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Autore: rosaleona    22/02/2013    4 recensioni
- Ma tu non dormi mai? E' pieno giorno, a quest'ora i vampiri dovrebbero riposare nelle bare! -
- Master, ho dormito per vent'anni. Come posso avere sonno, dopo essermi riposato per così tanto tempo? Sono pieno di energia e sento il bisogno di sfogarla. Giocare con Richard e i suoi uomini non mi è bastato, ho bisogno di molta più azione. Finchè non avrò scaricato tutta l'adrenalina accumulata in due decenni di letargo, non mi sentirò stanco, nè desidererò dormire. -
Negli anni successivi, ogni volta che Integra ripensava a quella conversazione, un sorriso le increspava il volto.
"Mi aveva avvertita. A modo suo, mi aveva spiegato cos'avrei dovuto attendermi di lì a pochi giorni" diceva a se stessa Sir Hellsing.
Ma la ragazzina di dodici anni che sedeva di fronte ad Alucard non poteva capire fino in fondo le parole di un individuo che conosceva appena. Non poteva sapere che il vampiro stava solo mordendo il freno, nell'attesa che la nuova Sir Hellsing si riprendesse dalla morte del padre e dal tentativo di omicidio per mano dello zio. E una volta che Integra fosse stata in grado di tenergli testa, Alucard si sarebbe divertito a metterla alla prova
Genere: Comico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alucard, Integra Farburke Wingates Hellsing, Walter C. Dorneaz
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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In questo capitolo accennerò agli eventi svoltisi nel libro di Stoker. Ho cercato di costruirlo in modo che anche chi non ha letto il romanzo possa comprendere di cosa sto parlando. Se però non sono riuscita nel mio intento, se qualcosa non vi torna, segnalatemelo, così cercherò di riscriverlo in maniera più chiara. Buona lettura.

grimorio = libro di magia. Contiene istruzioni per fabbricare talismani e creare incantesimi.
banshee = spirito femminile, malefico secondo alcune leggende e innocuo per altre.
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15 Aprile
Forse stamattina ho esagerato. Oggi pomeriggio, quando sono tornato a trovarlo, il soggetto era riverso nella stessa posizione in cui lo avevo lasciato. Esaminandolo, mi sono accorto che presentava delle ossa fratturate. Gli ho steccato il braccio destro, il polso sinistro e sei dita delle mani.
Ore 23:00
Sono tornato ad esaminarlo. E' ancora riverso nella stessa posizione. Non credo stia fingendo.

16 Aprile
Ieri mattina molto probabilmente ho esagerato. Oggi ho ritrovato il soggetto immobile per come l'avevo lasciato ieri. La bottiglia di sangue che gli avevo portato ieri sera è ancora intatta. Esaminato accutamente. Incapace di aprire la mandibola, probabile lesione dell'osso. Fratture alle costole e probabili lesioni degli organi interni. Alleggeriti i sigilli di Cromwell, in modo da affrettare la sua guarigione. Tornato a vederlo in serata. Completamente ristabilito. Ripristino dei sigilli.


Integra, sdraiata a letto, stava rileggendo uno dei diari di Abraham Van Helsing.
La prima volta in cui aveva preso in mano i quaderni scritti dai suoi antenati, li aveva scorsi in maniera veloce, cercando disperatamente di trovare qualche suggerimento su come agire con Alucard. In questo modo però aveva prestato poca attenzione a troppi particolari. In quelle vacanze di Natale si era così fatta un dovere di cominciare a rileggerli con calma, in modo da comprenderli fino in fondo.
Le era sembrato giusto iniziare dai primi, quelli di Van Helsing e più andava avanti nella lettura, più sentiva la fredda mano dell'angoscia attanagliarle i visceri.

Harker e Morris erano balzati sul carro su cui si trovava la bara con il Conte immerso nel suo sonno diurno, incapace di reagire. I servi tzigani che la scortavano avevano tentato di difenderla all'arma bianca ma quando si erano resi conto che i rivali erano più numerosi di quanto avessero inizialmente supposto, e soprattutto armati di pistole e fucili, avevano deciso di battere ritirata, lasciando lì il loro Signore. Così i due amici avevano scoperchiato la bara e ucciso il vampiro, trafiggendogli il cuore e tagliandogli la testa. Avevano fatto in tempo a vedere il loro acerrimo nemico ridursi in cenere, quando Morris stramazzò a terra, ucciso dall'unico fendente andato a buon fine dei servi tzigani.
Così si concludeva il libro di Stoker, intimo amico di Van Helsing, talmente entusiasmatosi di quanto gli aveva raccontato il medico olandese, da decidere di trascriverlo sottoforma di libro. Stoker, così come Jonathan Harker, John Seward e Arthur Holmwood erano vissuti e morti nella convinzione che quella fosse stata la fine degli eventi.
Ma i diari di Van Helsing raccontavano un'altra storia.

Erano tutti in lacrime intorno al corpo di Quincey Morris quando Van Helsing disse ai suoi giovani amici che a dispetto del dolore, bisognava portare a termine il lavoro.
- Le ceneri di Dracula vanno disperse al vento. Non temete, cari compagni: m'incaricherò io di svolgere questa mansione. Voi rimanete qui con il nostro Quincey. Non è giusto lasciarlo solo. -
Nessuno aveva trovato nulla da ridire. L'ascendente che Van Hellsing esercitava su quel gruppo di persone di tanti anni più giovani di lui, era enorme.
Il vecchio Abraham, a mani nude, aveva tirato fuori dalla bara le ceneri del Conte per metterle in una scatola. Forse, se i suoi quattro accompagnatori superstiti in quel momento non fossero stati tanto sconvolti dalla morte del giovane americano, si sarebbero stupiti nel vedergli raccogliere in maniera tanto meticolosa un mucchietto di cenere destinato ad essere disperso ai quattro venti. Sembrava che il medico olandese si facesse un dovere di non lasciare in quella bara nemmeno il più piccolo granello di polvere. Tutte le ceneri vennero deposte nella scatola, il coperchio chiuso e legato con uno spago, quasi che Van Helsing temesse che potesse sfuggirgli di mano e riversare il contenuto a terra e solo allora l'anziano uomo si allontanò con passo deciso dal gruppo dei discepoli. Quando fu lontano dai loro sguardi, si sedette su di una roccia, la preziosa scatola stretta fra le mani. Attese il tempo necessario per dare l'idea di aver buttato le ceneri  verso tutti e quattro i punti cardinali. Infine tornò dal gruppo di giovani.
Nessuno di loro prestò attenzione alla scatola. Sì, videro Van Helsing riporla in una delle sue sacche da viaggio, ancora saldamente legata ma nessuno si sognò di chiedere al medico di aprire quel coperchio, per mostrargli se conteneva ancora le ceneri. Non c'era ragione di sospettare del buon dottore che aveva lottato al loro fianco e rischiato la vita quanto loro per ripulire il mondo da quell'abietto mostro.
Fu così che le ceneri di Dracula, al sicuro nella scatola, nascoste fra i bagagli di Van Helsing, tornarono in Inghilterra.

Certe volte mi chiedo se abbia agito correttamente nei confronti dei miei giovani amici e soprattutto di Morris. In fondo, sono stato io a proporre loro di inseguire il Conte fuggiasco, affermando che se non l'avessimo ucciso, una volta che Mina fosse defunta, la sua anima sarebbe stata dannata, diventando di proprietà del vampiro. Ma se devo essere sincero, non ho la più pallida idea se le cose sarebbero veramente andate così. Forse all'anima di Mina non sarebbe successo niente. In fondo, Dracula non l'ha morsa fino al punto di vampirizzarla e la quantità del proprio sangue che l'ha costretta a leccare era modesta. Ha solo scambiato con lei la quantità di sangue necessaria per riuscire a leggerle nella mente e conoscere così le nostre mosse anche a distanza. L'ha comunque lasciata umana, indice che non era interessato a lei.
La signora Harker è una donna coraggiosa, un carattere che non esterna le sue paure ma nel corso del viaggio all'inseguimento del Conte, si consumava lentamente e silenziosamente nell'angoscia. Smagriva, i suoi tratti si affilavano e fu facile, per me, instillare nelle menti sovraeccitate dalla preoccupazione dei miei accompagnatori l'idea che quelli fossero i segni inequivocabili che Mina stesse diventando una vampira.
Ma se devo essere onesto, come ho scritto prima, non sono per niente sicuro di questa teoria. La verità è che mi serviva una scusa per lanciarmi all'inseguimento di quel mostro che non potevo battere da solo. Per questo motivo mi assale spesso la domanda "Sono stato corretto verso i miei giovani amici?".
Forse avrei dovuto dirgli sin dall'inizio la verità e cioè che bisognava soggiogare Dracula perchè una simile potenza messa al servizio del Bene avrebbe fatto meraviglie per l'umanità. Questo mi suggerisce il cuore ma subito la ragione vede la situazione da un'altra prospettiva.
Già una volta tentai di instillare nei loro torpidi cervelli l'idea che il Conte avrebbe potuto essere usato per il Bene della Gran Bretagna, senza che questa prospettiva accendesse le loro anime. Voglio bene ai miei giovani amici ma sono anche sufficientemente obbiettivo da rendermi conto dei loro enormi limiti. Sono il prototipo della classe media, senz'altre ambizioni nella vita che coronare le loro private aspirazioni. L'umanità è un'argomento che non li tange.
Appena hanno saputo che Dracula era partito dalle sponde inglesi, erano già pronti a ritirare i remi in barca: per loro, tutta questa storia era giunta al capolinea. Conosco abbastanza bene l'animo umano da saper discernere quali parole usare per giungere ai miei scopi. Se avessi provato a dire a questi cinque, giovani egoisti che dovevamo metterci sulle tracce del vampiro, stanarlo e ucciderlo per tentare di domarlo e soggiogarlo ad un Signore che lo usasse per il bene della cristianità, nessuno di loro si sarebbe mosso per seguirmi in questa Santa Missione. Sono stato così costretto a solleticare i loro istinti egoistici per riuscire a trascinarmeli appresso. Ventilando la possibilità che l'anima di Mina fosse destinata alla dannazione eterna, li ho convinti a seguirmi. Ho risvegliato nelle menti di Morris, Seward e Holmwood il ricordo della loro amata Lucy e con esso il desiderio di vendicarsi del mostro che gliel'aveva strappata. Per questo, e solo per questo, mi hanno appoggiato.
E alla fine dell'impresa, Morris è morto.
Una morte felice, indubbiamente, convinto com'era di aver vendicato la sua cara Lucy.
Ma io che conosco la Verità, so che la sua morte è stata vana. O per meglio dire, sarebbe vana dal punto di vista Morris, che ha agito animato solo dalla vendetta e troverebbe da ridire se sapesse che voglio riportare in vita il Conte.
Ma io ho già detto che conosco la Verità e so guardare molto più lontano dei miei poveri, stolti amici.
Io SO che il fine giustifica i mezzi. E il Fine della mia missione è fra i più santi che si possano concepire: il Bene dell'Umanità.
Quindi Morris non è morto invano. Anzi, a ben vedere ho nobilitato il suo decesso. I posteri lo ricorderanno come un Martire sacrificatosi per amore della Cristianità, lui, uno sciocco giovanotto che pensava soltanto al proprio divertimento, un ragazzo destinato comunque a morire presto nel corso di una delle sue tante avventure scapestrate.
Sì, devo ripetermelo più spesso, così da mettere a tacere il mio senso di colpa: io sono nel Giusto.
E il Signore è con me.


Trascorsero molti mesi prima che Van Helsing riportasse in vita il vampiro.
Mesi in cui si domandò spesso quanto fosse giusto e lecito strappare dalla morte Dracula.

E se non riusissi a soggiogarlo? Se scappasse? Se tornasse a seminare morti e vampiri per la Gran Bretagna?
E ancora, offenderei la memoria di Quincey, di Lucy e di tutte le altre persone che hanno sofferto per colpa di questo mostro, riportandolo in vita?
Devo rinunciare al mio progetto per rispetto verso chi è morto? Ma così facendo, mancherei di rispetto verso i vivi. Quante esistenze riuscirei a salvare, addomesticando il Conte? Quante persone, vittime di mostri sovrannaturali, potrebbero salvarsi grazie a me? Potrei scagliare Dracula contro quei mostri, così come un pastore ordina al cane fedele di difendere il gregge aggredendo il lupo.
Quincey e Lucy, dall'alto dei Cieli, capiranno. Il Fine che mi muove è superiore ad affetti e amicizie. Non lo faccio per me. Non ho lo scopo di raccogliere gloria o ricchezze. Voglio solo aiutare il prossimo.


Una volta tacitati dubbi e sensi di colpa, scelta con decisione la strada da intraprendere, il dottore cominciò a cercare il sortilegio più adatto per raggiungere il suo scopo.
Consultò tomi di magia bianca e nera, grimori, testi alchemici e negromantici, alla ricerca del sigillo con cui domare il Re Senza Vita.
Nel corso di quelle lunghe e complesse letture, capitava che gli occhi di Van Helsing cadessero sulla scatola con i resti del Conte. Il medico allora scioglieva lo spago che la tratteneva, toglieva il coperchio e rimaneva in contemplazione di quelle ceneri. Era per loro che stava facendo tutta quella fatica, per cercare di tirare fuori da esse una creatura ammirevole. Con le punta delle dita accarezzava teneramente quel mucchietto di polvere e si sorprendeva a vagare con la fantasia sul vampiro che avrebbe ricreato. Allo stesso modo di un padre che tenta di immaginare come sarà il figlio ancora nel ventre materno, così il grande vecchio si lambiccava il cervello sull'essere a cui avrebbe ridato la vita.
Nell'aspetto e nella tempra sarebbe stato come il Conte che aveva sconfitto? O i sigilli che gli avrebbe imposto ne avrebbero parzialmente mutato volto e carattere?
Sarebbe stato docile? Sarebbe stato grato?
Oh, ma certo che avrebbe tributato gratitudine imperitura a colui che lo aveva riportato in vita! Come poteva essere altrimenti?
Adamo aveva forse odiato il Buon Padre che lo aveva creato e collocato nel Paradiso Terrestre?
Van Helsing pensava che lui e il suo vampiro, in fondo, non sarebbero stati molto diversi. Ciò che stava facendo era dare alla vita un essere a cui avrebbe fatto da guida morale, insegnandogli a discernere il bene dal male. In più, avrebbe usato la sua forza e le sue abilità per sterminare tutti quei mostri che attentavano all'esistenza dei bravi cristiani, e tutti sarebbero vissuti felici e contenti.

Dopo lunghi studi, giunse alla conclusione che il Patto di Cromwell era ciò che faceva al caso suo.
A quel punto, il forte vecchio si preoccupò di progettare ogni particolare con la massima cura.
Il Giardino Celeste dove avrebbe collocato il suo Adamo, sarebbe stato di quelli che piacciono ai vampiri, un luogo buio, lontano dalle luci del sole. Affittò così uno scantinato vicino alla zona dei mattatoi, in modo da potersi approvvigionare facilmente di fiaschi di sangue fresco per la sua creatura.
Fece costruire una bara con il legno migliore, e la rivestì internamente di velluto, così che il suo servo potesse riposare comodamente ed essergli ancora più grato.
Per vestirlo, fece cucire una tuta di cinghie di cuoio e siccome non poteva esser certo che i sigilli di Cromwell sarebbero riusciti ad avere ragione di quel temperamento d'acciaio, ordinò che alla tuta venissero aggiunte delle stringhe in sovrappiù, così da poterne legare le braccia e le gambe se il non-morto avesse dato in escandescenze.
Forgiò e modellò con le sue stesse mani i sigilli di Cromwell e quando tutto fu pronto, Abraham strappò dalla morte la sua creatura.
Il vampiro sembrava dormisse e il grande vecchio non se ne stupì. Sarebbero occorsi giorni prima che il suo Adamo si risvegliasse completamente dal suo sonno di morte. Fino ad allora, avrebbe percepito ciò che lo circondava alla stregua di un sonnambulo.
I sortilegi  con cui aveva asperso quelle ceneri, così da controllare con più facilità l'essere che ne sarebbe scaturito, avevano parzialmente modificato l'aspetto del vampiro. Era più giovane del Conte con cui il dottore si era misurato. Chissà se quelle magie erano riuscite ad intaccarne anche il carattere? Nel dubbio, mentre vestiva la sua creatura, Van Hellsing pensò fosse più saggio incrociargli le braccia sul petto, e legarle con delle cinghie che si allacciavano sulla schiena, allo stesso modo delle camicie di forza. Così come gli sembrò consigliabile attaccare fra di loro le stringhe che pendevano fra le gambe, in modo da accocciarne il passo.
Trascorsero i giorni.
Van Helsing andava a trovare quotidianamente il suo Adamo. Imboccava quell'essere intorpidito e insonnolito, mettendogli fra le fauci bottiglie piene di sangue fresco. Ogni suo gesto era pieno d'amore ma come scriveva nel suo diario, non avrebbe saputo dire se l'affetto era rivolto all'essere a cui aveva dato la vita o a se stesso. In fondo, quel vampiro non era altro che uno specchio, qualcosa che rifletteva tutta la potenza, la saggezza e l'abilità di Van Helsing il Creatore.

Devo trovargli un nome. Non voglio continuare a chiamarlo Dracula, Vlad o Conte. Deve scordare il suo passato. La sua Vita comincia dal momento in cui ho versato il mio sangue sulle sue ceneri. Mediterò su come chiamarlo. Non dev'essere un nome scelto a caso. Dovrà avere un significato simbolico forte. Lo ammetto, spesso penso di chiamarlo Adam ma subito sento crescere in me una gran paura per la mia anima, quasi che inconsapevolmente, volessi mettermi al pari di Dio. Quale blasfemia! No, non può essere Adam. Tutto, ma non questo nome.

Accadde in un pomeriggio piovoso.
La prima cosa che Van Hellsing vide entrando nello scantinato, furono i due familiari occhi rossi. Le iridi scarlatte però non lo fissavano con la solita aria torpida dall'interno della bara, com'era sempre accaduto da quando aveva resuscitato il succhiasangue, com'era avvenuto fino alla sera precedente.
Adesso gli occhi lo scrutavano da una parete.
Facendo luce, Abraham si accorse che il suo Adamo era seduto sul pavimento, con la schiena appoggiata al muro e nel modo in cui lo guardava, non c'era niente di familiare.
Un brivido di paura corse per la schiena del grande vecchio. In quelle pupille c'era odio puro, tutto per lui.
- Perchè mi hai strappato dal mio sonno di morte? - ruggì il vampiro - Ero andato via dalle vostre lande. Credevo vi bastasse. Invece mi avete inseguito fino nella mia terra per uccidermi. Perchè mi sei corso dietro come un segugio, se alla fine mi hai riportato in vita? Attraverso queste mura sento il suono di voci inglesi. Perchè mi hai riportato su quest'isola, dopo tutta la fatica che hai fatto per cacciarmi via da qui? A che gioco stai giocando, Van Helsing?! -
Eccolo lì, il suo Adamo.
Risvegliatosi tutto d'un colpo.
Senza un briciolo di gratitudine.
Senza un'ombra di devozione.
Qualcosa si ruppe nel cuore del dottore. Adamo era riuscito difettoso.
Ripensò alla fatica impiegata per fare della sua creatura un servo soddisfatto, a tutti i particolari a cui aveva badato per ricreargli un Paradiso Vampirico con cui conquistare la sua fedeltà. Quanti sforzi vani! Chissà se Dio si era sentito così, il giorno in cui si era accorto che gli esseri a cui aveva dato la vita gli avevano disubbidito, mangiando il frutto proibito.
Con freddezza, si preoccupò di tappare quella bocca infernale che gli rinfacciava tutti i suoi madornali errori, tutte le sue incoerenze e ipocrisie. Ma no, ma no! Cosa andava pensando?
" Io non ho sbagliato! " si disse, mentre sfogliava velocemente i suoi grimori alla ricerca del sortilegio adatto "L'ho fatto per il Bene dell'Umanità! Il Signore è testimone della mia buonafede! Pur di raggiungere questo nobile scopo, ho causato la morte di uno dei miei amici. Ho pagato un caro prezzo con la mia coscienza. E dovrei sentirmi dire da questo diabolico individuo che in fondo sono un mostro come lui? Ah no! Gliela farò vedere io cos'è la coerenza umana! "
Abraham trovò finalmente la formula adatta e la recitò a voce alta. Il vampiro sentì la voce svanire dalla sua gola. Per quanto si sforzasse, non riusciva più ad articolare alcun suono. Piantò sul suo carceriere due occhi di fuoco.
Al medico però quella punizione non bastava. La vena di sadismo che scorreva impetuosa dentro il suo animo sin dalla nascita e che era riuscito dominare, nascondere, soggiogare nel corso degli anni sotto strati e strati di buone maniere, di belle parole e di fede fanatica, aveva rotto gli argini. Quel mostro non poteva cavarsela così a buon mercato.
Recitò un'altra formula e il vampiro sentì la forza abbandonare ogni fibra del suo corpo. Scivolò giù dalla parete, cadendo pesantemente sul pavimento. Non riusciva più a muoversi. Per quanti sforzi facesse per sollevarsi, ricadeva sempre a terra. Era come se i suoi muscoli fossero fatti di stracci, di segatura. Era solo un bambolotto, una marionetta, incapace di reggersi da solo.
I suoi occhi vomitarono su Van Helsing un odio sconfinato.
Il grande vecchio sorrise tronfio:
- Ho raccolto le tue ceneri con le mie stesse mani, con cura amorevole, badando di non lasciarne nemmeno un granello. Mi ero illuso che anche ridotto in polvere, saresti riuscito a conservare il ricordo di quelle carezze. E invece, sei solo un figlio ingrato. Ma non credere che sia disposto ad arrendermi facilmente! Il Signore, per far capire ad Adamo ed Eva quanto li aveva amati e quanto era rimasto deluso per la loro disubbidienza, dovette punirli. Li cacciò via dal Paradiso, relegandoli ad un'esistenza amara quanto la sua delusione. E la sua delusione era sconfinata quanto lo era stato il suo amore. Solo allora, solo dopo aver toccato quanto fossero grandi le sofferenze quotidiane, quei due sciocchi si resero conto di quanto male avevano fatto. Per te sarà lo stesso. Ti ho creato con tutto l'amore possibile. Me lo devi ricambiare. E me lo ricambierai, con le buone o con le cattive. Arriverà il giorno in cui striscerai ai miei piedi per leccarmi le scarpe con tutta la devozione di cui è capace la tua anima immonda. Adesso riposa, e medita sulle mie parole. Ci rivediamo domani. -

Quando la lettura dei diari diventava troppo inquietante, quando sentiva l'ansia pizzicarle i polsi sottoforma di fredde schegge, Integra staccava gli occhi dal quaderno per lasciarli vagare nella stanza.
Le sarebbe piaciuto, in quei momenti, che Alucard si fosse trovato lì, a farle compagnia. La presenza costante del vampiro, che durante i primi giorni l'aveva irritata così tanto, adesso la percepiva come familiare e rassicurante.
Purtroppo per Integra, quando alzava lo sguardo dalla pagina, non incrociava mai il ghigno sarcastico del servo. Quando Sir Hellsing prendeva in mano uno dei quaderni del suo antenato, Alucard usciva silenziosamente dalla camera ed evitava di ripresentarsi al cospetto della sua Signora per molte ore. Integra ne comprendeva la ragione.
Per Alucard l'Orgoglioso doveva essere estremamente umiliante che la sua giovane master venisse a conoscenza del modo con cui padron Abraham l'aveva domato, insieme a tutto ciò che il suo "processo di addomesticamento" aveva comportato. Si teneva così alla larga dalla padroncina, finchè non riusciva a rimettere insieme sufficiente amor proprio da poterne sostenere lo sguardo.
" Forse è un bene che rimanga da sola con la mia angoscia. " pensò Sir Hellsing, osservando la stanza che le sembrava così incredibilmente fredda, senza il suo vampiro "  In fondo, ciò che leggo è umiliante anche per me."
Integra aveva sempre mitizzato i suoi antenati, percependoli come degli eroi che avevano difeso la Gran Bretagna e la Fede dai mostri che attentavano alle loro fondamenta. La lettura di quelle pagine stava assestando dei colpi mortali a quelle che erano state le certezze della sua infanzia.
Inizialmente, si era sforzata di difendere l'operato del fondatore dell'Hellsing. E' vero, aveva causato la morte di Morris, approfittando per di più del marasma provocato dal suo decesso per trafugare i resti del Conte e forse, risvegliando Dracula, aveva mancato di rispetto alla memoria del giovane e di Lucy. Effettivamente, il suo non era stato un comportamento da amico, però lo scopo che lo aveva mosso era fra i più importanti, la difesa della Patria. Era solo colpa delle circostanze se per raggiungere il suo obiettivo aveva dovuto commettere anche delle azioni spregevoli...
Dato che Integra era fondamentalmente una persona onesta, ad un certo punto non era stata più in grado di mentire a se stessa. Ammise alla propria coscienza che il suo antenato non era una persona di cui andar fieri e l'ambiguità che aveva permeato ogni sua mossa poneva seri dubbi sulla sua reale buonafede. Era umiliante scoprire che l'Organizzazione che avrebbe gestito da adulta, e di cui andava così fiera, era nata in quel modo. Sì, se nel corso di una pausa dalla lettura, alzando gli occhi dalla pagina, avesse incrociato il volto di Alucard, non sarebbe stata capace di sostenerne lo sguardo. Anche lei aveva bisogno di raccattare una quantità sufficiente di cocci di amor proprio, prima di poter fissare il servo nelle sue iridi rosse.
La ragazzina si massaggiò la pancia, tentando di allontare l'ansia che le serpeggiava fra le viscere, e si immerse nuovamente nella lettura.

Altro che Adamo! E' un Lucifero ribelle risputato dall'Inferno! Ma lo piegherò al mio volere. Devo riuscirci. Voglio riuscirci.
Il nome, se lo può scordare. Un essere tanto ingrato non è degno della dignità di un nome. Dovrà mettersi bene in testa che è solo uno schiavo, al servizio mio e dell'Umanità. Nient'altro che una macchina, una bestia senz'anima. Quindi sarà sempre e solo "vampiro", "servo", "cane". In nessun altro modo lo chiamerò.


Come Integra comprese leggendo i diari del suo antenato, la potenza del Patto di Cromwell poteva essere variata da chi ne assumeva il controllo e Van Hellsing fece in modo che i quattro sigilli agissero al massimo della loro forza. Questo voleva dire che il vampiro senza nome aveva perso tutte le sue abilità sovrannaturali. La sua capacità di guarigione, la sua percezione del dolore e la sua forza erano uguali a quelle di un uomo comune e Abraham decise di fare della sofferenza la frusta con cui domare quel ribelle.
La condizione che aveva imposto al nosferatu era umiliante. Muto come un animale, incapace di muoversi, con le braccia legate, non poteva fare altro che strisciare per terra come un verme, guardando dal basso il suo nuovo Signore e Padrone. Ma sugli occhi del vampiro, il grande vecchio non aveva nessun controllo e decise di usarli come "termometro della situazione". Quelle iridi infuocate riversavano su di lui un odio feroce e il dottore capì che il succhiasangue sarebbe stato completamente soggiogato solo quando l'ira fosse svanita dai suoi occhi.

Se uno sguardo potesse incenerire, a quest'ora il vampiro mi avrebbe ridotto in un mucchietto di polvere. Nei suoi occhi c'è odio puro. Da quando gli ho detto che ho ucciso le tre vampire che abitavano con lui, il suo furore non ha più confini. Nonostante gli abbia imposto una condizione mortificante, continua a non arrendersi. Non appena mi vede entrare dalla porta, tenta di strisciare verso di me per azzannarmi i piedi ma bastano pochi calci sul viso per metterlo a cuccia.

Saltuariamente, Van Helsing rimuoveva la magia che costringeva il Conte sconfitto a strisciare sul pavimento. Non era una pena improvvisa a muoverlo in tal senso ma la banale constatazione che in quelle condizioni, il vampiro non poteva mangiare. Adesso che era completamente desto, non si sarebbe mai abbassato a farsi imboccare dal suo carnefice e con gli arti fuoriuso, non poteva agguantare da solo le bottiglie di sangue. Il dottore liberò così le sue braccia dalle cinghie ma affinchè ricordasse sempre chi era a comandare, gli imponeva un sortilegio che restituiva la forza solo a metà del suo corpo, lasciando l'altra metà paralizzata. In questo modo gli consentiva di utilizzare solo un braccio per mangiare e solo per il tempo strettamente necessario a nutrirsi, dopodicchè gli reimponeva tutti i sigilli alla massima potenza.
Quando vederlo strisciare per terra gli venne a noia, Van Helsing decise di cambiare gioco e impose al vampiro un sortilegio che gli consentiva sì di muoversi, ma a quattro zampe come un cane. E poi ridiede alla sua gola la capacità di articolare suoni, imponendogli però la voce di un bambino, di una donna, di un cane. Il nosferatu schiumava dall'ira.
- Ma come, non sei contento che ti ho restituito la possibilità di esprimerti? Sei davvero un ingrato! - rideva il dottore.
Al vampiro senza più nome non restava che sfogarsi battendo i pugni sul suolo perchè con quella voce non poteva rispondere e offendere come voleva. Continuava di fatto a rimanere muto.
Con lo sguardo però riusciva ancora ad insultare.
- Abbassa gli occhi. - ammoniva il vecchio Abraham quando quelle pupille diventavano troppo sfrontate.
Ma il non-morto si guardava bene dall'ubbidire.
- Stupido cervello limitato! Ancora non riesci a capire chi comanda? -
Ed erano botte e ossa rotte, calci e sangue schizzato sulle pareti.
E un vampiro rantolante sul pavimento alla fine dell'uragano.
Privato di ogni forza, il nosferatu non riusciva a difendersi da quei colpi, e nemmeno a restituirli.
Spesso Van Helsing finì col chiedersi se non avesse esagerato e in più di un'occasione temette che il suo Lucifero morisse realmente e definitivamente.
- Se solo tu non mi provocassi con lo sguardo! - spiegava pieno di pazienza il buon dottore, mentre spogliava la sua creatura per ingessarla e suturarla - Se solo non mi mandassi in bestia con la tua sfrontatezza, sarei il più gentile dei padroni. Ti darei tutto ciò che può desiderare un mostro della tua specie. Invece sei solo un'ottusa creatura, incapace di riconoscere chi ti è superiore. Quando imparerai un po' di accortezza? -
Il vampiro, che in quei frangenti spesso si avvicinava al ciglio della Morte senza ritorno, lasciava armeggiare l'umano su di lui. Troppo dolorante per ribellarsi, senza la forza di parlare, incapace anche di replicare con lo sguardo, perchè il sangue gli aveva incollato le palpebre, sopportava supinamente cure e parole.
- Cervello infantile che non sei altro, quando capirai che per te non c'è più speranza? I sigilli di Cromwell sono destinati a rimanere dentro di te in eterno e grazie ad essi, posso farti fare ciò che voglio. Posso farti strisciare per terra come un verme, posso metterti carponi come un cane, posso farti saltare come un canguro. Posso farti parlare con voce di bambino, posso farti belare come una pecora o ragliare come un'asino. Non sei più padrone del tuo corpo, ormai appartiene a me. Quindi, cosa credi fare? Dove speri di scappare? Ovunque andrai, mi basterà recitare una formula magica per importi la mia volontà. Puoi fuggire anche in capo al mondo ma per quanta distanza cercherai di mettere fra noi due, mi basterà schioccare le dita per costringerti a grugnire come un maiale e rotolarti nel fango. Da me vengono tutto il male e tutto il bene. Continua a ribellarti e le tue sofferenze non avranno fine. Assoggettati a me e te ne verrà tutto il bene possibile. -  
Van Helsing ripeteva quotidianamente quelle parole, consapevole che le limitazioni che imponeva al nosferatu tramite i sigilli erano solo una parte del processo di addomesticazione.

A questo mondo esistono milioni di schiavi, gente che si abrutisce nelle miniere, nei campi e nelle fabbriche. Presi singolarmente, non valgono nulla ma se si unissero insieme, formerebbero una massa d'urto capace di abbattere governi e nazioni. Eppure questi individui non credono nella loro forza potenziale, diffidano gli uni degli altri e preferiscono mantenersi disgregati e continuare a buscarle dalla vita. Perchè? Perchè prima ancora di essere schiavi nel lavoro, sono schiavi nell'animo. Credono di essere senza pregi, senza speranze, senza dignità. Chi sente di non valere nulla, non aspira a nulla e si lascia passivamente trascinare dalla vita, attendendo che qualcuno più saggio ordini loro cosa fare.
E' questo quel che devo fare col vampiro. Instillargli nell'animo la convinzione che sia solo uno schiavo. Senza speranza, senza scampo, senza futuro. Piegare il suo corpo mi serve fino a un certo punto. Ciò che è vitale, è piegare la sua mente. Solo quando avrò raggiunto quest'obiettivo, potrò davvero dirmi il suo Signore.


Il vampiro senza più nome era orgoglioso e testardo ma non riusciva ad avere la meglio sulla forza dei sigilli. Doveva dare ragione alle parole del suo carceriere: era come un infermo, senza più controllo del suo corpo. A questa consapevolezza, facevano eco le parole che Van Helsing ripeteva ogni giorno, come un disco rotto:
- Da me vengono tutto il male e tutto il bene. Solo io posso fare qualcosa per te. Ormai non sei più capace di occuparti di te stesso. -
Lentamente, l'orgoglio e la rabbia lasciarono gli occhi del mostro, per cedere il passo alla vergogna.
Era stato sconfitto. Aveva fallito. Era ridotto alla mercè di un umano.

Ormai ha capito che per lui non c'è più salvezza. Nei suoi occhi adesso c'è solo l'attesa passiva di chi sa di non avere speranza e non ha altra scelta che aspettare ottusamente che l'aguzzino smetta di torturarlo.

Quella resa rappresentava un passo notevole nella schiavizzazione della mente del mostro. Adesso bisognava far comprendere al vampiro che non esisteva altro Dio all'infuori di Van Helsing. Solo assoggettandosi al buon dottore avrebbe ottenuto un giusto premio.
Così il vecchio Abraham concesse benignamente al servo di riacquistare la posizione eretta e di parlare con la sua vera voce. Vide la gratitudine guizzare in quegli occhi rossi e internamente ne gongolò ma siccome non era uno sprovveduto, mise in conto che tanta riconoscenza andava messa alla prova.
Nei giorni successivi, il comportamento del carceriere lasciò stupito il vampiro. Durante le sue visite quotidiane, non degnava quasi di uno sguardo il nosferatu. Nello scantinato, alla luce della lampada, Van Hellsing scriveva, progettava, studiava. Rimaneva con le spalle voltate alla sua creatura per lungo tempo.
Sufficientemente lontano da non disturbare l'umano, abbastanza vicino da poterlo osservare con cura, il vampiro trascorse quelle lunghe ore a studiare attentamente ogni mossa, ogni espressione di quel forte vecchio. Tanto meglio fosse riuscito a conoscerlo, anticipandone umori e mosse, tanto migliore sarebbe stata la sua sopravvivenza.
Van Helsing, più vigile di quel che sembrava, sentiva quegli occhi frugare ogni sua ruga del viso, ogni vena delle mani. Quella silenziosa contemplazione era una conferma delle sue ipotesi ma siccome al dottore piaceva rischiare, una sera non potè trattenersi dal fare una domanda.

- In questi giorni ti ho dato spesso le spalle. Non hai mai pensato di approfittarne per tentare di sbarazzarti di me? -
- L'ho pensato, sì, ma mi sono anche risposto che sarebbe inutile. Se sbagliassi a centrarti, lasciandoti semplicemente ferito, ti vendicheresti e non voglio tornare muto e a quattro zampe. Se riuscissi ad ucciderti, non so cosa accadrebbe. Non so in che modo hai ideato il Patto di Cromwell. Per quel che ne so io, potresti aver programmato che se ti uccidessi, automaticamente mi ritroverei relegarto in qualche condizione umiliante per l'eternità e non voglio correre il rischio di ritrovarmi a strisciare come un verme per i prossimi secoli. -
- Bravo, cane. Finalmente cominci ad usare il cervello. -
Tanta mansuetudine andava premiata. Gliel'ho ripetuto fino allo sfinimento che se si fosse sottomesso a me, gliene sarebbe venuto solo del bene. Dovevo mantenere la promessa, così ho chiesto:
- Cos'è che ti farebbe piacere, adesso? -
- Sapere cos'è successo nel mio castello. -
La richiesta mi ha stupito, lo ammetto.
- Te l'ho già detto. Ho ucciso le schiave che vivevano con te. -
- Non erano le mie schiave. - ha puntualizzato lui, come se ciò cambiasse qualcosa - Hanno sofferto? -
- Certo. E molto, anche. Ho piantato nei loro cuori un paletto di frassino. -
Ha accusato il colpo. E' rimasto in silenzio per un bel pezzo. Infine, è tornato a chiedere:
- E gli altri? -
- Quali altri? -
Stavo già cominciando a sudar freddo, temendo che in quel maniero si annidassero altri mostri sfuggiti alla mia attenzione.
- I miei servi. Ne avevo tanti. Erano tutti umani: valacchi, sassoni, tzigani. Che fine hanno fatto? -
- A parte le tue schiave, il castello era disabitato. I servi ti hanno abbandonato. Gli tzigani che scortavano la tua bara si sono dati alla fuga appena abbiamo cominciato a sparare. E' per questa ragione che siamo riusciti ad ucciderti. -
Gongolavo, nel dare queste notizie. E' bene che questo essere inferiore si stampi nel suo cervellino medievale l'idea che ormai non ha più nessuno. Tutti l'hanno abbandonato, tranne me.
Speravo che accusasse anche questo colpo invece, come un padre che giustifica i figli, ha sentito il bisogno di spiegarmi:
- Voi avevate fucili e pistole. Loro solamente pugnali. Se non fossero fuggiti, li avreste uccisi tutti. -
Tanta indulgenza verso dei servi traditori mi ha lasciato stupefatto. E' tornato subito alla carica, dicendo:
- Quindi non avete ucciso nessuno dei miei servi. Il mio castello era vuoto. Se ne sono andati tutti. -
- Sì, è così. -
Avrebbe dovuto sentirsi avvilito, invece sembrava singolarmente sereno. Che strano essere! Chissà cosa frulla, in quel suo cranio di mostro. Probabilmente, si illude che i servi che gli hanno voltato le spalle vengano fin qui per liberarlo. Che sciocca creatura! Bisogna avere proprio il cervello di un bambino, per credere in una favola come questa!
Ho programmato di restituirgli a poco a poco le sue capacità, ma non in misura totale, non voglio correre il rischio di non riuscire a dominarlo. Gli ridarò solo una parte della sua forza, della sua velocità, della capacità di camminare sulle superfici verticali e via dicendo. E prima di restituirgli una qualche abilità, lo sottoporrò ad una prova di fedeltà, così da scolpire nella sua mente l'idea che solo essendomi devoto, ricaverà dei benefici. Alla prima, minima, appena percettibile mancanza di rispetto, gli toglierò uno di questi premi e dovrà sudare sette camicie prima di riconquistarlo. Sì, in questo modo dovrei riuscire ad asservirlo a me completamente.
Comprendo che ciò che gli preme maggiormente è uscire dallo scantinato, rivedere la notte...Glielo concederò solo dopo che si sarà arreso a chiamarmi Padrone. Devo però scegliere con cura dove portarlo. Dovrà essere un luogo abitato perchè ho bisogno di verificare quanto sia capace di trattenere i suoi istinti predatori in mezzo a una folla umana. Non nascondo però che ho una gran paura all'idea che possa azzannare qualcuno sotto i miei occhi. Penso che la soluzione migliore sia portarlo in qualche quartiere degradato, come Whitechapel. Lì abita solo feccia, gente indegna di essere definita umana. Anche se il vampiro non riuscisse a trattenersi, anche se dovesse mangiare qualcuno, ucciderebbe solo uno scarto della società, nessuno per cui valga la pena di dispiacersi. Anzi, ci sarebbe da rallegrarsi all'idea  di aver sbarazzato la Gran Bretagna da un parassita.


L'altra sera sono andato a trovarlo. Ho portato con me la scatola dove avevo custodito le sue ceneri. Gli ho ordinato di trasformarsi in pipistrello e di nascondervisi dentro. Avrebbe riassunto la sua vera forma solo quando lo avessi fatto uscire. Ha ubbidito e con la scatola sottobraccio, mi sono diretto a Whitechapel. Quando l'ho liberato e si è reso conto che sopra la sua testa c'era il firmamento, è rimasto ammutolito dallo stupore.
- Vai dove vuoi ma cammina lentamente, così che io possa passeggiare sempre a tre passi di distanza da te. Non mangiare nessuno. Non picchiare nessuno. Quando deciderò di tornare a casa, ti ritrasformerai in pipistrello e ti infilerai nella scatola. Disubbidiscimi, e tutto ciò che hai sofferto in questi mesi ti sembrerà paradisiaco in confronto alla mia punizione. -
Non posso non essere duro, il mio ruolo di guida morale lo impone ma ammetto che da molte settimane, ormai, la parola disubbidienza sembra essere sparita dal suo vocabolario. Neanche stavolta ha deviato dai miei ordini. Ha fatto esattamente ciò che gli ho detto.


Da allora in poi, per Van Helsing, fu una cavalcata trionfale. Mese dopo mese, anno dopo anno, il vampiro indegno di avere un nome si assoggettò sempre più a Dio Abraham. Il dottore, accompagnato dal suo cane fedele, cominciò a bazzicare cimiteri, chiese abbandonate e altri luoghi che le leggende popolari dicevano essere abitati da creature ultraterrene. Allo stesso modo di un cacciatore che incita il segugio a stanare la preda, Van Helsing ordinava:
- Search and destroy! Search and destroy! -
Il cane scattava, esplorava, trovava e uccideva. Mai una volta perse una battaglia.
Quando fu certo delle capacità del suo mostro addomesticato,  il dottore cominciò a proporsi a quanti avevano proprietà svalutate dalla presenza di creature demoniache, o a sindaci di paesi afflitti da strani fenomeni, per liberarli da quelle fastiose presenze. Chi accettava, vedeva Van Helsing arrivare da solo, la sera, sul luogo infestato, con una scatola sotto braccio e uscirne con la solita scatola prima dell'alba, il posto incriminato ormai ripulito da qualsiasi entità sovrannaturale.
Il buon dottore non voleva un compenso.
- Lo faccio per dovere civico. - spiegava. Però non rifiutava mai i regali e le donazioni delle persone che aveva aiutato e che, nel loro entusiasmo per aver risolto calamità che li affliggevano anche da molti anni, se non addirittura da generazioni, si sentivano in dovere di ricompensare in qualche modo il loro Salvatore.
La fama del medico arrivò fino alle orecchie di un componente della famiglia reale. Appassionato di occultismo, proprietario di una tenuta piagata dalle banshee, volle conoscere il dottore di cui tanto si favoleggiava. Van Helsing si presentò al suo cospetto, con l'inseparabile scatola sottobraccio.
- Siete voi il Van Helsing protagonista di quel libro, scritto da un irlandese? -
- Proprio io, per servirla. -
- E quella è la famosa scatola con cui vi recate sui luoghi infestati? C'è una curiosità morbosa intorno a lei, tutti gli appassionati di esoterismo si domandano quale arma contenga. -
- Voi sarete il primo a scoprirlo. -
Il dottore tolse il coperchio. Il reale si sporse in avanti, febbrile di curiosità. Van Helsing ne estrasse un pipistrello che depose sul pavimento.
- Un innocuo pipistrello? - chiese il sangue blu, stupito.
- Innocuo non è la parola adatta per definirlo. - abbassò gli occhi sull'animale e ordinò - Riprendi la tua vera forma. -

La notte stessa, su incarico del reale, Van Helsing, con l'inseparabile scatola sottobraccio, si recò nella tenuta infestata. Prima dell'alba, tutte le banshee erano state fatte a pezzi.
Il nobiluomo dimostrò la sua riconoscenza donando al buon dottore una villa, situata fuori Londra, in cui Van Helsing si traferì di notte, così che nessun curioso o passante vedesse i facchini portare una pesante bara nera giù nelle segrete della dimora. Il sangue blu inoltre raccontò del suo "incontro col vampiro addomesticato di Van Helsing" a parenti, amici, alti funzionari dello Stato, portieri e chiunque avesse orecchie per sentirlo. La maggior parte dei suoi ascoltatori rise di quella storia, convinti che l'interlocutore trascorresse troppo tempo da solo con le sue fantasie. Fra coloro che si occupavano della sicurezza nazionale, ci fu però qualcuno che pensò di indagare più a fondo sulla faccenda così una mattina, il dottore olandese, con l'inseparabile scatola, varcò il cancello di una palazzina di caccia dei reali spersa nella campagna inglese, per un incontro segreto con Sua Maestà, un generale e due pezzi grossi del Governo.
- Potreste cortesemente mostraci il contenuto della vostra scatola? -
Ciò che i quattro uomini videro, venne giudicato così importante che a quel primo incontro ne seguirono molti altri. Il problema era grave e andava risolto con urgenza.
- Come avete potuto essere così incosciente da riportare in vita questo mostro? Non avete pensato a cosa accadrà quando morirete? Non ci sarà più nessuno a controllarlo e tornerà a spargere la morte sulle nostre terre! -
- No perchè quando morirò, il suo controllo passerà al mio erede. -
- E chi sarebbe? -
- Una mia nipote. Si chiama Eva Wingates Hellsing. -
- Una donna a capo di un mostro? Ci prendete in giro? -
- La regina Elisabetta e la regina Vittoria troverebbero qualcosa da ridire sul vostro commento. -
- E questa nipote perchè non è qui con voi? Perchè non vi accompagna in questi incontri? -
- Perchè ancora non è a conoscenza che l'abbia scelta come mia erede. A dire il vero, non sa nemmeno che tengo un vampiro in uno scantinato. -
- Pazzo! Incosciente! -
Van Helsing non si scomponeva. Era certo del suo potere, della saggezza delle sue azioni. Sedeva tranquillo, la scatola in grembo, ogni tanto ne sollevava il coperchio e dava un'occhiata al pipistrello. La luce che entrava dalla fessura feriva gli occhi dell'animaletto che cercava di rintanarsi nell'angolo più oscuro della sua piccola dimora. Sul volto del forte vecchio si allargava un sorriso amorevole. Con la punta delle dita accarezzava teneramente quel mucchietto di pelliccia e in tono comprensivo diceva:
- Sì, lo so, sei stanco e annoiato, rinchiuso da tante ore dentro questo spazio angusto. Non puoi nemmeno dormire perchè le nostre voci ti tengono sveglio. Resisti, fra poco torniamo a casa. -

Dopo molte e accese riunioni, venne decretato che Sir Abraham ( titolo trasmissibile anche ai discendenti ) avrebbe continuato a svolgere la sua missione per conto del Governo. La missione, a cui sarebbe stato dato il nome di Ordine dei Cavalieri Protestanti, sarebbe stata assistita da un consiglio di docici membri, scelti dal sovrano.
A quel punto, si sarebbe anche potuto scrivere un "..e vissero tutti felici e contenti" ma pareva che la serenità fosse un concetto estraneo per Abraham Van Helsing.
Col passare degli anni, sentendo il fiato della morte avvicinarsi sempre più, per master Abraham divenne impossibile continuare a mettere a tacere i sensi di colpa che le sue azioni passate gli suscitavano e con essi, la paura che la sua anima fosse ormai dannata, destinata all'inferno eterno. Ma il vecchio dottore sapeva su chi scaricare la responsabilità della sua eventuale perdizione.

E' tutta colpa sua! Sua e di quei suoi maledetti occhi che mi scrutano con tanta devozione! Quei dannati occhi rossi che seguono ogni mio movimento, ogni mia espressione facciale, per tutto il tempo in cui rimane sveglio! Se solo non mi guardasse come si guarda una divinità, di cui si cerca di anticiparne l'umore, i capricci, le mosse...se solo lui non mi guardasse così, io non mi monterei la testa. Sarei ancora un buon cristiano.  
Invece eccomi qua, a macerarmi nell'angoscia, chiedendomi se per la mia anima c'è ancora speranza o è ormai irrimediabilmente dannata. Blasfemo che non sono altro! Volevo chiamarlo Adam. Ho osato paragonarmi a Dio! Ma come ho potuto? Come ho potuto essere così folle?
Oh, ma lo so benissimo come ho potuto! E' stato quel mostro succhiasangue a mandarmi in tentazione! Quel demonio sputato fuori dall'inferno!
E' colpa sua! E' solo colpa sua! Ma me la pagherà, e cara anche! Dovessi strappargli quei dannati occhi rossi con le mie stesse mani!


Integra non conosceva l'epilogo dei deliri mistici del suo antenato. Van Helsing non si era mai preso il disturbo di scrivere se e come l'avesse fatta pagare al "mostro tentatore".
La piccola Sir Hellsing però dubitava che un temperamento impetuoso come quello del dottore si sfogasse unicamente a parole e non nei fatti. Van Helsing era famoso per dare ciò che prometteva, fossero carezze o rappresaglie e Integra temeva che le preoccupazioni teologiche del medico olandese si traducessero in un Alucard carponi sul pavimento, intento a vomitare sangue mentre aspettava con pazienza bovina che il padrone smettesse di torturarlo.
Integra appoggiò il diario sul comodino. Si sentiva scombussolata.
Forse non avrebbe dovuto prendersela tanto per il sadismo gratuito di Van Helsing. In fondo, Alucard era solo un mostro, con chissà quante vite umane sulla coscienza. Forse le torture di Van Helsing non erano altro che la giusta punizione per tutte le sofferenze causate dal vampiro. Magari Alucard stesso, dentro di sè, lo pensava.
E allora perchè la visione del suo vampiro, che lei conosceva come superbo e indisponente, prostrato come uno schiavo ai piedi del suo antenato, lasciandosi martoriare senza reagire, le faceva così male? Possibile fosse esistita un'epoca in cui Alucard si era comportato in quel modo? Cosa lo aveva cambiato, da allora?
La ragazzina sospirò, angustiata.
Gli occhi le caddero sulla sveglia. Erano le 23:00. Accidenti come aveva fatto tardi! Il giorno dopo ricominciava la scuola, doveva alzarsi presto.
Spense la luce, si tirò le coperte fino alle orecchie ma per quanti sforzi facesse, non riusciva ad assopirsi. La sua mente tornava sempre ai diari di Van Helsing, facendole sorgere molte domande e nessuna risposta.
Era stato il potere a corrompere così l'animo del suo antenato? O Van Helsing era nato intimamente sadico? E lei? Anche nelle sue vene scorreva la sottile crudeltà del suo antenato? Che adulta sarebbe diventata? Una volta che si fosse trovata realmente a capo dell'Organizzazione Hellsing ( per adesso si limitava a "prestare il suo nome" dato che, a causa della sua giovane età, attualmente ogni decisione veniva presa dal consiglio della Tavola Rotonda ) avrebbe finito per agire come Van Helsing? Sarebbe passata sopra a troppe cose, in nome di un fine superiore che ne sarebbe uscito snaturato?
Van Helsing diceva di muoversi per il Bene dell'Umanità ma questi due concetti, che lo esaltavano fino a commuoverlo, rappresentavano in realtà delle fantasie idealizzate. Quando passava all'azione concreta, l'Umanità di cui il vecchio Abraham voleva così strenuamente il Bene, era in realtà solo una piccola frazione della popolazione mondiale. Il suo paese d'adozione era tutto ciò che gli interessava e nemmeno nella sua interezza, dato che il disprezzo del dottore per la povera gente abrutita dalla miseria era palpabile.
Integra ripensò alla conversazione avuta un mese prima con Alucard nella biblioteca, quando il vampiro le aveva chiesto cosa significasse, per lei, "proteggere la Gran Bretagna e il protestantesimo dall'anticristo". La Giovane Sir Hellsing si era resa conto, quel giorno, di quanto la missione dell'Organizzazione le risultasse un concetto idealizzato e piuttosto astratto. Nella sua mente, "Gran Bretagna" era qualcosa di esaltante, come l'inno nazionale o l'Union Jack, ma anche di molto fumoso: una schiera di persone a lei simili, che professavano la stessa fede, parlavano la stessa lingua, pensavano allo stesso modo. Eppure poteva toccare con mano quotidianamente, all'interno della stessa Hellsing Manor, come "Gran Bretagna" fosse qualcosa di molto più complesso, composta da persone provenienti da tutto il mondo.
Van Helsing li avrebbe liquidati con uno sprezzante "Stranieri!", lasciandoli inoltre spolpare dall'Alucard di turno.   
" Io non li lascerei mai divorare da un mostro. Anche se non sono anglicani, anche se non sono inglesi, tutti gli umani che vivono, camminano e respirano sul suolo della Gran Bretagna verranno difesi dall'Hellsing. E' questa la mia missione! "
Allora perchè provava quell'intima vergogna, quella sgradevole sensazione di essere in fondo molto simile al settario Van Helsing? In fondo, la risposta la conosceva.
Per quanto proclamasse che avrebbe difeso tutti gli umani della Gran Bretagna, questo non era sufficiente a modificare l'immagine che il nome del suo paese le rievocava nella mente, cioè una moltitudine di persone chiare d'occhi, capelli e carnagione, incrollabilmente protestanti e fedeli alla regina. Era un limite suo, lo capiva bene, forse non particolarmente grave ma dopo la lettura dei diari del suo antenato, temeva che quello potesse trasformarsi in un primo, piccolo gradino capace di portarla verso il fanatismo.  
Un impeto d'orgoglio si ridestò in lei, facendole aggrottare le sopracciglia rabbiosamente.
" Ma cosa dico? Non sarò mai una fanatica come il mio antenato! Ogni umano ha un mostro dentro di sè, dice sempre Alucard. Van Helsing non è stato capace di riconoscere il suo mostro e l'ha lasciato libero di agire. Contro Alucard. Contro i suoi amici. Contro tutte le persone che ha rifiutato di difendere dai vampiri. Io invece conosco il mio mostro. E' stato lui a uccidere Richard. E' stata legittima difesa, lo so, ma questo non toglie che in quel momento mi sia trasformata in un mostro. Ho agito con freddezza, volevo vederlo morire e mi sentii soddisfatta quando quell'uomo cadde a terra. Proprio perchè non voglio che questo mostro esca di nuovo fuori, prima di agire penso e ripenso a quel che devo fare, senza dare niente per scontato. Questo mi differenzia da Van Helsing. Lui dava tutto per scontato. Dava per scontato di essere nel giusto. Dava per scontato che Alucard fosse un cervello limitato. Che errori madornali! "
Avvertì una presenza familiare nella stanza, quella che nei primi giorni seguiti alla morte dello zio le era sembrata un gelido alone, mentre adesso la percepiva rassicurante come il fuoco di un caminetto. Alucard era tornato. Chissà se era rientrato perchè aveva raccattato sufficienti cocci di amor proprio per sostenere la vista della master, o semplicemente perchè la luce era spenta, quindi immaginava che Integra dormisse?
Nel dubbio, temendo che il servo uscisse nuovamente, la ragazzina finse di dormire.
Rumori familiari. Il vampiro si sedeva alla scrivania della padrona, tirava fuori il mazzo di carte dal cassetto e cominciava a giocare a solitario.
Il leggero fruscìo delle carte rilassò la ragazzina. Alucard era lì con lei e tutto andava bene.
Lentamente, scivolò nel sonno.
    
- Integra Farburke è desiderata in segreteria, è arrivata una telefonata per lei. -
- Ricominciamo subito, miss Hellsing? - chiese il professore di letteratura inglese, irritato per l'interruzione della lezione - Non appena tornati dalle vacanze, ricominciamo con questo gioco delle telefonate? -
La studentessa, a capo chino, uscì dall'aula, seguendo la segretaria nel suo ufficio. Prese in mano la cornetta del telefono e dall'altro capo del filo, le giunse una voce familiare:
- Sono dolente di dovervi interrompere ma... -
- Taglia corto, Walter. Cos'ha combinato stavolta? -
- Per adesso nulla ma vedo che è troppo pensieroso, e questo indica che sta architettando qualcosa. Diciamo che la mia è una telefonata preventiva: vi prego di agire prima che combini qualche guaio. -
- C'è solo un problema, Walter: abbiamo esaurito i lavori da fargli fare. -
- Tutti, Sir? -
- Sì, Walter, tutti. A meno di non volergli far nuovamente spostare i mobili. -
- Assolutamente no, Sir! Ogni volta che abbiamo avuto la malsana idea di fargli cambiare la disposizione dei mobili in una stanza, ha finito col frantumare gli oggetti più delicati. Metà della collezione di porcellane di vostra nonna si è polverizzata per questa ragione. -
- Allora non abbiamo assolutamente più nulla da fargli fare. Passamelo comunque, proverò a parlarci. -
Walter corse a snidare il nosferatu dai reconditi recessi del maniero e dopo un'eternità, Integra sentì al telefono il familiare:
- Ya, my master? -
- Alucard, cosa stai macchinando? -
- Per adesso nulla, my master, però mi annoio. C'è niente che puoi farmi fare? -
- No, servo, purtroppo ho terminato i lavori da affibbiarti. -
- Ahiahiahi, master. Questo è un grosso guaio! - rispose serafico il non-morto, come se stesse commentando il comportamento di una terza persona e non il proprio.
- Accidenti a te, Alucard! Collabora invece di attendere le mie imbeccate! Dimmi, cosa posso fare per convincerti a non devastare casa nostra? -
- Master, sai perchè il postino si è salvato dalle fauci del mio Baskerville? -
Integra rimase spiazzata da quel repentino cambio d'argomento. Ciò nonostante, rispose:
- Perchè era a bordo di un furgoncino. -
- Sbagliato! Il mio segugio è veloce, presto o tardi l'avrebbe comunque raggiunto e sbranato. Ciò che ha salvato la vita al postino è stato il muro di cinta della villa. Il Patto di Cromwell vieta a me e ai miei famigli demoniaci di valicare il perimetro di villa Hellsing, senza l'ordine del mio padrone. Senza il tuo permesso, i miei passi si bloccano sulla soglia del cancello. Master...my master...perchè non mi permettete di andare a sgranchirmi le gambe fuori da casa vostra? Potrò rilassarmi e Villa Hellsing non subirà danni. -
Integra udì a stento l'ultima frase del vampiro, coperta dal commento arrabbiato di Walter in sottofondo:
- Maledetto mostro, come riesci bene ad usare le parole a tuo favore! -
Dopodicchè la voce del maggiordomo raggiunse la ragazzina forte e chiara, segno che aveva strappato il telefono di mano al nosferatu:
- Non dategli quest'ordine per niente al mondo, Sir! Casa Hellsing è anche la tana di Alucard e se lui non ha esitato a vandalizzare la sua stessa cuccia, figuriamoci cosa potrebbe essere in grado di combinare fuori di qui, dove niente lo lega! Lo autorizzerete ad uscire solo quando si dimostrerà degno della vostra fiducia. Sguinzagliarlo adesso vuol dire ritrovarci con una o più vite umane sulla coscienza! No, piuttosto lasciatelo qui dove cercherò di controllarlo come meglio posso. -
- Va bene, Walter. Se lo dici tu... -

Quel pomeriggio, quando Integra uscì da scuola, non trovò ad attenderla l'autista sulla Rover ma uno degli uomini facenti parte del corpo militare dell'Organizzazione Hellsing, in divisa e a bordo di una delle camionette d'ordinanza.
- Salve. Come mai siete venuto a prendermi voi e non il signor Chandra? -
- Sul perchè non sia potuto venire l'autista, non so cosa rispondervi, Sir Hellsing. So solo che Mister Dorneaz mi ha avvertito di sostituirlo, senza darmi ulteriori spiegazioni.-
Integra salì sulla camionetta con un sottile senso di angoscia. Perchè l'autista non era venuto? Dov'era in questo momento? Gli era accaduto qualcosa?
Il militare che era venuto a prenderla, un tal MacBrian, era un tipo gioviale che per tutta la strada del ritorno le raccontò molte storielle divertenti sui guai che combinavano i suoi figli e i suoi cani ma Integra non udì neppure una parola di quelle avventure. Mentalmente, contava i chilometri e i minuti che la separavano dal ritorno a casa, chiedendosi cos'avrebbe trovato al suo ritorno.

Villa Hellsing sembrava insolitamente deserta. Ferma nell'ingresso, Integra aguzzò le orecchie, sperando spasmodicamente di sentire un qualsiasi rumore che le segnalasse che c'erano ancora delle persone in quella casa.
- C'è nessuno? - urlò mettendosi le mani a coppa intorno alla bocca.
- Sono qui, Sir Integra! - rispose, lontana, la voce di Walter - Mi trovo nella cella-frigo! -
Nella cella-frigo, situata vicino alla dispensa, venivano stoccate le sacche di sangue destinate ad Alucard. Integra trovò il portellone della cella spalancato, fermato da una sedia così da impedirgli di richiudersi. E dentro la cella c'era Walter.
La ragazzina non aveva mai visto il maggiordomo in quello stato. Sembrava pazzo. Aveva uno sguardo folle negli occhi e un ghigno sadico sulle labbra. E com'era strano vedere quell'uomo sempre inappuntabile con la camicia fuori dai pantaloni, le maniche rimboccate fino a metà braccio nonostante il freddo e i capelli scomposti che uscivano a ciocche fuori dalla coda che solitamente li tratteneva.
- Ti senti bene, Walter? -
- Dopo che avrò terminato la mia vendetta, mi sentirò benissimo - ghignò l'uomo. Sir Hellsing vide lo shinigami stappare una sacchetta di sangue medico, versarvi dentro quattro gocce da una boccettina di vetro, riavvitare il pacchetto e deporlo su un mucchio di altri sacchetti che evidentemente avevano subito lo stesso trattamento. Ai piedi dell'uomo giacevano altre boccette di vetro vuote, uguali a quella che stava usando adesso. Il maggiordomo afferò una nuova busta di sangue, in cui versò altre quattro gocce.
- Cos'è accaduto, Walter? Perchè la casa è così silenziosa? -
- Perchè se ne sono andati via tutti, Sir. La cameriera e il cameriere, la cuoca che ci rimaneva e l'autista...in questa villa restiamo solo io, voi e Alucard. -
- Cos'ha fatto stavolta? E' tutta colpa sua, vero? -
- Ovviamente, Sir. Per vendicarsi del modo con cui gli ho impedito di seminare il terrore fuori dal perimetro di Casa Hellsing, ha deciso di esibire fra queste mura il meglio di sè...o il peggio, dipende dai punti di vista. Ha liquefatto il suo corpo in un'informe massa semifluida cosparsa di occhi rossi e in questo stato ha passeggiato tutto il giorno sul pavimento, sulle pareti e sul soffitto della villa. -
Con gran stupore di Integra, il maggiordomo raccontava quei fatti sorridendo, quasi che tutto ciò non lo riguardasse e mentre parlava, continuava la sua opera di svitare ogni singola busta di sangue, versarvi dentro quattro gocce dalla boccettina, riavvitarla e appoggiarla sul mucchio già trattato. Lo shinigami proseguì:
- Ovviamente i domestici erano terrorizzati. Non posso dar loro torto. Benchè conosca Alucard, disgusta anche me quando si trasforma in quella poltiglia. Quei poveri disgraziati si rifugiavano in una stanza e il nostro mostro passava attraverso le fessure della porta per continuare a tampinarli. Ha continuato ad inseguirli accanitamente finchè non sono usciti dalla casa e ha continuato ad andargli dietro anche sul prato. Sono fuggiti tutti e quattro sulla macchina della cuoca. Non torneranno. Così rimango solo io ad occuparmi di una magione talmente vasta da richiedere il lavoro di undici persone per essere mantenuta a dovere. Io, da solo, dovrò fare il lavoro di undici persone! -
Walter scoppiò in una risata folle e Integra si chiese se non si fosse giocata definitavemente anche la sanità mentale del maggiordomo.
- Quando tutti se ne sono andati, mi sono recato alla più vicina erboristeria per acquistare le boccettine che mi vedete usare. -
La ragazzina non ebbe il coraggio di domandare al maggiordomo cosa contenessero. Preferì invece chiedere:
- Dov'è adesso Alucard? -
- Quando si è reso conto che i suoi giocattoli, cioè la servitù, non sarebbero più tornati, è andato su tutte le furie. Ci attendono giorni grami, mia padrona. Finchè non troveremo del nuovo personale da assumere, ammesso che ne troveremo, saremo noi due i giocattoli di quel succhiasangue. Immagino che in questo momento si stia divertendo a vandalizzare le nostre camere. -
- E me lo dici così, con quel tono calmo?! -
- Mia signora, pur di poter attuare in pace la mia vendetta, in questo momento sono disposto a lasciar fare ad Alucard di tutto. Qualsiasi cosa, purchè non mi venga fra i piedi proprio adesso. -
Ma Integra non lo ascoltava più. Stava correndo su per lo scalone d'ingresso, in direzione della sua stanza. Walter la udì spalancare una porta e sbraitare:
- Come hai osato impalare tutte le mie bambole e i miei peluches?! -
Alucard rispose con una risata soddisfatta, che fece allargare maggiormente il sorriso di Walter.
"Ridi, ridi" pensò il maggiordomo "Sfogati a ridere adesso, perchè da domani non farai che piangere."
Tutti i sacchetti di sangue erano stati trattati. Walter, soddisfatto, chiuse il portellone della cella frigo. Raccolse da terra le boccettine di vetro vuote, su cui era scritto "Essenza primaria di aglio" e andò a buttarle fischiettando.

- Chi è l'autore di questo scherzo?! - ruggì Alucard, materializzandosi attraverso la parete con una busta di sangue in mano.
- ESCI IMMEDIATAMENTE DA QUI! -
- No, finchè non saprò chi devo ringraziare per questa crudeltà! Avanti, è stata opera tua o di Walter? -
- Crudeltà?! - ringhiò Integra, coprendosi come meglio poteva - E tutti i casini che hai combinato da quando ti sei risvegliato, non sono una crudeltà nei nostri confronti? -
- Non sono niente in confronto a quello che avete organizzato voi due! Avete impuzzolentito le mie sacche di sangue con l'aglio. Tutte! Non so come ci siate riusciti, ma l'avete fatto! Come farò adesso a mangiare? -
- Cazzi tuoi! - tuonò Integra, stupendosi di se stessa perchè era la prima volta in vita sua che pronunciava una volgarità. Alucard stava decisamente tirando fuori il peggio di lei - E comunque è stato Walter e io penso che abbia fatto proprio bene. E adesso esci dal bagno e lasciami fare la pipì in pace! -
Alucard si ritirò attraverso la parete, lasciando la sua master seduta sul gabinetto paonazza di vergogna.

Walter accolse le proteste di Alucard con un serafico sorriso stampato sul volto. Era oberato di lavoro, sfacchinava come un mulo per riuscire a mandare avanti tutto da solo la magione ma la consapevolezza di aver ottenuto la propria vendetta, riusciva ad infondergli una profonda pace interiore. Quando il succhiasangue terminò le sue lamentele, il maggiordomo rispose placidamente:
- Amico mio, la prossima fornitura di sangue non giungerà prima di un mese. A te la scelta: o stai a digiuno fino ad allora, o ti arrendi a inghiottire il sangue all'aglio. -
Ciò detto, l'uomo riprese a lavare il pavimento. Ad Alucard sarebbe piaciuto rispondere con un altero:
- Rimango a digiuno, grazie! -
Ma aveva già digiunato per vent'anni e il cratere che il letargo gli aveva lasciato nello stomaco, sembrava non riuscire mai a colmarsi. Si era svegliato da poco meno di due mesi ed era ancora smunto e con i capelli bianchi come un vecchio. La sua fame ruggente non gli consentiva ulteriori diete.
Così Alucard si arrese a bere il sangue contaminato dall'essenza d'aglio. Come Walter aveva previsto, quel giorno inaugurò una nuova stagione nell'esistenza del vampiro. Se da quando si era risvegliato Villa Hellsing non aveva fatto altro che rimbombare della risata di Alucard, adesso, all'ora dei pasti, si poteva sentire il tirar su col naso del non-morto, segno che stava piangendo calde lacrime di sangue.
Per un paio di giorni, Walter e Integra sperarono che una simile punizione convincesse Alucard a comportarsi più morigeratamente. A strapparli da quell'utopia ci pensò una nuova telefonata del direttore del locale ufficio postale, che con tono risentito riferì che per la seconda volta uno dei suoi postini era stato aggredito dalla "pantera nera" di casa Hellsing.
- Vi annuncio che d'ora in poi dovrete venire a ritirare la vostra posta in quest'ufficio. Non ho nessuna intenzione di farvela consegnare dai miei dipendenti, se corrono il rischio di diventare la merenda delle vostre belve. Inoltre vi informo che i due postini sfuggiti alla morte per un pelo, hanno deciso di denunciarvi alle autorità competenti. Attendetevi una convocazione in tribunale. -
No, per quanto quei "pasti all'aglio" avvilissero Alucard, ci voleva ben altro per ridurlo a più miti consigli. Integra cominciò a sperare con tutto il cuore che un vampiro si profilasse al più presto all'orizzonte, e consentisse ad Alucard di sfogare una volta per tutte l'energia accumulata in vent'anni di letargo.


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Mi scuso con i lettori che hanno atteso tanti giorni sperando di leggere un capitolo comico, e invece si ritrovano con un capitolo in cui c'è ben poco da ridere. A me però non va di scrivere una storia che sia esclusivamente comica. I delusi comunque non si preoccupino: il prossimo sarà tutto da ridere, promesso! :)
  
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