tranquillizzata dicendole di non avere paura, lei si sentiva molto restia a credere alle sue parole. Aveva a che fare con il signore delle anime, dopotutto. E, con ogni probabilità, se lei si trovava in quel posto, era tutta colpa sua.
- Domanda sciocca, da parte tua, dearie. Non rendi onore alla tua intelligenza - ghignò Rumpelstiltskin.- In ogni caso, penso che sia mio dovere, in quanto padrone di casa, darti una risposta. Dunque, benvenuta nell’Ade, dearie - sorrise, accompagnando la frase con un inchino appena accennato.
Belle serrò le labbra, mentre gli occhi divennero due fessure.
- Siete stato voi a rapirmi, non è vero? Voi avete inviato quella carrozza!- ringhiò.- Perché? Cosa volete da me?
- Non sembri molto felice di trovarti nella mia dimora…- osservò Rumpelstiltskin, mantenendo il suo solito ghigno ed evadendo al contempo la domanda.
- Certo che non lo sono! Mi avete rapita, mi avete portata qui contro la mia volontà! Se desideravate che io venissi qui, avreste almeno potuto degnarvi di chiedermelo!- sbottò Belle, ma subito un’altra vampata di gelo la fece rabbrividire, e si strinse nuovamente nelle spalle; dannazione, in quel posto faceva un freddo infernale!
Rumpelstiltskin non rispose; Belle s’impose di smettere di battere i denti, e riacquistò il suo tono di voce fermo e deciso.
- Perché sono qui?- ripeté.
Il dio dei morti chinò il capo, improvvisamente serio; si avvicinò a lei lentamente, quasi stesse misurando i propri movimenti per non spaventarla. Le prese una mano, baciandone piano il dorso come aveva fatto il giorno prima presso il tempio abbandonato; ancora, Belle avvertì un brivido lungo la schiena al tocco delle sue labbra.
- Non era mia intenzione farti un torto - sussurrò il dio dei morti, stranamente serio, accarezzandole piano la mano. - Ho ritenuto opportuno portarti qui senza il tuo consenso perché sapevo che non avresti mai accettato. So che hai paura di me.
Non c’era né minaccia né beffa nel suo tono di voce, anzi, a Belle parve estremamente mesto; tuttavia, anche senza quel ghigno malefico, i suoi sentimenti nei confronti del signore dell’Ade non mutavano. Rumpelstiltskin aveva compreso tutto: lei aveva paura di lui.
- So che hai paura di me - ripeté il dio dei morti dopo qualche istante.- Ma io ti giuro che non ti farò del male.
- Sono felice di sentirvi dire questo. Ma mi è difficile credervi, in questa situazione - Belle sostenne il suo sguardo.- Perché mi avete portata qui?- ripeté.- Cosa volete da me?
Rumpelstiltskin abbassò nuovamente lo sguardo, senza lasciarle la mano.
- Volete che mi fidi di voi, non è vero? Allora, ditemi la verità!- insistette Belle.
- La verità?- Rumpelstiltskin accennò un sorriso, che morì immediatamente sulle sue labbra. La ragazza annuì con decisione.
- La verità…la verità è che…- il dio dei morti esitò; non gli era mai accaduto, e si maledisse mentalmente. Non doveva apparire insicuro, non in quel momento.- La verità è che cerco…una moglie - concluse, per nulla soddisfatto di se stesso. Avrebbe voluto aggiungere qualcos’altro, ma Belle si ritrasse di scatto prima che potesse farlo. Lo sguardo della ragazza era carico di orrore.
- Volete sposarmi?!- la giovane quasi gridò; il dio dei morti si sentì colpito da quella reazione, ma s’impose di non darlo a vedere, e sfoderò nuovamente il suo solito ghigno.
- Sei molto perspicace, dearie.
- Voi siete pazzo!- Belle ringhiò, allontanandosi da lui; ringraziò mentalmente che i suoi occhi si fossero abituati un poco all’oscurità, così da potersi muovere più agevolmente in quella stanza buia.- E’ per questo che mi avete portata qui? Perché sperate che io acconsenta a diventare vostra moglie? No, questo non accadrà mai, potete esserne certo! Quando mio padre lo verrà a sapere…
- …quando tuo padre lo verrà a sapere, dearie, non potrà fare altro se non rassegnarsi al fatto compiuto e accettare le cose come stanno. Dunque, se speri che il paparino venga a salvarti, temo che resterai delusa - Rumpelstiltskin fece una risatina acuta e malefica.- Sono io che comando, qui, dearie. L’Ade è il mio regno, e nessuno può entrare o uscire senza il mio permesso!
- Beh, io non intendo sottostare alle vostre regole un minuto di più!- esclamò Belle, risoluta; quindi, senza aggiungere altro, uscì sveltamente dalla stanza, senza voltarsi.
Belle raggiunse l’esterno della camera, e subito venne nuovamente colpita dall’oscurità che regnava nell’Oltretomba. Fortunatamente, qua e là, infisse alle pareti, c’erano delle fiaccole accese, così da poter illuminare un poco l’ambiente, che tuttavia restava tenebroso. Belle venne colta da un altro brivido di freddo; non vedeva niente e nessuno, ma poteva udire i lamenti e le grida delle anime morte intorno a lei. Abbassò lo sguardo: poco distante da lei il fiume infernale scorreva velocemente verso Nord, e da esso spuntavano di tanto in tanto sbuffi di fumo. I gemiti delle anime dei mortali non cessavano mai. Belle venne colta da una grande paura, ma si disse che doveva essere coraggiosa; si avvicinò alle sponde dello Stige, e subito scorse un’ombra avvicinarsi navigando sulle acque.
- Traghettatore!- chiamò, sventolando una mano per far notare la propria presenza.
Grumpy la vide, e accostò la barca alla riva.
- Portatemi indietro!- Belle tentò di dare alla propria voce un tono imperioso, ma la frase le uscì come una supplica.- Riportatemi sull’altra sponda, dove si trova la porta dell’Ade!
- Non posso farlo - replicò Grumpy, con voce piatta, ma senza smettere il suo sguardo truce.
Belle sospirò; l’avidità del traghettatore delle anime era conosciuta anche nel mondo mortale e divino. Avrebbe dovuto immaginare che avrebbe preteso un pagamento.
- Ascoltate: ora non ho denaro con me, ma se mi riporterete indietro prometto che vi darò dieci dracme per ricompensarvi.
- Dieci dracme?- il traghettatore scoppiò in una sgangherata risata.- Confesso che mi tentate, signora, ma non posso in alcun modo acconsentire alla vostra richiesta. Ordini superiori.
Belle avrebbe voluto gridare dalla rabbia, mentre Grumpy e la sua imbarcazione scomparivano attraverso i fumi e l’oscurità. Si lasciò cadere in ginocchio, i capelli che le ricadevano sugli occhi. Belle conficcò le unghie nella terra, costringendosi a non piangere. Non doveva piangere. L’avrebbe fatta apparire debole e vulnerabile. Era quello che lui si aspettava, quello che avrebbe voluto. Non gli avrebbe dato questa soddisfazione.
Dunque, era in trappola. Rumpelstiltskin aveva preso tutte le precauzioni affinché lei non lasciasse il regno dei morti. Il solo pensiero che le sarebbe bastato salire su una barca e attraversare un fiume per fuggire da quell’incubo non faceva altro che accrescere la sua rabbia. Il traghettatore aveva ricevuto dal suo padrone l’ordine di non lasciarla salire sulla sua imbarcazione e, se anche Belle avesse avuto con sé del denaro, egli si era rivelato incorruttibile nonostante la sua natura avida.
E poi, il dio dei morti aveva detto il vero: là sotto, tutto e tutti dovevano sottostare alle sue regole. Né suo padre né nessun altro, neppure lo stesso James, avrebbero potuto tentare di salvarla. Rumpelstiltskin avrebbe impedito loro l’accesso, o anche fatti cacciare via da Cerbero, se fosse stato necessario. Non avrebbe permesso loro nemmeno di avvicinarsi alle porte dell’Ade.
Era una prigioniera, a tutti gli effetti; e non c’era modo per lei di fuggire.
Rumpelstiltskin l’aveva portata lì perché voleva fare di lei la sua sposa; perché? Perché proprio lei? Perché il dio dei morti non si accontentava di averla come semplice prigioniera, ma la voleva invece intrappolare ancora di più, vincolandola a lui per l’eternità?
- Ti aspetto stasera a cena, dearie!- ridacchiò una voce in lontananza, rimbombando sulle pareti.
Belle mugolò, stringendosi le ginocchia al petto. Non avrebbe ceduto. Non avrebbe acconsentito a divenire la moglie di Rumpelstiltskin.
Avesse dovuto restare imprigionata per l’eternità, ma non avrebbe ceduto. Rumpelstiltskin e la sua oscurità non l’avrebbero avuta.
 

***

 
Belle si era ripromessa di non accettare l’invito di Rumpelstiltskin e di rimanersene chiusa a chiave nella sua stanza, ma alla fine si era decisa ad andare a quella maledetta cena. Non aveva fame, né tantomeno desiderava la compagnia del re dell’Ade, ma si era detta che continuare a starsene con le mani in mano e a piangersi addosso non avrebbe giovato a nulla. Se non altro, avrebbe almeno potuto tentare di far ragionare Rumpelstiltskin.
Belle rabbrividì nuovamente per il freddo, appena mise piede nell’immensa sala da pranzo. Si domandò se avrebbe sempre dovuto patire il gelo in quel modo, o se, prima o poi, vi ci sarebbe abituata. In ogni caso, sperava che la sua permanenza nel regno dei morti non si protraesse abbastanza a lungo per poterlo scoprire.
La sala da pranzo del dio dei morti era appena più illuminata del resto dell’Oltretomba, ma la luce che scaturiva dai candelabri posti a centro tavola era flebile e inquietante. Il lungo tavolo era imbandito con ogni cibo che Belle avesse mai assaggiato, mentre Rumpelstiltskin era seduto a capotavola su un trono di pietra, in una posizione così rilassata e noncurante da apparire più disteso che seduto.
- Sei in ritardo, dearie - ghignò il dio dei morti. Belle non rispose, e si sedette all’altro capo del tavolo, il più lontano possibile da lui. Rumpelstiltskin la guardò per qualche istante, il ghigno meno sicuro e marcato di prima. Belle sostenne il suo sguardo, ignorando il brivido – stavolta non di freddo – che le corse lungo la schiena quando incrociò i suoi occhi scuri.
- Sono venuta qui per parlarvi - esordì Belle.
- Ah, certo! Pensa un po’, e io che credevo desiderassi la mia compagnia…
- Quanto volete per lasciarmi andare?- chiese la giovane, ignorando il commento.- Oro, forse?
- Oro? Hai detto proprio oro?- Rumpelstiltskin le rivolse uno sguardo incredulo.- Dearie, nel caso te lo sia dimenticato, io sono il dio dei morti. Cosa credi che potrei farmene, dell’oro?
- Allora, ditemi che cosa volete!- insistette Belle.- Ci dev’essere qualcosa…Sono certa che mio padre, oppure James, sarebbero sicuramente in grado di…
Rumpelstiltskin ridacchiò, facendo segno di no con l’indice.
- Fatica sprecata, dearie - sussurrò.- Ti ho già detto ciò che voglio, e non intendo accettare scambi. Ma perché non mangi qualcosa, mentre ne discutiamo?
Belle arrossì violentemente, quindi si alzò in piedi, indignata.
- Siete un essere spregevole!- gridò.- E’ così che sperate di ottenere la mia mano? Con l’inganno? Beh, in tal caso sappiate che non sono una stupida! So che cosa accade a chi mangia il cibo dell’Oltretomba! Non riuscirete a trattenermi qui!
- Davvero mi credi così subdolo?- Rumpelstiltskin si fece improvvisamente serio, quindi si alzò in piedi a sua volta, andandole incontro.- Davvero credi che ricorrerei a questo volgare stratagemma per trattenerti qui con me? Confesso di esserne stato tentato, ma sapevo che mi avresti odiato ancora di più di adesso, se l’avessi fatto - il dio dei morti arrivò a pochi centimetri da lei; Belle si sentì profondamente a disagio a causa di quella vicinanza.- Ho fatto in modo che tu qui possa mangiare tutto quello che vuoi, senza essere mai vincolata a questo posto. Non voglio una prigioniera, Belle. Io voglio una moglie, e sarà solo attraverso la tua promessa che rimarrai qui. Spontaneamente, senza alcun obbligo.
- E allora, perché mi tenete rinchiusa qui?- insistette la giovane.- Se mi è concessa tutta questa libertà, perché non posso ritornare a casa?
- Di che ti lamenti?- di nuovo, quel ghigno malefico rispuntò sulle labbra di Rumpelstiltskin.- Se non ho capito male, non è che lassù, con tuo padre sempre intorno, avessi molta più libertà.
- Ero a casa mia! Ero vicino alle persone che amavo, ero vicino a mio padre! Lassù non c’era mai oscurità, potevo vedere il sole!
- A che serve il sole, se lo si può vedere solo da lontano?- replicò Rumpelstiltskin.- Eri una prigioniera, dearie, tanto vale che tu lo ammetta. Si potrebbe quasi dire che ti ho fatto un favore…
- Che cosa?!- Belle lo guardò, incredula e indignata.- Un favore? Avete idea di che cosa avete fatto?!- sbottò.- Voi non mi avete salvata! Mi avete solo rinchiusa in un’altra prigione, mi avete portato via da tutto ciò che amavo…
- Ascolta, dearie…
- No! No, io non sono la vostra dearie e non intendo ascoltare un’altra delle vostre spiegazioni! E ricordate che io ho un nome, d’ora in avanti gradirei che lo utilizzaste!
- Come desideri…Belle - ghignò il dio dei morti.
La giovane non rispose, rassegnata; aveva una gran voglia di mettersi a piangere, ma il suo orgoglio glielo impediva. Venne colta dall’ennesimo brivido di freddo, e si strinse nelle spalle. Rumpelstiltskin se ne accorse.
- Hai freddo?
- Qui dentro si gela…- soffiò Belle, senza che la sua voce si addolcisse.
Rumpelstiltskin la guardò per qualche istante, quindi si tolse di dosso il mantello nero, porgendoglielo gentilmente. Belle allungò una mano per prenderlo, ma subito il dio dei morti ritrasse la propria.
- Tutto ha un prezzo, Belle - ghignò.- A te la scelta: puoi continuare a patire il freddo, oppure pagare il prezzo di questo mantello…
- Credete davvero che basterà la promessa di un mantello per farmi cedere!- ringhiò Belle.- Preferisco morire congelata!
- Dubito che, data la tua natura divina, tu possa davvero morire a causa del gelo ma, in ogni caso, non era ciò che intendevo proporti. Te l’ho detto, quando acconsentirai a sposarmi sarà per tua spontanea volontà, non a seguito di un ricatto.
- E…qual è, allora, il vostro prezzo?- balbettò Belle, giocherellando nervosamente con una ciocca di capelli. Rumpelstiltskin inclinò lievemente il capo di lato, sorridendo e inarcando un sopracciglio.
- Che ne diresti di un piccolo bacio su una guancia?
Belle sgranò gli occhi, e indietreggiò istintivamente.
- Andiamo, non posso essere così repellente!- ridacchiò il dio dei morti.- C’è di peggio, devi ammetterlo…
- Non basterà un bacio, per farmi acconsentire a diventare vostra moglie.
- Certo che no. Ma sarà in grado di far acconsentire me a darti questo mantello.
Belle strinse i pugni lungo i fianchi. Odiava sentirsi ricattata, e se avesse potuto gli avrebbe dato uno schiaffo e se ne sarebbe scappata via, ma, dannazione!, aveva freddo. E più se ne stava lì, più le sembrava che il gelo aumentasse. Era solo un bacio su una guancia, dopotutto, si disse. Non avrebbe fatto del male a nessuno.
Si sollevò sulle punte, baciando velocemente la guancia di Rumpelstiltskin, quasi senza posare le labbra sulla sua pelle. Si ritrasse immediatamente, strappandogli il mantello di mano, quindi se lo avvolse intorno alle spalle.
- Meglio?- chiese il dio dei morti; Belle si sarebbe aspettata che facesse qualche commento o qualche battuta su quanto era appena successo, ma si era sbagliata. Meglio così, pensò. Meglio così.
La ragazza annuì; il mantello non la proteggeva interamente dal freddo, ma se non altro con quello addosso riusciva a sentire meno il gelo. Arrossì violentemente, alla consapevolezza di ciò che aveva appena fatto. Si sentiva come se si fosse venduta. Un bacio, in cambio di un pezzo di stoffa!
Belle strinse nuovamente i pugni, scoccando a Rumpelstiltskin un’occhiata colma di rancore. Si voltò senza aggiungere nulla, e corse fuori dalla stanza.
 

***

 
Nell’Oltretomba si perdeva il senso del tempo. Belle sentiva come per intuito che era sera inoltrata, forse anche notte, ma non avrebbe saputo dire se il buio fosse appena calato oppure se l’alba fosse vicina. Non riusciva a dormire; mille dubbi e mille domande la tenevano sveglia nonostante la stanchezza. Perché Rumpelstiltskin voleva proprio lei come sua sposa? Perché lei, e non un’altra? Perché si era ridotto a rapirla per ottenere la sua mano? Suo padre che avrebbe detto? Che avrebbe fatto? Come si sentiva in quel momento? Qualcuno, suo padre, James, Ruby, chiunque, avrebbe fatto qualcosa per liberarla? Sarebbe mai ritornata a casa? O sarebbe rimasta per sempre prigioniera di quell’oscurità?
Erano tutte domande a cui non era in grado di rispondere ma, in mezzo a tutti quei dubbi, una certezza ce l’aveva: non importava cosa sarebbe successo o cosa il re dell’Ade avesse fatto, non importava se sarebbe dovuta rimanere prigioniera per sempre, lei non avrebbe acconsentito a divenire la moglie di Rumpelstiltskin.
Non si sarebbe mai concessa a quel mostro.
Belle si accoccolò ancora di più sul suo letto, maledicendo la fiammella della candela che stava cominciando a spegnersi, e si strinse le ginocchia al petto. Sussultò, udendo qualcuno bussare alla porta; non fece in tempo a domandarsi se aprire o no, che l’uscio si spalancò. E cosa si sarebbe dovuta aspettare?, pensò. Lui era il padrone, là dentro. Poteva fare tutto ciò che voleva.
- Non ho nessuna intenzione di farti del male - esordì Rumpelstiltskin, stranamente serio, notando il suo sguardo preoccupato.- Ero solo venuto a…beh, a darti la buona notte - concluse, ritrovando il suo ghigno. Belle distolse lo sguardo, scostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Buona notte, allora - replicò infine, rifiutandosi di guardarlo.
Rumpelstiltskin tornò immediatamente serio, e si avvicinò al letto. Le prese dolcemente una mano, posandovi sopra, come sempre, un bacio a fior di labbra.
- Vorrei tanto che tu non mi odiassi…- sussurrò.
Belle strinse la labbra a fessura, quindi ritrasse la mano.
- Allora, fate in modo che io non vi odi. Lasciatemi tornare a casa!- esclamò.
Il dio dei morti sospirò.
- Mi stai chiedendo l’unica cosa che non posso concederti.
Belle distolse nuovamente lo sguardo, prendendosi il capo fra le mani.
- Ma perché?- gemette.- Perché proprio io? Perché volete sposarmi?
- Perché ti amo - rispose semplicemente il dio dei morti; a Belle faceva uno strano effetto vederlo così serio, anziché con il suo solito ghigno malefico sulle labbra, ma s’impose di non lasciarsi commuovere. Sospirò, scuotendo il capo.
- Mi avete incontrata solo una volta, prima di oggi…- mormorò, in una debole protesta.
- E’ vero, ma ti ho guardata da lontano per anni - disse Rumpelstiltskin.- Sono innamorato di te da anni, Belle, ma solo ora ho deciso di farmi avanti. Ho cercato di ottenere la tua mano in modo giusto, chiedendo il permesso a tuo padre, ma mi sono ritrovato di fronte a un rifiuto. Per questo ho deciso di portarti qui. Anche con il consenso del dio delle messi, sapevo che tu non avresti mai accettato di diventare mia moglie. E io non posso vivere senza di te.
- E pensate che tenendomi rinchiusa qui io cambierò idea?- chiese Belle.- Avreste almeno potuto fare un tentativo. Chiedere a me se desideravo sposarvi, non a mio padre. Nessuno decide il mio destino, né lui né voi. Solo io.
Il dio dei morti chinò il capo, senza dire nulla. Belle si torse nervosamente le mani.
- So di aver sbagliato. Ma posso rimediare, se mi concederai una possibilità - disse Rumpelstiltskin.- Pensi che potrai essere felice, qui, un giorno?
La ragazza sospirò nuovamente, chiudendo gli occhi. Conosceva già la risposta a quella domanda ma, nonostante tutto, non voleva dare al dio dei morti un dispiacere. Anche se il suo sentimento non era ricambiato, lui l’amava, in fondo.
- Mi lascerete mai andare?- chiese, in un soffio.
Rumpelstiltskin chinò nuovamente il capo, e non rispose. Si voltò lentamente, uscendo dalla stanza.
- Buona notte, Belle - augurò, prima di chiudere la porta.
Quando anche la fiammella della candela si spense, Belle rimase sola con se stessa. E con l’oscurità.
 

***

 
Erano trascorsi tre giorni, e Belle non era più uscita dalla sua stanza da quella sera. A colazione, pranzo e cena compariva nella camera da letto un vassoio colmo vivande, ma la ragazza assaggiò sempre poche cose e con molta titubanza, timorosa che Rumpelstiltskin le avesse mentito riguardo al cibo. Tuttavia, Belle si sentì presto sollevata quando non notò alcun cambiamento nel proprio corpo.
La mattina del terzo giorno, Belle si svegliò di prima mattina – o almeno, credeva che lo fosse, dal momento che ormai lo scandire del tempo si basava solo sull’avvento del giorno o della notte – e subito notò un cambiamento nella propria stanza. Accanto alla parete vi era ora un grande armadio di legno scuro. Belle si alzò dal letto, andando cautamente incontro al guardaroba. Per tre giorni non aveva indossato altro se non il suo abito azzurro che aveva addosso quando era stata rapita: aprendo le ante dell’armadio, invece, Belle trovò una quantità impressionante di vestiti, per ogni occasione e per ogni ora del giorno. Erano magnifici, dovette convenire. Benché tutti, o quasi, fossero neri.
Belle ne prese uno, maneggiandolo con attenzione. Si trattava di un abito nero lungo fino ai piedi, con la gonna ampia e senza spalline, che si allacciava dietro al collo. La scollatura era abbondante ma non eccessiva, ed elegante. La stoffa nera brillava come un cielo stellato. Belle lo fece aderire con attenzione al proprio corpo, notando che le andava a pennello.
Fece un piccolo sorriso.
- Lieto di vedere che il mio regalo ti è stato gradito - fece una voce ridacchiante; Belle sobbalzò più per la sorpresa che per lo spavento, dal momento che sapeva esattamente a chi apparteneva quella risatina. Si voltò, incontrando gli occhi scuri del dio dei morti. Rumpelstiltskin era appoggiato a una delle colonne del baldacchino, le braccia incrociate al petto e il ghigno sulle labbra.
Belle assunse immediatamente un’aria sostenuta.
- Grazie - disse, senza che la sua voce lasciasse trasparire alcuna emozione.- Posso sapere qual è l’occasione?
- Nessuna occasione. Semplicemente, ho pensato che meritassi di più di quell’abitino azzurro - Rumpelstiltskin accennò al vestito della ragazza.- Non ti si addice molto, nella tua posizione.
- E cosa c’è di tanto importante, nella mia posizione, da richiedere dei nuovi vestiti?- incalzò Belle.
- Quando sarai mia moglie, dovrai vestirti come tale, non credi?
Belle serrò le mascelle, abbassando lo sguardo. Strinse rabbiosamente la stoffa dell’abito fra le dita.
- Date tutto quanto per scontato, ma non crediate che basterà così poco per convincermi!- sibilò.- Degli abiti nuovi e qualche complimento non saranno sufficienti a farmi accettare la vostra proposta.
- Io voglio solo il tuo bene, Belle, nulla di più.
- Eppure continuate a tenermi rinchiusa!- sbottò Belle.- Se davvero voleste il mio bene, allora mi ascoltereste!
Rumpelstiltskin sospirò, rimettendosi in piedi. Superò velocemente la ragazza, aprendo la porta e uscendo dalla stanza senza dire una parola. Quando richiuse la porta alle sue spalle, il silenzio divenne improvvisamente assordante.
Belle arrossì, spostando nuovamente lo sguardo sull’abito che teneva fra le mani. Si sedette sul bordo del letto, prendendo a fissarsi le ginocchia. Lo aveva offeso, realizzò. Lui era stato gentile con lei, in fondo, e lei lo aveva offeso senza un motivo valido. Sapeva che lui mirava a farla diventare sua moglie, il fatto che le facesse dei regali non doveva risultarle insolito. Ciò che le dava fastidio era la volontà stessa di fare di lei la sua sposa, oltre che il suo rapimento. Ma in fondo, comportarsi in maniera così villana non era giustificabile, da parte sua. Rumpelstiltskin le aveva fatto un dono, e invece di ringraziarlo lei lo aveva trattato male.
Belle guardò nuovamente l’abito, tracciando le pieghe nella seta con la punta delle dita. Fece un piccolo sorriso, quindi si rimise in piedi.
Forse poteva ancora rimediare…
 

***

 
- E’ permesso?
Rumpelstiltskin voltò impercettibilmente il capo nell’udire quel pigolio seguito dallo scricchiolio della porta che si apriva. Belle esitò un attimo sulla soglia, non ricevendo risposta, ma infine si decise a entrare ugualmente. La stanza aveva tutta l’aria di essere uno studio, o un salotto privato, anche se non assomigliava a nessuno dei due. Era una camera ampia, circolare, semibuia come il resto dell’Ade. Il mobilio era ridotto al minimo, solo uno specchio appeso a una parete e una poltrona di pelle nera posta di fronte a esso, su cui era seduto il dio dei morti. Le dava le spalle, e non si voltò quando lei entrò nella stanza, ma Belle era certa che l’avesse sentita.
La ragazza mosse qualche passo nella sua direzione.
- La porta era aperta…- esordì, un po’ timorosa.
- …e tu hai pensato bene di entrare - concluse Rumpelstiltskin, con un piccolo ghigno.
- Ho bussato - provò a difendersi Belle.
- Non giustificarti, quando ti ho detto che potevi fare tutto ciò che volevi, qui, dovevo pur aspettarmi che…- iniziò Rumpelstiltskin, ma il ghigno gli morì sulle labbra non appena si voltò e incrociò la figura di Belle. La ragazza arrossì un poco, abbassando lo sguardo sul proprio abito. Il dio dei morti boccheggiò, cercando di riprendere un po’ di contegno. Belle era stupenda, ancora più del solito, con addosso quell’abito nero. Le stava perfettamente, e metteva in risalto il suo corpo.
Belle lisciò nervosamente alcune pieghe.
- Ho pensato che vi avrebbe fatto piacere vedermi con questo addosso, dato che è un vostro regalo. Come mi sta?- chiese, mordendosi il labbro inferiore.
Rumpelstiltskin fece il suo solito ghigno.
- Credo che la stessa dea dell’amore non potrebbe farti concorrenza - disse, e subito si maledì per essersi lasciato sfuggire quel complimento idiota, rozzo e privo di senso. Belle, comunque, sorrise.
- Grazie, sono felice che vi piaccia.
Rumpelstiltskin non disse nulla e, con uno schiocco delle dita, fece apparire accanto a lui una seggiola foderata di velluto nero; fece segno alla ragazza di sedersi, e Belle ubbidì, un po’ meno a disagio di prima, ma comunque nervosa.
- E che mi dici degli altri vestiti? Sono di tuo gradimento?
- Sì. Sono molto belli. Solo…
- Cosa?
- Beh, i colori sono un po’…cupi - Belle ridacchiò nervosamente.- Non sono molto abituata a indossare il nero.
- Posso fartene avere degli altri, se vuoi. Del colore che preferisci.
- Oh, no! No, va bene…Devo solo farci l’abitudine. D’altronde, è il caso che inizi ad adattarmi a questo luogo…
Rumpelstiltskin non rispose, ma la guardò, serio. Belle arrossì nuovamente. Forse aveva lasciato intendere ciò che non voleva, con quell’ultima frase. Il dio dei morti, comunque, non replicò. Sembrava contento che lei si fosse decisa a deporre l’ascia di guerra; segretamente, anche Belle lo era.
Non avrebbe ceduto al matrimonio, ma se non altro, si disse, lei e Rumpelstiltskin potevano almeno provare ad andare d’accordo.
 

***

 
- Posso sapere dove mi state portando?- Belle ridacchiò, tenendo i palmi delle mani sugli occhi.
- Pazienza, dearie, ancora un attimo di pazienza - sussurrò Rumpelstiltskin con fare scherzoso, ma subito si fece serio.- Perdonami…avevo dimenticato che non ti piace essere chiamata dearie.
- No, va bene. Era un momento di rabbia, quello. Dearie mi piace. Posso aprire gli occhi, ora?
- No.
- Dove stiamo andando?
- E’ una sorpresa.
Quel giorno segnava ufficialmente un mese da che Belle era stata portata nell’Ade, sebbene la ragazza non se ne fosse avveduta. I giorni nell’Oltretomba scivolavano via come acqua fra le dita. Rumpelstiltskin, invece, se ne era ricordato.
Il dio dei morti non sapeva esattamente cosa volesse darle a intendere, con quello che stava facendo. Se Belle l’avesse scambiato come una specie di festeggiamento della sua permanenza nel suo regno, l’avrebbe certamente presa come uno scherzo di cattivo gusto, cosa che Rumpelstiltskin non voleva assolutamente che accadesse; piuttosto, quello sarebbe potuto essere qualcosa che, lo sapeva, le avrebbe fatto certamente piacere e forse avvicinata ancora di più a lui.
Belle udì lo scricchiolio di una porta che si apriva.
- Ecco. Ora puoi aprire gli occhi.
Belle tolse lentamente le mani dal viso. I suoi occhi azzurri brillarono di felicità e stupore quando vide ciò che Rumpelstiltskin voleva mostrarle.
Era una libreria. La libreria più grande che avesse mai visto, più grande della stessa biblioteca d’Alessandria. C’erano centinaia di libri e pergamene, più di quanti un mortale – e forse anche un dio – avrebbe potuto leggere in una vita intera.
- In tutti questi anni trascorsi a guardarti da lontano ho scoperto che ti piace leggere - disse Rumpelstiltskin.- Questi libri sono tutti tuoi. Spero…spero che ti faccia piacere.
Belle distolse lo sguardo, arrossendo, senza riuscire a smettere di sorridere.
- Se mi fa piacere? Non ho mai visto così tanti libri in vita mia…Grazie.
La ragazza sorrise nuovamente, e prese a guardarsi intorno. Si chiese a cosa fosse dovuto quello strano battito accelerato del suo cuore. E sapeva che non era per quel dono.
 

***

 
Erano trascorsi quasi sei mesi, e Belle ancora non si era abituata al freddo. Rumpelstiltskin le aveva fatto avere abiti comodi e caldi, ma lei continuava comunque ad andarsene in giro con il mantello nero avvolto intorno alle spalle, e anche quello comunque non era sufficiente ad arginare il gelo dell’Oltretomba.
La ragazza si era dovuta ricredere sul conto del dio dei morti. Rumpelstiltskin si era rivelato buono, gentile e intelligente. Qualche suo atteggiamento ancora la spaventava, come quando udiva la sua voce provenire da chissà dove e rimbombare all’improvviso sulle pareti, o quando si rivolgeva a lei con quel ghigno malefico e l’espressione da folle. La sua risatina acuta la inquietava ancora, ma in compenso Rumpelstiltskin aveva rivelato anche un lato nascosto. Era sempre molto gentile con lei; le sue battute erano a volte taglienti e anche un po’ macabre, ma il suo umorismo nero aveva iniziato a divertirla. Spesso Belle lo raggiungeva in quella sala circolare dove gli aveva mostrato il suo abito nero, per tenergli compagnia. Altre volte, era il dio dei morti a venire nella sua camera da letto; s’intratteneva a chiacchierare o a leggere con lei, s’interessava – Belle non sapeva se per davvero o per finta, ma trovava comunque carino che lo facesse – a un libro che lei aveva letto o a qualche cosa che lei gli raccontava. La ragazza avrebbe quasi potuto dire che fosse tutto perfetto, se non fosse stato per un particolare.
Belle era e si sentiva ancora a tutti gli effetti una prigioniera. Le mancava suo padre, i suoi amici e la sua casa, le mancava la luce del sole e la terra dei mortali. E sapeva che Rumpelstiltskin le avrebbe concesso qualunque cosa, tranne la libertà.
Belle non aveva ceduto, a proposito del matrimonio. In tutti quei mesi, il dio dei morti non aveva più sfiorato l’argomento in maniera diretta, ma lei sapeva che il suo obiettivo non era immutato. Rumpelstiltskin desiderava che lei fosse la sua sposa, e Belle continuava a rifiutare.
Anche se, si rese presto conto, respingerlo diveniva ogni giorno sempre più difficile.
Ogni sera, prima che lei si addormentasse, Rumpelstiltskin veniva nella sua stanza per augurarle la buona notte; s’intratteneva un poco a parlare con lei, quindi le baciava sempre il dorso della mano – il gesto più intimo che si fosse mai permesso insieme a lei – e le rivolgeva sempre la stessa domanda.
- Pensi che potrai mai essere felice qui?
Ogni volta che gliela poneva, Belle sentiva come una pugnalata al cuore. Spesso non rispondeva; altre volte, gli domandava se l’avrebbe mai lasciata andare. In entrambi i casi, comunque, il dio dei morti non replicava e usciva dalla sua stanza.
Belle aveva imparato a guardare in quegli occhi scuri e a leggervi dentro. Rumpelstiltskin stava male. Stava male per colpa sua, era lei che lo faceva soffrire. Ogni volta che lo respingeva, Belle poteva leggere la delusione e il dolore nei suoi occhi. La ragazza avrebbe voluto amarlo. L’avrebbe voluto con tutto il cuore. Forse, pensava a volte, era già innamorata di lui, ma subito avvertiva un tuffo al cuore e quel pensiero veniva scacciato via dalla sua mente. Belle non sapeva se era innamorata di lui, né se avrebbe mai potuto amarlo. Era il suo carceriere, dopotutto. E la ragazza non era sicura che l’amore che provava per lui sarebbe stato sincero, finché le cose fossero rimaste tali.
Le mancava la luce del sole, e l’Oltretomba le faceva ancora paura. Tutta quell’oscurità, senza mai un briciolo di luce, la inquietava. Camminando lungo i corridoi bui, aveva sempre la sensazione che qualcosa di terribile stesse per accadere da un momento all’altro; la spaventavano le acque scure dello Stige, e il grande cane a tre teste. Ma, più di ogni altra cosa, la spaventavano le anime.
Giorno e notte, Belle non faceva altro che udire i lamenti e i gemiti di quegli ectoplasmi che un tempo erano stati uomini, e molti di loro avevano un aspetto orribile, stanco, decrepito, e minaccioso. La terrorizzavano.
Quel giorno, Belle era uscita dalla sua stanza, non sapendo bene neppure lei il motivo. Le andava semplicemente di fare una passeggiata. La ragazza attraversò un lungo corridoio, ritrovandosi a camminare lungo le sponde del fiume infernale. Belle si strinse ancora di più nel mantello, guardando le acque: erano profonde, cupe e nere. Non si vedeva nulla oltre a esse.
D’un tratto, Belle udì lo sciacquio dell’acqua, e una mano evanescente, pallida e ossuta spuntò fuori dall’acqua, afferrandole la gonna dell’abito. La ragazza gridò, cercando di liberarsi da quella presa che pareva avere una forza sovrumana, e tentava di trascinarla in acqua. Bella afferrò la propria gonna, tirando con tutte le sue forze, ma l’anima era più potente di lei. La trascinava con sé.
- Lontano, feccia!
Belle non fece in tempo a udire l’esclamazione rabbiosa che l’anima lanciò un grido acuto di terrore e le lasciò il lembo della gonna, scomparendo fra i flutti del fiume infernale, e la giovane udì le mani di Rumpelstiltskin intorno alle sue spalle.
La ragazza ansimò, senza staccare gli occhi dalle acque dello Stige; si ritrasse un poco, rifugiandosi istintivamente fra le braccia del dio dei morti.
- Non ti avrebbe fatto del male - disse Rumpelstiltskin, nel tentativo di rassicurarla.- Le anime possono spaventarti, ma sono solo le ombre di ciò che è stato e ora non esiste più. Non ti avrebbe fatto del male - ripeté.- Non gliel’avrei permesso…- aggiunse, sottovoce.
Belle tentò di riprendere fiato e di regolarizzare il proprio battito cardiaco, ma repentinamente si rese conto di come stavano le cose. Rumpelstiltskin la stava abbracciando. E lei si stava lasciando cullare nel suo abbraccio. Non andava bene. Non andava per niente bene.
Belle si allontanò velocemente da lui; abbassò lo sguardo, imbarazzata, stringendosi nel mantello. Il dio dei morti boccheggiò, sorpreso, ma subito riacquistò il proprio autocontrollo. Strinse i pugni lungo i fianchi, fissandola con quei suoi occhi scuri e penetranti.
- Perché?- chiese, e la sua voce non era né seria né ridacchiante, ma un ringhio sommesso e frustrato che la spaventò.- Perché? Sono così repellente?
Belle arrossì, vergognandosi profondamente di se stessa. Aveva agito in modo istintivo, quasi per autodifesa. Non aveva pensato alle conseguenze del suo gesto. L’aveva ferito, pensò, sentendo una stretta al cuore.
- Cosa ho fatto di sbagliato? Che cosa ho fatto, per meritarmi il tuo odio?!- urlò Rumpelstiltskin, fuori di sé. Belle aprì la bocca per dire qualcosa, ma il dio dei morti l’afferrò per le spalle, scuotendola con poca forza. Sembrava quasi che la stesse implorando.
- Ti ho mai fatto del male, Belle?- chiese, e la sua voce era ancora un ringhio, ma non furioso come prima. Il suo tono di voce aveva più della supplica.- Mi sono mai approfittato di te? Ho mai alzato la voce, ti ho forse rinchiusa in una cella umida, ti ho costretta a diventare mia moglie contro la tua volontà? Perché mi fai questo?- la voce di Rumpelstiltskin s’incrinò.- So che non sono l’uomo che avresti sempre desiderato sposare, ma tutto ciò che ti chiedo è una possibilità! Perché non mi permetti di dimostrarti che sarei in grado di amarti, perché non puoi provare ad amarmi? Ti darei tutto ciò che desideri, avresti tutto il mio amore!
Belle avrebbe voluto dire qualcosa, avrebbe voluto scusarsi e implorarlo di non essere arrabbiato, ma tutto ciò che riusciva era guardarlo negli occhi, sentendo i propri riempirsi di lacrime.
- Sono il dio dei morti, è vero. Vivo nell’oscurità. Nessuno vorrebbe stare con me, lo so. Ma tu sei diversa. So che sei diversa. Credevo che saresti riuscita a guardare oltre le apparenze, credevo avresti potuto…
Rumpelstiltskin s’interruppe bruscamente. Smise di gridare, lasciandole andare lentamente le spalle. Si allontanò di un passo, guardandola intensamente.
- Ma mi sbagliavo. Nessuno potrà mai amare me.
A Belle parve quasi di ricevere una pugnalata; il dio dei morti si voltò, allontanandosi da lei. La ragazza avrebbe voluto gridargli di non andarsene, ma ben presto Rumpelstiltskin scomparve nell’oscurità.
Belle non lo rivide più per tutto il giorno. La ragazza trascorse l’intera giornata nella sua stanza. Non pianse, non riusciva neppure a pensare. Tutto ciò che aveva in mente era il volto disperato e supplichevole del dio dei morti, mentre le sue parole le rimbombavano nelle orecchie.
Fu con esse che si addormentò.
 

***

 
Tutto era morto. Le piante, la terra, l’erba, i fiori, tutto intorno a lei era nero, secco e appassito. Morto. Il laghetto dove era solita incontrarsi con Ruby era prosciugato, non esisteva più; ora era solo uno spiazzo senza significato in mezzo al quale giacevano le ossa dei pesci.
Anche il tempio abbandonato dove lei scappava sempre, dove lei e Rumpelstiltskin si erano incontrati la prima volta, era grigio e distrutto.
Si guardò intorno; provava un senso di ansia e di tristezza. Una mano evanescente e ossuta sbucò dalla terra, afferrandole la gonna e tentando di trascinarla con sé. Avvertì il panico crescere nel suo cuore, mentre tentava di liberarsi. Ma tutto ciò che poteva fare era gridare.
- Belle! Belle, svegliati!
La ragazza si sentì scuotere per le spalle. Smise immediatamente di gridare, aprendo gli occhi. Era solo un incubo, realizzò, ma non avvertì alcun segno di sollievo. Era ancora nell’Ade, nella sua stanza, distesa sul suo letto. Seduto accanto a lei c’era Rumpelstiltskin.
- Ti ho sentita gridare…
La voce del dio dei morti la rassicurò un poco, ma la paura che il sogno le aveva lasciato non se n’era andata. Belle si sollevò a sedere sul letto, frastornata, quindi scoppiò a piangere, rifugiandosi fra le braccia di Rumpelstiltskin.
Il dio dei morti fu sorpreso da questa reazione inaspettata, ma subito la strinse a sé. Belle teneva la guancia premuta contro il suo petto, le mani intorno alle sue spalle, singhiozzando. Rumpelstiltskin l’avvolse ancora di più con le braccia, premendo una guancia contro i suoi capelli.
- Shhht…- sussurrò fra i suoi riccioli castani.- Non è niente…Era solo un incubo…Ti prego, non piangere…- le posò un bacio sulla fronte.
Belle annuì silenziosamente, chiudendo gli occhi nel tentativo di frenare le lacrime. Solo quando sentì che Rumpelstiltskin si era un poco irrigidito lo guardò negli occhi: il dio dei morti appariva imbarazzato, a disagio come mai l’aveva visto. Belle intuì che stava ancora pensando a ciò che era successo nel pomeriggio, e gli sfiorò una mano per rassicurarlo. Rumpelstiltskin gliele prese entrambe fra le proprie.
- Ti senti un po’ meglio?
Belle schiuse le labbra per rispondere, ma tutto ciò che riuscì a fare fu chinare il capo e chiudere gli occhi.
- Mi dispiace per questo pomeriggio. Ma io proprio non capisco - aggiunse, mentre due lacrime solitarie le rigavano le guance.- Come potete essere così buono e gentile, e continuare a tenermi prigioniera qui?
Rumpelstiltskin rimase un attimo in silenzio, quindi le prese il volto fra le mani, asciugandole una lacrima con le nocche.
- Perdonami, amore - sussurrò.- Ma non ho altra scelta. Credimi, non vorrei tenerti prigioniera, con tutto il mio cuore vorrei lasciarti andare. Se tu me lo chiedessi, ti libererei all’istante, ma non posso farlo. Qui sotto nessuno può portarti via da me, ma se ti lasciassi andare tuo padre e James farebbero tutto ciò che è in loro potere per tenerti lontana da me. E se anche così non fosse…- il dio dei morti esitò.- Se anche così non fosse…tu non ritorneresti mai più da me.
Belle non rispose, mordendosi il labbro inferiore per non ricominciare a piangere, e distolse lo sguardo. Rumpelstiltskin giocherellò brevemente con una ciocca dei suoi capelli, per poi spostarla dietro a un orecchio. Le diede una lieve carezza su una guancia.
- Adesso dovresti provare a dormire, dearie…- disse, tentando di sfoderare il suo solito ghigno, ma stranamente la smorfia non gli riuscì. Belle non replicò, e posò nuovamente il capo contro il suo petto, all’altezza del cuore.
- Restate con me. Solo un po’. Finché non mi addormento.
Rumpelstiltskin fece un sorriso sghembo, quindi annuì. Si distese accanto a lei nel letto, senza smettere il suo abbraccio. Le sfiorò le mani, e le trovò gelate.
- Hai freddo?- chiese.
- Ho paura che il mantello non basti…- mormorò Belle, con una breve risata.
- Domani…domani ti farò avere degli abiti più adatti…e un fuoco acceso per scaldarti…- sussurrò il dio dei morti.
- E il vostro prezzo?- Belle lo guardò, rivolgendogli un piccolo sorriso.- Volete un altro bacio?
- Il mio prezzo…è che provi a fidarti di me - Rumpelstiltskin la guardò.
Belle sorrise, e si accoccolò ancora di più accanto a lui.
- Ma io mi fido già di voi - sussurrò.- So che non mi fareste mai del male…
La ragazza chiuse gli occhi, abbandonandosi all’abbraccio del dio dei morti, sentendosi tranquilla e al sicuro. E, per la prima volta da quando era prigioniera nell’Ade, non sentì freddo.
 

***

 
Belle si risvegliò solo in tarda mattinata, senza sentirsi stanca o spaventata. Anzi, non ricordava di aver mai dormito così bene in tutta la sua vita. Rumpelstiltskin non se n’era andato, ma era ancora disteso accanto a lei, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli. Belle sorrise.
- Buongiorno…- sussurrò.
- Buongiorno a te, dearie - ghignò il dio dei morti.
- Grazie per essere rimasto con me, ieri notte…- Belle sorrise, e gli accarezzò lievemente una guancia. Rumpelstiltskin catturò la sua mano un attimo prima che la ragazza la ritraesse, posandole un bacio all’altezza del polso.
- E’ stato un piacere, dearie - ghignò, prima di alzarsi in piedi.
Belle lo fermò, trattenendolo per un braccio.
- No!- mugolò.- Restate qui! Ancora un po’…
- Mi dispiace, dearie, ma sono un uomo molto impegnato…- ghignò Rumpelstiltskin, ma non pareva molto intenzionato ad andarsene. Belle sbuffò, ridacchiando.
- E io che speravo che voleste dedicarmi un po’ di tempo, oggi…
- In tal caso…temo che dovrai alzarti…- il dio dei morti le prese le mani, facendola alzare in piedi nonostante le proteste scherzose della ragazza.
- Perché non facciamo colazione insieme?- propose Rumpelstiltskin.- Poi…beh, decidi tu. Possiamo leggere qualcosa, oppure fare una passeggiata, se vuoi…
Belle annuì, quindi si sollevò in punta di piedi e gli posò un bacio su una guancia. Il dio dei morti la guardò, frastornato.
- E…e questo, a cosa lo devo?- ghignò dopo poco.
Belle scosse il capo.
- A nulla. O a tutto. Non c’è un motivo. Volevo solo darvi un bacio.
Rumpelstiltskin fece per replicare, ma un’improvvisa folata di vento gelido glielo impedì. Belle rabbrividì, stringendosi nel mantello.
- Che cos’è?- chiese.
- Un nuovo arrivato…- Rumpelstiltskin si voltò in direzione della porta, digrignando i denti.
- Non avevo mai avvertito questo gelo, quando arrivava un’anima…
- Non si tratta di un’anima, Belle.
La ragazza lo guardò, sorpresa. Il dio dei morti appariva arrabbiato, ma soprattutto preoccupato. Senza aggiungere una parola, uscì velocemente dalla stanza; Belle lo seguì, non sapendo cosa pensare.
- Henry!- sentì il re dell’Ade esclamare.
Belle si arrestò non appena vide il messaggero degli dei di fronte a Rumpelstiltskin. Henry era in gamba, era svelto e preciso nel portare i messaggi e riferire le notizie, ma restava comunque poco più di un bambino. Perché James aveva inviato lui? Perché Belle sapeva il perché Henry era lì. Aveva spesso sognato quel giorno, e credeva si sarebbe sentita euforica.
Invece, tutto ciò che provava in quel momento era una strana paura.
- Che piacevole sorpresa, mio caro - ghignò Rumpelstiltskin.- Sai, credevo che James non avesse ancora toccato il fondo in questo modo, ma evidentemente mi sbagliavo. Mandare un bambino nella speranza di intenerirmi, quanto è patetico…
- E’ importante, Rumpelstiltskin!- disse Henry, per nulla intimorito.- Se sono qui, è per una faccenda grave…
- Davvero? I Titani sono stati liberati? Oppure Medusa è scesa sulla terra…ma beh, in questo caso, le basterà incontrare Regina una volta per tornarsene da dove è venuta…
- Rumpelstiltskin, ti prego!- implorò Henry.- Lei deve tornare!- indicò Belle.- Deve tornare il più presto possibile!
- Curioso, da parte vostra. Vi siete resi conto che vi mancava solo ora? Siete venuti a reclamarla dopo ben sei mesi?
- Tu non capisci!- insistette il messaggero degli dei.- E’ grave! Se Belle non torna immediatamente da suo padre, tutto morirà!
Belle sussultò; il sogno di quella notte le tornò immediatamente alla memoria.
- Tutto! I mortali, la natura! Ci sono delle persone che stanno morendo, e andrà sempre peggio! Rumpelstiltskin, la terra sta morendo!
Il dio dei morti non rispose; pareva pensieroso, quasi stesse riflettendo con attenzione sulle parole di Henry. Belle guardò il volto del ragazzino: sembrava serio, e sinceramente preoccupato.
- Perché non verifichiamo di persona?- propose Rumpelstiltskin, quindi si voltò, facendo segno a Belle e a Henry di seguirlo. Li condusse nella saletta circolare, di fronte allo specchio.
- Stai bene, Belle?- le sussurrò Henry.
- Sì, certo, Henry.
- Non ti ha fatto del male, vero?
- No. Non me ne farebbe mai.
Rumpelstiltskin fissò intensamente lo specchio, quindi fece un gesto con la mano. Immediatamente, lo specchio rifletté un’immagine diversa da quella del dio dei morti.
Belle sgranò gli occhi, avvicinandosi a grandi passi per vedere meglio.
Lo specchio rifletteva quella che un tempo era la foresta. Alla ragazza parve quasi di rivedere le immagini del suo sogno. Non c’era più un filo d’erba, né un fiore. Intorno alle colonne del tempio abbandonato erano avvolti rampicanti morti e bruciati. Gli alberi erano spogli e cupi.
Tutto intorno era morto.
- Da quando te ne sei andata, tuo padre ha smesso di svolgere la sua mansione - spiegò Henry.- Abbiamo tentato di farlo ragionare, ma lui era distrutto. Ha detto che, se non avesse riavuto indietro sua figlia, allora non sarebbe più stato in grado di occuparsi dei suoi doveri. E’ così da sei mesi, ormai.
Belle guardò nuovamente nello specchio; le pareva impossibile che quei luoghi così belli e familiari fossero ridotti in quello stato. Rumpelstiltskin fece un altro gesto con la mano, e l’immagine scomparve.
- Devi tornare a casa, Belle!- disse Henry.- Se non torni da tuo padre, presto non esisterà più nulla.
La ragazza guardò brevemente il messaggero, quindi si volse verso Rumpelstiltskin.
- Lasciaci soli!- ordinò al bambino; Henry fece un cenno con il capo, quindi si affrettò a uscire dalla stanza.
Belle prese un lungo e profondo respiro, prima di tornare a guardare negli occhi il dio dei morti.
- Ebbene?- incalzò Rumpelstiltskin.
La ragazza si torse nervosamente le mani.
- Cosa intendete fare?- domandò.- Mi tratterrete qui? O mi lascerete tornare?
- Una volta mi hai detto che nessuno decide del tuo destino, tranne te stessa - disse Rumpelstiltskin.- Avevi ragione. Sei padrona delle tue azioni. Scegli tu.
Belle non aveva mai udito quelle parole da nessuno; tutti le avevano sempre detto cosa fare e cosa dire, come comportarsi e come non comportarsi. In passato, aveva desiderato con tutto il cuore che qualcuno, suo padre o qualcun altro, pronunciasse quelle parole. Sei tu che decidi, Belle, ora scegli.
Eppure, in quel momento avrebbe davvero voluto che Rumpelstiltskin le desse degli ordini. Non avrebbe mai voluto trovarsi di fronte a quella scelta.
Si fece forza, e lo guardò negli occhi.
- Non posso lasciare che la terra muoia per causa mia - soffiò.- Devo…devo cercare di far ragionare mio padre…
Rumpelstiltskin fece il suo solito ghigno, ma non era beffardo o malefico come al solito. Piuttosto, pareva quasi velato di amarezza e tristezza.
- Dunque, hai deciso - Rumpelstiltskin la superò, lasciandola perplessa.- Vieni, ti scorto fino alla tua imbarcazione…
 

***

 
Henry balzò sulla barca, mentre Grumpy faceva segno a Belle di sbrigarsi, grugnendo infastidito. La ragazza si voltò un’ultima volta verso Rumpelstitskin: era serio, impassibile, nessuna emozione veniva lasciata intendere dall’espressione del suo volto. Ma in tutto quel tempo, Belle aveva imparato a comprendere cosa passasse nella sua mente.
Rumpelstiltskin non lo avrebbe mai dato a vedere, ma stava soffrendo. Soffrendo per causa sua.
Belle si morse il labbro inferiore, chinando il capo.
- Grazie per tutto quello che avete fatto per me - mormorò; avrebbe voluto gettargli le braccia al collo, abbracciarlo, ma non ne aveva il coraggio.
Rumpelstiltskin sogghignò, prendendole dolcemente una mano e posandovi un delicato bacio sul dorso. Era diventato un simbolo, il loro simbolo. Il primo gesto che lui aveva compiuto quando l’aveva incontrata per la prima volta, e lo stesso che ripeteva ogni sera, prima di darle la buona notte. E ora lo stava ripetendo, un attimo prima che lei lo lasciasse.
Rumpelstiltskin sollevò lo sguardo, guardandola negli occhi.
- Addio, Belle - sussurrò.
L’aiutò a salire sulla barca, quindi fece cenno al traghettatore di partire. Grumpy iniziò a remare, smuovendo le acque dello Stige, mentre l’imbarcazione prendeva ad allontanarsi dalla riva. Belle si aggrappò al bordo, vedendo la figura di Rumpelstiltskin allontanarsi sempre di più, fino a scomparire definitivamente nell’oscurità.
A quel punto, Belle si strinse nuovamente nel mantello. Stavano raggiungendo la luce del sole, ma lei aveva ancora freddo.
 
Angolo Autrice: In genere non scrivo capitoli così lunghi, ma essendo che questa storia è stata pensata come composta da tre sole parti, anch’io ho dovuto adattarmi. Spero non sia risultato troppo pesante da leggere. Quanto al contenuto e alla qualità di questo capitolo, ho tentato di non scivolare – perlomeno non troppo – nel melenso o romantico eccessivo. Se ci sia riuscita o meno, non lo so. So solo che sono ancora mezza scioccata da The Outsider e da In the Name of the Brother, senza contare che questo capitolo è stato scritto: la prima parte, stamattina alle nove con l’ansia mentre attendevo di sostenere un esame di sociologia alquanto caino; la seconda, dopo l’esame mentre aspettavo il turno di una mia amica e gongolavo per il mio inspiegabile 28; la terza, in stazione mentre imprecavo contro i sessanta minuti di ritardo del treno; l’ultima, finalmente, a casa mia…quindi, se ci sono eventuali obbrobri, per favore, capitemi!
Dopo questo sproloquio potenzialmente letale e discutibilmente utile sulla mia vita di cui di sicuro non fregherà niente a nessuno, passo a ringraziare chi ha aggiunto la storia alle seguite, alle ricordate e alle preferite e parveth89, Nimel17, historygirl93, nari92, 1252154, x_LucyLilSlytherin, Ginevra Gwen White, Avly, Sakura 89 e Lady Deeks per aver recensito. Wow, ragazzi, grazie, non mi aspettavo tanta audience :). Grazie a tutti, siete fantastici :).
Ciao, al prossimo capitolo!
Dora93
  
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