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Autore: SweetNemy    22/02/2013    1 recensioni
Questa è la storia di una ragazza che ha sempre viaggiato in giro per il mondo. Per merito di sua madre riesce a rimanere per sempre nella città in cui è nata e lì è determinata a farsi nuovi amici. La sua prima amicizia sarà una ragazza di nome Serena, ma in seguito conoscerà anche un ragazzo un po’ particolare...
Genere: Drammatico, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ciaooo a tutti :) Scusate il grandissimo ritardo ma la scuola mi rompe il **** . Ecco a voi il nuovo capitolo :) un po' breve , ma il prossimo sarà più interessante :P

Capitolo IX

-21 agosto-

{Punto di vista di Clay}
Mi voltai di colpo scoprendo il volto di quella voce, una voce quasi angelica, dato che apparteneva a un angelo, o almeno credevo fosse tale. Era immerso in un’ombra di luce dovuta al sole che brillava e che ricopriva la zona della porta. I suoi capelli scuri, quasi neri brillavano e i suoi occhi di cristallo splendevano. Sembravano quasi lucidi, e il loro colore mi rimandava a quello di uno zaffiro lucente. Quei lineamenti così eleganti, raffinati, somigliavano in modo impressionante ai miei; ma i suoi erano molto più marcati, molto più segnati e una cicatrice all’altezza della tempia sinistra lo rendeva unico.
Sul dorso della mano la mia stessa cicatrice.. stavo iniziando a credere che non me la sia procurata con l’acido, ma sia davvero un simbolo che contraddistingue la gente come me e come quel ragazzo.
Mi concentrai più sul complesso che sui singoli tratti e i miei occhi si riempivano di lacrime che scendevano a dirotto ma la mia bocca, i cui estremi erano rivolti verso terra, non si apriva, né faceva una piega, tantomeno lasciava uscire un suono... fin quando quell’angelo parlò.
-Clay! Sei proprio tu? Come hai trovato questo posto?
La mia mente era assente, non riuscivo a proferire parola... lui osservò il fatto che non parlavo e decise di chiudere gli occhi e probabilmente leggermi nella mente.
Riaffioravo nella mia mente quello che era successo dall’inizio della mattinata ad ora e con me anche quel ragazzo lo percepiva. Dopo qualche minuto tutto finì e il giovane accennò un sorriso e parlò:
-Ero sicuro che prima o poi l’avresti capito e avresti scoperto questo posto, ma non pensavo così presto. Beh, ora ti starai chiedendo cosa ci faccio qui... – non finì di parlare che scoppiai e pronunciai quel nome.
-Dario! – dissi a gran voce con gli occhi umidi, ma spalancati come se non mi accorgessi che le lacrime scendevano.
Avevo paura di avanzare verso di lui, ma egli anticipò il mio desiderio: forse aveva letto di nuovo i miei pensieri, o forse era proprio quell’intesa che ci univa.
Avanzò lentamente verso di me, sicuro di sé come lo è sempre stato, ma allo stesso tempo dal suo tentennare capivo che era un po’ timoroso, anche se non ne conoscevo il motivo.
Pronunciò il mio nome con la sua voce angelica a non appena qualche passo da me, prima che ci unissimo in un caloroso abbraccio.
Sembra strano, perché a volte avrei giurato di odiarlo e invece ora, mi ritrovo felice come non mai di averlo qui con me, tra le mie braccia. Speravo solo non fosse un sogno. E se così fosse stato avrei chiesto volutamente di non essere mai più svegliato.
Mi rendo conto solo ora che rincontrare qualcuno che credevi di aver perso per sempre è una gioia immensa, che ti riempie il cuore, ma allo stesso tempo una fitta profonda a quest’ultimo, perché la paura di perderlo di nuovo è più forte.
-Ma sei proprio tu? Tu non eri...
-Non proprio... ora ti racconto com’è andata.
 
FLASHBACK*
Tutto cominciò quel pomeriggio quando decidemmo di andare allo stadio, ma tu insistevi per vedere la mostra dei quadri di Van Gogh.
-Dai, lo stadio è qui dietro, le mostre sono cose da femminucce! – dissi cercando di convincerti ad andare a vedere la partita di calcio. Ma non c’era verso di farti cambiare idea! Sei testardissimo! – È meglio una bella partita di calcio che osservare dei quadri fatti da chissà chi.
-Dai, Dario! È molto importante per me. Ti prego accompagnami!
-Va bene.
Così decisi di accompagnarti a quella mostra alquanto noiosa per me, ma i tuoi occhi brillavano davanti ogni opera, ogni dipinto e fui lì che capii quanto tu amassi l’arte, quanto essa ti appartenesse e quanto tu dipendessi da lei.
Stavamo ritornando e una ragazza con cui stavo instaurando un bel rapporto mi scrisse un messaggio e il mio telefono squillò. Tu lo prendesti e leggesti il messaggio a cui, anche se non diceva nulla di male, reagisti in modo eccessivo e io credevo che avesse scritto chissà cosa e invece... volevi solo esagerare, volevi farmi spaventare.
Nella fretta, nell’impulsività di prendere il cellulare lasciai il volante e non mi accorsi della curva. La macchina continuò dritta e... ricordo che tu provasti a girare il volante, ma il tempo non era sufficiente ormai più.
Tutto successe in un attimo. La rete metallica che separava l’autostrada dalla pendenza della collina si ruppe e finimmo fuori. Fu un secondo che provai ad avvicinarmi a te, ma qualcosa me lo impediva: la cintura di sicurezza.
L’ansia pian piano saliva e con essa si avvicinava anche il pensiero di lasciare questo mondo, ma se così fosse successo, avrei voluto che almeno tu... rimanessi in vita.
Tolsi con grande velocità la cintura di sicurezza e ti abbracciai più forte che potevo spingendoti contro il sedile.
Pochi attimi che equivalsero a poco meno di mezzo secondo e finimmo per schiantarci dal tuo lato. Quando successe entrambi perdemmo i sensi.
Da qui in poi non so cosa successe, so solo che mi risvegliai insieme a papà qui, credevo fossi in paradiso e in effetti ci sarei andato se non fosse stato per lui.
Egli mi parlò quando ero ad un passo dalla morte e mi stampò sulla mano questa cicatrice magica con la quale il corso naturale della mia vita ricominciò a scorrere; tu invece avevi solo una grande cicatrice sul braccio destro e una piccolissima sulla fronte e quindi venisti mandato in un ospedale normale.
Per tutti questi anni avete creduto che io fossi morto, ma in realtà io c’ero e ti ho sempre osservato, Clay, in ogni singolo momento della tua vita... e quando stavi per porre fine alla tua vita... beh io... ho concentrato tutti i poteri della mia mente per indurre Aaron a seguirti: ho usato la mente così intensamente che ho finito per esaurirmi e sono svenuto, ma per te sarei andato oltre i limiti che l’uomo può raggiungere.
FINE FLASHBACK*
 
-Quindi tu sei sempre stato qui?
-Sì. Papà ha deciso di simulare la mia morte per salvarmi da nostra madre.
-E io? Perché mi avete abbandonato al mio destino?
-Non c’è stato tempo. Nostro padre è solo riuscito a inciderti la cicatrice di Alin per permetterti di entrare in questo posto.
-Ho capito. Beh, sono felice di esservi ora. Ma cosa succederà? Perché avete creato quest’associazione? In cosa consiste?
-La SASP è una specie di mondo virtuale: pensalo come “The Sims” in versione guerra. Noi siamo i “Sims” e possediamo poteri sovrannaturali: tu, ad esempio, puoi svolgere, risolvere, controllare tutto ciò che vuoi con il solo potere della tua mente. Non so precisamente perché è stata creata questa associazione, ma una cosa è certa: noi, attraverso dei segnali laser telecomandati dalla nostra mente, dobbiamo sconfiggere una specie di virus.
Clay continuava a non capire. Che cosa avrebbe mai dovuto fare? E che cosa sarebbe mai potuto succedere?
  
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