Serie TV > Due South/Due poliziotti a Chicago
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Autore: zorrorosso    27/02/2013    0 recensioni
[Due South]
Un ragazzo si appresta ad interpretare un monologo all'auditorium di Second City, ispirandosi ai personaggi di Due South.
-Tratto dalla pt.1- (...) I migliori comici canadesi sono passati da qui, e tanti anni prima molti di loro hanno poi sfondato nella televisione e nel cinema nordamericano per essere poi conosciuti in tutto il mondo.
Le vecchie glorie che vestivano alla moda di allora.
La stessa che veste lui in quel momento, piu’ di vent’anni dopo.
Un omaggio ad un tempo ormai finito.
Uomini e donne che nel corso degli anni erano morti, erano profondamente cambiati, o avevano fatto la storia del cinema ed ora la stavano imbarazzando nel tentativo di rievocarla, bella e selvaggia come era stata allora.
Per questi, Second City fu un trampolino di lancio perfetto.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Due South: tales from Lars'
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This last time at Second City.
Pt.2

                                                         
 
Comincia una nuova mattinata di duro lavoro...
Ray e’ un detective della polizia di Chicago. E' molto impegnato.
 
Alla stazione di polizia c'e' un po' di confusione, ci sono alcuni agenti ed alcuni medici che vanno e vengono.
Ray, allarmato da quei camici bianchi, entra di corsa, si toglie il trench e controlla alcuni fogli sulla sua scrivania: "Elaine che succede?"- chiede velato di preoccupazione.


"Oh niente Ray, hanno solo rubato un' auto e Welsh vuole vederti, corri, ti cerca da piu' di due ore..."- risponde lei.
Elanie, la sua collega dell'archivio, scrive a macchina e lo segue con lo sguardo, abbastanza curiosa. Il fatto di per se era banale, ma la preoccupazione di Welsh e quei medici lo rendono importante.
Ogni detective impegnato, dev'essere sempre in confidenza con un agente dell'archivio. E’ una regola che si e’ imposto lui stesso per non sprecarsi nel fare troppe ricerche nei database e negli archivi personalmente.
Quegli spessi computer grigi sono ancora troppo lenti per i suoi gusti.
 
Quando entra nell'ufficio del capo, con Welsh ci sono due poliziotti e un infermiere: Welsh, il suo capo. Ogni detective impegnato ha un capo seccatore.
Welsh volge lo sguardo da quelle persone a Ray:
"Bene questo e’ il detective che si occupo’ del caso di Boe tre anni fa, si chiama Ray Vecchio"- dice il capo con tono serio.


Uno dei due poliziotti lo guarda severo:
"Uhm... Vecchio, si ricorda di Alfred Boe, l'uomo che ha arrestato e incarcerato?"- Ray lo guarda con una profonda ruga in mezzo alla fronte.
"Certo, era un famigerato spacciatore di Chicago, lo conoscevano in tanti... Perche’?!"- la domanda e’ in parte retorica, teme gia’ quale possa essere la risposta.

"E' evaso, Ray. Si e’ fatto aiutare da un altro spacciatore, non che omicida, un certo Nilsen. Si sospetta che quest’ultimo sia canadese, ha avuto modo di avere un'auto grazie a un certo John Suoper, un tossicomane, presumibilmente in cambio di eroina. In realta’, una volta presa l'auto i due l’hanno immobilizzato con un colpo, fortunatamente per noi, non e’ mortale.
Ora Suoper e’ricoverato. E’ in condizioni critiche, comunque ci aspettiamo che possa parlare"- spiega Welsh guardando i camici bianchi in cerca di conferme, ma questi non sono del tutto convinti della sua affermazione.
 
Ray da’ subito per scontato il fatto che avrebbe dovuto interrogare Suoper. Nella buona o nella cattiva sorte, sapere tutto quello che c'e’ da sapere su questo Nilsen e capire quali interessi avrebbero legato Boe a Nilsen e dove i due si sarebbero diretti sull'auto rubata.
Allontanatosi dall’ufficio di Welsh, si avvicina alla scrivania di Elaine con il collo allungato verso l’ufficio, assetata di informazioni e pettegolezzi:
"Un furto d’auto, Elaine, proprio come ti hanno detto!”- sbotta Ray verso la donna curiosa.
Continua aggiungendo:
“Trovami tutto quello che puoi sugli ultimi anni di Alfred Boe e John Suoper, Boe era in carcere, ma potrebbe aver trovato contatti all’esterno. E voglio sapere anche se e’ stata rintracciata l'auto rubata da Suoper..."- gli ordini di Ray sono precisi.
Sa lavorare seriamente, quando vuole.
"Che auto, Ray?"- chiede lei, rievocando la serieta’ richiesta da lui.


Ray, pero’, distoglie lo sguardo da Elaine, come distratto da qualche cosa che sta accadendo.
"L'auto e’ una Crysl..."- la sua voce rallenta fino ad interrompersi, poi continua,  ma viene distratto da una voce bassa e femminile proveniente da un'altra scrivania.
"...Una Crysler del 1990 nera, targata Illinois A5N48T"- dice la voce. Una conversazione tenuta li’ vicino da altre persone sulla stessa macchina.
E' Alexandra, che sta descrivendo la stessa macchina che aveva rubato Suoper:
"Puo’ ripetere? Mi sono distratto! Una Ford?"- chiede una voce maschile, affatto interessata alla descrizione cosi’ fondamentale.
 "No agente non una Ford, una Crysler: Charlie, Romeo, Yankee , Sier..."- la voce di Alexandra accennava alla cantilena. Manteneva la calma abbassandola.
Prima in quell’ufficio ed ora in questo: sembrava relativamente provvista di pazienza, quando si trattava di questioni burocratiche cosi’ tediose.
 "Si una Crysler ho capito! Non sono sordo! E la targa?"- dice l’agente con insofferenza.
"Illinois A5N48T"- risponde la donna, apparentemente ancora calma.
"Un attimo signorina attenda. Si?! Pronto... Oh ciao Jake, Si sto lavorando..."- l’agente sembra subito distrarsi e la telefonata non sembra affatto importante.
Alexandra abbassa lo sguardo rassegnata, e ricomincia quel suo strano gioco degli sguardi, lo stesso che sembrava fare nell’altro ufficio, poche ore prima. Sbuffa, o fa soffiare un po’ d’aria dalla bocca, come se sbuffasse e poi guarda l'agente con vaga impazienza. L'agente riattacca il telefono fissandola.
"Dicevamo? La targa?"-  chiede annoiato.
"Gregon, ormai te la potrebbe tatuare sul braccio quella diavolo di targa!"- urla Ray dall'altra scrivania, ha sentito tutto e il numero di targa di quell’auto e’ lo stesso che lui tiene in mano e legge subito da un foglietto.
"I-l-l-i-n-o-i-s-A-5-N-4-8-T!"- grida l’uomo, impaziente, sbattendo il foglietto sul piano. Alexandra si alza in piedi e lo guarda sorpresa:
"Signor Ray! Lei qui? E' un agente?"- chiede voltandosi quasi di scatto.
"Detective Vecchio, piacere di conoscerla..."- dice lui tendendole la mano.
Alexandra sorride, batte i talloni ed abbozza una formalita’ comune:
"Alexandra Danielle Turner della R...”- si interrompe stranamente- “Ah lasci stare! molto lieta.”- esclama.
Come notando qualche cosa che non avesse alcun senso attorno a lei, Alexandra interrope quell’accenno di saluto militare per una piu’ normale stretta di mano.
“Beh vede, questa notte mi hanno rubato la... La macchina..."- dice interrotta e non del tutto serena.
"Adesso capisco il tram e la pioggia!”- esclama Ray.
“Avrebbe dovuto accettare quel passaggio!”- la rimprovera l’uomo con soddisfazione.
“Venga con me, ho alcune domande da farle... Riguardo a quell’auto e alla persona che l’ha rubata..."- continua cercando di invitarla verso la sua scrivania ed abbandonare quella del collega distratto.
 "Mi spiace Vecchio, non puoi. La signorina Turner ha omesso di dirti che appartiene al corpo speciale della Reale Polizia Canadese per la regione dell' Ontario, non puo’ rilasciare interrogatori al di fuori del territorio canadese. E’ coperta da immunita’ diplomatica. Hai presente, Ray?"- risponde Gregon, con gli stessi modi che poco prima lui gli aveva rivolto.
 
Alexandra guarda l'agente, prima cosi’ distratto, ma adesso cosi’ attento nel provocare il temperamento di Ray, con un arrabbiato stupore.
Tuttavia, Ray non sembra affatto turbato da quelle affermazioni, rimane quasi del tutto  indifferente, anzi soddisfatto, solleva le spalle e sorride:
"E a me cosa mi importa? Allora sbrigati! Finisci questo verbale in fretta e ci penso io a la portarla sul suolo canadese, se e’ li’ che deve essere interrogata!"- dice contento.
 
***
 
Al Consolato quel giorno le cose vanno piu’ o meno come al solito.
 
Thatcher e’ uscita, forse non e’ neppure rientrata.
 
Il piantone rimane immobile, nonostante l'acqua.
 
Ben e’ da poco rientrato, per accertarsi che il suo capo non abbia lasciato nulla in sospeso.
 
Notando quel vuoto degenerante, stava anche cercando di uscire passando del tutto inosservato.
Non c’e’ molto da fare al Consolato.
Cammina in avanti, voltandosi spesso indietro con cautela, gli stivali sul tappeto di lana rossa sono morbidi e silenziosi, e’ facile essere silenziosi per uno come lui, certo e’ piu’ difficile non farsi notare con quell’uniforme addosso.
 
Ray entra veloce, senza bussare o suonare, senza fermarsi davanti al piantone, corre sulla gradinata ed apre subito la porta quasi urtando contro Ben, voltato ancora indietro, che sta cercando di uscire quasi allo stesso momento, senza fare troppa attenzione a quello che accade di fronte a lui.
 
"Oh Fraser, ti stavo cercando! Ho bisogno di te..."- dice veloce ed affrettato, come se stesse parlando ad un amico di sempre.
Fraser, un uomo forse dell'eta’ di Ray, forse qualche anno di piu’, porta pero’ meglio i suoi anni.
Ray, al contrario, li dimostra tutti e forse qualcuno di piu’, ma Ben ha il dono di avere un volto eternamente giovane. Ha superato di lunga i trent’anni, ma mai un capello bianco e sempre una folta chioma. E’ piu’ basso di lui e di corporatura piu’ robusta, ma quella rossa uniforme ufficiale, che porta praticamente sia di giorno che di notte, lo slancia e lo fa sembrare molto piu' alto.
Sembra quasi un soldatino di piombo: impeccabile simbolo di uno stato non troppo lontano, fatto di lande gelide e desolate, di tundra, licheni, di laghi e di acque a volte ghiacciate, di lupi e di orsi, di leggende Inuit e di sciroppo d'acero.
 
"Si Ray?"- si sorprende Ben, cercava di allontanarsi in fretta e forse proprio lui e' la scusa che stava cercando.
"Dovresti interrogare una persona per me... Qui!"- Ray e’ abbastanza serio e non sembra aver certo voglia di perdere tempo.
"Mh?!"- si sorprende Ben, quel sogno di allontanarsi dal Consolato prima che il suo capo, Thatcher, tornasse e lo mettesse in qualche compito noioso e imbarazzante, e’ subito infranto.
"Fa parte di un corpo speciale della vostra polizia... E dice di non potermi parlare nemmeno in via ufficiosa perche’ illegale... Siete proprio tutti cosi’ ligi al dovere dalle vostre parti?"- dice Ray spiegando meglio la situazione.

Ben pensa che tutto questo sia una formalita’ necessaria. Con un mezzo sospiro risponde veloce: "Va bene. Andiamo nel mio ufficio."- si allontana, pronto per andare a prendere un mangianastri, alcune tazze, ed una caraffa nera di caffe’.


Ray fa cenno ad Alexandra di scendere dalla macchina e lo segue con sicurezza, il passo ordinato e scandito, non si guarda attorno, come se conoscesse quel posto da sempre, si siede ordinatamente su una delle due sedie dell’ufficio e si alza come se fosse sull'attenti quando entra Fraser con il registratore a cassette per l’interrogatorio.
Ray non la perde d'occhio.
"Le da fastidio se registramo l’interrogatorio?"- chiede Ben, pronto anche a far parlare Ray se necessario.
 "No signore"- risponde lei, quasi senza guardarlo.
"Perche’ non mi ha detto subito di essere un’agente?"- chiede Ray con un sospiro.
"Ray, davvero, deve scusarmi immensamente... Ho pensato di riferirlo, ma ho trovato la cosa superflua in quel momento..."- Alexandra scuote la testa rattristata da qualche cosa.
 
 "Sono il Constable Benton Fraser della Reale Polizia canadese a Cavallo. Inizialmente venuto a Chicago sulle tracce..."- comincia a presentarsi Ben.
Ray puo’ continuare quel discorso come se lo avesse sentito cento volte: "...degli assassini di suo padre poi rimasto per motivi che non starai qui a spiegare vero?! E ora corrispondente per il consolato... Bla, Bla, Bla. Bene, andiamo avanti".
Ben e Ray sono solo collaboratori di vecchia data. La loro amicizia sembra andare avanti da diversi anni. Lo si puo’ capire da tante cose e, probabilmente, quel suo modo di restringere i discorsi dell'amico e’ la prova di quanto i due siano in confidenza.
Due amici sinceri e determinati che non si preoccupano di sembrare patetici dimostrandolo agli altri, ma solo di esprimere a loro stessi quell’ innato senso di lealta’ e fiducia reciproca, chiamato buon senso, che spesso tra gli uomini manca.
Sono adulti, ma le ricordano due ragazzini. Quando anche lei credeva in una fedele amicizia come la loro, lei, suo fratello Tom ed un loro amico di vecchia data. Si sofferma solo un secondo sugli occhi di un blu chiaro di quella giubba rossa, sono piu’ chiari dei suoi, i capelli castani ben pettinati e tagliati, leggermente piu’ scuri ed un profilo tecnicamente impeccabile.
Al confronto non sembrano parenti, ma si nota come una vicinanza.
C’e’ qualcos’altro, oltre la nazionalita’, che li accomuna.
 
Alexandra guarda Fraser sorpresa e sorride a quella ricordando bene il ritmo del suo passo scandito sul tappeto di lana.
"Il mio nome e' Alexandra Danielle Turner del Reale corpo di Polizia speciale dell' Ontario”- fa un completo cenno di saluto, battendo i tacchi. Poi si interrompe meccanicamente, aspettando domande.
 
Ray e’ un tipo scaltro, ma e’ Ben quello affascinante.
All’assistere a quella presentazione, Ray sembra quasi non avere dubbi.
Anche questa donna, sembra fissarlo come tutte le altre. Anzi no, lo guarda in un altro modo: gli occhi sono stretti in una sorta di rievocazione e la bocca accenna ad essere aperta, il dito indice vagamente rivolto verso di lui.
Anche Ben sembra ricordare qualche cosa nell'ascoltare quella presentazione.
Ray e’ un tipo scaltro. Rievocando l’irritante memoria di come sua sorella Francesca non parli d’altro quando c’e’ attorno Ben, o quando questo si allontana, l’azione viene subito istintiva: meglio interlomperli finche’ e’ in tempo, non si sa mai.
 
“Siamo qui per parlare di quello che e’ successo questa notte. Come avra’ notato lei stessa, Alexandra, la macchina che ha denunciato per furto e’ un’auto coinvolta nell’evasione di uno spacciatore statunitense. Questo sta collaborando con uno canadese. Puo’ gentilmente riferire le sue informazioni in proposito?”
Con quelle frasi, Ray ha quasi superato se stesso e la sua piu’ che formale cortesia, mai rivelata prima d’ora.
 
Alexandra allunga il collo. Anche lei sembra considereare quelle sue parole come un passo appena piu’ lungo della gamba, sembra chiedersi come sia riuscito a dire quel gentilmente con tanta naturalezza. Lo segue con lo sguardo, ma rivolta verso Ben con fare dubbio dice:
“Polizia di Chicago, eh*?”
“Non a caso siamo collaboratori, eh*...”- risponde Ben, anche lui fissando Ray, quasi senza espressione. Tra i due sembra essere nata un'intesa istantanea. Troppo, sembrano in realta' essersi gia' conosciuti.
 
Ray li guarda. Nota benissimo, ora, qualche cosa di simile tra i due, ma non riesce a focalizzare ancora di cosa si tratta.
Alexandra risponde alla domanda di Ray, dopo una lunga pausa.
“Sono sulle tracce di uno spacciatore che si fa chiamare Nilsen, scappato da Ottawa lo scorso anno: ha ucciso mio fratello. Anche se non sarebbe di mia competenza, ho fatto delle indagini e sono venuta a Chicago come libera cittadina, sapendo proprio che, negli ultimi sei mesi, si trovava qui."- dice veloce ed emette un sospiro corto e pesante.

Quella donna, il suo nome, suo fratello, entrambe poliziotti all’inseguimento di uno spacciatore: nella testa di Fraser in quel momento tutto sembra quadrare. Quei vestiti, l’uniforme e gli anni passati hanno nascosto solo per qualche secondo la verita’, ora piu’ evidente che mai. Ben sospira con un leggero lamento, ma senza esitare piu’ a lungo dice:
"T-Tom? Tom morto? Oh no..."- riesce a pronunciare, abbassando lo sguardo.


Alexandra, senza dire nulla, gli tende un abbraccio di conforto. Ben risponde a quell’abbraccio accarezzandole delicatamente la testa e i capelli che le ricadevano sulle spalle in larghe ciocche.
Ray si guarda spaesato, il nastro della cassetta scorre con un rumore costante simile ad un fruscio continuo, mentre i tre rimangono in silenzio.
 
"Vi conoscete?"- dice rompendo quella situazione di imbarazzo nella quale si trovava.
A quelle parole, Alexandra si distoglie da quell’abbraccio per tornare all’attenzione di Ray e lasciare Ben in una triste espressione di sconcerto.
"Suppongo di si, Ray."- dice lui severo.
Alexandra ha le lacrime agli occhi.
"Non posso credere che stia usando la mia macchina per scappare!"- lei stringe i pugni e forse ricorda quando, l'anno prima, il fratello stava ammanettando un socio di Nilsen ad Ottawa. Lui lo prese, lo trattenne con loro poche ore e poi lo colpi’ alla nuca con un revolver.
La donna guarda Ray e Fraser con gli stessi sentimenti che la divorarono al momento della morte di Tom, scuote la testa, si asciuga gli occhi con quel modo a Ray cosi’ familiare, per poi stringersi le mani l’una con l’altra, nervosamente.
 
"Dobbiamo parlare al junkie. Quello che ha rubato per primo l’auto ieri notte: Suoper. Se troviamo Boe arriveremo presto anche a Nilsen, sono scappati assieme. Mi domando come abbia fatto questa volta a mancare il colpo e a lasciarlo in vita..." Alexandra non cede a quei tristi ricordi e, pochi attimi dopo, rivolge di nuovo i suoi occhi verso i due, con ritrovato impeto.
In quel momento, non e’ la morte del fratello il suo dolore piu’ grande, ma la beffa di Nilsen.
Per queste cose, Ray non ha bisogno di spiegazioni.
Sa gia’ sia del junkie e di Boe da Welsh, ed ora Alexandra ha gia’ spiegato di come Boe e Nilsen stanno collaborando.
Ulteriori spiegazioni sono del tutto inutili per lui: e’ ora di entrare in azione.

I tre salgono sulla Riv, caricano anche l’inseparabile Dief che li stava aspettando vicino al piantone, badando bene, pero’, di rimanere all’asciutto.
 Si dirigono in fretta verso l'ospedale.
 
Dief, il lupo, perlomeno mezzo lupo, e’ anche sordo. Tuttavia sa leggere le labbra.
 
Si calcola che l'ottantacinque percento dei Mounties posseggano un lupo.
O, quantomeno, presunto tale. Benton fa parte di questa maggioranza.
Alexandra, invece, che vive piu’ Sud, fa parte del restante quindici: coloro che posseggono una tartaruga da giardino.
 
Alexandra siede sul sedile anteriore, vicino a Ray. Non ha alcun tipo di giudizio verso i due.
Il fatto che dia cenno di conoscere meglio Ben e di essere accomunati insieme da un dolore, non significa molto di piu’. Considerando che Ben sembra non averla mai menzionata in precedenza, non dovrebbe correre buon sangue tra i due, oppure non si sentono da anni.
Ray sta solo facendo il suo lavoro e sembra davvero interessato a quel caso di junkies, apparentemente futile per la gente comune, ma cosi’ importante per le loro vite.
 
Una mano le accarezza la spalla e lei si volta di colpo:
"Al non temere Ray, e’ un buon amico e un bravo poliziotto..."- e’ Ben, lei sembra quasi ritrarsi da quella presa improvvisa.


Ray, distogliendo chiaramente gli occhi dalla strada, si volta indietro verso Ben:
"Al?! siete gia’ cosi’ in confidenza voi due?"- chiede venato di una particolare invidia. Ray ha sempre ambito un po’ al fascino di Ben, questa non e’ la prima volta.
 
Fraser si allontana dallo schienale e si volta verso il finestrino posteriore. Dief emette un ululato d’intesa, nel tentativo di consolarlo.
Alexandra guarda indietro verso il mezzo lupo ed il suo impeccabile amico seduto nel sedile posteriore, forse si aspettava che l'uomo lo correggesse, spiegando come stavano le cose, ma Ben non dice nulla.
Lascia solo andare le braccia ed accenna un’espressione dispiaciuta.
 
"E' strano ritrovarti qui a Chicago Ben, non la trovo una citta’ che ti si addice."- afferma lei con un leggero rancore.
Se solo fossero rimasti ancora amici, forse Tom... Forse..., pensa lei, vorrebbe dirglielo, ma quelle parole non riescono ad uscire dalle sue labbra.
 
"Neanche il tuo abito ti si addice, eh*!"- sbotta lui. I due sembrano essere legati nel compianto di Tom, ma anche distaccati da qualche cosa.
 
"Ma come? Sta cos bene con quel... "- mente Ray, mentre cerca di prendere la parte di Alexandra.
Non capisce come mai un uomo cosi’ gentile come Ben, debba darle contro proprio in un momento cosi’ critico della sua vita, come la perdita di una persona cara.
Poi, non ricorda averlo mai sentito sminuire una sola donna, prima d’ora. Neppure una donna qualsiasi, anche quelle a cui complimenti non potevano essere dati, se non cercando veramente a fondo.  
Va bene: questa Alexandra non sara’ la donna piu’ affascinante e quel vestito e’ troppo banale, ma non c’e’ bisogno di farglielo notare cosi’.
 
Tuttavia, Ben, prima di essere un uomo, e’ un Mounty e non si lascia certo sfuggire nessun particolare. Cosi’, con piacevole precisione, ricorda all’amico:
"Ray, se hai notato, sia la gonna che la giacca hanno delle cuciture strappate. In piu’ ha le scarpe sporche e le punte rovinate. Per quanto, sia la pelle delle scarpe, che il tessuto, non siano rovinati da lavaggi e dall'uso, che denoterebbero una reale vecchiaia del capo.
 
Questo e’ dovuto anche al il fatto che Al, molto tempo fa, non era abituata a portare questo genere di vestiti, e non credo abbia imparato in questi anni. E’ piu’ facile per lei rovinarli.
Da quello che posso notare, poi, ritengo anche che Alexandra abbia corso dietro all'auto e sia rimasta attaccata al tettuccio per almeno un miglio... Ha il... Il colletto sporco di nero..."- continua  Ben osservando quell’ultima macchia, cercando di spolverarla via dalla camicia della donna, ma che risulta per Ray quasi impercettibile.
 
Alexandra lo allontana nuovamente, scostando la sua mano come se fosse un insetto caduto per caso sulla sua spalla.
 
Un’altra cosa si puo’ dire dell’agente Vecchio: conosce bene strade e scorciatoie, la citta’per lui e’ come il palmo della sua mano, non sara’ difficile districarsi nell’ultimo tratto di traffico.
Cosi’, esperto com’e’ al volante, lascia la vista alla strada per lunghi tratti, senza mai perdere il controllo. Certo quando si tratta di investigare in quei modi strani, Fraser e’ quasi imbattibile ed e’ un piacere per lui sapere se anche questa volta, il suo caro amico con i suoi strani particolari, ha indovinato o meno. Sbotta un sorriso verso Alexandra e chiede:
“E’ tutto vero?”
"Piu’ o meno, Ray.”- risponde lei con le sopracciglia aggrottate.
“Ho vissuto nello Yukon per parecchi anni e non e’ che lassu’ si sta tutti i giorni ad indossare una divisa da impiegata.”- continua cercando di spiegare quel legame che i due sembrano avere.
 
“Tom e Ben andavano a scuola assieme, Tom era mio fratello maggiore. Allora eravamo molto legati."- Alexandra si interrompe rievocando quei momenti di tanti anni prima. Alcuni, in realta’, sembrano essere forse troppo infantili o imbarazzanti per essere raccontati apertamente.
 
"Io, Al e Tom abbiamo svolto insieme parecchie escursioni estive: partivamo da Dawson per arrivare nei pressi di Aklavik. I primi tempi eravamo accompagnati dai nostri padri, e gli ultimi anni da soli."- precisa Ben, ricordando anche lui qualche cosa forse troppo immatura per essere raccontata a Ray.

"Eh si, attraversavamo la parte settentrionale dello Yukon fino alla foce del Mackenzie... Praticamente a piedi"- sospira Alexandra sorridendo a quei ricordi, come se fossero stati veramente piacevoli.
Per Ray, l’idea di percorrere da ragazzino cosi’ tante miglia a piedi, nel freddo sembrava invece, ulteriorente dolorosa.
"Ah... Voi da ragazzi, invece di scorrazzare con le macchine dei genitori, organizzare feste di  nascosto, conoscere le ragazze, oppure arrovellarsi su chi invitare o meno al ballo della scuola, attraversate lo Yukon a piedi?"- chiede con falso stupore.
"Uhm... per noi e’ stato cosi’, Ray."- si giustifica Ben.
  
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