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Autore: PJ_    25/02/2013    2 recensioni
Ulster è nata a Belfast, ha occhi di ghiaccio ed un cuore di terra*.
Questa storia parla di lei, di come riesca a convivere con i Guns, accudendoli ed amandoli.
Tutto riesce fino al momento in cui si troverà davanti ad una scelta: l'amore o il 'dovere', dove il dovere è quello di una groupie.
Potrà aiutare il suo chitarrista ad uscire dalle dipendenze o rimarrà ligia al dogma "sesso, droga e rock n roll"?
*In un giorno di pioggia - MCR
Genere: Drammatico, Erotico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nancy si stirò, scendendo agilmente dal letto.
Estrasse gli artigli e li conficcò nel tappeto bordeaux della stanza, muovendo sinuosa la coda.
Entrò con passo felpato in cucina, lanciando uno sguardo denigratorio ai cinque musicisti.
Axl, seduto a gambe incrociate sul tavolo, tentò di riprodurre quel suono che tanto piaceva alla gatta, cercando di attirare la sua attenzione.
“Rinuncia Axl, è la mia gatta” asserì Ulster, sollevando la micia di peso e stringendola al petto.
“Attenta bambina, potrebbe sciupare il tuo idolo” la schernì il cantante, indicando la faccia sgualcita di Che Guevara che campeggiava, nero su rosso, sulla t-shirt con cui la giovane girovagava per casa.
“Zittoyankee” rise questa alzando il dito medio e lasciando scivolare l’animale sul pavimento.
 
 
Tirò una linea dritta e decisa di kajal.
Marcò bene il rossetto color vinaccia sulle labbra.
Si specchiò soddisfatta, sfiorandosi i capelli.
Zampettò sul gelido pavimento fino alla scarpiera, estraendo un paio di decolleté rosso fuoco.
Un fischio ammirato la colse alle spalle, una mano le sfiorò sensuale la coscia, lasciata nuda dal microscopico vestito.
“Vuoi passare del tutto inosservata stasera piccola?”, le domandò sornione Slash.
Lei rise, mostrando lui i denti. “Faccio solo il mio lavoro, capo.”
Una risata proruppe nell’ambiente, il chitarrista buttò indietro la massa di ricci ribelli.
Afferrò la vita di Ulster, tirandola a scontrarsi col proprio bacino e posando le grandi mani da musicista sui suoi glutei.
La ragazza alzò un sopracciglio, divertita. Per mordere le labbra di Slash non ebbe bisogno di allungarsi, data la presenza dei tacchi vertiginosi, semplicemente strinse fra i denti la pelle morbida, passandovi sopra la lingua.
Lo lasciò andare dopo poco, sorridendo: “Vuoi del ghiaccio? Sembri scosso…”
 
“Allora, massima serietà ragazzi. Ci siamo capiti?”
La voce di Josh risuonò dentro la stanza, sembrava stranamente duro e severo.
“Non fate scherzi Gunners, altrimenti ce la vedremo brutta. Ce la vedremo brutta tutti. Ok?”
L’uomo si passò una mano sul volto stanco, gli occhi coperti da un paio di occhiali scuri.
“Questa non è la vostra serata, è la serata di Wolf. Dobbiamo ricordarci di lui, dobbiamo ricordarlo tutti insieme. Non voglio minchiate, gente sballata, parolacce nel discorso e…”, lo sguardo del manager si spostò sul cantante della band, intento a rollarsi una canna,
“Axl, ti prego, non fare sceneggiate del cazzo.”
Come ultimo monito il signor Given gettò il drumino appena acceso a terra, prestandolo con stizza.
 
Il tappetto, immancabilmente rosso, si stendeva davanti a loro, infinito.
Centinaia di giornalisti scattavano foto, si allungavano verso di loro come a voler catturarne l’aura magica e dannata.
Izzy Stradlin, apparentemente distratto, gettò sulla folla un saluto sghembo, poggiando la mano pallida sulla spalla di una giovane giornalista, convincendola a seguirlo nel backstage –più tardi- per una sorta di intervista.
L’aver udito il breve scambio di battute fece ridere di gusto l’altro chitarrista, i ricci fluttuanti nell’aria calda di Los Angeles.
Stringeva fra le mani una Marlboro accesa, dei piccoli anelli di fumo si libravano nel cielo scuro. Si chiedeva da qualche ora ormai dove fosse Ulster ma, senza crearsi molti problemi, si ritrovò abbracciato in modo decisamente più che amichevole una fan poco pudica, strizzando l’occhio ad uno sconsolato Josh Given*, intento a parlare con un giornalista in disparte.
 
Un rombo si spense tristemente nel parcheggio di un minimarket.
Ulster sbatté la portiera del suo pick-up, controllandosi le unghie laccate di scuro.
Ammirò il proprio riflesso nel finestrino dell’auto e sorrise compiaciuta.
La musica inondava le strade di quella parte di città, così in e così poco praticabile da chi
-come lei- a malapena si poteva permettere la pizza fuori casa una volta a settimana.
Gli altissimi tacchi rosso fuoco sembravano illuminarle la via, aveva qualcosa di blasfemo negli occhi, qualcosa che non sfuggì al bodyguard vicino all’ingresso.
“Ulster, qual buon vento…” sorrise avvicinandosi.
“Ciao gioia” sorrise lei sorniona, “Che dici, mi fai passare?”
L’uomo rise, sfiorandole il braccio con falsa casualità, “Fagli neri, tigre!”
 
Un passo dopo l’altro, ancheggiando in modo vergognoso, sul corpo sinuoso di Ulster si posarono molti riflettori. Sembrava incendiare la notte con ogni sorriso.
“Ul!” esclamò sconvolto Duff, guardandola avvicinarsi, “Sei uno schianto piccola!”
Lei si imporporò lievemente, increspando le labbra scure.
“Che dici man, passo inosservata?” sussurrò all’orecchio di Slash, intrecciando l’indice coi suoi capelli.
L’uomo deglutì rumorosamente, inclinando il capo verso di lei e catturandole le labbra in un bacio famelico.
Tizzoni ardenti brillarono nelle sue pupille mentre squadrava il fisico della giovane fasciato in un piccolo abito di falsa pelle. Le cosce toniche erano totalmente scoperte e attiravano molte occhiate fugaci. 
“Direi di no” borbottò poi, cingendole la vita con un braccio.
L’interno del teatro era caldo e accogliente, decine di celebrità della musica rock sfilavano davanti agli occhi grigi della giovane, alzando il cappello di tanto in tanto.
Ulster accavallò le gambe, seduta su di una poltroncina rossa. Sorseggiò il suo cocktail alle fragole storcendo il naso di tanto in tanto, intercettò poi gli occhi nocciola del barman:
“Una Guinness ce l’hai?”
 
Uscire dalla cerimonia fu, per tutti, un gran sollievo.
Sei sigarette si accesero all’unisono,  Ulster prese Axl e Steve a braccetto e si avviò a grandi passi verso l’uscita. “Hai chiamato Mambo Tango per la cena di domani, Ul?” chiese frastornato Duff, gli occhi pesti e le occhiaie sempre più scure.
La giovane annuì, “Se volete portare delle donne non ci saranno problemi. Alle 22.00 lì.”
“E per la sala prove bimba? Come siamo messi?”
Nuovamente Ulster annuì, stanca. “Due settimane con lo sconto soci. Avete finito?!”
I cinque musicisti risero di gusto, accompagnando la giovane al pick-up.
“Ok, gente, ci vediamo a casa…”
 
Il pick-up era fermo nel posteggio da quasi un’ora quando il portone fu chiuso per la seconda volta. Ulster era ormai completamente struccata ed indossava di nuovo la maglietta del suo amato Ernesto. Coccolava pigramente Nancy, stesa sulle sue cosce nude.
“Ciao piccola!” esclamò Slash, decisamente brillo, chiudendo la porta in faccia ad Izzy.
“Coglione ha chiuso fuori Stradlin…” sbottò Axl, incenerendo il chitarrista con lo sguardo.
Slash prese la mano ad Ulster, “Andiamo in camera mia, baby?”
Lei scosse il capo, “Sono stanca Saul. Non mi va.”
Allo sguardo spaurito dell’uomo scoppiò a ridere istericamente finché questo, irritato, non la sollevò come un sacco, gettandosela in spalla.
Non durò molto ed entrambi caddero a terra ubriachi e pieni di lividi.
“Che dici, restiamo qui stallone?” domandò la ragazza, iniziando a mordere il collo dell’uomo.
Il corridoio era ormai vuoto, perfino Nancy si era affidata –non senza timore- alle cure di Steve, lasciando soli i due pervertiti.
Neanche il tempo di porre la domanda che erano già state ribaltate le posizioni e Slash, già sfilata la camicia, si trovava sopra la giovane, intento a baciarla.
Ulster intrecciò le mani ai capelli del musicista, attirando con forza il proprio viso al suo, si baciarono per diversi minuti, mordendosi le labbra a vicenda.
Slash sfilò rapido la maglietta alla ragazza ma non fece in tempo a chinarsi sul suo intimo che un conato di vomito lo travolse in pieno.
Una goccia di sudore planò leggera sulle labbra di Ulster mentre il chitarrista si chinava su sé stesso tentando di trattenersi.
I capelli corvini scivolarono lungo le spalle della mora mentre si aggrappava alle spalle del ragazzo, “Slash? Che hai?” domandava ripetutamente.
Un fiotto di vomito si rovesciò sul pavimento, sporcando e schizzando sia la maglietta del Che che il muro tinteggiato di fresco.
Entrambi, accasciati sul pavimento, boccheggiarono.
Slash scivolò definitivamente a terra, il fiato troppo, troppo corto.
Ulster, indossando solo intimo, afferrò il telefono componendo un numero troppo noto.

 
*Ho chiamato così il loro fittizio manager, giusto perché è una storia leggermente fuori dagli schemi della realtà ;)




Ma heiiiiii, ciaaaaao! Grazie a Chara e Filthy Neon Angel, grazie girls *-* Grazie a Nik, grazie a chi legge e a chi magari si convincerà col secondo a recensire! Un abbraccio, PJ_
  
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