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Autore: elyxyz    07/09/2007    34 recensioni
Un’interpretazione alternativa al finale dell’episodio n°13, ‘Fuoco contro Acciaio’.
“Cos’è?! Oggi piovono cani e gatti?” ipotizzò, tra il polemico e il divertito. “E’ la Giornata del Randagio e nessuno me l’ha detto?!”
(Roy x Ed)
Storia partecipante al Contest 100 Prompts! indetto da Fanfiction Contest ~ {Collection of Starlight since 01.06.08}
Dopo quasi 5 mesi d’attesa, ecco postato il nuovo capitolo. Avviso comunque i lettori che i futuri aggiornamenti saranno più frequenti ma ancora irregolari.
Genere: Romantico, Malinconico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: What if? (E se ...), Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kiss the rain

Note: il seguente scritto contiene riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Avete una vaga idea dell’emozione che mi dà ogni vostra recensione?
Grazie.

Grazie davvero.

 

 

Kiss the rain

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Roy chiuse il parapioggia gocciolante e lo infilò nel portaombrelli.

Il Tenente Hawkeye aveva insistito per riaccompagnarlo con l’auto, dato il tempo inclemente, e lui aveva percorso a piedi solo un centinaio di iarde, dal negozio all’angolo fino a casa, eppure si era inzuppato per bene ugualmente.

Il pacchetto che teneva tra le dita, in equilibrio precario, rischiò quasi di cadere; ma grazie ai suoi ottimi riflessi aveva evitato un piccolo guaio.

Osservò la carta leggermente rovinata dalle gocce dell’acquazzone e sorrise tra sé.

Mame-chan andava matto per quei dolcetti.

 

Perso nei suoi pensieri, s’inerpicò per le scale, accelerando l’andatura senza quasi accorgersene.

Aveva già la mano libera in tasca, a frugare in cerca delle chiavi, come d’abitudine, ma ci ripensò.

Suonò il campanello, e attese.

E’ bello avere qualcuno a casa, che attende il tuo ritorno e ti accoglie sulla soglia.

Il borbottare seccato di Edward non poté che renderlo ancor più di buonumore.

 

“Arrivo! ARRIVO!!” Lo sentì ciabattare, e far scattare la serratura. “Ma perché continua a dimenticarsi le chiavi in ufficio?” lo accolse sull’uscio, brandendo un mestolo con aria fintamente infastidita, grembiule deliziosamente gigantesco per lui, e uno sbruffo bianco sul naso.

Capitava, a volte, che il Colonnello Mustang si dovesse fermare al Quartier Generale più a lungo del normale orario, per delle riunioni improvvise o per questioni di rilevante importanza… e se ciò accadeva in uno dei loro rendez-vous habitués, Fulmetall aveva preso l’abitudine di precederlo, e di imbastire una cena in attesa del suo arrivo. Poi, come di consueto, s’immergevano in una lettura, o in un confronto stimolante sulle più recenti scoperte alchemiche.

 

“Perché ho una cameriera che mi apre!” ghignò Roy, adocchiando ironicamente la sua mise.

 

Ed s’inalberò. “Baka Taisa! Io non sono-”

 

“Pensierino!” esclamò, sventolandogli davanti al naso la scatolina della pasticceria e, approfittando di quell’espediente per distrarlo, svicolò dentro.

 

Quando il giovane Elric s’accorse del raggiro, l’altro era già all'interno. “Ma prego!” ringhiò. “Faccia come se fosse a casa su-”

 

“Hai il naso sporco di farina.” Lo interruppe, e allungò un dito verso la sua faccia.

 

Per un istante, Acciaio pensò che stesse per ripulirlo. Per toccarlo. Indietreggiò appena, forse spaventato. Di sicuro impreparato.

Ma l’uomo si era limitato ad indicarglielo, accantonando poi il tutto, con un semplice “Vado a cambiarmi.

Tora gli zampettò accanto, dandogli il suo personale bentornato.

 

Edo lo osservò sparire verso la camera da letto, dopo essersi tolto in fretta gli stivali imbrattati e l’impermeabile zuppo, nell’anticamera.

E si ritrovò a sospirare.
Ma che cavolo gli era preso?

Si sentiva quasi… quasi… deluso.

 

Si diede dello sciocco. Che razza di pensieri gli venivano in mente?

Un familiare sfrigolio gli ricordò che la cena era ancora sul fuoco, e reclamava la sua attenzione.

 

Taisa! E’ pronto fra cinque minuti!” lo avvisò, urlando in direzione del corridoio. Non aveva ricevuto risposta, ma difficilmente Roy avrebbe potuto ignorarlo.

Erano quasi le 21, e il suo stomaco brontolava impaziente. A stento, quello del suo superiore si sarebbe comportato più stoicamente.

 

Nel momento in cui spense l’ultimo fornello, coprendo la pentola perché non si freddasse, il campanello di Casa Mustang trillò.

 

Ma chi poteva essere a quell’ora?

Guardò d’istinto verso la finestra del cucinino. Fuori era buio, e pioveva ancora a dirotto.

 

Edward! Puoi aprire tu?!” si sentì chiedere, da lontano. Di certo il Colonnello era ancora in bagno.  

 

Un secondo squillo impaziente lo indispose inconsciamente.

Sbuffò, pulendosi le mani con uno straccio, e dirigendosi all’entrata. Non senza brontolare all’indirizzo del seccatore di turno, che indubbiamente avrebbe ritardato la loro meritata cena.

Quando aprì, si trovò dinnanzi un’avvenente moretta sulla trentina, avvolta in una vistosa pelliccia, un po’ prematura per quella stagione.

Non ebbe il tempo di chiedersi cosa indossasse al di sotto,  - SE indossasse qualcosa sotto -, perché lei prese la parola, salutandolo.

 

“Ciao, ometto!” e allungò una mano affusolata, dalle appariscenti unghie smaltate, per accarezzargli con materno affetto la testa.

Roy-chan è in casa?” domandò, dall’alto del suo metro e ottanta, tacchi compresi.

Tacchi. Che eufemismo!

 

Se non fosse stato troppo intento a chiedersi come quella donna riuscisse a rimanere in equilibrio su quei trampoli, avrebbe certamente dimostrato il suo quieto dissenso per quell’appellativo ingiurioso.

 

“Ho visto le luci accese…” ritentò lei, con una vocina dannatamente zuccherosa. “Allora? Roy-chan è in casa…?”

 

Non seppe il perché, ma la odiò.
Raramente Edward Elric aveva provato un odio così viscerale e immotivato verso una persona sconosciuta. Ma non poté – e non volle – impedirselo.

 

“Acciaio, ma chi è?”

 

Giusto quando stava per mandarla al diavolo, il Colonnello Mustang comparve alle sue spalle, bloccandolo tra di loro.

 

“Ah! Ehm…” esalò, sorpreso, vedendola.

 

Emily, sì…” miagolò lei, languidamente, fraintendendo la smemorataggine dell’uomo. “Sono tornata in città, e mi sono chiesta se…” ammiccò “avevi voglia di passare la serata con me…”

 

Non si chiese per quale ragione, ma Edo sperò di cuore che la cacciasse via al più presto. Possibilmente in malo modo.

 

Dopotutto… era un loro venerdì, quello, no?!

Ed era un sacro rituale, quello che avevano… lui si impegnava sempre per rispettarlo, talvolta anche trascurando Alphonse, e non poteva accettare niente di meno dal suo superiore. E l’Alchimista di Fuoco si era sempre dimostrato fedele a quel patto implicito. Fino a quel momento. Quindi che si muovesse a liquidarla in fretta, dannazione!

E invece, quei due rimanevano imbambolati, senza che Mustang ponesse fine a quella spiacevole visita.

Sgradevole.

…per lui era sgradevole, ma per Roy?

E se avesse preferito di gran lunga l’improvvisata di quell’oca sui trampoli, invece che stare con lui?

Ad essere onesti, aveva ben cognizione che il Taisa avesse sempre avuto un via vai di presenze femminili ad allietare le sue notti. Era risaputo in tutto il Quartier Generale, e lui lo aveva sempre accettato. Biasimandolo, certo. Non gli andava giù che una di quelle sgualdrinelle potesse affezionarsi a Tora, magari riuscendo addirittura a convincere il Colonnello a regalarglielo…

Solo per Tora, ben chiaro. Senza nessun interesse personale...

Gli rivoltava lo stomaco e provava disgusto, pensando alle donne che cambiava con la stessa frequenza con cui Jean si accendeva una sigaretta nuova. Però…

 

Da parecchi mesi, invero, si vociferava che Mustang avesse improvvisamente adottato una condotta morigerata, tanto da lasciare orde di femmine in lacrime. Ma Ed non ci aveva mai creduto del tutto.

Perché imporsi un’astinenza forzata, se non aveva giurato fedeltà a nessuna?

E di sicuro non l’aveva fatto. Altrimenti il Sottotenente Havoc avrebbe appeso i festoni in ufficio, se il temibile rivale fosse uscito dal mercato.

Lui, di striscioni, non ne aveva visti. E quella tizia lì davanti confermava la sua ipotesi iniziale.

In fondo, Taisa Mustang non sarebbe mai cambiato.

E perché gli desse così fastidio, a tal punto da sentire un nodo stretto allo stomaco, lui non voleva saperlo. Era solo fame. Fame e antipatia.

Quella gallina truccata sarebbe sembrata odiosa persino ad Al, si disse, che notoriamente trovava simpatiche anche le ortiche.

 

“Con… te?” ripeté Roy, colto alla sprovvista; riportandolo al presente.

 

Ma s’era rincoglionito? Edward gli diede una forte gomitata, per svegliarlo, ma richiamò l’attenzione su di sé.

 

“E’ il tuo fratellino, questo?” chiocciò lei, fingendosi interessata, per ingraziarselo. “Oh… forse non vi assomigliate poi tanto… è il tuo nipotino?” aggiustò il tiro, sorridendo come una compassata incantatrice mangiauomini.

 

Questo era troppo.

Davvero troppo.

 

“Si diverta con lei! Io me ne vado!!” sbraitò, spintonandoli da parte per rientrare. Si limitò a calzare gli stivali, senza tirare le stringhe. E poi corse giù per la tromba delle scale.

 

Roy bestemmiò tra sé, cercando di fermarlo.

“Ed, aspetta! Aspetta, non…” ma il giovane Elric era già in fondo.

 

Oh, dannazione!
A che cazzo era servito allontanarsi dal mondo del piacere, se poi Acciaio travisava tutto, e lo credeva ancora un farfallone impenitente?

Come avrebbe potuto fidarsi di lui, se lo reputava nuovamente così superficiale?

Maledizione! Non ci pensò neppure su, spinse Emily di lato, richiamandolo. Ma ormai era oltre il portone.

E allora infilò le prime scarpe sull’uscio e un soprabito cerato e gli corse dietro. Perché doveva chiarire quella situazione. E farlo subito.

Che diamine gli era preso? Fare quella scenata da amante tradito… quella fuga da film di terza classe, sotto quel dannato tempo da lupi!

Gliene avrebbe dette quattro, ecco perché lo rincorreva. Ed era uscito anche senza impermeabile, quel testone!

Non ricordava neppure se aveva chiuso la porta di casa. Sperava in cuor suo che Tora avesse un po’ di senno e non decidesse di uscire, e magari scappare, proprio quella sera.

Gliene bastava uno, di piantagrane!

 

Aumentò la corsa, fiducioso di poterlo raggiungere in fretta. Se Fullmetal avesse avuto un minimo di buonsenso, non avrebbe mai scelto la via più corta e meno raccomandabile a quell’ora, per tornare agli alloggi militari, dove credeva stesse andando.

Ma Acciaio non sapeva nemmeno dove stesse di casa, il buonsenso!

Non era solo alto come un fagiolo, a volte quell’idiota aveva anche il cervello grande come quel legume!

E Roy non avrebbe mai dormito, senza essersi accertato che fosse al sicuro.

Non che quel nanerottolo non fosse in grado di difendersi, però sembrava sconvolto!

E non poteva certo chiamare nei dormitori degli Ufficiali, e spaventare Al, nel caso non fosse ancora tornato.

Ma, perché diamine era scappato?!

E, - accidenti a lui! – avrà avuto pure le gambe corte… ma sapeva correre dannatamente veloce!
 

L’Alchimista d’Acciaio avanzava rapidamente, incurante della pioggia scrosciante, con una rabbia burrascosa che non riconosceva come propria.

Si sentiva tradito. Ferito e tradito.

E più cercava di raccapezzarsi, più sentiva un grosso mal di testa scuotergli il cervello.

Che razza di figura aveva fatto!

Di sicuro, in quel momento, il Colonnello e la sua amichetta stavano ridendo di lui, della sua sparata infantile.

Non voleva neppure prendere in considerazione l’idea che fosse qualcosa di diverso dallo sfogo di un bambino capriccioso, a cui avevano sottratto un giocattolo.

…in fondo, Roy… era questo, per lui?

Era solo questo?

Un adulto che gli dedicava un po’ del suo tempo. Che lo trattava da pari, che lo incoraggiava e lo aiutava, nell’approfondire i suoi studi?

Era affezionato al Taisa… solo per quello?

Per semplice egoismo?

Rabbrividì a quel pensiero, o forse per il freddo che gli era penetrato fin nelle ossa.

Cosa diamine era diventato, per lui, Roy Mustang?

 

Ma soprattutto... quando era diventato così bravo a mentirsi?

 

E l’Alchimista di Fuoco intanto correva, anche se rallentato dall’ingombrante impermeabile, nelle orecchie il sangue che pulsava veloce, e un peso all’altezza del cuore.

Sarebbe mai riuscito a raggiungerlo?

 

Quando ormai non ci sperava più, riconobbe la familiare treccia bionda sfrecciare nella traversa di fronte a lui.

E commise l’errore di chiamarlo, cercando invano di fermarlo. E lo vide infilarsi in un vicolo semibuio, a destra, senza rallentare mai e poté solo inseguirlo.

Ma perché cazzo non si fermava?!

 

Con un ultimo scatto, quasi disperato, lo raggiunse, bloccandolo a ridosso di una casa diroccata, evitando per miracolo di cadere.

Il sollievo lasciò posto alla rabbia, e lo sbatté contro il muro con malagrazia.

Edward, che fino a quel momento aveva evitato in tutti i modi di guardarlo, si volse, per fronteggiarlo.

Sembrava furioso, ma perché? Era lui, semmai, a doversi sentirsi furente!

 

“Perché diavolo te ne sei andato a quel modo?!” lo aggredì a parole.

 

“Era ovvio che fossi io, quello sgradito. Sibilò, tenendogli testa. “E volevo togliere il disturbo per la sua serata con quella… quella. Replicò, con disprezzo.  

 

Roy, accecato dall’ira, non ci vide più

“TU! …Piccolo, brutto bastardo!” ringhiò, afferrandogli la giacca all’altezza delle spalle e strattonandolo. Anche l’auto-mail di Fullmetal compì un gesto simile, scattando sulla difensiva, artigliando l’impermeabile sullo sterno. “Che cazzo ne sai, tu, di me! Eh?! Cosa ne vuoi sapere?!” Sembrava un fiume in piena, mentre ringhiava quelle parole, sbatacchiandolo sulla parete ad ogni frase, per rafforzare il concetto.

 

Per un istante, Acciaio pensò seriamente che fosse impazzito.

Taisa... la prego, la smetta…” tentò, soffiando quelle parole direttamente in faccia all’altro. Ma era troppo tardi. Il fiume in piena aveva rotto gli argini.

 

Che ne sai di me?” ripeté Mustang, stavolta quasi con voce incrinata. Lo sguardo da invasato. “Dei miei sentimenti… che ne sai?”

 

Ed sussultò, per l’improvvisa disperazione che percepiva. Ma la stretta che lo inchiodava rimaneva ferma, salda. “Ti sogno ogni notte. E ti penso ogni giorno. Ti desidero ogni maledettissimo istante della mia giornata! Come cazzo pensi che stia, a vederti in ufficio e dovermi trattenere… a casa mia, e non poterti mai sfiorare… sono un uomo, dannazione! Ma mi sono innamorato di te!!” deglutì a fatica, scuotendo la testa per calmarsi, quindi puntò nuovamente lo sguardo, smarrendosi in quell’oro fuso, i loro respiri che quasi si fondevano, tanto erano vicini. “Io… io… fermami, prima che faccia una sciocchezza. Il tono era duro. Ma era una supplica.

 

“E se io… se io non volessi fermarti?” sussurrò Edo, perdendosi a sua volta in quel nero lucido.

 

Roy tremò. Se d’aspettativa o di rabbia non era dato saperlo.

“Non prendermi in giro, ragazzino!” lo ammonì furibondo.

 

Ma Edward non attese oltre.

Azzerò le distanze contraendo la mano che teneva il soprabito verso di sé, tirandoselo addosso.

E fu solo un cozzare di labbra e denti e amore e disperazione. Inesperienza. Eppure resistette. E divenne bacio.

Quando respirare si fece necessità, rimasero le loro fronti a contatto, gli occhi dell’uno fissi nell’altro.

“Non. Giocare. Con. Me.” Ripeté l’uomo, greve. Ma la voce gli tremava.

 

Oh, sì...

...a giocare col fuoco ci si brucia...

 

Ed ansimava ancora, affannato. E lo fissò. E fu l’unica risposta che riuscì a dargli.

Perché qualsiasi parola sarebbe sembrata una promessa vana.

 

A Roy sembrò bastare. E se lo strinse contro, trascinandoselo dietro, quando le forze e la tensione lo abbandonarono. Se lo abbracciò stretto, inginocchiato in quel vicolo sudicio. Sotto il diluvio scrosciante. Come a proteggerlo da tutto. Perché non aveva la minima intenzione di farselo scappar via.

E riprese a baciare le sue labbra bagnate.

Sulle guance accaldate. Il naso gelato. Le palpebre abbassate.

Il collo, su cui scorrevano rivoletti d’acqua.

E infine, baciò anche la pioggia.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Il capitolo prende il titolo dall’omonima canzone di Billie Myers, che io adoro. (Prima o poi ci farò una song-fic! *__*)

Note varie: scrivere questo capitolo è stata una sofferenza. Nella mia testolina filava che era una meraviglia, ma poi stenderlo si è rivelata un’impresa ardua! Ç__ç
Però ci tengo in modo particolare, perché è il clou della storia stessa. Siamo ad un punto di non-ritorno, (anche se noi sappiamo che la raccolta fa dei salti cronologici), è il giro di boa...

Sono un po’ titubante, lo ammetto. Perché avrei potuto renderlo diversamente, o forse vi aspettavate che Roy si dichiarasse comodamente sdraiato sul divano, con Ed al fianco e Tora in braccio… ma è nato così. E non me la sentivo di cambiarlo.
Perdonatemi, se vi ha deluso. Ç__ç

 

Detto questo,baka’ significa stupido, per chi non lo sapesse. E risveglia in me antichi ricordi, su un certo Do’aho e una Baka Kitsune che mi hanno fatto battere il cuore per lungo tempo…

Chi mi conosce da tempo, sa che la mia pignoleria è leggendaria. Prima di scrivere qualcosa, ne valuto la veridicità, controllo le fonti e così via.

Parecchio tempo fa, ho incontrato una song-fic intitolata appunto ‘Kiss the rain’.
L’autrice in questione sosteneva in breve quanto segue:
Una locuzione gergale è ‘kiss the rain’, che però – a dispetto della somiglianza - ha poco a che fare con romantici eventi atmosferici, in quanto si traduce con un efficace ‘baciami il culø’, ‘leccami le scarpe’… ‘ciucciami il calzino’! (per dirla come Burt Simpson) …non esattamente poetico, eh? ^____^

Adesso non ascolterete più la canzone di Myers con lo stesso trasporto… ^__=

 

Mi sono documentata ovunque, chiedendo a persone più esperte di me, nella lingua inglese.

Ma nessuna di loro ha saputo darmi conferma di quest’affermazione.
Sarebbe quindi semplice trattarla come una bufala.

Tuttavia… se ricordate nel video che accompagna questa canzone, Billie sta cantando e sfasciando - e vado a ricordi - una camera intera, mentre fuori scende un acquazzone tremendo, sembrando un tantino incazzata/disperata. Il che mi fa dubitare un pochino del valore romantico che le viene attribuito… perché fare un video così, altrimenti?


In sintesi: chiunque possegga informazioni sicure su quest’argomento (tranne la traduzione che gira nel web, che già posseggo) avrebbe la mia gratitudine, se mi chiarisse il dilemma. (Soprattutto in funzione di una mia eventuale song-fic).

 

In ogni caso, ho fatto in modo che il titolo si potesse interpretare sia in modo letterale, che secondo l’ipotesi ‘scurrile’. Difatti, sia Roy che Ed erano un tantino incazzati

 

 

PRECISAZIONI AL CAPITOLO PRECEDENTE.

Molti di voi mi hanno chiesto che collocazione temporale avesse. (Ad alcuni, ho già risposto in pvt). Io immagino sia inserita dopo che i mici sono nati. Per capirci, quando Ed va da Roy, la sera, e legge sul divano con lui.

Per il titolo, forse è bene chiarire: in pratica, si gioca sul 'prendo', nell’accezione sessuale del termine, (povero maglione stuprato! >.<) e in quella del prendere senza chiedere, fare il maleducato. Tora 'vive' la casa come vuole, e fa parecchi danni, perché 'prende' ciò che gli serve, quando vuole, e non domanda... (le tende strappate, i lacci rosicchiati... i graffi sul legno…)
Ok. credo sia tutto…^^’’ perdonate il trattato infinito! >.<

 

 

Torno a ringraziare di cuore i lettori affezionati e quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.

Grazie (_ _)

elyxyz

   
 
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