38)Vedo il futuro nei tuoi
occhi.
Grandi
cose portano a
grandi conseguenze.
La prima a cui andiamo
incontro è interrompere le “effusioni”
di Kari e Scott sul divano di casa
DeLonge. La faccia rossa e gli occhi fuori dalle orbite di Tom sono uno
spettacolo degno di essere fotografato e il suo scatto da centometrista
per
separarli una cosa da segnarsi negli annali della storia.
Probabilmente se l’avesse
visto il suo insegnante di educazione fisica sarebbe scoppiato a
piangere dalla
gioia.
In ogni caso ha sollevato
di peso Scott e gli ha intimato che Kari non era scopabile fino ai
diciott’anni, facendo arrossire sua sorella fino alla radice
dei capelli.
“Tom, hai esagerato! Dai,
non stavamo facendo niente di male!”
“La gente che non fa
niente di male nel modo in cui lo fai tu di solito finisce per avere
figli
presto, Cristo!
Hai tredici anni, hai
tutto il tempo del mondo per scopare dopo!”
Kari l’avrebbe
probabilmente ucciso per questo, l’unica ragione per cui non
l’ha fatto è
perché ha sentito Mark ridere e si è accorta
della sua presenza e di quella di
Anne.
“Oh mio Dio! Anne, Mark!
Che ci fate qui?”
Nessuno risponde e Kari
sgrana gli occhi.
“On cazzo, oh cazzo!”
Boccheggia sconvolta.
“Li avete rapiti! Mamma vi
ucciderà, ma siete dei fighi!”
“Consolante!”
“Perché dovrei uccidervi?”
Una voce femminile ci fa
voltare verso la porta: questo salotto inizia ad essere troppo
affollato.
“Oh, mio Dio! Mark, Anne,
cosa ci fate qui?”
La signora DeLonge si
guarda intorno e nota le nostre facce vagamente colpevoli e scuote la
testa.
“Ditemi che non avete
fatto quello che penso.”
“Dipende da cosa pensi,
mamma. Se sono uomini nudi…”
“THOMAS MATTHEW DELONGE
NON PRENDERMI PER IL CULO!”
Lui deglutisce.
“Beh, ecco li abbiamo
presi in prestito. Mark e Anne.”
“PRESI IN PRESTITO?! PRESI
IN PRESTITO?
QUESTO LO DICONO SOLO I
LADRI NEI FILM DI TERZULTIMA CATEGORIA, VOI LI AVETE RAPITI, LA LORO
MADRE MI
UCCIDERà, VI UCCIDERà.”
“Ma, mamma!”
“Chiamate la signora
Hoppus, ditele che loro due sono qui e domani riportateli a Frisco,
facendo
finire questa cazzata prima che qualcuno si faccia male!”
“NO!”
L’urlo di Mark interrompe
la predica della madre di Tom che guarda stralunata l’Hoppus.
“Scusa?”
“Ho detto di no, signora
DeLonge!”
Io a san Francisco non ci
torno!”
“Benedetto ragazzo, a tua
madre verrà un colpo!”
“Dobbiamo far tornare lei
a Poway.”
Ora la signora lo guarda
come se avesse davanti un pazzo in preda a un delirio mistico.
“E io cosa posso fare?”
“L’aiuti a trovare un
lavoro!”
“Non sono l’ufficio
collocamento, Mark.”
“Io a San Francisco non ci
torno!”
La cosa inizia a farsi
lunga, cosa faccio? Mia madre sarà tornata e sarà
incazzata nera perché non mi
avrà trovata.
Vado a casa e li abbandono
così o rimango e scopro la fine di questa telenovela?
L’arrivo di mia sorella
decide per me.
“Dio, sei qui! Mamma ha
detto di venire a casa e io non sapevo dove fossi, stupida idiota!
Ti costava tanto dirmi che
avevi intenzione di impiccare?
E poi cosa ci fai qui?”
“Per me!”
Mia sorella si volta verso
Mark e la sua mascella rischia di staccarsi e finire a terra.
"Tu? Tu come mai sei..
OH CAZZO! CAZZO,CAZZO,
CAZZO!”
Sulla faccia del mio
ragazzo si dipinge un’espressione di puro fastidio.
“Ma perché diavolo reagite
tutti come se Darth Vader fosse apparso nel vostro salotto?
Non mi riconoscete?
Ciao, mi chiamo Mark. Sono
il bassista dei blink e fino a tre mesi fa vivevo qui ed ero vostro
amico!”
Mia sorella arrossisce di
botto e comincia a muovere le mani davanti a sé.
“Non è che non sono
contenta di vederti, è che sono sorpresa. Molto sorpresa.
Però, sono felice!
Molto felice!”
“E schizofrenica.”
“E schizofrenica…. Dai,
Hoppus, cazzo! Fatto abbracciare, stronzo permaloso!”
Mark scuote la testa e la
abbraccia.
“Finalmente sei tornato,
quei due stavano impazzendo senza di te.”
“Non sono tornato, mi
hanno rapito.”
“Fa lo stesso.”
Mia sorella si stacca
sorridendo.
“Sentite, gente. Immagino
vi stiate divertendo, ma devo portavi via Ruby.”
“Tranquilla, non voglio
certo che vostra madre torni a odiarmi.”
Lei annuisce, mi prende
sottobraccio e mi trascina fuori. Arrivate alla macchina sentiamo la
lite
riprendere: Mark e Anne sono due ossi duri e deve esserlo anche la
signora
DeLonge per essere riuscita a crescere Tom senza dare di matto.
“è arrabbiata?”
Chiedo a mia sorella.
“No, non lo è.”
Avvia la macchina.
“La scuola ha già chiamato
a casa, quindi sa che hai impiccato, ma sembra quasi sollevata.
Forse lo preferisce
all’apatia schizzata di questi ultimi mesi.”
“Ok, scusa per tutte le
volte che sono stata insopportabile.”
Lei annuisce, accennando
un sorriso.
“Fa niente, io sarei stata
peggio se mi avessero tolto Tom.”
Il sollievo che mi invade
mi fa sentire meglio, almeno Erin non mi odia e non ha equivocato. Sono
stufa
di casini.
Il pensiero di Tom che mi
bacia mi attraversa per un attimo la mente e spero che Erin sia troppo
impegnata a guardare la strada per accorgersene.
Il nostro “bacio” è un
segreto che mi porterò nella tomba o giù di
lì, se glielo dicessi lei sarebbe
capace di castrare il suo ragazzo.
Arrivate a casa mi accorgo
che Erin ha ragione: mia madre non sembra arrabbiata, è
più che altro
preoccupata.
“Finalmente sei arrivata!
Ha chiamato la scuola dicendo che non eri andata ed Erin non aveva
nessuna idea
di dove fossi.”
“Scusami, ma ero a San
Francisco… Con Tom…”
L’occhiata di mia madre mi
incita a proseguire se voglio la cena.
“A rapire Mark.”
“Ok.”
Io la guardo stralunata.
“Ok?”
“In lingua corrente significa
“Va bene”.”
“Lo so cosa significa solo
che mi aspettavo che avresti fatto crollare la casa a suon di urla e
poi mi avresti
messa in punizione fino a cinquant’anni o segregata in
cantina. Cose così.”
Lei ridacchia.
“Ammetto di averci
pensato, ma non servirebbe a nulla. Ogni madre desidera vedere la
propria
figlia felice, quindi…”
“Quindi?”
“Vedrai, ora venite a
mangiare!”
Io ed Erin ci guardiamo.
In un attimo ci trasmettiamo tutti i nostri dubbi e ci chiediamo se
davvero
questa volta uno dei famosi alieni di Tom non abbia davvero preso
possesso di
lei.
“Per me ha scelto il
veleno.”
Sussurra lei.
“Può darsi, stiamo
attente.”
“Smettetela, vi sento!”
Ci urla, noi ci
affrettiamo a raggiungerla chiedendoci cosa diavolo le passi nella
testa.
Ammetto di non capirla,
questa volta ci sta prendendo in contropiede alla grande e speriamo sia
in
positivo, non si può mai sapere di questi tempi: le
disgrazie sembrano sempre
in agguato.
Ceniamo in silenzio,
condizione che si spezza solo quando lei
chiede ad Erin se la madre di Tom lavora alla mattina,
visto che le
dovrebbe parlare.
La paura sale a livelli
intollerabili, sia da parte mia sia da parte di mia sorella.
Cosa trama mamma?
Spesso
le domande più
spaventose che ci poniamo – quelle ingigantite da tutti i
nostri dubbi e da
tutte le nostre paure – si risolvono in giganteschi bluff o
in cose positive.
La notte che io e mia
sorella abbiamo trascorso in bianco chiedendoci cosa avesse in testa
mamma è
stata inutile dato che – per quanto strano possa sembrare
– è grazie a lei se
Mark è tornato a vivere a Poway e l’equilibrio
è stato ripristinato.
Già, a volte i miracoli li
fanno le persone che meno ti aspetti.
Mamma la mattina dopo è
andata da quella di Tom, non so cosa si siano dette, ma a quanto pare
lei – la
nostra terribile madre – ha trovato un
posto di lavoro alla signora Hoppus.
Incredibile, vero?
E ancora più incredibile è
andata a parlare alla madre di Tom per vedere se era possibile trovarle
un
appartamento in affitto e insieme ce l’hanno fatta.
Così una settimana dopo
anche lei è tornata qui e ha trasferito figli, armi e
bagagli in un
appartamento che guarda sul parco.
È
bello, in uno di quei caseggiati con la piscina al centro che possono
usare
tutti i condomini.
Inutile dire che in quella
settimana in cui lui è rimasto qui da solo –
comodamente alloggiato a casa
DeLonge – io
e lui abbiamo recuperato il
tempo perduto.
Ha trascorso tutti i
pomeriggi da me, finendo per rimanere a cena quasi sempre, ormai mia
madre si è
abituata alla sua presenza
È stato bello arrivare a
casa e trovarlo ad aspettarmi insieme al pranzo pronto, passare i
pomeriggi a
baciarci e a tentare di fare i compiti.
È stato bello fare l’amore
con lui quando mia madre non c’era e stare stretti nel mio
letto a coccolarci.
Mi è mancato giocare con i
suoi capelli e sentirlo ridere, così come mi è
mancato sentire le sue mani
giocare con i miei.
Sono sempre le piccole
cose che mancano di più, le cavolate che solitamente non
noti nemmeno.
È stato folle dargli retta
e comprare una tintura per rifargli il blu. Il risultato tende
più all’azzurro,
ma almeno è un passo avanti per tornare ai vecchi tempi.
È stato imbarazzante
quando una sera ha provato a farmi il piedino mentre mangiavamo tutti
insieme e
ha finito per farlo e mia madre.
“Hai sbagliato gamba,
ragazzino!”
Ha esclamato con voce
glaciale facendo precipitare la tavolata in un silenzio imbarazzato.
Siamo
arrossiti tutti, guardandola bene persino la nostra tovaglia bianca
sembrava
avesse assunto una tonalità rosata.
Il giorno in cui però
veramente mi è scoppiato il cuore dalla gioia è
stato quando ho visto la
macchina di Mark entrare nel parcheggio del liceo, fermarsi e trovare
un posto.
Mark è sceso dalla
macchina con la sua solita aria da scemo, il suo sorrisone, mi ha
abbracciata e
mi ha baciata.
Come se fosse tutto
normale.
Come se i tre mesi di
dolore e lontananza non fossero mai esistiti.
Io gli ho sorriso e
l’ho preso
per mano ed insieme ci siamo
avviati verso la scuola.
È stata la cosa più
normale del mondo, una cosa naturale: come se Mark appartenesse a Poway
come
gli alberi, l’aria e l’asfalto.
Il mio cuore batteva dalla
gioia, completamente dimentico di tutte le volte che aveva sanguinato
per colpa
di capelli blu e delle volte che aveva finto di credere che la mano del
mio
ragazzo fosse stretta alla mia quando era invece lontanissimo.
Il cuore è strano, con
certe persone non perdona né dimentica mai, con altre lo fa
subito.
Con Mark accanto il tempo
è volato. C’è stata la gita –
Los Angeles , yay! – i risultati finali e il
noiosissimo ballo di fine anno. Mia madre ha preteso anche qui le foto,
le ha
fatte sviluppare e le
ha appese sul
frigorifero.
Fa un po’ schifo vederle
ogni volta che mi devo nutrire. Voglio dire, Erin ( capelli cotonati
fucsia,
vestitino azzurro
con gonna enorme a
pois blu anni ‘50 e scarpe blu dai tacchi altissimi, con rosa
blu coordinata
nei capelli) sta fulminando Tom (capelli neri leggermente
più lunghi, jeans
larghi, maglietta bianca e anfibi) che fa il gesto delle corna con la
lingua di
fuori. Io (vestitino rosso che lascia le spalle scoperte, scarpe nere a
tacco
alto, con delle rose rosse tra i capelli) invece sono abbracciata da un
Mark
(pantaloni a tre quarti a quadretti rossi e neri, maglia di star wars)
che fa
una faccia da demente totale.
Un bel quartetto, ma siamo
noi e non ci si potrebbe aspettare nient’altro.
E poi c’è stato il diploma
di Mark.
Già, il mio Hoppus –
sebbene con un benedettissimo anno di ritardo – ce
l’ha fatta a diplomarsi e
lui e il suo sorriso da scemo hanno ritirato l’agognata
pergamena dalle mani
del preside.
Gli ho fatto i
complimenti, ho sorriso con lui e per lui quel giorno, ma dentro di me
sentivo
un gran freddo.
Cosa avrebbe fatto ora?
Sarebbe rimasto a Poway o
chissà dove sarebbe andato a frequentare
l’università?
Il mio cuore manda
una stilla di dolore al
pensiero che lui se ne vada, non vuole o meglio non vuole che se ne
vada senza
di me, peccato che io sia bloccata qui ancora per un anno.
Decido di non pensarci e
di godermi questi momenti.
Tutto questo tempo che
scorre ci ha portato a essere così e ci ha portato ad avere
la fortuna di poter
organizzare una festa a casa di Mark il giorno di ferragosto.
Visto che tutti i vicini
di Mark sono in vacanza e nessuno di noi ha i soldi per lasciare Poway,
eccetto
che per qualche sporadica surfata a Tijuana da nonna, la madre ha
acconsentito
a lasciarcela organizzare.
Non stiamo più nella
pelle.
Oggi io e lui dovremmo
andare a prendere il cibo, difatti un colpo di clacson annuncia il suo
arrivo.
Acchiappo la borsa e
scendo. È abbronzato, sorridente e con un paio di occhiali
da sole con il bordo
di plastica blu.
Lo bacio e salto in
macchina.
“Eccitata?”
“Sì, non vedo l’ora che
sia ferragosto.”
“Anche io, sarà una cosa
spaziale!”
“Spero non arrivino gli
alieni o Tom darà di matto!”
Lui ride, ma il gelo mi
arriva addosso, improvviso e indesiderato.
Penso all’università, al
futuro, alla nostra storia e ho paura. Lo guardo: muove la bocca, parla
e mi
sembra bellissimo con i suoi mille difetti, non lo vorrei mai perdere o
averlo
lontano da me.
Arriviamo al supermercato
e riempiamo un carrello di cazzate: patatine, dolcetti, marshmallow,
stuzzichini, pizzette.
Alla fine entro anche io
nel carrello, mentre percorriamo pigramente i corridoi del locale alla
ricerca
di qualche altra stronzata da ingurgitare.
Mi sto guardando fintamente
interessata lo
smalto rosso che ho sulle unghie dei
piedi, quando la domanda che più mi preme esce senza che io
possa fermarla.
“Cosa pensi di fare con
l’università?”
Lui sobbalza e per un
attimo perde il controllo del carrello.
“Perché questa domanda?”
Il suo tono è stranamente
freddo, come se anche a lui non piacesse parlarne o pensarci.
“Perché ormai ci siamo,
Mark.
È un po’ che me lo chiedo,
ma ho sempre preferito tenere per me i pensieri e godermi i momenti con
te, ma
ora non posso più aspettare.”
Lui annuisce, la sua presa
sul carrello ora è salda.
“Mi iscriverò
all’università di san Diego, se non dovessimo
sfondare come band voglio fare
l’insegnante di inglese.”
Sogghigno, immaginandomi
un insegnante con i capelli blu fare lezione a un gruppo di pischelli
annoiati.
“E pensi di rimanere qui a
vivere o di stare là?”
Lo vedo abbassare gli
occhi.
“Vivere là. Te l’avrei
detto dopo la festa, ma tu hai voluto saperlo ora.”
“Vivrai là…” mormoro con
un filo di voce.
San Diego è sempre più
vicina di San Francisco o di Los Angeles mi dico.
“E dove?”
“Degli amici di Matt mi
hanno trovato un appartamento, ti ci porterò
perché mi piacerebbe che
diventasse un po’anche casa tua. Nostra.”
Il mio cuore salta un
battito.
Casa nostra. Due parole
che per me hanno un suono bellissimo, che sa di paradiso.
Il
giorno della festa
arriva.
Io ed Erin abbiamo
decorato il cortile con fiori e candele, abbiamo obbligato i nostri
sfaticati
ragazzi a spostare un paio di tavoli per il cibo, ossia le stronzate
comprate
da me e Mark e le
bevande cioè gli
alcolici procurati non so come da Tom ed Erin e delle bibite gassate.
Alla fine il risultato è
accettabile e non resta che aspettare gli invitati. I primi ad arrivare
sono
Scott e Kari, Lars – il
punk di San
Francisco – e Matt.
A scaglioni arrivano gli
altri e riconosco anche David con una ragazza mora attaccata al braccio
– una
scelta decisamente migliore di Lynn – Anne e il trio di
Berkeley che ha aiutato
mia sorella.
Scambio due parole con
Billie Joe e poi lo lascio scatenarsi in compagnia di una ragazza che
mi viene
presentata come Adrienne la sua ragazza.
“Ehi fiorellino, ci si
rivede!”
Lars mi si avvicina
sorridendo.
“Ciao punk grande grosso e
cattivo, cosa ci fai qui?”
Lui ride.
“Devo smetterti di
chiamarti fiorellino, giusto?”
“Sarebbe meglio. Solo Mark
può darmi questi soprannomi e se vuoi fare il filo a sua
sorella è un’altra
valida ragione per non chiamarmi così.”
“Sei sveglia! Hai visto
dove è Anne?”
Io gliela indico, lui
sorride. Credo approvi il corto abitino della Hoppus che lascia
scoperte le sue
gambe.
“Grazie Ruby, hasta la vista.”
“Vaja con Dios, amigo.”
Mark mi si avvicina subito
dopo e mi abbraccia
con fare possessivo.
“Cosa voleva?”
“Niente, voleva solo
sapere dove era Anne.”
Il mio ragazzo lo osserva
ridere e scherzare con la sua sorellina senza dire nulla.
“Spero la tratti bene o
anche se è il doppio di me lo apro in due.”
Io rido e lo trascino a
ballare. Ci scateniamo, balliamo e ci divertiamo da matti.
È la serata perfetta.
Serata che finisce con noi
che – non si sa come – guardiamo gli altri
divertirsi, seduti sul tetto della
casa con in mano
una bottiglia ciascuno
di birra.
Matt sta pogando come un
matto con una goth sconosciuta, David sta baciando la sua ragazza
– lei seduta
sul tavolo degli alcolici e lui intento a mangiarle la faccia
– Anne e Lars
sono seduti su delle sdraio a parlare.
Parlano fino a che lei –
barcollando – non si alza dalla sua e si stende sul ragazzo
cominciando a baciarlo.
Mark fa una smorfia strana
– come se la cosa non gli piacesse affatto – ma non
commenta, continua a bere
lentamente la sua birra.
Scott e Kari stanno
ballando, si sono limitati a pochi baci, anche per Tom che li sorveglia
a vista,
pronto a dividerli in caso lui esageri.
In quanto al DeLonge è
sdraiato su una sdraio tenendo mia sorella tra le sue braccia, parlano,
lui
ogni tanto ride e beve la sua birra, ogni tanto è lei a
berla e a baciarlo.
Un piccolo spaccato di
quotidianità.
Uno di quelli che ti porti
nel cuore per quando la cose andranno male e ci sarà tanto
di quel dolore
dentro di te che ti sembrerà di affogare e di non essere mai
stata felice.
“A cosa pensi?”
“Che sono bellissimi e che
voglio ricordarmeli per tutta la vita. Quando sarò triste,
quando sarò
cresciuta, quando mio figlio mi chiederà com’era
sua madre da adolescente
voglio che siano loro a scaldarmi il cuore.
E voglio ricordarmi di te,
di noi, di San Diego, del Soma, di San Francisco, di Tijuana e di
questo
tetto.”
Mi alzo in piedi e gli
indico tutto, compresa una gigantesca luna bianca che incombe su di noi
come un
occhio benevolo.
Lui mi guarda serio e si
alza a sua volta, mi prende per mano e mi trascina contro di lui.
Improvvisiamo
pochi passi di danza sul letti – incerti, ridenti a
barcollanti – con le nostre
figure che si stagliano contro il bianco della luna.
Lo vedo sorridere, grazie
alla luna conto tutte le sfumature di blu e di azzurro dei suoi occhi prima che lui mi baci
appassionatamente.
“Vedo il futuro nei tuoi
occhi,” mormora: “Non ci ho mai creduto, ma lo
vedo, Ruby ed è bellissimo!”
Giochiamo per un po’, poi
lui si stacca e mi prende per mano, trascinandomi verso il bordo del
tetto.
“Ti fidi di me?”
“Sì, mi fido.”
“Allora saltami in
braccio.”
Io lo guardo perplessa, ma
eseguo. Le mie gambe sono strette attorno a suo bacino, le mani sono
ancorate
dietro al collo e lui mi tiene strettissima.
Mi chiedo cosa diavolo
abbia in mente.
Senza preavviso inizia a
correre e poi spicca il volo, lanciandoci nel cielo notturno, verso la
grande
luna bianca.
Urlo come una matta quando
iniziamo a cadere, tutto quello che mi aspetto è di sentire
i nostri corpi
schiantarsi a terra, tra le urla dei presenti e il rumore delle nostre
ossa che
si rompono.
Invece sento un gran tonfo
e mi ritrovo circondata da un’oscurità azzurra:
siamo in piscina.
Abbiamo saltato dal tetto
per tuffarci in
piscina!
Siamo in carenza di
ossigeno eppure un bacio sott’acqua lungo e profondo non ce
lo toglie nessuno.
E in questa profondità
azzurra ed accogliente, mentre mi sembra che l’intero
universo ruoti con noi e
per noi l’unica cosa che mi fa sentire sicura è la
presa del suo corpo sul mio.
Lui vede il futuro nei
miei occhi, io sento che lui è il mio futuro.
Con lui posso affrontare
qualsiasi cosa e sarà così per sempre.
Per.sempre.
Angolo di Layla.
Per prima cosa voglio scusarmi con le gentilissime persone che hanno recensito per non avere risposto, sono una stordita totale. Scusatemi.
Seconda cosa, non so voi ma io ho il magone nel mettere la parola"fine" a questa storia, mi ci ero affezionata ç.ç . In ogni caso non preoccupateci tra due settimane circa sarà pubblicato il seguito di "Due su due", di cui ho già pronti 16 capitoli.
In queste due settimane pubblicherò una Tom/Anne con uno sfondo un po' particolare, se vorrete leggerla.
Non so cos'altro aggiungere se non i ringriaziamenti.
Ringrazio eve182,Cherry BloodStain, LostinStero3 e _Stupid Wise_ per le recensioni.
Ringrazio A_DeLonge182, CAMM, DeLonge, Destroyer Cactus, GiuliaDeLonge, killallyourfriends, Marta Day, MiaBonelli, trash, viola terracini, _Stupid Wise_ per averla messa tra le preferite.
Ringrazio ach119, Alyseah, Angie_Ferdi, A_DeLonge, Cherry BloodStain, Drums182, eve182, First 10988, itsmarti_, LostinStereo3, Peggy Sue, Puccii, Purple_3, salma_elf, Sity, Skizzata98, usemeholly per averla messa tra le seguite.