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Autore: marig28_libra    22/02/2013    4 recensioni
Nelle terre dell’Himalaya, Suikyo vaga nella solitudine cieca, muta e spietata. Non è più il Generale Garuda. Non ha più le sue grandi ed insostituibili ali: Violate di Behemoth. Lasciandosi travolgere dal passato, il giovane rimembrerà i momenti di vita condivisi con la guerriera prima della Guerra Sacra. Un fiume di passione, errori commessi e paure mai risolte lo attanaglierà. In questa storia , classificata quarta al contest “ La speranza vive in una creativa realtà” ( indetto da Hope Giugy ) , un viaggio nell’anima di uno specter in cui albergano la contraddizione e il desiderio disperato di amare senza angoscia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Garuda Aiacos
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'De servis astrorum'
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“ Distesa cadde tra le sabbie e l’acque.
Il ponente schiumò ne’ i suoi capegli.
Immensa apparve, immensa  nudità.”

( G. D’Annunzio )
 

 

 


Il  vascello di  Garuda galleggiava, taciturno e trionfale,  sul lago Titisee.
Le spighe cadaveriche del crepuscolo lo facevano sfavillare oleoso e dittatoriale.
La  rifrazione della sua mole, sulle acque del bacino, gorgogliava inquietante: quel riflesso era costituito da stracci di onde scure che parevano  tisiche anime  del Tartaro.

Gli operai osservavano , dalla rive,  quel tetro gioiello d’ingegneria navale: era magnifico.
La prua possedeva la forma della testa del Garuda: becco squadrato che mostrava due file di denti aguzzi,  occhi abulici ma fulminanti, testa spinosa  ed armonica. L’aspetto più sbalorditivo si mostrava l’immensa intelaiatura : erano state  fucinate  delle  piume di ferro,  affisse una ad una,  per avvolgere il possente collo della scultura.

Una volta  infuse al veliero le energie spiritiche  degli Inferi, sarebbe stato pronto per librarsi in cielo.

Eaco, sottocoperta, esplorava compiaciuto le viscere lignee di quel rapace: maestose ed enormi,  non sembravano gli antri  di una nave bensì  i corridoi di un maniero.

Violate  guardava il superiore  tacita e rapita.
Lui indossava  la panoplia* del Garuda: una corazza metallica di straordinarie eleganza e mostruosità. Una coppia di cesellate ali emergeva dalla schiena. Erano manufatti di scaglie lucenti.

La ragazza era convinta che non esistesse Generale più maestoso, giovane più splendido…

Lo  studiava con passione religiosa e struggente. Le sembrava di vedere una divinità  scesa dalle galassie, uno spirito che valutava le interiora del proprio Tempio.
Egli balenava arcano e letale come la sfinge di Tebe. Possedeva il mistero di Visnu  e l’effluvio mortifero di Kalì, la dea della morte.  I  suoi passi musicavano somiglianti a sonagliere di serpenti, a sistri egizi, a tamburi zingareschi.

Era ammantato della tenebra di Lucifero ma ciò non lo rendeva meno nobile dell'arcangelo Michele dalla corazza fiammeggiante.

- E’ tutto perfetto – appurò soddisfatto -  non vedo l’ora di annientare con  questo capolavoro. Chissà come  rimarranno gli insetti  di Atena!

Ridacchiò velenoso e seducente.
Portava sul capo un elmo  dotato di lunghe corna  e di tre occhi dorati: l’avvenenza del  viso  gli s’incastonava sinfonica in una  finezza demoniaca. 

Si voltò verso Violate che si perse nel suono del suo  sguardo… 
Gli suggé  , con l’animo,  il viola degli iridi  primaverile e  cimiteriale…

- Che ti prende? – domandò lui con tono dolce e provocante.

Ella, svegliandosi dalla contemplazione, rispose:

- Scusate! Ero…distratta.

Il ragazzo , sorridendo,  le si fece vicino. Pareva ancora più alto con l’armatura, pareva ancora più carnale con la bellezza nascosta delle membra.

- A cosa stavi pensando? 

- A...nulla di importante…

- Sei sicura?

La prese per la vita, attraendola a sé.
Le loriche rumoreggiarono l’  una contro l’altra.
Violate finì col volto a pochissimi centimetri di distanza da quello del suo Re…Era trascorso un mese dal bacio sul Danubio ma lei bruciava  come se tutto  le fosse successo quel giorno stesso.

Il Generale le premette le labbra sulle sue.
Lei gli toccò le guance e gli sfiorò i capelli  sotto l’elmo.

Purtroppo dovettero interrompersi.
Sentirono i soldati che li chiamarono.

Garuda,  stizzito, si staccò malvolentieri  dal suo sergente. 
Se avesse potuto, avrebbe fatto l’amore con lei  lì  , sul momento.
Sfortunatamente le circostanze non si erano mostrate  favorevoli e le danze dei sensi continuarono ad arenarsi in quel modo anche nell’arco dei due mesi successivi…

Il Tempo e la Sorte si rivelarono un irritante duo di beffeggiatori.

Negli allenamenti, Eaco adorava le lotte corpo a corpo. Violate attaccava e  si difendeva selvaticamente per poi lasciarsi prendere e finire a terra.
Finivano sempre allacciati l’uno all’altra.
I combattimenti  stavano divenendo simulazioni d’amplessi. 
Perché  non rompere  i cancelli  di qualunque protezione e raziocinio?

Lei doveva essere sua. 

Era Garuda. Il re.
Apparteneva alla razza dei dominatori. L’avrebbe potuta possedere al pari delle serve del castello che erano state  nel suo letto.
 
Cos’aveva di diverso Violate dalle altre donne?
Ad un’  immediata analisi, troppo cose:  i  poteri sovrumani,  la camminata atletica, gli  atteggiamenti . La maggior parte degli specter la considerava una sorta di demone asessuato. Non riuscivano a capire la sua intima identità : la corazza di Behemoth donava una mascolinità anomala.

Un involucro. Soltanto  un involucro.

Eaco ne era consapevole.
Nessuno l’aveva vista come lui.
Nessuno sapeva soggiogarla come lui.
Violate restava una donna. Sotto il surplice occultava un bellissimo corpo: un collo splendido,  un seno morbido, un ventre liscio, delle gambe calde, un incantevole fondoschiena.

Quelle meraviglie potevano essere conquistate.

Il ragazzo  immaginava innumerevoli modi per catturare la sua guerriera, esplorarla, leccarla…

Behemoth doveva finire tra le sue braccia, sotto il suo corpo.
Come quel lontano giorno. Quel giorno che li vide quindicenni.

Qualcosa, tuttavia,  s’incrinò  sformandosi in fumo.
Se lui non avesse colto in lei quella dannata luce tramortita, svenata, rimpicciolente… 
 

Il cielo era cenerognolo, avvizzito e gonfio.
Le nubi restavano inzuppate  in una torpedine slavata e  mesta.

Eaco e Violate si stavano allenando da interminabili ore.

Si esercitavano nel combattimento  sulle rive verdeggianti del fiume Brigach*.
I  ragazzi  si scontravano  in  duelli spericolati di pugni, morse, spinte, proiezioni.
Le loro braccia e le loro mani risuonavano della pesantezza dei massi  e del bruciore dei fulmini.

Garuda riuscì a sbilanciare Behemoth  e a scaraventarla con la schiena al suolo.
L’erba e le piante tremarono.

La ragazza mosse a rilento le sue membra indolenzite.
Respirò con fatica.

Il vincitore  la fissò dall’alto. Le studiò la  lunga coda disfatta, la frangia impolverata, il bel viso sporco di terra, il corpo…coperto da una leggera corazza d’addestramento.
Lei vestiva eguale ad  un maschio:   si fasciava il seno, camuffava i fianchi,  fortificava i muscoli.

In quel momento, da  una rupe invisibile, il ragazzo desiderò piombarle addosso.
Non era pervaso più dalla volontà della lotta. Una voluttuosa  curiosità  l’aveva ghermito.
Divorò con la vista la fanciulla che ansimava... Era  irresistibile distesa supina sull’erba umettata, distesa frastornata con ogni  difesa rovesciata.
Compariva come una ninfa arcadica che tentava di risvegliarsi da un temporale.
Compariva come una  rude Venere che non voleva  denudarsi.

Violate guardò Eaco: le  sorrideva  in modo strano.
 Si tolse l’armatura che gli proteggeva il petto e le spalle.
Si inginocchiò  di fronte a lei divaricandole le cosce.
La ragazza si agitò. Le venne strappata  di dosso la corazza che le celava il busto.
 Il giovane le si sdraiò sopra, con impeto, iniziando a premerle il proprio bacino contro il basso ventre. Tentò di scucire le bende che le stringevano i seni. Le morse quasi  il collo…

Violate non capì  se provava eccitazione o paura. Non era mai stata travolta da quel genere di maree. Si riconosceva simile ad  una  canoa che precipitava lungo i  capelli violenti d’una cascata.
Era splendido stare sotto Eaco, toccare il suo torace, vedere il viola letale del suo sguardo così vicino…tuttavia…una riluttanza puerile e  scontornata insisteva ad imporre la supremazia.

Garuda tentò di invadere la bocca della fanciulla ma si accorse di uno strano freddo.
Le labbra di lei  esitavano  quasi impallidite. Non avevano alcun profumo di calore. Le gote del viso si  erano innevate e ammutolite.

Il cuore di Behemoth  pulsava raffiche di pioggia e bora.

L’adolescente  s’immobilizzò.
Scrutò gli occhi purpurei di Violate: acerbi, indifesi, smarriti.
Un’ indescrivibile pesantezza lo permeò.

- Perché te ne stai ferma? – chiese.

Lei lo guardò intimidita e scossa. Non riusciva a formulare una  risposta.

- Cosa faresti se volessi continuare?

La guerriera  distolse gli occhi da lui.

- Violate!

Venne artigliata duramente per i polsi.

- Posso fregarmene, sai?!  

La ragazza iniziò a lacrimare.

- Maledizione! Perché te ne vuoi stare ferma?! Perché proprio tu?!

Violate balbettò:

- N-non….non l-lo so…

Il ragazzo si sollevò bruscamente da lei.
Indossò di nuovo l’ armatura.

-     Alzati, stupida. Torniamo al Castello Heinshtein.

Il cielo affumicato cominciò  a stillare gocce d’acqua. Il fiume venne bucherellato da aghi d’effimera e illusoria freschezza.
 


 Fu un incidente. Un incidente da dimenticare.
Quell’episodio  finì sepolto in una piramide proibita. Nessun archeologo d’emozioni represse si sarebbe più avventurato lì .

Fu un incidente. Un incidente da dimenticare. 
La stolta deviazione di una biga.
Il fallimento del tiro di una freccia.

Eaco si ricordava d’essersi sentito come un maldestro auriga e un pessimo arciere.
Per quale ragione s’era fermato?
Com’era possibile che si fosse lasciato inghiottire dall’orribile cetaceo della colpa?
Aveva avuto paura degli occhi di Violate? Aveva avuto paura della sua paura?

Avrebbe potuto devastare quella ragazza, infiammarla come Cartagine e dopo cospargerla di sale.
Era il suo Generale. Lei doveva chinare il capo.
Lo faceva già a dire il vero. Era pure una spaventosa specter ma  quando  veniva ripresa duramente taceva mortificata e devota. Tutte le volte che riceveva minacce  le labbra le sbiancavano  di  vergogna.
Diventava proprio una bambina…Si  rimpiccoliva come una ginestra intrappolata in un suolo vulcanico.

Cos’aspettava , lui, allora?!
Ella  attendeva di sentirsi preda per davvero.
Non avrebbe più tremato come quella volta. Avrebbe accettato supinamente il suo signore.
Sicuramente.

Occorreva  trovare l’occasione giusta.
Egli doveva  farlo perché sarebbe stato il gioco più eccitante della sua esistenza.
Sì…un gioco che avrebbe padroneggiato la sua mente.

Giocare e fuggire. In quale altro modo si poteva sopravvivere in un regno in cui dominavano le tenebre di Ade?
Gli specter non potevano flagellarsi o sgozzarsi. Sarebbe stato stupido e inutile visto che avevano la facoltà di risorgere.
Per non  sentire le sanguisughe della depressione v’ era una via: l’oblio. Esso offriva, a sua volta, due alternative: l’alcol e il sesso.
Il vino riempiva, gonfiava e rallegrava. Alla fine delle gozzoviglie, purtroppo,  lo si vomitava e si ripiombava nella notte.
Le femmine facevano godere, vedere il paradiso e stordire. Eaco sapeva che gli altri due colleghi generali si recavano fuori dal castello per andare a sollazzarsi nei paesi  limitrofi. Radamantis sfogava i propri appetiti su contadine o meretrici, Minos adorava sedurre e deflorare ragazzette adolescenti.

Giocare, fuggire, giocare, fuggire.
Era un meccanismo schifoso ma , d’altronde,  che  altro si poteva fare?
Eaco, in fondo, provava repellenza verso sé stesso. Meglio  fingersi demente e bestiale.

Tutto era prigione. Per preservarsi , almeno, uno straccio di sanità bisognava  sopprimere la ragione.
Il cervello  conduceva alla follia.

Sarebbe stato un gioco. Solo un gioco.
Garuda si sarebbe estasiato.

Le sue mani si erano unte da anni.
Nulla da perdere o rimpiangere.

Avrebbe soltanto necessitato di prudenza.
Gli occhi di Violate erano privi di filtri.
Erano violentemente sinceri, ingenui, passionali.

La prudenza…la prudenza…
La prudenza per non affogare nelle profondità.
La prudenza per sotterrare il terrore di vedere.

 

 

                                                          __________ § __________
  
  

 
 
Quella giornata di marzo si stava consumando , lentamente, simile ad un legno divorato da termiti.
Il sole ,  plorante di rassegnazione,  declinava il capo sotto la dolce ghigliottina della sera.
Le catene montuose orlavano, corni  di rinoceronte,  il fosco sudario del giorno che scemava.
I pini della Foresta Nera  specchiavano le corazze aculeate  su un piccolo lago dal dorso piatto…
Le acque erano incantevoli alle luci accidiose  di quell’ora: parevano mutare le loro particelle in essenza d’ amaro  liquore o tè  pescato.

Violate, instancabile, nuotava da un’estremità all’altra del bacino. Sebbene l’addestramento fosse concluso, seguitava a temprare la sua resistenza.
Le membra nude, atletiche e slanciate, laceravano con prepotente grazia le stoffe scivolose dello stagno…La lunghissima chioma nera, dai riflessi rosso-violacei, danzava temibile al pari d’una piovra dai tentacoli venefici.
Dotata dello splendore notturno e acuminato di una sirena, la ragazza prese a navigare sul dorso. Il seno magnifico e il ventre sodo, toccarono,  leggeri,  l’aria asciutta.
Il tessuto acquatico tentava inutilmente di vestire quel corpo indomabile che spruzzava,  sensuale,  spuma bianca.

Eaco era giunto sulla sponda destra del lago celando il proprio cosmo.
Non aveva potuto non notare Violate che si stava esercitando ininterrottamente.

Sorrise.

Possedeva un’arma da guerra eccelsa: le stelle di Behemoth rifulgevano nello sguardo purpureo della ragazza …Coriacea, abile, selvaggia era capace d’annientare qualunque muraglia di terra e marmo.

Il generale continuò a contemplarla : nessuna armatura o vestimento bellico ne celava l’ombrosa femminilità. Era lì…priva di barriere.

Egli avvertì il cuore sanguinargli d’ eccitazione…La mente, i polmoni, le viscere, le parti più recondite cominciarono a consumarsi voluttuosamente.
Espirando lieve ed incendiato, si liberò dai pezzi dell’armatura…Denudò le braccia possenti, le spalle ampie, il petto e gli addominali... Scoprì le gambe agili e ben tornite…Restò madido della luce tramontante, senza più un lembo di ferro che gli serrasse  la bellezza.
Raggiunse la riva del lago immergendosi con  movenze feline.

Violate, nel frattempo, si avvicinò alla sponda opposta.
I flussi le cingevano i fianchi, la chioma le aderiva al petto ansimante e  alla schiena sinuosa…Le  cosce avanzavano spostando le pesanti coperte delle acque.
 
Improvvisamente due mani l’afferrarono per le anche.

La ragazza, sussultando, si ritrovò il dorso contro un torace e un addome atletici.

- E’ imprudente abbassare la guardia – le mormorò Eaco ad un orecchio.

- Generale…

- Dovresti sempre guardare dietro.

Il giovane le lambì le spalle.
Ella,  a quella carezza  piovigginata, respirò torrida e tenera.

- Io – si giustificò accesa – come potevo accorgermi di qualcosa ? Hai nascosto la tua aurea…

Aveva abolito il “ voi” delle distanze, delle convenzioni…
Eaco la strinse con maggior veemenza, godendo delle sue scapole un po’ scivolose, delle sue natiche che lo solleticavano sotto il ventre. Palpitò di lava come il nucleo terrestre,  gli sembrò di sfregarsi contro  dune di cotone bagnato, morbido.

- Ti ho attaccata di sorpresa – rise soffuso – per vedere come ti difendi…

Le afferrò i seni, palpandoglieli  con sete e fame, suonando  quella carne soffice e florida. Giocherellò coi capezzoli rosei come stesse stringendo tre le dita steli di fiori appena nati.
Violate gemette annegata e deliziata.

     -      Non voglio difendermi…- rispose.

La mano  di lui le serpeggiò giù, sotto l’ombelico,  per approdare ai  lembi del  sesso. Glieli  toccò cocente,   lasciandosi stordire dalla loro allettante delicatezza.
La ragazza rabbrividì, si mosse estasiata a quella presa che la stava assaggiando…Le dita dell'amante le mescolavano  la sua intimità scura, celata…

Volle sentire il ragazzo ancora più a fondo, con ogni anelo della pelle.

Ella, afferrandogli le braccia, girò il corpo verso di lui e si avvinghiò alle sue membra.
Si attaccò al suo petto, al suo ventre, al suo pube. Mettendogli le mani tra i capelli grondanti, lo attrasse al proprio viso. Gli morse un labbro come  stesse assaporando uno spicchio di ciliegia, di fragola. Gli leccò, golosamente,  tutta la bocca, asciugandone  la  patina d’acqua che la impregnava.

Lui l’ avvolse con foga, insinuandole la lingua nel fiato, assalendola tra le mandibole.
La sollevò ghermendola  per le natiche, facendole avvertire il membro eccitato che la stava per invadere.
Ella gli circondò le ampie spalle, avviluppandogli  le proprie cosce al bacino. Con respiro arrovellato si lasciò esplorare dall’erezione famelica.

Come nell’incatenamento  d’una lotta,   Eaco si gettò,  assieme alla fanciulla, sulla battigia del lago.
Disteso,  sopra il corpo dell'amante, prese a mareggiare con selvaggia dolcezza, ansimando acqua e fuoco.
La sabbia acinosa della sponda massaggiò , aspramente,  il tergo di lei. Quel giaciglio cullava squassando, srotolava un attrito  fradicio e villoso: era una steppa carezzevole e grezza.

La guerriera non sapeva se stesse gemendo di piacere o di dolore. La penetrazione l’alcolizzava  in un deliquio appetitoso e spellante. La verga di Garuda le affondava tra le dune delle pelvi simile ad un dardo di legno vellutato.

Il cielo , elevatissimo baldacchino, assisteva quel rito: rimestava il viola delle ametiste col carminio dei muscoli dolenti.

La ragazza arò la schiena del Generale con le  unghie, gli addentò una spalla, gli stritolò con maggior violenza i fianchi.
Lui le morse il collo succhiandole la pelle, le graffiò il fondoschiena e le gambe.

Nessuno di loro voleva perdere.
Entrambi volevano essere padroni dell'anelo, delle membra, del sesso dell'altro.

Behemoth rovesciò il suo dominatore supino, cavalcandolo come fosse una belva, affrontando l’esaltante sofferenza dei sensi.
Abbrancandola per le braccia, lui l’attrasse contro il proprio volto: s’impossessò del seno della fanciulla gustandone le punte rosee con le labbra , mangiando gocce d’acqua.

Arrestandola per fianchi, la costrinse a stare sotto di lui.
Le annegò dentro ancora di più, scavò con maggiori fiammate, diventò più forsennato.

Ella si fece trafiggere e accecare dai quei lampi.
Quel maremoto  era la caduta più sublime e livida che le fosse mai capitata. Nel dolore roteò un illogico godimento : una valanga gelata  si tramutò in vino fervente.

Eaco le lacerò la membrana della carne, dell'anima, delle once del  sangue.
L’estasi esplose in ventata di grandine, lapilli di vulcano.
Violate fu colmata del caldo fluido del desiderio: quel siero eiaculò  nei canali più intimi del suo regno.

Il Sole era ormai collassato a Ponente.
Il cielo olezzava di frescura blu, tumida. Un’ultima coda di giorno, anguilla lassa e  violetta, restava, penitente,  all’orizzonte.
La Foresta si marchiava di penombra e canti di uccelli e insetti notturni.

I due amanti, ancora vacillanti d’orgasmo, emettevano soffi affannati.
Garuda, con le braccia ai lati del viso della ragazza, tentava di tornare in superficie.
Lei, aveva chiuso un attimo gli occhi come una menade sfiancata da un’orgia bacchica.
Sotto il ventre le danzava ancora l’orma dolente della libidine .

Il generale si staccò un po’ da lei : scorse,  tra le sue gambe, un sottile rigagnolo di sangue.
Tenue e  malizioso,  glielo asportò via con un dito della mano.
Si passò la lingua sull’estremità dell’indice impolverata di rosso.

Violate era diventata sua.
Il  gioco era iniziato in maniera eccelsa.

La giovane, puntellandosi languidamente su un gomito, lo invitò di nuovo a sdraiarsi su di lei.
Eaco si ritrovò la testa  adagiata sui suoi seni.
Avvertì le dita di lei accarezzargli i capelli, le spalle…Udì le pulsazioni accelerate del suo cuore che sfrecciavano, simili a falchi, nelle vene…

Com’erano forti, effervescenti, autentiche.
Profondamente autentiche. Tremendamente autentiche.

Assomigliavano ai battiti gioiosi che lasciavano trasparire le due figure femminili dei suoi sogni…Quelle sagome senza volto che lo chiamavano, che gli cantavano note dolcissime e sfocate…Quelle sagome che si perdevano e comparivano nella mente.

Il ragazzo si sollevò dal corpo della guerriera.

- Dobbiamo tornare alla base – disse laconico rizzandosi in piedi.

Lei, un po’ abbattuta,  gli obbedì alzandosi lentamente.

- A- avete ragione…

Cercò l’ armatura con un’aria sperduta e colpevole.
Pareva una sacerdotessa che tentava di fuggire per aver compiuto un rito proibito.

Nessun uomo l’aveva mai vista nuda.
Nessun uomo l’aveva mai toccata in quel modo.
Nessun uomo l’aveva mai navigata come donna.

Eaco s’ ipnotizzò,  la  rimirò .
Era incredibile di come, anche nella penombra del vespero, ella riverberasse… La sua capigliatura,  nera e bagnata,  era il dorso di una pantera…

Sorridendo,  le si avvicinò stringendola tra le braccia.
Lei ricambiò intensamente  quella stretta  baciandogli il collo.

I due si concessero gli ultimi  istanti per intorpidirsi ancora di nudità.

La sera aprì  pigramente il suo ventaglio di chicchi di stelle.
La luna d’avorio  si preparò ad ascendere sull’atmosfera di sonno e stuoie  d’oscurità. 
 

 

                                                                 ________ § _______
 

 

Furono epistole d’odori, di incendi.
Furono corrispondenze d’istinto.

In quei  cinque mesi che si succedettero ,  non esistettero che armamenti di concupiscenza.

Legioni di piacere  sfilarono  sui campi  di Garuda e Behemoth.
Una sinergia tuonante si radicò tra i ventri e i cuori dei due amanti.
Cacciatore e preda si congiunsero , confusamente , senza decreti e dogmi.

Nelle  notti, ove gli acquitrini delle paranoie e dei dolori si tagliuzzavano temporaneamente, la lussuria attese solo d’essere dipinta.

Violate anelò  il cielo che anneriva.
Aspettò,  con trepidazione,  di essere chiamata da lui, di rifugiarsi nella sua camera da letto, di lasciare all’oblio qualunque stento.

Eaco fu folle di passione.
Amava il corpo della guerriera, amava esplorarlo, toccarlo, farlo gemere. Finché  fu lui a pizzicare le corde di quella cetra  tutto rimase canzone perfetta.

Bastò relegare in una  segreta  la dura e abissale legge dell'anima. Se il cuore irrompeva, come un celtico furibondo, diventava più uccisore della Morte.
Garuda ne aveva terrore e per questo, in quelle lunghe settimane, spense qualunque scrupolo.

Per lui fu  più che sufficiente giocare con lei.
Lei, la devota subordinata. Lei che gli si offrì  risorgendo,  casta,  ogni sera.
Fu come   impadronirsi  della verginità di una valchiria o della cacciatrice Artemide.
Fu come  vivere in una dimensione surreale, in cui la prima notte di nozze moriva e nasceva continuamente.

Si rivelò pericoloso quel ballo ciclico.
Il ragazzo cercò di non lasciarsi invadere  dagli occhi dell'amante.  Cercò di non farsi intrappolare,  baciando e penetrando violentemente.

Ella, per fortuna, non dichiarò nulla.
Nulla di strano. Nulla di demolente.

Le notti arsero in quel modo. Eaco si appagò aggressivo e felice.
Si mostrò sicuro e inebriante. Quando l’irrazionale sessualità correva , pari ad un centauro,  non c’era niente da temere.

Le uniche cose  che lo fecero tremare  furono i momenti in cui si svegliò  guardando lei ancora addormentata.
In quegli attimi venne stregato dal silenzio e dall’inedita tenerezza della fanciulla.
Lui non  soleva osservare attentamente le sue caduche  amanti.

Per quale ragione lo fece con lei? Incalcolabili volte restò ammaliato dalle sua membra distese, che respiravano rassicuranti, intristite e misteriose. Parvero confessargli qualcosa di più elevato, ricolmo. Si sentì come un bambino che pazienta  coccole dalla madre.
Vi furono delle volte in cui, simile ad un ladro, osò accarezzare la ragazza. Osò sfiorarla con una purezza che negli amplessi non concepiva.
Lo fece sempre di nascosto quale  atto di congiura.

Non lasciò trasudare alcunché di tremolante.

Ella continuò a non dichiarare nulla.

Quell’equilibrio, tuttavia, stramazzò
Quegli argini, falsamente solidi, si ruppero.

Ciascuna cosa si rovesciò in una notte.
Una notte in cui lui sognò di nuovo di vedersi bambino.
Sognò di nuovo qualcosa di vecchio, alieno, luminoso.

Quella  volta una strana canzone riesumò dai timpani del cuore.

Corri! Corri veloce!
Salta! Salta veloce!

Io sarò dappertutto.

Nelle foglie che toccherai.
Nei fiori che prenderai.
Nel cielo che navigherai.

Chi è cantava? Chi erano quelle due anime? Per quale motivo diventavano più brumose? Per quale motivo parevano mutare in figure di carta?

Gira! Gira veloce!
Vola! Vola veloce!

Io sarò dove tu vorrai.

Nei tuoi capelli.
Nei tuoi occhi.
Nel tuo respiro.

Seguitavano a comparirgli…senza volto, senza codice…
Desideravano cullarlo? Desideravano arroventarlo? Ucciderlo?

Sarò sempre nella luce.
Sono le tue mani.
Il tuo sorriso.
La tua estate.

Mi vedrai sempre.
Nell’alba di una stella.
Nell’alba di un  sogno.


 Eaco spalancò gli occhi.
Scattò a sedere sul letto.

Si toccò il viso:  bagnato.

Stava lacrimando.
Lacrimando.
Lui. Lui!

Schifato, si asciugò quel pianto.
Assurdo. Assurdo.
Continuava a sprigionare lacrime!
Asciugava, asciugava, asciugava. Tutto inutile.
Le gote continuarono a rigarsi di torrenti…

Il ragazzo, sollevandosi dal letto, si precipitò davanti la finestra della camera.
Spalancò, febbrilmente, le vetrate.
Si affacciò respirando con rabbia incredula.
L’aria rigida della notte  gli sferzò lo sguardo e la pelle nuda.

Non poteva essere…Non poteva essere…
Quella ninnananna gli era orridamente famigliare ed estranea.
Quelle due sagome femminili, che  si erano alternate nel cantargliela,  si erano sfocate ancora di più…erano più spettrali, più sbiadite…
Eppure…avevano pronunciato quelle strofe.

- Eaco.

Il giovane si accorse di Violate:  gli aveva cinto teneramente  il busto.
Si era levata anche lei. Aveva udito il  suo tormento.

- Che cos’hai? – gli chiese.

Lui l’ allontanò burberamente.

- Non ho nulla.

La fanciulla gli andò vicino, cercando di prendergli il viso.

- Sei spaventato?

Egli si liberò dalle sue mani, distogliendo lo sguardo.

- Ti ho detto che non ho nulla.

Lei lo guardò costernata, in silenzio.
Si voltò verso la luna.
Quella luce,  infarinata ed ossea, gelava la Foresta Nera.

- Non ti devi preoccupare – mormorò la ragazza – succede…anche a me.

Lui la squadrò muto e sospettoso.

- Senti  qualcosa che emerge dal vuoto – continuò ella – vedi  una luce che ti dona felicità, pienezza e poi ti abbandona. Capisci che quella luce era stata tua…da un’altra parte…in un luogo che il Sonno e la Morte ti hanno tolto.

Tacque.

- Quella luce che sogni – concluse – l’hai vissuta e l’hai amata…

Eaco rabbrividì sconvolto.
Violate aveva indovinato.
Non poteva darle ragione. Non poteva declinarsi al cospetto della verità.

- Non dire sciocchezze. Ciò che siamo stati è morto. Morto.

Ella gli si affiancò.

- Questo è ciò che credi – affermò – in realtà…è l’ anima che ti fa battere il cuore. Essa è tua e basta e  può fuggire agli dei.

Lui , interdetto, la fissò di sbieco.
Rimase ad ascoltarla con le labbra serrate e l’agitazione fermentante.

- La cosa fa spaventare – gli sorrise lei dolcemente – ma non è per nulla brutta…bisogna affrontarla…

Lo abbracciò con un affetto e una complicità dilanianti.

Il ragazzo si percepì come intrappolato in una morsa.

- Continuerò ad accompagnarti ovunque – disse infervorata – l’ho sempre fatto e lo farò all’infinito.

Egli sperò che il discorso finisse lì.
Non tollerava più l’ansia.

- Eaco… ti amo.

Lui si svincolò sgarbatamente dall’abbraccio.
Stritolò la ragazza con  sguardo sgranato.
Fece una smorfia sprezzante.

Alla fine scoppiò a ridere schernitore e malefico.

Violate divenne di ghiaccio.
Il cuore prese a sgretolarsi.
L’umiliazione l’afferrò per le caviglie trascinandola in una voragine.

- Non hai capito, sciocca? – ghignò lui – non hai capito proprio nulla?!

Lei non voleva più parlare.
Gli  occhi le si erano incrostati di confusione disperata.

- Poveretta! Cosa pretendevi da me? Il sole?! La luna?! Le stelle?! Ma per favore!

Rise più rauco e acido.
La giovane, tremolando, si allontanò per riprendersi i vestiti.

- Volevi un giuramento di eternità? Su, dimmi…ti ascolto. Sono curioso. Che ti immaginavi?

Non poteva soffrire quel truce sarcasmo.
Behemoth si ricoprì in fretta piangendo irosa e silenziosa.
Uscì dalla stanza.

Eaco, congestionato, si massaggiò la fronte.

Si sarebbe volentieri  bruciato come un eretico.

Rimase solo con le tenebre, con la luce cancerosa della luna.

Rimase solo davanti al letto che veniva disfatto e vetrato dal Vuoto. 

 

 

                                                                     _______ § ______

 


L’alba di quell’estate non fu mai così brumosa per Eaco e Violate.
Tra le loro linee di confine s’instaurò una glaciazione,  un lastrone di ghiaccio che tratteneva crateri sottomarini.

Generale e sergente si attennero al protocollo delle formalità militari.

Il ragazzo si mostrò abilissimo  nel seppellire la passione come se nulla fosse accaduto.
La guerriera, invece,   cercava di palesarsi il più fredda possibile ma , ogni volta che guardava il suo comandante , il cuore le batteva all’impazzata.
Non poteva non provare amore, angoscia, sdegno.

Non poteva non sentirsi martoriata.

Si era donata a quell’uomo. L’aveva amato con ogni millimetro di carne, di sudore, di spirito.  Lo amava, purtroppo,  peggio di prima.

Eaco detestava il modo in cui veniva guardato da lei.
Si trovava perennemente sotto la lama di un machete.
Tentò  di sfinirla inasprendo ulteriormente le prove di addestramento ma gli  resistette  con membra di obelisco. Quella maledetta  non diceva nulla ma lo affogava lentamente. 
Lo stava disarcionando dal suo piedistallo.

In una sera , elettrica di tensione,   rientrarono al castello…Silenziosi, contratti, cinerei.

Garuda, dentro di sé, marciva di superbia sfregiata, di rabbia, di paura.

Non poteva più sopportarla.
Era troppo trasparente.
Troppo tellurica.

Si fermò davanti alle porte degli alloggi privati.
Lei gli stava dietro con il respiro martellante.

- Vedo che è difficile stremarti – le disse aridamente.

La fanciulla perpetuò il proprio silenzio.
Egli  si voltò per fissarla negli occhi.
Era gelida, arsa , torva.

- Io non scherzo mai, Generale – ribatté  dopo un po’ – io non prendo in giro l’anima e il sangue!

Garuda la fulminò furente.
Voleva trapassarlo, lei! Voleva  contrastarlo, buttarlo nella melma!

Era stata percossa nel più profondo.
Lui non desiderava capire nulla di sé stesso.

- Avanti, Violate! – esclamò avanzando arrogantemente – avanti! Cosa vuoi dirmi? Cosa vuoi farmi?!

Lei rimase immobile a vibrare di collera.

- Allora?! – schiumò lui – vuoi colpirmi? Coraggio. Provaci.

Nello sguardo della guerriera esplose un’espressione omicida. 
Un lampo d’amore assassino.
Sollevò un pugno.
Cercò di muoverlo ma…si bloccò.

Fu crivellata da un tremito. Abbassò il braccio.

- Beh? Che ti prende?

Strinse i denti. Guardò agitata il pavimento. Tornò a fissare l’avversario.
Cominciò a lacrimare snervata, vendicativa, debole.
Tentò di trattenersi ma il pianto le si sdrucì spudorato.
 
Con  un singulto,  strappato e adirato, fuggì via.

- Brava, idiota ! Sparisci!  Vattene!

Eaco la contemplò col cuore infilzato.
Era un emofiliaco che non riusciva a  coagulare le proprie emorragie.
Perché diamine provava quel dolore?! Era stato lui ad averla sfruttata , ad averla infiammata, ad averla gettata nel crepaccio  dell'abbandono.

Perché voleva strangolarsi?
Perché nella sua testa  rimbombavano quelle parole come una condanna a morte?

Ti amo…ti amo…”

Due sole parole…
Due sole chiavi per farlo precipitare nel terrore, nella voglia soppressa di essere abbracciato dalla salvezza.

 

 

Note:

panoplia* : termine di matrice greca che indica le parti che costituiscono un’armatura ( da panoplìa, composto da “ pàn” tutto + “ hòplon” arma )
Brigach* :  è un fiume tedesco che nasce presso St. Georgen, nella Foresta Nera.  Si  unisce  all’affluente Breg , presso la città di Donaueschingen,  formando il Danubio.

 


Note personali: ciao a tutti! ^^ Eccomi, come promesso!
Mi auguro, come al solito,  che stiate continuando ad apprezzare questa storia…Mi è piaciuto molto narrare questo capitolo! Forse è stato quello un po’ più difficile da realizzare anche se tutta la storia si è rivelata assai ardimentosa… Descrivere una personalità contraddittoria come quella di Eago è stata un’impresa affascinante e difficile. Ho amato mettere in rilievo tale aspetto della sua psiche raccontando la sua relazione ardente con Violate. La doppia faccia del sesso,  che può essere sia espressione dell'amore più autentico e profondo  sia  puro e arido istinto, è il tema centrale di questo episodio. La passione mette in luce le fragilità e la forza dei due protagonisti , specialmente il cuore di Behemoth, guerriera e donna, fortezza di marmo e calice di cristallo. Lei è un personaggio di cui ho adorato parlare scavando nel suo animo. Spero di essere stata fedele nel descrivere i due specter… >.<

Grazie a tutti i lettori che mi seguono e che mi vorranno seguire!! XD

Alla prossima settimana!!

   
 
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