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Autore: MegamindArianna    24/02/2013    1 recensioni
"Roxanne non capisce, Megamind fin troppo e Metro Man non è più lo stesso... un salto tra l'alieno blu e la giornalista per attraversare strani accaduti..." E' come una raccolta e per ogni capitolo un personaggio. Spero vi piaccia! PS: se siete a favore del Metro Man angioletto... questa FanFiction forse non mi porterà tanto successo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Megamind, MetroMan, Minion, Roxanne Ritchi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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MEGAMIND – Disposti anche a questo

 
Le orecchie mi fischiavano. Un tocco leggero mi fece venire i brividi. Vidi immagini diverse crearsi all’interno della mia mente.
 
Forse era Metro Man, che fingeva di smettere di picchiarmi solo per poi riprendermi e sbattermi contro un albero; Minion, accorso a salvarmi dopo aver sentito una scintilla avvertirlo del pericolo.
 
Ormai ogni speranza era vana. Qualsiasi cosa pensavo mi faceva credere di sbagliare.
 
Sospirai quando il fischio continuo cessò. Non ero riuscito a sentire più nulla, comprese le bastonate. Riuscii però a realizzare che i dolori erano rimasti gli stessi; non ce n’erano di altri.
 
Quella mano non si toglieva. Era ferma e calda, leggera e suadente. Massaggiava pian piano la spalla e il dolore sembrava sparire; quel dolore nel cuore sembrava attenuarsi e le ferite non facevano più male come prima.
 
“Ehi?” mi sentii dire sopra la spalla. Una voce delicata, unica, sensuale. La sua voce. La voce che avevo sempre sognato ascoltare senza quel solito accento sarcastico, pieno di scherno e indifferenza. “Va tutto bene?”
 
Mi venne da ridere ma le costole rotte mi impedirono di farlo decentemente. Mi uscì una specie di fischio. “Stavo meglio prima…”
 
“Questo lo avevo capito.. era solo per aprire un dialogo…”
 
Chiusi gli occhi. Non volevo girarmi, sia per il dolore alle ossa che per la vergogna. “Cosa devi chiedermi?” dissi cercando di appoggiarmi sul gomito sinistro senza successo.
 
“Se ti giri te lo dico…”
 
Scossi la testa. “No… non voglio essere visto…”
 
Il suo respiro pesante mi scaldò il collo “Forza… girati…”
 
“Ho detto che … non voglio essere visto…. Me ne vergogno…”
 
“Di cosa devi vergognarti? 
 
“Delle risate, del mio stato e della sconfitta.” Dissi ricacciando indietro quell’amaro delle parole. “Questa non è stata una sconfitta come le altre; è stato una specie di sacrificio. Non pensavo che per il bene degli altri si è disposti anche a questo.” Aggiunsi riappoggiando il braccio a terra.

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