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Autore: elsie    09/09/2007    1 recensioni
"Potevano salvarsi entrambi, oppure perdersi entrambi. L'unica cosa che rimaneva da fare ora, l'unica cosa che rimaneva da fare era entrare nel fuoco..." Pyro incontra una ragazza al Xavier Institute e insieme dovranno prendere la decisione più importante della loro vita. Basato su X-Men 2. PyroOC
Genere: Romantico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ItF10

Disclaimer: Pyro e gli X-men non appartengono a me ma a Stan Lee e a Jack Kirby, alla Marvel Comics e alla Twentieth Century Fox, che ha acquistato i diritti per il film. Possiedo invece, dato che l’ho creata io, il personaggio di Meredith St.Clair.

Chiedo umilmente perdono in ginocchio per questo mostruso ritardo, ma il mio computer ha deciso di prendersi il fine settimana libero e di non funzionare più. Sono finalmente riuscita a sistemarlo, e spero che abbiate avuto la pazienza di aspettarmi. Ancora le mie più sentite scuse.

In questo capitolo c’è qualche riferimento al sesso. Non mi sembra di essere stata troppo esplicita né tantomeno volgare, ma forse il rating arancione in questa occasione è appropriato.

Buona lettura!

..............................................................................

Una leggera pioggia primaverile batteva contro i vetri delle finestre. Era ormai marzo inoltrato, e il gelo dell’inverno stava lentamente, seppure controvoglia, cedendo il passo al tepore della bella stagione. Da qualche settimana ormai non nevicava più; la maggior parte delle giornate erano serene, anche se fredde, e di tanto in tanto le nuvole venivano ad oscurare il sole, rovesciando sull’Istituto e sulle foreste di Salem Center una pioggia sottile e gelida.

This is the first day of my life
I swear I was born right in the doorway…

Nella camera lo stereo era acceso e il picchiettio della pioggia contro i vetri era coperto solo parzialmente dalla musica che ne proveniva, ma i due ragazzi sdraiati sul letto sembrarono non farci caso. Ci volle molto, molto tempo prima che mettessero fine al loro lungo bacio e si guardassero negli occhi.

“Sono contenta che oggi la lezione di teatro sia saltata.” disse Meredith passando una mano tra i capelli del suo ragazzo.

John sorrise contro le sue labbra. “Già. Devo proprio ringraziare il vecchio Wagner quando lo incontro nei corridoi.”

Meredith rise. “Magari non dirgli il motivo per cui lo ringrazi.”

La sua bocca trovò nuovamente quella di John e gli diede un bacio. Lui rispose con un altro bacio, e per un po’ le loro labbra furono troppo impegnate per parlare.

“Anche se, a pensarci bene, insistendo un po’ potrei farlo passare come esercizio di recitazione.” disse lei quando si interruppero per riprendere fiato.

Il viso di John si scurì immediatamente. “Meredith, se scopro che qualcun altro ti mette le mani addosso, anche solo per una recita, giuro che dovranno raccoglierlo con l’aspirapolvere.”

Meredith si tirò su e lo guardò dritto negli occhi. “Ehi.” lo rassicurò. “Guarda che nessuno a parte te mi mette le mani addosso.” Sorrise. “Nemmeno alla lezione di teatro. Nemmeno per finta.”

John le restituì lo sguardo, ancora serio. “Davvero?”

“Te lo giuro.” Meredith scoppiò a ridere. “O mio dio, sei geloso!”

“Ci puoi scommettere che sono geloso.” rispose lui con un ringhio basso e minaccioso. Le prese il viso tra le mani e le accarezzò gli zigomi coi pollici. “Dio, sei così sexy con i capelli sciolti...”

Meredith si abbassò su di lui e gli baciò la gola appena sopra il collo della maglietta. “Ti stai facendo venire delle idee sordide, John Allerdyce?” gli chiese scherzosamente mentre gli accarezzava le braccia e il petto attraverso il tessuto.

“Oh sì, molto sordide.” rispose lui. “Vieni qui.”

La tirò giù e la baciò con passione. Meredith rispose con altrettanto trasporto, assaporando la sua bocca e perdendosi nelle sensazioni che le regalava. Le mani di lui le accarezzavano i fianchi e la vita, mandandole brividi lungo tutta la spina dorsale. Quando si staccarono, John la strinse forte contro di sé, e Meredith sprofondò nel suo abbraccio, la testa appoggiata sulla sua spalla e le fronte premuta contro il suo collo. Respirò il suo profumo e si concentrò sui battiti del suo cuore, quasi a ritmo con il picchiettare della pioggia.

Adorava questi momenti con John. Passare del tempo sdraiati sul letto a baciarsi, o anche solo a tenersi abbracciati, la faceva sentire al settimo cielo. Solo la presenza, la vicinanza di John bastava a farla sentire così... così... completa. Appagata.

Non che non facessero anche altro. Gli abbracci e i baci innocenti non sempre bastavano, e per Meredith non c’era al mondo soddisfazione maggiore di vedere John inarcarsi e gemere sotto le sue mani e le sue labbra, e ricevere da lui lo stesso trattamento. Ma ancora non erano arrivati fino in fondo. E la ragione principale per cui ancora non l’avevano fatto era, per quanto la imbarazzasse ammetterlo, che lei non aveva mai fatto l’amore con nessuno prima.

Meredith aveva tentennato un po’ prima di ammetterlo. La terrorizzava il fatto che lui potesse considerarla una patetica sfigata e non volesse avere più nulla a che fare con lei. Finché, qualche tempo prima, mentre se ne stavano sdraiati sul letto in camera di Meredith, John le aveva accarezzato una guancia e le aveva sorriso.

“Tu sei vergine, vero?” le aveva chiesto.

Meredith era arrossita e aveva voltato la testa di lato. “Pensavo di essere io quella in grado di leggere nel pensiero.” aveva mormorato imbarazzata.

“Beh, io sono pieno di doti nascoste.” aveva risposto John con un sorriso malizioso.

Lei gli aveva dato una sberla sulla testa, ridendo. “Idiota.”

Anche John aveva riso. Poi le aveva accarezzato il viso, dolcemente, e aveva detto: “Aspetteremo.”

Meredith aveva messo la mano sopra la sua. “Sei sicuro?”

“Sì. Ovvio, dovrò trovarmi una ragazza con cui fare sesso nel frattempo, ma...”

Meredith l’aveva colpito con un cuscino. “Sei veramente un idiota. Un giorno di questi vedi se non mi libero di te...” aveva minacciato.

John l’aveva abbracciata. “No che non lo farai.” aveva detto piano, guardandola negli occhi.

Meredith l’aveva stretto a sua volta e aveva avvicinato il viso a quello di John. “Infatti, non lo farò.” aveva sussurrato contro le sue labbra, un secondo prima che si unissero.

Yours is the first face that I saw
I think I was blind before I met you
Now I don’t know where I am
I don’t know where I’ve been
But I know where I want to go

So I thought I’d let you know…

“A che stai pensando?” le chiese ad un tratto John.

Meredith gli baciò il collo. “A quanto sei meraviglioso.” rispose senza smettere di baciarlo.

John infilò una mano sotto la maglietta di lei e le accarezzò la schiena. “Però, mica male...”

Meredith si tirò su a guardarlo in viso. “Magari potrei...” iniziò con un sorriso malizioso. “sai... coccolarti un po’.”

Si morse le labbra e, con un finto sguardo di pudicizia, fece correre gli occhi sul corpo di lui fino ad arrivare al cavallo dei pantaloni.

John la guardò con desiderio, le pupille ingrandite a tal punto che avevano quasi inghiottito le iridi blu.

“Sembra un programma delizioso...” mormorò mettendole una mano dietro la nuca e attirandola verso di sé per baciarla.

Proprio in quel momento la porta si spalancò ed apparve Bobby.

“Il tempo è scaduto, piccioncini.” disse.

John afferrò un oggetto che stava sul comodino (Meredith non fece in tempo a vedere cosa fosse) e glielo tirò contro, fortunatamente mancandolo.

“Bobby, esci immediatamente!” urlò. “Eravamo d’accordo che mi avresti lasciato la stanza fino alle cinque!”

“Beh, a parte il fatto che sono le cinque,” rispose lui guardando l’orologio. “Meredith, la dottoressa Grey ti cerca. Ti vorrebbe parlare.”

John si lanciò in una serie di insulti diretti alla bella dottoressa dai capelli rossi. Sapendo di non avere scelta, anche se non aveva affatto voglia di vedere Jean Grey, soprattutto in quel momento, Meredith si sedette sul letto e cominciò ad infilarsi le scarpe.

“Beh, ti secca lasciarci ancora un minuto?” ringhiò John in direzione di Bobby, che sparì.

“Cosa pensi che voglia?” chiese poi rivolto a Meredith.

Lei alzò le spalle. “Parlare di Evie, credo. Non lo abbiamo ancora fatto.”

“Ehi.” John le mise una mano su una spalla e la fece voltare verso di lui.

“Non ci andare, se non ti va.” disse piano. “Non sei obbligata.”

Meredith scosse la testa. “Tu ti rifiuteresti di andare dalla Grey se lei ti facesse chiamare?”

John alzò le spalle. “Scherzi? Sai quante volte l’ho fatto?”

Meredith scoppiò a ridere. “Perché non mi sorprende?” rispose.

Si alzò in piedi e guardò John. “Bene, ci vediamo dopo.” disse, cercando di non sembrare troppo turbata.

Lui la raggiunse e le prese le mani. “Sei sicura di volerci andare?”

Meredith appoggiò la fronte contro quella di John e lo guardò negli occhi. “Sì.” rispose. Sorrise. “Posso tenere testa a Jean Grey.”

Lui le prese il viso tra le mani. “Lo so.” sussurrò, e la attirò a sé per un bacio.

****

“Vieni, Meredith, vieni pure.” disse la dottoressa Grey mentre le apriva la porta del suo studio. “Scusa per la convocazione improvvisa. Spero di non averti disturbata.”

“No.” mentì Meredith il più convincentemente che poteva. Sentì le sue guance colorarsi di rosso, e pregò tutti gli dei nel cielo che alla Grey non venisse l’idea di leggerle nel pensiero.

Fortunatamente la dottoressa sembrò non accorgersi del suo imbarazzo. Con un sorriso, la invitò a prendere posto su una delle poltrone e poi fece altrettanto. Ci fu un attimo di silenzio in cui Meredith si guardò in giro. Lo studio era identico a come l’aveva visto l’ultima volta che ci era stata, ma i vasi con le rose bianche erano spariti. Niente di strano, pensò Meredith: era troppo presto per la fioritura delle rose.

“Innanzitutto vorrei dirti che sono molto fiera di te, Meredith.” cominciò Jean Grey con il suo solito tono tranquillo. “Hai fatto enormi passi avanti da quando abbiamo parlato l’ultima volta, e non mi riferisco solo delle tue abilità. A proposito, stai continuando ad esercitarti nella lettura del pensiero?”

Per la seconda volta nel giro di due minuti, Meredith fu costretta a mentirle. “Certo.” disse.

Non si era più esercitata da molto, molto tempo, e non perché fosse troppo presa da John o altro; era fermamente convinta che la dottoressa e il professor Xavier si sbagliassero riguardo le sue capacità. Dopo mesi e mesi di inutili tentativi era giunta alla conclusione che la sua abilità fosse quella di manipolare la volontà (cosa che fra l’altro, le riusciva con straordinaria destrezza), e non di leggere nel pensiero; aveva provato a esprimere le sue obiezioni, ma la dottoressa Grey aveva liquidato il problema come una semplice mancanza di esercizio. Perciò, da qualche tempo a questa parte Meredith aveva deciso di prendere in mano la questione per conto proprio e risolvere i suoi problemi di telepatia semplicemente smettendo di occuparsene. Per il momento questo sistema funzionava a meraviglia, ma non era altrettettanto sicura che la dottoressa Grey ne avrebbe apprezzato l’ingegnosità. Sperò che non la mettesse alla prova.

“Bene.” disse Jean Grey, soddisfatta della sua risposta. Meredith tirò un sospiro di sollievo.

“Ma non divaghiamo.” continuò accavallando le gambe. “Cosa pensi di fare quando lascerai la scuola?”

Meredith aggrottò la fronte. “Scusi, non credo di aver capito la domanda.”

“Sei a metà del penultimo anno.” le spiegò la dottoressa Grey. “L’anno prossimo dovrai decidere cosa fare nella vita. Hai già qualche progetto, suppongo.”

Meredith si appoggiò allo schienale della poltrona, lievemente a disagio. Progetti? Non aveva mai fatto piani a lungo termine nella sua vita; tanto, a che sarebbe servito? Ora che la dottoressa glielo domandava, Meredith si rese conto di non avere la più pallida idea di cosa ne sarebbe stato di lei una volta terminato il liceo.

“Se devo essere sincera, no, non ho fatto nessun progetto.” rispose infine, vergognandosene un po’. Di solito la gente ha dei piani per il futuro.

“Beh, ad esempio, pensi di lasciare gli studi o vuoi andare al college?” chiese la dottoressa Grey come se stesse spiegando una cosa ovvia ad un bambino non proprio sveglio.

Meredith sorrise. Questa era una domanda retorica per lei, e la Grey lo sapeva. Non frequentava forse l’Istituto grazie al fondo d’assistenza che la scuola garantiva agli studenti con problemi finanziari?

“Io non ho un soldo.” disse. Questa volta era lei che si sentiva come se stesse esprimendo un’ovvietà. “Non credo proprio di potermi permettere il college.”

La dottoressa Grey guardò la sua scrivania, e una cartelletta color ocra che vi giaceva sopra si librò in aria e volò fino alla poltrona. La dottoressa l’afferrò mentre si trovava a mezz’aria e l’aprì, poi cominciò a scorrere velocemente i fogli che si trovavano al suo interno.

“Il professor Wagner è entusiasta di te.” disse continuando a guardare le pagine contenute nella cartella. “Dice che hai grande talento per la recitazione. Vuole affidarti il ruolo di Cordelia nella messa in scena di “Re Lear” che si terrà a fine anno.” Alzò di scatto la testa dalla cartella e guardò Meredith, vagamente preoccupata. “Questo non avrei dovuto dirlo. Fa finta di non saperne niente, ok? Ad ogni modo, quello che intendo dire è che molte università stanziano borse di studio per gli alunni che entrano a far parte delle loro compagnie teatrali. La Brown e la Columbia, solo per citarne un paio sulla East Coast. Se invece preferisci spostarti, so che sia la UCLA che Stanford hanno eccellenti programmi di teatro.”

Meredith la fissò, disorientata dalla grande quantità di informazioni che aveva appena ricevuto. Le ci volle qualche secondo prima di realizzare che la più importante non era che avrebbe avuto il ruolo di protagonista nella recita di fine anno. I nomi “Columbia” e “Stanford” le vorticavano nel cervello.

“Anche il professor Cassidy ti considera una delle sue migliori allieve.” proseguì la dottoressa Grey. “Ha detto che il saggio che hai scritto riguardo la condizione sociale dei mutanti nei paesi in via di sviluppo è tra i migliori che abbia mai letto.” Meredith ricordava quel tema: il professor Cassidy le aveva dato il massimo dei voti. “Secondo lui hai la stoffa per diventare una giornalista politica. Ho letto anche io il tuo saggio, Meredith, e, onestamente, concordo pienamente con lui. Sei libera di fare ciò che vuoi, naturalmente, ma penso che sarebbe un vero peccato se tu non sfruttassi il tuo potenziale.” Fece una pausa. “Comincia a pensarci. Dopotutto hai ancora tempo.”

Meredith guardò, senza davvero vederlo, il disegno del tappeto orientale ai suoi piedi. Avrebbe dovuto sentirsi felice ed entusiasta per quest’opportunità che le si presentava inaspettatamente davanti agli occhi, invece tutto quello che provava in quel momento era un crescente senso di soffocamento. Chi era Jean Grey per decidere della sua vita? Come si permetteva di scegliere al suo posto quale strada intraprendere, quando nemmeno lei lo sapeva?

“Credo che una laurea in giornalismo sia l’ideale per te. Sei una ragazza combattiva e piena di talento: sono sicura che una volta terminati gli studi troveresti lavoro in un giornale importante in men che non si dica. Il Washington Post, o il Times, magari anche alla CNN, quello che vuoi.” continuò con un’aria allegra. Meredith sentì il senso di soffocamento aumentare. “Sono convinta che non avresti problemi ad ottenere una borsa di studio da un’università prestigiosa. Ovviamente, anche la scuola ti darebbe una mano.”

“No.” intervenne Meredith cocciutamente, felice di trovare un’obiezione sensata da poter opporre. “Non voglio altri soldi dall’Istituto. Mi avete già pagato il liceo, non c’è bisogno che mi paghiate anche l’università.”

“Oh andiamo, Meredith, non essere sciocca.” disse la dottoressa Grey con un sorriso. “I soldi non sono un problema. Il fondo di assistenza non si esaurisce con il liceo; serve anche per aiutare gli studenti una volta che il loro ciclo di studi all’Istituto è terminato.”

Meredith rimase in silenzio a guardare il tappeto. Cominciava a provare ostilità verso la dottoressa Grey ed era arrabbiata con se stessa per questo. Dopotutto, le aveva appena offerto un’opportunità straordinaria per il suo futuro, un’opportunità che non si sarebbe mai sognata prima d’allora. Chiunque si sarebbe sentito entusiasta, e grato, di fronte alla prospettiva di poter diventare, un giorno, un giornalista di successo. Perché lei no?

“Meredith?” chiamò la dottoressa Grey. “C’è qualche problema?”

Lei scosse la testa stizzosamente. “No, nessun problema.”

“Non mi sembri molto entusiasta di quest’idea.”

Meredith alzò le spalle e continuò a guardare il tappeto. “Non lo so ancora, ci devo pensare. Ha detto lei stessa che c’è tempo .”

Ci fu una lunga pausa in cui Meredith evitò di incontrare gli occhi della dottoressa Grey, timorosa che volesse leggerle nel pensiero. Poi Meredith sentì la cartella contenente le sue note scolastiche atterrare dolcemente sulla scrivania, e con la coda dell’occhio vide la dottoressa piegarsi verso di lei, i gomiti appoggiati sulle cosce e le mani intrecciate.

“La tua vita è molto cambiata dall’ultima volta che ci siamo incontrate.” disse. Il suo tono era comprensivo, indulgente. “Vuoi che ne parliamo?”

Meredith guardò la dottoressa Grey. Dalla sua esperienza, sapeva bene che non avrebbe accettato un no come risposta. Avrebbe continuato ad attaccare finché Meredith non fosse stata troppo stanca per difendersi e le avrebbe detto ciò che voleva sentire. Doveva conservare le forze, giocare d’astuzia.

“Ok.” disse.

La dottoressa Grey sembrò stupirsi. Poi si riprese e le indirizzò un debole sorriso. “Sono stata molto colpita da come hai reagito alla morte di tua sorella. Se finora non sono intervenuta, è perché ho visto che hai opposto a questa perdita una reazione positiva, costruttiva, invece che negativa.”

Positiva? Meredith ebbe voglia di scoppiare a ridere. Se la dottoressa Grey avesse saputo quanto dolore e quanta rabbia l’assalivano ogni volta che pensava a Evie non si sarebbe mai sognata di dire una cosa del genere. Solo perché non andava in giro a far esplodere le finestre e a trasformare i suoi compagni in burattini non significava che non avesse voglia di farlo.

“So che ti dei fatta degli amici.” continuò la dottoressa Grey con un sorriso. “Sono contenta che la mia idea di metterti in camera con Jubilation Lee abbia funzionato.”
Fece una pausa e guardò Meredith negli occhi. “E so anche che tu e John Allerdyce vi frequentate.”

Meredith girò la testa di scatto verso la finestra, improvvisamente furiosa.

Bobby.

O lui aveva spifferato tutto ai suoi adorati amici professori, oppure la Grey le aveva letto di nuovo nel pensiero. Non sapeva dire quale delle due possibilità la mandava più in bestia.

“Non ho usato la telepatia, Meredith.” si affrettò a spiegare la dottoressa, indovinando metà di quello a cui stava pensando. “Non ne ho avuto bisogno. Sono la vicepreside, e in quanto tale ho la responsabilità degli allievi. Non faccio altro che tenervi d’occhio, tutti quanti voi, per tutto il santo giorno.” A Meredith sembrò di sentire una nota di stanchezza nella voce di Jean Grey. “Non c’è voluto molto per notare un cambiamento nel vostro comportamento. Certo, siete stati discreti, molto più discreti delle altre coppie. Ma a mensa vi sedete più vicini di quanto sarebbe necessario, vi cercate con gli occhi quando siete lontani, e di tanto in tanto vi sfiorate la mano nei corridoi.”

Dovette ammettere che la dottoressa Grey era una buona osservatrice. Non avevano mai pensato di nascondersi, lei e John, ma il fatto che ora Jean Grey stesse parlando della loro relazione come se la cosa la riguardasse la irritava oltre misura.

“Meredith, guardami.” disse la dottoressa con calma. Dovette fare un grosso sforzo per togliere lo sguardo dai rivoli di pioggia che rigavano i vetri delle finestre e posarli sulla Grey.

“Ti prego, non fraintendermi. Il fatto che tu e John abbiate una relazione è magnifico, Meredith, assolutamente magnifico. Per tutti e due voi. Credo che entrambi possiate trarne grande beneficio, e come ho detto prima, sono molto, molto contenta che tu abbia opposto una reazione costruttiva ad un evento così negativo come il suicidio di tua sorella.”

Ci fu un pesante silenzio in cui le due donne si guardarono negli occhi. Fu Meredith la prima ad abbassare lo sguardo.

“Ma voglio che tu ti renda perfettamente conto di ciò che la tua relazione con John comporta.” disse la dottoressa Grey.

Meredith tornò a guardarla in viso, confusa. “Non capisco.”

“Meredith, quando tu e John siete arrivati qui, entrambi avevate moltissima rabbia e moltissimo dolore in corpo. Una cosa totalmente comprensibile, visto le vostre esperienze passate.” Per un istante lo sguardo della dottoressa Grey si abbassò sul tavolino che separava le due poltrone. “Voi due avete affrontato situazioni attraverso le quali nessuno, nessuno è in grado di passare indenne, e le cicatrici che quelle esperienze vi hanno lasciato ve le portate dietro ancora oggi.”

Meredith si sentì come se le avesse appena conficcato una lama incandescente nella carne. Fece un enorme sforzo perché il suo viso rimanesse tranquillo.

“Se curate adeguatamente,” continuò la dottoressa Grey “te lo posso assicurare, un giorno quelle cicatrici spariranno, o saranno così minuscole che nemmeno vi daranno più fastidio. Ma il processo di guarigione è lungo e difficile, Meredith, e basta molto, molto poco perché quelle ferite si riaprano e buttino fuori tutto il male che tengono ancora in sé.” Tacque per un istante. “Sai come si origina un’esplosione vulcanica?” Il magma rimane in pressione sotto la superficie terrestre finché non trova un buco, una feritoia dal quale raggiungere il terreno. E quando ci riesce, erutta da sottoterra con una violenza tale da distruggere tutto ciò che ha attorno a sé. Persino il vulcano stesso, a volte. E una volta che il magma comincia a fuoriuscire, non c’è più modo di fermare l’eruzione.”

Meredith cominciò a provare un vago senso di nausea. Non voleva ascoltare quelle cose.

“In voi due c’è un grande potenziale, sia in senso positivo che in senso negativo. Ci sono due anime belle dietro quelle cicatrici, due persone che possono fare grandi cose per se stessi e per gli altri. Ma adesso, Meredith, tu e John state camminando sull’orlo del baratro, e voglio che tu lo sappia.”

Le ultime parole della dottoressa la colpirono come una sberla in piena faccia. Che intendeva dire? Perché parlava come se lei e John si trovassero davanti ad un pericolo mortale?

“C’è ancora troppo dolore, troppo risentimento in voi, in tutte e due voi, ma in John più che in te, Meredith. Sai perché ho voluto parlare con te da sola e non vi ho fatti venire insieme? Perché in questo momento sei tu quella con il maggior potenziale positivo. Meredith, se dovesse succedere...”
La dottoressa Grey sembrava veramente preoccupata ora, Il suo tono era teso ed allarmato.

“John non riesce ancora a superare tutta la sofferenza e tutta la rabbia che ha ancora dentro. Certo, lo so che anche per te è difficile, ma tu riesci a gestire questo fardello meglio di quanto ci riesca lui. Riesci ad essere una presenza positiva, sia per te stessa che per John. Per questo dico che sono contenta che vi frequentiate, perché credo che la tua presenza e il tuo affetto possano fare per lui molto più di quanto io possa fare in mesi e mesi di colloqui. Ma devi stare molto, molto attenta, Meredith. Esattamente come tu tendi al positivo, John tende al negativo. Al nichilismo. All’autodistruzione.”

Jean Grey si fermò e guardò fuori dalla finestra. Finalmente la pioggia aveva smesso di cadere, e un timido raggio di sole tentò di gettare la sua debole luce nella stanza. Era uno sforzo inutile, comunque. Presto ci sarebbe stato il tramonto, e il sole avrebbe dovuto scomparire.

“E basterà poco, pochissimo, perché la sua tendenza alla autodistruzione inghiotta anche te. Per questo ti ho chiamato qui, Meredith. Se ciò dovesse accadere, se l’odio e la rabbia dovessero prevalere dentro John, tu dovrai riequilibrare la bilancia e sforzarti di riportare entrambi verso il positivo, perché John da solo non è in grado di aiutare se stesso. Ma c’è la possibilità che tu non riesca a farlo.”

Meredith guardò la vicepreside e cercò di dare un senso alle sue parole. Aveva la vaga impressione di sapere già dove sarebbe andata a parare, e anche se il suo istinto le diceva di prendere la porta e andarsene da quella stanza il più velocemente che poteva, il peso di quello che la dottoressa Grey le stava dicendo la teneva inchiodata sulla poltrona.

“Potete perdervi entrambi, Meredith, oppure salvarvi entrambi. Forse un giorno, non oggi, non subito, ma un giorno, tu dovrai prendere una decisione. E allora voglio che mi prometti che se sarà necessario, prenderai la decisione giusta e ti staccherai da John, perchè se non lo farai, Meredith, lui ti trascinerà sotto con sé.”

Finalmente, ci fu silenzio. Forse fu proprio quel silenzio così pesante, molto più che le parole della dottoressa, a far nascere dentro Meredith una furia cieca, gelida, che aumentava sempre più ogni secondo che quel silenzio si prolungava.

Jean Grey non aveva scavato a mani nude nel terreno ghiacciato, facendosi tagliuzzare le dita dal gelo e dai sassi. Dov’era lei, dov’erano tutti quanti, quando John si era inginocchiato accanto a lei nella neve per aiutarla a seppellire Evie?

“So che la tua recente perdita ti ha sconvolta, ma...”

“Credo che lei si faccia troppe illusioni, dottoressa, riguardo a quello che sa di me.” Meredith era probabilmente più infuriata in questo momento di quanto lo fosse stata durante tutto il colloquio, eppure il suo tono la sorprese per quanto fu calmo e gelido.

Jean Grey la guardò come se Meredith l’avesse appena schiaffeggiata. “Meredith,” balbettò “io posso capire quello che provi...”

“Davvero?” Le parole le uscivano di bocca prima che potesse fermarle. “Aveva una sorella che si è suicidata perchè non ce la faceva a vivere da mutante tra gli umani?”

La dottoressa sembrò esitare di nuovo. “Questo no, ma...”

“Allora non è proprio possibile che lei capisca.”

Ci fu di nuovo silenzio. Meredith guardò la dottoressa Grey dritta negli occhi, come se volesse sfidarla a leggerle nel pensiero. La vicepreside resse lo sguardo, ma non tentò nessun trucco telepatico.

“Hai ragione.” disse infine la dottoressa Grey. Il suo tono era di nuovo calmo e controllato. “Ti chiedo scusa. Non posso sapere cosa provi riguardo alla morte di tua sorella, nessuno può. Ho scelto le parole sbagliate, e mi dispiace.”
Sospirò. “Meredith, voglio solo che tu ti prenda cura di te stessa.”

“L’ho sempre fatto.” rispose.

“Questo lo so. Ma non vuoi lasciare che io ti aiuti?” chiese la dottoressa. Meredith guardò un punto imprecisato oltre la sua spalla.

“Lo sta già facendo. Con l’Istituto, le lezioni, e tutto il resto. E’ venuta fino a Baltimora a prendermi.” disse infine.

Di nuovo la dottoressa Grey sospirò. “D’accordo.” disse mentre si alzava. “Penserai a quello che ti ho detto, vero? L’università... e anche tutto il resto?”

Meredith rimase seduta e non rispose. Improvvisamente un’idea le attraversò il cervello.

“Chi lavora nelle cucine?” chiese.

La dottoressa la fissò, totalmente spiazzata dalla domanda. “Abbiamo assunto delle persone esterne alla scuola.” rispose. “Una cuoca e due ragazze che l’aiutino. Perché mi fai questa domanda?”

Meredith sorrise tra sé e sé. “Non importa.” rispose.

...................................................................................

Eh eh eh! (risatina cattivella). Niente divertimento per il povero John, no no! (John: “Noooooooo maledetta! Giuro che questa me la paghi! Appena mi capiti sotto tiro ti faccio entrare in un posacenere!” ... Zitto, schiavo! O mando lì Wolverine in pieno assetto da battaglia!) Scusate, stavamo dicendo? Ah sì...

La canzone che Meredith e John ascoltano mentre... ehm... chiacchierano del più e del meno sul letto di lui è “The First of My Life” dei Bright Eyes. Ecco la traduzione delle strofe riportate nel capitolo:

“Questo è il primo giorno della mia vita
Giuro che sono nato proprio qui sulla porta...

[...]

Il tuo è il primo viso che ho visto
Penso di essere stato cieco prima di conoscerti
Ora non so dove sono
Non so dove sono stato
Ma so dove voglio andare.

E allora ho pensato di fartelo sapere... [...]”

Volevo ringraziare in maniera particolare lia, che ha lasciato una bellissima recensione che mi ha commossa. Grazie davvero tanto! Ho creduto molto in questa fanfiction e sono felice che qualquno l'apprezzi. Soprattutto sono felice per le tue belle parole su Meredith! Come "mamma" letteraria sono molto sensibile su questo argomento. Spero che contiuerai a seguire la mia storia, e nel frattempo ti restituisco sinceramente riconoscente la stretta di mano, e se non ti offendi ti mando anche un bacio.

Colgo l'occasione per salutare anche chiunque altro segua questa fanfic, in maniera particolare Gertie e Star_Dust_Daga (un bacione anche a voi, ragazze!). Mi scuso di avervi fatte aspettare, ma come avete visto non è dipeso dalla mia volontà.

Bene, e con questo abbiamo finito. A presto con il capitolo 11!

  
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