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Autore: Iceberg    21/02/2013    1 recensioni
"Sogno o son desto?"
Jillian Key è costretta a fare i conti con la sua razionalità per poter credere che ciò che le accade non è frutto della sua immaginazione, ma che il mondo dei sogni esiste per davvero.
Vielen Dank, "Lullì" c:
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 
Il mio urlo squarcia l’aria. Ma quando riapro gli occhi, non sono nella chiesa, sono in un posto più familiare: sono nella mia stanza. Nel mio letto. Quando mi rendo conto che è stato tutto un incubo e smetto di urlare, mi sento mancare il fiato. Ci metto qualche minuto a calmarmi. A calmare l’affanno e ad asciugarmi gli occhi e un po’ del sudore che mi imperla la fronte. Sono sudata ma ho freddo. Dopo essermi ripresa, mi ricordo che, qui e adesso, non ci sarà nessuno a dirmi che va tutto bene, che è stato solo un brutto sogno. Mi accuccio perciò tra le coperte e me le stringo forte contro il corpo. È un’abitudine che ho preso da piccola, da quando papà è morto. Chiudo di nuovo gli occhi, ma non riesco a riaddormentarmi. Mi ritrovo davanti quella ragazza così simile a me e tutti quei manichini. Ma ho paura anche di riaprire gli occhi, perché temo di trovarmeli veramente davanti. Una paura stupida, ma che nel buio totale può sembrare terribile. Cerco di pensare ad altro, tento di tenermi la mente impegnata per evitare che quelle immagini mi appaiano di nuovo davanti, ma non ci riesco molto bene. Non so precisamente quando, o meglio, quanti pensieri sconnessi dopo, riesco ad addormentarmi di nuovo.
 
In uno stato di semicoscienza, sento la sveglia suonare. All’inizio ci faccio poco caso, ma poi mi sveglio abbastanza da riuscire ad associare il suono all’oggetto. Muovo lentamente il braccio in modo quasi meccanico e sbatto la mano sulla sveglia sul comodino, che smette immediatamente di darmi fastidio. Mi sento tanto stanca da non riuscire ad aprire nemmeno gli occhi, perciò mi concedo qualche altro minuto di riposo. Evidentemente, però, calcolo male i tempi, perché quando finalmente mi decido ad alzarmi, sono le nove e mezza. -Merda!- borbotto ancora mezza assonnata. Mi strofino gli occhi e, senza nemmeno fare colazione, mi vesto velocemente ed esco di casa. Arrivo a lavoro alle 10 meno 10 e, fuori l’ufficio, trovo il mio capo che, vedendomi arrivare, mi viene incontro. E’ un uomo di mezza età, basso, con la fronte larga e rugosa e i capelli brizzolati. Di certo, non è uno di quei supermodelli alti, biondi e con gli occhi azzurri.
-Dove diamine eri finita? Dovevi essere qui come minimo due ore fa! Tra…- si ferma per guardare l’orologio che ha al polso e poi torna a guardarmi -…tra 10 minuti hai una riunione! Su, su, sbrigati o farai tardi!- mi urla contro. 
Sempre il solito gentiluomo. Dio, quanto può essere irritante! Poi si gira e corre verso un’altra dipendente che, vedendolo arrivare, alza gli occhi al cielo. Sorrido, compatendola. Ma non ho tempo da perdere, perciò corro in ufficio a posare le mie cose, nel corridoio tra il mio ufficio e la sala riunioni prendo un caffè al primo distributore che mi capita a tiro e lo bevo tutto d’un sorso, senza nemmeno zuccherarlo. Butto il bicchierino nel cestino appena fuori la porta della sala riunioni, mi ricompongo ed entro.
 
Quando, due ore e mezza dopo, esco da quella stessa porta, sono sfinita. Ho solo voglia di andare a casa. Di andare a dormire. Ma questo pensiero mi ricorda il sogno che ho fatto stanotte e cambio idea. Decido che è inutile che mi prenda un giorno di riposo per nulla. Mentre ci penso, alle mie spalle sento di nuovo la voce del mio capo.
-Signorina Key! Signorina Key, si fermi!-
Mi blocco, alzo gli occhi al cielo e faccio un respiro profondo. Poi, mi volto, accennando un sorriso. 
-Buongiorno, signor Wein.-
-Signorina Key, non succeda mai più che arrivi tardi a lavoro e senza avvisare, per giunta. Mai più, intesi? O si gioca il posto- mi punta l’indice contro. Fisso quel dito con una voglia matta di strapparglielo a morsi, ma poi sposto nuovamente lo sguardo sul suo viso.
-Certamente, mi scusi.-
Mi volto, faccio una smorfia, e riprendo la mia strada. 
Che insolente! È la prima volta che arrivo tardi senza avvisare in un anno e mezzo, a differenza di quella sua assistente, e si permette anche di farmi la partaccia! Stringo i pugni e, a passo deciso, mi dirigo alla mensa. Quando, però, passo davanti l’ascensore, non mi accorgo che qualcuno sta uscendo da lì e lo investo. 
Mi volto e borbotto uno -scusi- . Sto per riprendere la mia strada, quando realizzo che di fronte a me c’è un ragazzo che mi fissa e che ha decine di fogli sparsi ai piedi. Incrocio per un solo momento i suoi occhi, ma basta per imbarazzarmi.
-Oddio, scusi…- ripeto con più convinzione e mi abbasso per raccogliere i fogli. Sento le guance accaldarsi. Lui non si muove e, quando mi rialzo, lo trovo nella stessa posizione. Gli porgo i fogli e lo guardo, per capire che gli prende. Ha dei bellissimi occhi verde chiaro, dei capelli biondo cenere che gli ricadono sulla fronte in modo disordinato e una spruzzata di lentiggini sulle guance. È più alto di me di cinque centimetri, più o meno, anche se, dal viso, sembra più piccolo di età e mi fissa.  Non l‘ho mai visto in giro. Probabilmente è uno nuovo. 
-Mi dispiace, io…non volevo…scusi…- abbasso la testa, imbarazzata.
Lui mi strappa i fogli di mano e mi sussurra tra i denti: -La prossima volta stia più attenta.- Mi si gela il sangue nelle vene. Gelo. Ecco cosa sento. Rialzo la testa, ma lui non c’è più. Stringo i denti e riprendo la mia strada. Perfetto. Lacrime di rabbia mi appannano la vista. Magnifico, non potevo chiedere di meglio per iniziare la settimana. Entro in mensa, ma mi è passata la fame. Prendo solo una mela rossa dal cesto della frutta, mi siedo ad un tavolo vuoto e inizio a mordicchiarla. Fisso il grande orologio sulla parete di fronte a me. È l’una. Non stacco lo sguardo da lì. Il muoversi della lancetta dei secondi mi rilassa. Uno, due, tre. Uno, due, tre. 
-Jillian-
Uno, due, tre. 
-Jillian..-
Uno, due, tre.
-JILLIAN!-
Abbasso lo sguardo annoiata e mi trovo davanti Ian, un collega. O meglio, il collega. È l’unico che mi rispetti davvero qui dentro.
-T-tutto bene?- mi fissa scandalizzato.
-Certo- rispondo fredda.
Continua a guardarmi come se fossi una pazza appena uscita da un manicomio. Per qualche assurda ragione, la sua faccia mi diverte, ma non riesco a far arrivare l’emozione alle mie labbra, che restano fisse in una posa annoiata.
-Posso?- mi chiede, poggiando il suo vassoio sul tavolo di fronte a me.
Faccio spallucce e ritorno a fissare la lancetta.
Uno, due, tre. Uno, due, tre.
Si schiarisce la voce. -Sicura di stare bene?-
Sbuffo.
-Si, certo, non è nulla di importante- dico a voce bassa.
Uno, due, tre. Uno, due, tre.
Non si decide a distogliere lo sguardo da me: mi fissa insistentemente. 
Uno, due, tre.
Non è stato difficile, immagino, capire che ci fosse qualcosa che non andasse in me. Soprattutto per lui, che mi conosce come le sue tasche. Forse ha capito anche cosa.
-Allora, come è andata la riunione?-
Uno, due, tre.
Ingoio un pezzo di mela. -Beh, alla grande.- rispondo senza distogliere lo sguardo dall’enorme orologio. Non sono mai stata brava a mentire, ma sinceramente ora non mi importa. Resta in silenzio e con la coda dell’occhio noto che continua a fissarmi senza decidersi nemmeno ad iniziare a mangiare.
Abbasso lo sguardo e fisso i miei occhi nei suoi. Sono di un azzurro chiaro e il suo occhio destro ha, vicino la pupilla, una piccola ma per niente insignificante macchiolina marrone. Non parlo, ma nel mio silenzio c’è la mia muta richiesta d’aiuto. Continuo a fissarlo fino a che altre lacrime mi appannano la vista. Ma queste non scenderanno per le mie guance, no. Non glielo permetterò. Abbasso la testa, sussurro uno -scusa-, prendo il mio vassoio e, quasi correndo, vado a svuotarlo nell’apposito cesto. Mi sento le gambe molli. Poi, esco dalla mensa. 
Nel corridoio, incontro il signor Wein. Mi guarda di sottecchi, ma decido di non farci caso. Arrivata in ufficio, mi chiudo la porta alle spalle, sospiro e mi metto subito al lavoro. 
  
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