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Autore: Dreamer In Love    21/02/2013    6 recensioni
Un trono esurpato da un crudele tiranno.
Una principessa dal cuore di ghiaccio a cui la vita a riservato solo dolore e falsità
Un ragazzo temerario che sogna la libertà, per se e per il suo popolo.
Ma ne vale davvero la pena di rischiare la propria vita?
La vendetta non porta mai a nulla di buono e Shade lo sa ma come potrà perdonare l'uomo che gli ha reso la vita impossibile?
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fine, Nuovo Personaggio, Shade, Un po' tutti
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'The Rebel'
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4. Corvi
 
Camminava veloce e furtiva per i vicoli bui della città.  La sua figura nera si confondeva con le ombre degli edifici. Le strade erano vuote e le uniche fonti di luce erano i bagliori che provenivano dall’interno delle case e i raggi della luna. Si arrestò poggiando la schiena contro il muro rugoso.
A pochi passi da lei, due guardie, sporche e ubriache, camminavano ciondolando e bestemmiando. Il suo cuore cominciò a battere velocemente e il respiro si fece corto. Se l’avessero scoperta? Suo Zio non sarebbe stato clemente con lei.
Poi, si ricordò ciò che aveva imparato.
La paura non è tua nemica … non rinnegarla, ma impara a conviverci.
Sorrise leggermente ricordando quelle parole e si stupì di quel gesto. Era strano come il suo corpo si comportasse in maniera totalmente slegata al suo cervello. Non rinnegava l’utilità di quel consiglio ma arrivare a sorridere a un suo ricordo … non lo accettava! Strinse i pugni per la rabbia e decise che non era il momento per pensare a certe cose. Ora, doveva concentrarsi. L’adrenalina le scorreva nelle vene mentre vedeva i due uomini avvicinarsi sempre di più al suo nascondiglio. Si accucciò e raccolse da terra un sasso che lanciò nel lato opposto del vicolo. I due uomini si voltarono di scatto, improvvisamente allerta. La rossa ne approfittò per scivolare verso l’ennesimo anfratto buio dove forse i soldati non si sarebbero spinti. Doveva trovare l’unica persona che l’avrebbe sinceramente informata su quel che stava succedendo. Dopo sette anni di reclusione aveva bisogno di essere aggiornata. Era andata a casa della sua governante  solo una volta, quando aveva otto anni, e non si ricordava bene la strada ma era anche convinta che se avesse trovato un punto di rifermento ci sarebbe riuscita. Era da molto tempo ormai che non vedeva la sua città, il suo amato regno. Era tutto totalmente cambiato.
C’era silenzio a Lilian, un vuoto sinistro in contrasto con la Capitale ospitale e festosa che aveva conosciuto nella sua infanzia. Man mano che procedeva furtiva nell’ombra la stradina si allargava. Dal tetto dell’edificio cadde una piccola pietruzza che sfiorò appena la ragazza. Fine alzò lo sguardo spaventata mentre si avvicinava sempre di più alla fine del vicolo. Sulla sua testa vi erano due corvi neri appollaiati che la osservavano curiosi. Poi, uno dei due gracchiò e prese il volo, seguito dall’altro. La ragazza seguì con lo sguardo i due uccelli che si posarono sopra una costruzione in legno nel mezzo della piazza che si stagliava davanti a lei.
Fine indietreggiò disgustata da quella visione. Le gambe le tremavano e cadde a terra. Voleva urlare, andarsene, ma i suoi occhi non riuscivano a staccarsi, non riuscivano a capacitarsi di un tale scempio. Tre piccole figure dondolavano al chiarore della luna. I loro delicati colli erano legati a delle luride corde. I loro visi ciondolavano verso il basso senza che alcun segno di vitalità li percorresse. Erano tre bambini impiccati. I corvi circondavano i loro corpi, affamati. Svolazzavano e si affannavano per conquistare un piccolo brandello di carne. La rabbia prese possesso della ragazza. Si sentita violata da quell’ondata di emozioni. Non poteva perdere il controllo, non voleva perderlo. Dopo anni in cui si era imposta una totale indifferenza verso tutto e tutti, rischiava di perdere la sua maschera. Ma come poteva non essere sdegnata da quella visione? Non poteva sopportare di vedere dei bambini, simboli stessi dell’innocenza, messi a morte. Era come se ci fosse lei appesa a quelle corde. Dopo quel giorno la sua vita era diventata vuota e quell’infanzia tanto felice che aveva vissuto era stata rilegata nel fondo del suo cuore, per sempre. O almeno così credeva. Esplose. La frustrazione per la difficile perdita e l’allontanamento dall’infanzia e da tutto ciò ch era la sua vita, si fecero largo nel suo cuore. Si alzò e iniziò a urlare e a correre attorno a quell’inquietante struttura. I corvi si alzavano in volo quando si avvicinava ma si posavano di nuovo quando lei si allontanava. Infine, notando che ogni sforzo era vano, Fine si accucciò per terra in preda alla disperazione. Come era possibile che tre bambini potessero far tanto del male da essere addirittura giustiziati? Le lacrime cominciarono a cadere copiose dai suoi brillanti occhi. Si portò le mani alle orecchie desiderando di non sentire gli orribili versi di quegli uccellacci.
Un lieve fruscio la fece voltare di scatto, terrorizzata. Come poteva essere stata così stupida? Si era esposta troppo e aveva persino urlato. Nel girarsi si era aspettata di trovarsi davanti un esercito inferocito ma ciò che effettivamente vide le fece tirare un sospiro di sollievo.
- Devi andare via da qui! Subito! –, iniziò a sbraitare la ragazza bionda mentre la invitava con la mano ad andarsene e avvicinandosi piano a lei.
Intanto, il viso della sconosciuta vagliava preoccupato la piazza per assicurarsi non ci fosse nessuno. Fine poté guardarla meglio. Era bella; aveva una cascata di ricci biondi legati con un foulard bianco e i suoi occhi grandi occhi verdi risplendevano alla luce della luna. Stava guardando Fine con tristezza e comprensione.
- Ti han fatto del male? Quei bastardi... –
Si accucciò sulla rossa poggiandole dolcemente una mano sulla spalla. La sua voce era chiara e confortante.
- Posso aiutarti ma non puoi stare qui. Se ti vedessero, ti farebbero ancora del male. – , e con un cenno del capo indicò i tre bambini come ammonimento, - Io conosco un posto sicuro. Aspettami in quel vicolo. – , aggiunse indicando con un braccio proprio la stradina da cui era arrivata Fine.
La bionda porse alla principessa un fazzolettino immacolato sorridendo incoraggiante. La rossa lo prese timorosa e, mentre si asciugava le lacrime che rigavano ancora il suo volto, si avviò verso il suo nascondiglio. Il buio l’accolse come una madre e si sentì subito un po’ più al sicuro, confortata. Appena si calmò presto attenzione a ciò che faceva la sconosciuta. Questa si era avvicinata al palo delle impiccagioni e stava tagliando la corda che reggeva il primo bambino. Il corpo cadde a terra pesante e la ragazza sistemò gli arti e il capo in una posizione più degna. Infine, prese dalla cesta che si era portata appresso un lenzuolo bianco stendendolo sul piccolo cadavere. Il tessuto si adagiò morbido sulle membra del bambino evidenziando la sua minuta figura. Fece lo stesso lavoro con gli altri due corpi e Fine notò che la popolana si soffermò a contemplare il giocondo volto dell’ultimo. Era un fanciullo biondino e paffuto e Fine si stupì notando la somiglianza tra i due. Un brutto presentimento le passò per la mente, presentimento che venne confermato nel momento in cui la giovane accarezzò lievemente le gote del bambino. Quello era suo fratello. Calò anche su di lui il candido lenzuolo e poi, sempre guardandosi attorno con circospezione, si avvicinò a Fine.
- Era… -, cominciò la rossa, senza però trovare le parole.
La bionda le regalò un triste sorriso.
 – Si, piccola vendetta dei soldati nei confronti dei ribelli. -, rispose solamente, per poi dare le spalle a Fine. Da quello che Fine sapeva, i ribelli erano guidati da Eclipse. Ecco che razza di uomo era quel bastardo! Non solo aveva ucciso i suoi genitori ma permetteva pure che morissero tre innocenti. Si sarebbe vendicata, per se stessa e per quei tre bambini.
- Come si chiamavano? –, chiese a bruciapelo.
- Matis,  Robert e Bright. -, rispose canonica la bionda.
- Grazie, comunque… non so il tuo nome. –, cercò di approcciarsi la rossa.
- Io sono Altezza. –
Fine esitò qualche secondo prima di presentarsi. Non sapeva se il suo nome era comune e quindi insospettabile. Decise di mentire.
 - Io sono Rein. - , affermò sicura accennando un sorriso. Era il primo nome che le era venuto in mente.
- Ora, seguimi  Rein. -, sussurrò Altezza. Poi, vennero risucchiate dal buio.


 
  
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