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Autore: SherlokidAddicted    13/02/2013    3 recensioni
Era finito dentro circa cinque volte, le prime quattro per aver fatto delle rapine, l’ultima per omicidio. Luke Stevens si chiamava. Lo aveva ucciso per una scommessa con il suo “caro” amico Mark. Lui finì in carcere dopo due mesi che Joseph fu arrestato, per aver dato spettacolo di sé dentro un night club.
Tutti in città lo consideravano un poco di buono, ma nessuno aveva il coraggio di dirglielo in faccia, perché si diceva che Joseph sarebbe stato capace di tutto, non per niente lo chiamavano “Criminal Danger” o per abbreviare “Danger”.
Quando passava accanto a qualcuno, per le strade, quello faceva qualche passo indietro spaventato, i bambini stringevano le gambe dei genitori e dicevano “Mamma, ho paura, c’è Danger”. Ma per lui era forte essere temuto da tutti, era fortissimo.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7. Hai ucciso mio zio!
 

- Vediamo quante volte ti farai ammazzare, Joseph! – Miles si avvicinò a lui e a Susan con un po’ di ghiaccio in mano.
- Lui non c’entra nulla stavolta. – Cercò di difenderlo lei mentre gli adagiava il ghiaccio sulle sue gote che, dopo quei pugni, avevano completamente cambiato colore, erano viola.
- E chi è che c’entra? -
- Felix pensava che mi avesse fatto del male. –
Joe alzò lo sguardo sulla ragazza, dopo che lo aveva tenuto basso per tutto il tempo, ma lo stesso non disse nulla.
- Capito. – Il barista fece un sospiro e si girò verso il ragazzino che giocherellava col bicchiere vuoto da dove, poco prima, Joseph aveva bevuto. – Ehi Alex! – Esclamò facendogli alzare la testa.
- Si? -
- Figliolo, resta qui con Joe, devo parlare con Susan in privato. –
Alex parve esitare per un po’, poi fece uno sbuffo.
- E va bene! – Miles prese Susan per mano e la portò dietro il bancone, proprio mentre il ragazzino si avvicinava al tavolo di Joseph. Lo guardò a lungo, la sua faccia era un misto di disprezzo, ma forse anche di sollievo. Joe non sopportava quello sguardo, lo faceva sentire uno schifo, lo faceva sentire in colpa di tutto.
Dopo qualche minuto, Alex prese il ghiaccio e glielo poggiò sulle ferite, tentando di imitare la sua tutrice, Susan. Stava cercando di non pensare che quell’uomo che aveva di fronte era un criminale, stava cercando di rimuovere il fatto che lui era come suo padre, ma non del tutto. Quel pensiero lo uccideva, ed uccideva anche Joseph.
- Ti chiami Alex Stevens, vero? – Alexander staccò per un attimo il ghiaccio da quel viso, ormai torturato fino alla nausea, e lo guardò negli occhi per l’ennesima volta.
- Per te Alexander… - Disse riprendendo a tamponargli la ferita.
- Prima sembrava stessi per… avere pena per me. – Disse riferendosi al sorriso che gli rivolse mentre abbracciava Susan.
- Se l’ho fatto è perché sono contento che stai bene, ma non per te, per Susan… lei ci tiene tanto a te e mi fido di lei. – Joe fece per dire qualcosa, ma Alex lo interruppe, alzando il volume della voce. – Hai ucciso mio zio! – Joe sbarrò gli occhi… lo aveva capito, Alex sapeva tutto prima che lui glielo confessasse.
- Io… -
- Avanti dillo! –
Disse gettando il ghiaccio sul tavolo con fare rabbioso. Fece talmente tanto rumore che Miles e Susan si avvicinarono con fare preoccupato.
- Alex! – Urlò Susan credendo che anche il ragazzino volesse picchiare il povero Joseph.
- No Sue, voglio saperlo, voglio sapere la verità, me lo deve dire! -
- Cosa deve dirti? -
- Si, ho ucciso tuo zio! –
Disse Joe, facendoli zittire di colpo. Sue lo guardò stupita, sconvolta da quella semplice frase, quella semplice frase che la fece rabbrividire. L’aveva delusa, per l’ennesima volta l’aveva delusa.
Alex, invece non aveva cambiato espressione, era rimasto fermo a guardarlo. Poi gli uscì una lacrima e gli poggiò una mano sulla spalla.
- Vuoi sapere perché ce l’ho con te? – Gli chiese cercando di trattenere altre lacrime.
- Perché ho ucciso tuo zio… - Disse credendo che quella fosse l’unica risposta ovvia. Alex, però, scosse energicamente la testa.
- Ce l’ho con te solo per una cosa… - Gli disse poggiado poi anche l’altra mano sulla spalla del ragazzo. – Perché non hai ucciso mio padre? Perché non li hai uccisi tutti? Perché hai lasciato gli Stevens in circolazione, perché lo hai fatto? Perché solo uno, Joseph? – Nessuno si sarebbe aspettato quella risposta, perfino Joe ne era rimasto stupito, ma Alex non aveva finito di parlare. – Joe tu dovevi sterminare gli Stevens, potevi uccidere anche me perché mi fa schifo portarmi dietro questo cognome. Ma lo vedi che stirpe orrenda che siamo? Mio zio John che aiuta mio padre a picchiarmi e poi va a picchiare te, mio zio Luke era anche peggio e ti devo solo ringraziare se lo hai ucciso… ma perché hai lasciato in vita mio padre? Perché? – Il ragazzino era letteralmente scoppiato a piangere e si era gettato fra le braccia di Joe come un disperato, premendo la testa contro la sua spalla e bagnandogli la maglietta con quelle lacrime di rabbia, quella rabbia che provava verso di lui perché voleva vedere la sua famiglia morta. Joseph lo strinse forte, cercando di tranquillizzarlo, mentre Sue, con il cuore in gola, guardava la scena. Non credeva che Alex pensasse questo della sua famiglia.
- Basta Alexander! – Disse Joe cercando di calmarlo mentre lo sentiva piangere fra le sue braccia.
- Ora capisci perché ti odio? Ora lo capisci? – Lo urlava con le lacrime che continuavano a sgorgargli dagli occhi come cascate. Più guardava Alex più si accorgeva di tutti quei piccoli dettagli, come graffi, lividi, ematomi, tutti provocati dal padre, da quei mostri di familiari che il povero ragazzo si ritrovava.
- Non devi odiarmi per questo… tu dovresti odiarmi perché ho ucciso… uccidere è sbagliato, uccidere è troppo, troppo sbagliato. -
- Non se hai ucciso un criminale! -
- Io sono un criminale… -
- Tu non sei come lui! –
Joe non disse altro. Alex lo aveva spiazzato letteralmente. Quel ragazzino sapeva proprio come farlo ragionare.
Susan, dopo essersi ripresa dall’assistere a quella scena, mise la mano sulla spalla di Alexander, invitandolo a lasciare andare Joseph una volta per tutte.
- Alex… -
- Sue, voglio andare a casa. –
La precedette lui. Susan sorrise leggermente ed annuì. Si rivolse a Miles e gli fece un cenno con la testa, al quale lui annuì.
- Adesso Miles ti accompagna, io ti raggiungo ok? – Alex fece di si con la testa, poi, dopo aver guardato per un altro po’ Joseph, uscì dal bar, sparendo sul macchinone del barista che, dopo aver preso le chiavi, lo accompagnò a casa di Susan.
Sue restò da sola con il “Criminal Danger”, quello che tutti temevano ma che dentro era talmente fragile che persino un ragazzino come Alexander era riuscito a spiazzarlo.
- Sei un idiota! -
- Grazie, ma adesso mi vuoi dire chi era quel pazzo che mi ha fatto questo? No, perché ero già abbastanza distrutto per via di John. –
Disse lui mentre faceva una smorfia di dolore toccandosi il labbro che poco prima non smetteva di sanguinare. Susan fece un sospiro e lo aiutò ad alzarsi dalla sedia.
- Quello era il mio migliore amico. – La ragazza prese la borsa e trascinò Joseph per un braccio, facendolo uscire dal locale.
- Che vuoi dire con era? -
- Vuol dire che adesso non lo è più. –
La giovane cominciò a camminare a passo deciso, con Joe che le andava dietro senza capire una sola parola di quello che gli stava dicendo.
- Solo perché mi ha dato un pugno? -
- No, non solo per quello… -
Joseph fece un sorriso compiaciuto e si mise davanti a lei, facendola bloccare in mezzo al marciapiede.
- Susan è in pena per il peggior criminale di Los Angeles? -
- Non sono in vena di scherzare oggi… ho perso il mio migliore amico e in più devo occuparmi di Alex che adesso sta più male di prima. -
- Scusa… volevo solo capire… -
Susan gli prese la mano lasciando che le loro dita s’intrecciassero. Joe non sapeva bene perché ma, a quel gesto, gli parve di perdere un battito.
- Ha sentito Alex mentre parlava di te e non mi ha lasciato spiegare… credeva che tu mi avessi messo le mani addosso e che fossi uno di quei ladruncoli che trattano la gente come lo zerbino di casa. Ti ha menato per questo. – Il ragazzo si morse il labbro, accorgendosi che Susan non era come tutti gli altri. Lei non lo riteneva uno scansafatiche, lei lo reputava un uomo, un vero uomo… solo che lui non ci si sentiva per niente.
- Perché non hai lasciato che continuasse a… -
- No Joe, no! -
- Perché? -
- Perché… -
Ecco, e adesso che gli diceva? – Perché tu stai cambiando, tu sei diverso e da come vedo ti stai impegnando per diventare una persona migliore. Mi fido di te, Felix ti ha giudicato dal primo momento senza sapere nulla della tua vita, ma io mi fido di te! – E Susan? Come poteva fidarsi di lui? In fondo nemmeno lei sapeva qualcosa della sua vita, anzi, sapeva meno di zero… allora perché?
- Nemmeno tu sai qualcosa della mia vita Sue. -
- Lo so… ma faccio l’assistente sociale, capisco se una persona fa quello che fa perché lo vuole o perché ne è costretto. –
La ragazza gli sfiorò il labbro con un dito e, anche se faceva male, se era Sue a farlo era quasi un dolore piacevole. – Joe… -
- Si? -
- Vai a casa, ok? Non lavorare per oggi. –
Lui annuì. Aveva proprio bisogno di riposare dopo tutto quel casino, anche se era nel turno di lavoro era sicuro che Miles avrebbe capito. Susan gli fece un piccolo sorriso, poi si allontanò senza aggiungere altro.
Ecco, ora Joseph era rimasto da solo in mezzo alla strada. Si guardava intorno e vedeva la gente indicarlo, come faceva sempre… ma ormai ne era abituato, quella gente sapeva solo giudicare.
Decise di rientrare al locale per togliersi il grembiule ed il cartellino.
- Dì a Miles che sono andato a casa. – Disse alla giovane cameriera che stava pulendo il bancone in quel momento. Quest’ultima gli sorrise annuendo e lasciò che il ragazzo uscisse dal bar senza aggiungere altro.
Camminando, Joe vide una figura femminile in lontananza che gli veniva incontro. Credette fosse Susan, ma quel vestitino di pelle corto gli fece capire che altro non era che Roxanne. Era da un sacco che non la vedeva, fin da quando stava cercando di umiliarsi davanti a tutti e lui, ovviamente, le aveva salvato il culo come ogni volta. La giovane gli venne incontro con passo deciso e con viso serio. Lui si fermò dal camminare, finendo proprio davanti a lei.
- Ti stavo cercando… - Gli disse tenendo gli occhi bassi.
- Buono a sapersi! – Era arrabbiato con lei. Non voleva più starle dietro per le sue solite stupidaggini. Ancora si chiedeva perché Mark stava con quella bambinetta. Fece per andarsene, ma le parole di Rox lo fecere bloccare un’altra volta.
- Sono stata da Mark! – Joseph si girò verso la giovane ed incrociò le braccia al petto con un sorrisetto da bastardo in viso.
- Oh, e gli hai raccontato della stronzata che hai fatto? – Lei arrossì visibilmente e si morse il labbro per la vergogna.
- Si… -
- E cosa ti ha detto? Avanti, dimmelo! –
L’imbarazzo stava tingendo le guance di Roxanne di un bordeaux acceso.
- Ha cominciato ad urlare davanti a tutti i detenuti che sono stata una vera imbecille… per non usare i termini che ha detto lui. – Joe si trattenne a stento dal ridere ma, purtroppo, non ci riuscì. Quella reazione fece sentire la povera Rox ancora più stupida, cosa che ovviamente era.
- Ha fatto bene, davvero bene. Ora scusami ma devo andare, buona fortuna con tutto dato che ormai sei stata incoronata “bambinetta di Los Angeles” – Non lo biasimava affatto, Joseph aveva ragione… ma lei non aveva finito di parlare, aveva ancora una cosa da dirgli.
- Joseph, Mark mi ha detto di dirti che devi andare da lui. – Ok, adesso c’era un grosso problema. Se Mark radunava Joe in carcere per parlare era sicuramente perché voleva facesse qualcosa per lui. Joe non voleva ma non aveva altra scelta.
- Che cosa vuole? -
- Non lo so e non è affar mio. –
Disse lei in tono freddo.
- Ci andrò domani. -
- Ti vuole là al più presto, mi ha detto che è una cosa di vita o di morte. Credo sia meglio che tu vada da lui… -
Bene, capo Mark stava per espandere un altro dei suoi stupidi comandi per Joseph, qualcosa che, come ogni volta, lo avrebbe fatto finire nella merda.
- D’accordo. – Disse rassegnato.
- Buona fortuna “Criminal Danger”, te ne servirà. – E, detto questo, lo lasciò là, fermo a cercare di capire cosa Mark volesse da lui.
Nel frattempo, Susan era arrivata a casa e aveva trovato Alex intento a raccogliere dei frammenti di un vaso dal pavimento, con Shakira che gli gironzolava tra le gambe.
- Ciao Sue! – Disse mentre continuava a spazzare quel casino sul pavimento. La ragazza non disse nulla, si limitò a poggiare le sue cose sul divano e a guardare ciò che era rimasto di quell’oggetto ornamentale. – Deve averlo fatto cadere Felix mentre usciva incazzato nero… mi sono preso la briga di sistemare un po’ – Susan gli sorrise dolcemente e prese Shakera in braccio per lasciare libero il povero Alexander.
- Ti ringrazio Alex, davvero. – Sue stava per andare al piano di sopra, ma il ragazzino fece in tempo a fermarla… doveva parlarle.
- Susan! -
- Si? -
- Non avercela con Joe, ok? Per l’omicidio di Luke… è successo tempo fa ed è stato un bene per me. –
La giovane tornò indietro, mettendosi seduta proprio davanti a lui, sul divano.
- Non ce l’ho con lui… solo che… Alex, io sto cercando di farlo cambiare, di non indurlo a quella tentazione che ha un criminale. Tu non puoi incoraggiarlo ad uccidere altra gente… anche se quella persona è talmente cattiva da picchiarti. L’ha detto anche Joseph. Uccidere è sbagliato. – Il giovanotto prese i resti del vaso, mettendoli in una busta di plastica, poi fece spallucce alzando la testa verso quella di Susan.
- Non volevo, ero solo nervoso… volevo fosse morto Dwane al posto di Luke, per questo ho reagito in quel modo, mi dispiace. -
- Sta tranquillo… - Il sorriso di Susan si era tramutato in un sorriso che Alex non aveva mai visto prima d’ora. Un sorriso materno, quello che la sua vera madre non gli aveva mai rivolto. Con quella ragazza si sentiva davvero a casa. – Comprendo perfettamente la tua reazione e non devi preoccuparti per questo. – Si abbracciarono a lungo e quasi non ebbero nessuna voglia di staccarsi.
- Sue, a te piace Joe, vero? – Quella domanda la fece rimanere di sasso. In realtà non sapeva cosa provava per quel ragazzo. Lui stava cambiando, solo che non sapeva bene fino a che punto. Infatti sembrava che bastasse un ordine ben preciso di Mark per fare in modo che Joseph tornasse quello di prima… soprattutto quando si trovò di fronte all’ “amico” Joe credette che avrebbe ceduto come ogni volta.
- Era ora, Joseph! -
- Cosa devo fare stavolta? -
- Vuoi andare subito al sodo eh? -
- Come vedi dalla mia faccia avrei bisogno di riposare, quindi dimmi che cosa vuoi adesso! –
Mark fece una risata quasi cattiva e tamburellò le dita sul banco, poi si strinse la cornetta talmente forte che i suoi polpastrelli erano diventati bianchi.
- Hai presente la banca più grande di Los Angeles? -
- Oh no, Mark! È troppo! Ha un sistema di sicurezza impossibile, come faccio a…? –
Un improvviso rumore assordante lo fece smettere di parlare. Mark aveva dato un pugno al banco.
- Ho già incaricato altri miei uomini per quello. -
- E allora io a che ti servo? -
- Tu devi solo creare un diversivo. –
Disse facendo un sorriso da stronzo, quasi terrificante da farlo rabbrividire.
- Non voglio farlo Mark. – L’espressione dell’uomo lo fece spaventare ancora di più.
- Ti ricordo che accordo abbiamo preso anni fa Joseph. Non so dove tu li abbia mandati ma se tu non fai quel che ti dico, allora ti giuro che li ucciderò! – Gli occhi del ragazzo si strabuzzarono talmente tanto che credeva che gli sarebbero usciti fuori dalle orbite. Non poteva lasciare che lo facesse… quindi non ebbe scelta.
- Va bene, faccio tutto quello che vuoi. -
- Bravo il mio Danger! -


 

Eccomi quaaa
Dopo secoli e secoli çç Scusatemi, ma ultimamente sto pubblicando a più non posso e sto cercando di farlo con più anticipo, spero di riuscirci.
Come vedete adesso c’è il mistero dell’accordo fatto con Mark… mh, di che tipo di accordo si tratta? Lo scoprirete presto, promise.
Intanto spero che il capitolo vi sia piaciuto
Un bacione e a presto.


 
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