** Il ritorno - Parte 2
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Nella
spaziosa cucina di casa Evans c’era davvero un gran
fermento, per essere solo le nove di
mattina.
Qualcosa di grosso “bolle in pentola” si era sorpreso a rimuginare Max,
mentre uno strano brivido gli percorreva veloce la schiena.
Non era un buon segno.
Il fatto
che persino suo padre si fosse attardato
più del solito, gli fece ulteriormente
accrescere l’ansia, ma niente avrebbe potuto preparalo alla notizia che stava per
arrivargli…
La signora
Diane Evans, sua madre, apparentemente impegnata a preparare l’abbondante colazione aveva
buttato lì la deliziosa novità come se
fosse la cosa più naturale del mondo,
e lui… si era sentito mancare la
terra sotto i piedi.
In un secondo
si era visto gelare tutte le
speranze di proseguire un rilassante
periodo di riposo, sino all'inizio della
scuola.
Era vero… non
aveva combinato nessun pasticcio,
nessuno aveva scoperto ciò che era, ma la novità era comunque
catalogabile nella sezione disastri!
Con una smorfia di disappunto e la mano che stringeva ancora
la brioche al cioccolato sospesa a mezz’aria, aveva lanciato un disperato
sguardo a sua sorella, che naturalmente solo per fargli
dispetto, aveva replicato con un
sorrisino beffardo del tipo: “ ben ti
sta!”.
- Che cosa?... E quando arriva?
- Aveva sbiascicato alla fine Max,
con tono sgomento e bocca
piena, guadagnandosi un’occhiataccia da
parte di sua madre.
- Oggi, anzi il suo aereo dovrebbe essere già
atterrato. - Replicò Philip
Evans, consultando
il prezioso orologio da polso.
- Suvvia figliolo non è certo la fine del
mondo. - Aggiunse poi, battendogli amichevolmente una
pacca sulla spalla. - Per l’aeroporto
c’è almeno mezz’ora di strada e con il caldo di oggi e
la tua jeep scassata… non sarà un
viaggio piacevole, ma è pur sempre per una buona causa, no?
- Beh, detto papi... -
Aveva squittito Isabel, accarezzando con dolcezza la guancia del genitore. -
Sono d'accordo con te, quando si
tratta di una buona causa non si deve prestare
attenzione al disagio, giusto?
Max deglutì
con rabbia per replicare in maniera
piccata alla sorella, e per poco non si
fece andare di traverso tutto. - Parli
bene tu, poi sono io che devo
scarrozzarlo per la città e sorbirmelo! Non credo che verrà a rompere a te!
L'occhiata
che gli rifilò era di puro gelo, ma Iz se la fece
scivolare addosso come acqua.
- Oh,
cielo Max! Non ti riconosco più! -
Intervenne sua madre,
accomodandosi in tavola per servire
succo d'arancia appena spremuto. -
Una volta eri così contento di avere un ospite per casa.
- Sì,
ma non Josh, mamma....
- Oho-- ma come fratellino? Con lui
hai inscenato le migliori battaglie
" indiani contro esercito "
della tua infanzia, giù in giardino... – Lo incalzò Isabel,
evidentemente desiderosa di
vendetta dopo il piccolo “ scontro “ in camera quella stessa mattina.
Maz sbuffò alzando lo sguardo
al soffitto. - Già...
ovviamente dimentichi che io
finivo sempre per prendere un sacco di botte da lui, a cui si univa la giusta punizione che ci
rifilava mamma o papà a seconda della gravità di quel
che avevamo combinato o rotto...
Philip Evans sorrise furtivo, coprendosi la bocca con il tovagliolo, per
non farsi scorgere dal figlio.
Ricordava bene
tutte le marachelle che Josh aveva
combinato nell'estate passata presso di loro,
di quante volte lo avessero fatto
adirare, di come Diane lo chiamasse più
volte in studio per rimediare a questo o quell'altro
guaio che avevano ordito a spese di qualche vicino.
Max era
ovviamente un complice ignaro ed ingenuo,
essendo Josh la vera mente
"criminale". Suo
figlio, un buono per natura,
finiva per farsi invischiare nelle pestifere idee del cuginetto - più
grande di un anno - non riuscendo ad opporsi al suo carattere
dominante.
In un
attimo, mentre la moglie e i due figli
proseguivano nella conversazione,
ricordando ogni più svariato pasticcio
messo in pratica da Josh, Philip riuscì ad isolarsi,
tornando mentalmente indietro a quel tempo.
Che ricordi... che momenti...
Un parte di lui soffriva ancora
all'idea delle ramanzine e delle
punizioni che aveva dovuto affibbiare ai
due ragazzetti, mentre l'altra sorrideva al ricordo di quanto Max fosse
cresciuto dopo quell'esperienza, e di come avesse modificato ed affinato il suo carattere, in meglio.
O… di certo nessuno più, sarebbe riuscito a mettere i piedi in testa a
Max...
Non dopo aver
subito per un'intera estate la compagnia del suo " amatissimo cugino" : Josh Evans...
Chissà quanto
- quell'esperienza - di
rimando aveva modificato Josh... Si
chiese Philip
all'improvviso.
Non aveva più
visto il nipote da allora... ma adesso
finalmente avrebbe potuto riabbracciarlo!
- Papà... ehi.. Papà,
mi ascolti???
Philip Evans
si riscosse dai suoi tumultuosi pensieri,
fissando lo sguardo negli occhi di sua figlia - Sì, che c'è cara?
- Ma quanto si
fermerà?
- Oh,
credo un paio di settimane.
- A cosa dobbiamo questa improvvisa
decisione... Sono anni che lo inviate e che lui declina, educatamente. - S'intromise Max, che ormai perso l'appetito, aveva spostato il suo piatto di lato.
- Sta
andando a S. Franscisco per sistemare un po'
di cose per il college, e ha
pensato bene di fare una piccola deviazione.
Isabel fissò uno
sguardo furbo sul viso, dall'espressione invece assai depressa, di suo fratello Max.
- Nooo, ma hai
capito Maz!
Il College… Papy, ehi, papy non mi dire che andrà a Berkeley.
Fra un
boccone e l'altro l'uomo trovò il tempo di replicare alla giovane.
- Umh... credo
proprio di sì, ovviamente se non ho
capito male. - Quindi sollevando
un sopracciglio incuriosito, incalzò la
figlia - Perché, è una cosa che piacerebbe fare anche a te?
Isabel sfoderò un sorriso raggiante, mentre ogni altro argomento perse per lei
d'interesse - Ohhh… l'ho sempre sognato! Vorrei provare a fare domanda il prossimo
anno. Tu che ne pensi, eh??? Posso provare...
Pareva una
bimbetta eccitata e felice a cui era stato promesso il più grosso gelato del mondo.
Max si sentì
ancora più depresso. Lui non ambiva ad
andare tanto lontano.
Lui era
felice lì.
A Roswell...
Fra il
deserto e l'indolenza di una cittadina di in bilico
tra la notorietà e l'anonimato.
Fra le cose che lo avevano sempre circondato fin dalla sua prima
infanzia, o meglio dire, fin da quanto
era uscito dal "bozzolo".
Fra le persone che aveva sempre visto, tra vicini di casa o compagni di scuola. Persone che conosceva per nome, che riconosceva per strada e salutava ma di cui in realtà sapeva ben poco o
niente del tutto.
Già, a pensarci
bene non c'era un reale motivo che lo legava così strettamente a Roswell, eppure lui
si sentiva legato.
Un legame intrinseco e misterioso che spesso gli faceva
dimenticare che la sua reale casa
era altrove, spersa in quel mare di
stelle.
Abbassando
gli occhi sulla tavola imbandita, cercò
di sfuggire alla risposta che stava nascendo nei suoi pensieri.
Forse un motivo di quel senso di appartenenza
c'era. Forse era per via di ...
- Max,
tesoro, mi stai ascoltando? -
Max alzò lo
sguardo confuso sul volto di sua
madre. - Sì?...
-
Allora, vai tu all'aeroporto?
Arrendendosi
all’inevitabile, Max scattò in piedi
afferrando le chiavi della jeep scassata... come l'aveva definita il
padre.
Volente o
nolente, doveva svolgere questo
compito. Tanto valeva sbrigarsi e farlo
subito!
- Sì, certo mamma. Vado
io. Iz, vieni con me?
Si rivolse
con gentilezza alla sorella, desideroso
di trovare un po’ di sostegno morale, almeno da parte sua.
La ragazza
però era ancora immersa in una fitta conversazione con il padre, circa il
discorso del college e gli lanciò uno
sguardo distratto, replicando con
sufficienza. - No, scusami, ma ho un
sacco di cose da fare, poi devo finire
di organizzare per stasera... non ti ricordi?
Max si sentì, per l’ennesima volta in quella mattina, mancare la terra sotto i piedi!
Fu
probabilmente il suo sguardo smarrito a far sbottare Isabel.
Lei non tardò ad investirlo dapprima con un’occhiataccia omicida, quindi a
parole. - No! Non puoi esserti dimenticato del compleanno di Michael! E'
pazzesco!
Ebbene
sì,
Max aveva un sacco di poteri.
Poteri
strabilianti che neppure conosceva completamente né sapeva usare appieno.
In quel
preciso istante avrebbe voluto saper scomparire… per esempio.
E lo avrebbe fatto di certo,
se questo non avesse fatto venire una sincope ai suoi genitori.
Si era
dimenticato del compleanno di Michael… e ora aveva un
solo cruccio in testa: non certo
perché non aveva pensato ad uno
straccio di regalo, ma bensì perché
presagiva il trattamento che gli avrebbe riservato sua sorella, una
volta soli!
Michael era quello che lo
preoccupava di meno.
Lui detestava
pensare al suo compleanno... Non amava festeggiarlo, anzi era solito dire che " fare festa
quando si è un anno
più vecchi, è proprio una tipica assurdità da terrestri!" - sollevando con la sua filosofia non poche critiche da parte di Isabel.
- Bhe, io scappo all'aeroporto, ci vediamo più tardi... e… e sistemeremo tutto, giusto Iz?
Aveva
sbiascicato a mezza voce, all’improvviso felice di doversi allontanare
da casa per andare a recuperare l'odiato cuginetto...
- Ciao pa’, ciao ma’…
Isabel l'aveva seguito con lo
sguardo e se non fosse stato per il padre e la madre, tranquillamente seduti a chiacchierare con
loro, il fratellino sarebbe
stato incenerito.
- Uff... va bene! Come al solito dovrò pensarci io! - Rimuginò, mentre
con il suo spiccato senso dell'organizzazione, aveva già deciso come muoversi e dove
ordinare torta, pasticcini, organizzare
festa e comprare regalo... Ah, se
non ci fossi io...quei due... Sospirò ancora, mentre baciava il
padre che s'apprestava ad uscire per andare in ufficio ed iniziava a dare una mano a sua madre, sparecchiando
la tavola.
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