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Autore: REAwhereverIgo    18/02/2013    3 recensioni
Quando fatti strani cominciano ad accadere ai ragazzi di una scuola superiore, toccherà alla giovane detective Rea infiltrarsi nel liceo e risolvere il caso!
Spero che vi piaccia! :)
Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sorpresa

 

Jason camminava per casa disperato, con in mano una tazza di caffè. Emma era tornata a casa già da un’ora e lui era rimasto solo con Fabio, che al momento stava cercando di chiamare sua sorella.

Non capisco, è irraggiungibile completamente. È strano, Laura è sempre raggiungibile. Uff, da un po’ di tempo quella ragazza ha perso la testa, è cambiata completamente. Va beh, torniamo a noi, dov’eravamo rimasti?

L’uomo posò la tazza sul tavolo e si appoggiò con la mano sui fogli.

Al punto di partenza, temo. Non posso chiamare in ufficio per sentire se riescono a trovare il numero di quel famoso bidello e a scuola non mi sanno dire niente. Sembrano tutti spariti al momento, dannazione!” esclamò.

Il ragazzo sospirò.

Se fosse stato Antonio dove potremmo cercarlo?” domandò.

Non ne ho idea, ma sono quasi certo che sia stato lui. Il preside sicuramente saprà dirmi qualcosa, andiamo da lui. Ho il suo indirizzo di casa, l’orario di rientro dalle lezioni è passato da un pezzo, se non ci sono gli inservienti, a scuola, figuriamoci se c’è il preside” rispose.

Come posso aiutarla, signor Simon? Non so fare quasi niente, che posso fare?” chiese.

Jason lo guardò sorridendo.

Una pistola non saprai usarla, ma premere un grilletto è più facile di quanto pensi” lo informò.

Non ce l’ho nemmeno, una pistola!” esclamò Fabio.

Ma io ce l’ho, però. Ne ho due di riserva e una ce l’ha Rea. Siamo previdenti, in casa, sai com’è” gli disse l’uomo.

Tirò fuori dal cassetto una rivoltella e gliela passò.

Sembra piccola ma in realtà è molto potente. Spero vivamente che non ne avrai bisogno

 

Rea aveva ascoltato il racconto dell’altro prigioniero con gli occhi sgranati, incredula e stranita. Le sembrava davvero che tutta quella storia fosse assurdamente inventata, ma parola dopo parola si rendeva conto che il tutto aveva un senso.

Questo spiega come mai siamo qui” commentò infine.

“Già. Mi fa piacere sapere che sei con me, mi sento più tranquilla” rispose l’altra.

Beata te, io sono molto poco tranquilla, invece. Quanto tempo è che sei qui?

“Non lo so, ho perso il conto. Non c’è un orologio, ma da quella finestra entra un po’ di luce, ogni tanto, quindi qualche volta ho provato a tenere il conto dei giorni, ma alla fine mi sono persa d’animo e ho smesso. Più di un mese, comunque, penso” disse.

Più di un mese. Da quella stupida festa in discoteca. Sono una deficiente, ecco la verità!” esclamò Rea, stringendo i pugni arrabbiata.

Sentì qualcosa di duro sui polsi e cercò di guardarsi dietro le spalle, ma era legata troppo stretta.

Piegò una mano verso l’interno del braccio e allungò le dita più che poteva. Alla fine ci arrivò.

Ah-ha! Cosa sei tu?” chiese retoricamente.

Sentì con i polpastrelli che era qualcosa di appuntito e decise di provare.

Piegò qualsiasi cosa avesse in mano contro le corde e iniziò a muovere su e giù, tentando di ledere i lacci.

Ci metterò  una vita così” si lamentò.

In quel momento una porta di aprì e lei sobbalzò, spaventata.

Si voltò per guardare chi ci fosse, ma controluce non riusciva a distinguere bene le forme.

“Ancora viva?” chiese una voce rauca e profonda. Rea la riconobbe e rabbrividì.

Cosa vuoi tu? Vattene via, mio padre sta per arrivare!” lo minacciò.

“Sì, sì, certamente. Lo so da solo quanto tempo ci metterà tuo padre a trovarti, anche volendo non riuscirebbe ad essere qui prima di alcune ore. E tu, nel frattempo, sarai morta” rispose quello.

La ragazza si sentiva tremare di paura e non sapeva come fare.

Non la passerai comunque liscia” tentò.

“Questo è poco ma sicuro. Ora stai ferma, altrimenti mi ci vorrà una vita” le consigliò l’uomo, avvicinandosi con un coltello.

Rea si mise a piangere silenziosamente.

 

Jason suonò a casa del preside e attese. Quando l’uomo andò ad aprirgli e lo vide, sbiancò.

“Oh, si-signor Simon, che ci fa qui? C-ci sono problemi?” balbettò.

Lui sorrise gentilmente.

No, si figuri. Avrei solo bisogno di un’informazione” lo tranquillizzò. L’uomo si guardò intorno, sudando e respirando affannosamente.

“A-adesso? Avrei da fare e non ho molto tempo” disse. Jason alzò un sopracciglio, poco convinto.

Non ci vorrà molto, faremo subito e ce ne andremo” assicurò.

“Faremo?”

Fabio spuntò da dietro le spalle di Jason e salutò il preside con una mano.

Buonasera

“Fa-Fabio, buonasera” ricambiò.

Li fissò impaurito e poi sospirò.

“Va bene, un minuto posso anche concedervelo. Che vi serve?” chiese.

Per caso ha un recapito di Antonio, il vostro bidello? Mi servirebbe trovarlo” spiegò l’uomo.

“A-Antonio? Se n’è andato qualche giorno fa da scuola e…”

“Sergio! Dove sono le chiavi della stanza di sotto, ci sono quelle due che…”

Una donna non molto alta, con i capelli raccolti in uno chignon e gli occhiali neri che coprivano metà faccia apparve dietro al preside, che sbiancò anche di più.

“O-ora arrivo, Samantha, tu aspetta di là” rispose.

Samantha squadrò gli ospiti da capo a piedi e poi annuì.

“Va bene, tu muoviti, temo che abbiamo un problema” lo spronò.

Jason capì da solo che c’era qualcosa che non andava, non serviva un genio per comprenderlo, e il suo cervello si mise in moto.

Grazie per tutto, signor preside, noi andiamo” salutò, prendendo Fabio per un braccio.

Ma…” provò il ragazzo. Lui lo fulminò.

Arrivederci” salutò anche lui.

Quando furono in macchina, lontani da lì, lo guardò.

Che è successo?” domandò confuso.

Abbiamo il nostro colpevole” rispose Jason.

 

Rea temeva che la sua fine sarebbe arrivata a soli vent’anni. Aveva paura, le mancava suo padre e tutto ciò che voleva in quel momento era non essersi mai messa a indagare senza aiuto. Era stata la cosa più stupida che potesse fare, e solo ora si rendeva conto di quanto suo padre fosse un aiuto prezioso.

Chiuse gli occhi quando l’uomo si avvicinò a lei, ma il coltello non la sfiorò minimamente.

Le corde che la stringevano si sciolsero tutte insieme, lasciandola libera di muoversi senza problemi.

Ma che…?

“Non sono io il cattivo, detective in gonnella. Hai sbagliato uomo” le disse Antonio.

Cosa? Sì che sei tu, ti ho visto mentre…

“Mentre litigavo con quel cretino? Ovvio che mi sono infuriato, ha voluto utilizzare le nuove droghe nonostante tutti i miei avvertimenti, e così si è messo nei guai. I ragazzi non ascoltano mai i bidelli” le spiegò l’uomo, sospirando sconsolato.

Rea non ci credeva, tutto ciò era sempre più assurdo.

Come sapevi che ero qui, scusami?

“Ti tengo d’occhio da mesi, mia cara investigatrice”

COSA? Sei uno stalker?

“Uno stalker non ti avrebbe salvata, genio. Sono solo uno che si interessa ai suoi ragazzi e che sa benissimo che nessuno studente sano di mente cambia scuola a marzo della quinta superiore. Sapevo che non eri un’alunna normale, facevi troppe domande. Poi, naturalmente, ti ho vista sparare alla macchina di Samantha, quella sera in discoteca” le spiegò Antonio. Tirò fuori dalla tasca una pistola e gliela passò.

“Tieni, ti servirà sicuramente. Adesso andiamo a liberare la tua amica, non le è sicuramente piaciuto star qui rinchiusa” le disse, uscendo in corridoio.

Rea lo seguì senza fare domande: si sentiva abbastanza confusa così.

Aprirono la porta dell’altra cella e videro la ragazza seduta da una parte, con i vestiti sporchi e il viso polveroso.

Li fissò sorridente e si mise a piangere.

“Pensavo che nessuno mi avrebbe più fatta uscire di qui” disse, prima di svenire.

 

  
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