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Autore: Ely_fly    01/03/2013    1 recensioni
Sono tornata con una nuova fic... Non odiatemi!
Stavolta si tratta di una Robin X Raven.
Raven viene ferita gravemente durante un attacco e la sua guarigione sembra impossibile. Riuscirà Robin a rassegnarsi o farà di tutto per salvare la sua "amica"?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The way to love anything is to realize that it may be lost.
[Gilbert K. Chesterton]

 
Robin seguì Cyborg lungo le scale che portavano ai sotterranei della T-Tower, dove il robot e il mutaforma avevano rinchiuso l’alieno per interrogarlo.
«Ci ha raccontato delle cosette piuttosto interessanti, soprattutto dopo essere stato minacciato di morte da B.B. in versione tirannosauro. Devo dire che ho avuto proprio un’idea geniale a costruire la torre con dei sotterranei così grandi. Insomma, ti immagini se…» pontificò il mezzo-robot, camminando spedito.
Il leader dei Titans decise, saggiamente, di ignorarlo.
Arrivarono davanti alla cella e trovarono il loro prigioniero sdraiato a terra, circondato da macchie strane.
Cyborg tacque all’improvviso.
Robin lo guardò.
 
«Che è successo?»
 
La domanda del ragazzo ruppe il silenzio che si era venuto a creare.
«Cyborg, apri subito la cella» ordinò con voce piatta Robin, entrando non appena l’amico obbedì. Si avvicinò all’alieno, che non si era mosso da quando i due ragazzi erano entrati.
In fretta posò due dita sul collo della creatura e altre due sul polso.
«Niente» mormorò tetro poco dopo.
«Come?» chiese Cyborg, certo di aver sentito male. Insomma, non poteva essere…
«È morto» confermò Robin, passando ad analizzare le macchie intorno al corpo e la scena.
«Ma come può essere successo? Insomma, io e B.B. non l’abbiamo mollato per un attimo, finché non sei arrivato tu… Chi può essere stato? Non si può né entrare, né uscire senza che noi ce ne accorgiamo.»
«Dobbiamo avvisare la polizia. Non siamo in grado di risolvere una situazione così grave da soli.»
«Ma…»
«Non ci sono ma, Cyborg. Siamo eroi e tutto quanto, ma un omicidio è troppo anche per noi. Dobbiamo rivolgerci ad un’autorità competente.»
«D’accordo… Vado a telefonare.»
«Ti aspetto qui. Intanto io cerco di capire cosa sia successo…»
Cyborg si allontanò, mentre Robin cominciò a guardarsi intorno. Effettivamente era impossibile sia entrare che uscire, c’erano sbarre dovunque e la mania di Cy per la sicurezza garantiva la presenza di almeno quattro telecamere nella sola cella, senza contare quelle presenti nel corridoio e nel resto della torre.
Si avvicinò alla finestra, per controllare se ci fossero segni di scasso o simili.
Niente di niente.
Tornò al cadavere, ma con sua enorme sorpresa, non vi erano segni di ferite o comunque qualcosa che indicasse che era stato colpito da un’arma. Si stava ancora stupendo quando Cyborg tornò: «Il commissario ha detto che manderà immediatamente la squadra Omicidi.»
«C’è una squadra Omicidi qui a Jump?» domandò disorientato.
«Bè, penso di sì… Credo ci sia dovunque…» rispose Cyborg, domandandosi cosa ci fosse di strano. Ma d’altro canto Robin era piuttosto strano dall’incidente di Raven, non avrebbe dovuto stupirsi.
La voce del ragazzo lo distolse dai suoi pensieri: «Bisogna avvisare Starfire e Beast Boy. E anche Raven.»
«Giusto. Vado a dirlo a B.B. e Star… Poi andremo tutti in ospedale. Dopo che sarà arrivata la omicidi.»
«D’accordo» acconsentì il leader, con un tono pensoso che al mezzo-robot non piacque affatto.
Robin che pensava troppo era pericoloso.
 
«Grazie mille, detective. Arrivederci» salutò Cyborg, guardando il detective della Omicidi allontanarsi, con il cadavere dell’alieno trasportato da due agenti della Scientifica.
«Ragazzi! Sembrava di essere dentro a “CSI” o qualcosa del genere! Wow, è stato fantastico!» esclamò Beast Boy, abbandonandosi sul divano della Main Ops Room.
«Non credo ci sia nulla di fantastico, Beast Boy» lo redarguì Robin con tono severo. «Forza, preparatevi. Andiamo in ospedale.»
«Signorsì, Mr “Sono-allergico-al-divertimento”!» rispose il mutaforma, scattando sull’attenti.
«Vado a scaldare il motore della mia piccola!» annunciò Cyborg, sparendo in direzione del garage, tallonato da Beast Boy che lo supplicava di lasciarlo guidare.
 
 
«Robin?» domandò esitante Starfire, lanciando una vaga occhiata verso la porta dietro la quale erano scomparsi i due amici.
«Dimmi, Star» disse Robin, alzando lo sguardo mascherato su di lei.
«Ecco, mi domandavo… Credi che questo delitto abbia a che fare con l’incidente che è capitato a Raven?»
«Ho paura di sì, Star. Per questo voglio andare immediatamente all’ospedale.»
«Ma in ospedale non le può succedere nulla di male, giusto?»
«Non è detto. Perché mi stai facendo tutte queste domande, Star?»
«Perché, insomma… Non è necessario che andiamo subito no? Tu hai bisogno di riposo e… E… Non è giusto.»
«Cosa non è giusto? Star, va tutto bene?» le chiese il ragazzo, sinceramente preoccupato.
«No, non va tutto bene! All’improvviso sembra che Raven sia diventata la cosa più importante della tua vita, mentre sappiamo tutti che starà benissimo e che non c’è bisogno di preoccuparsi. Ha superato benissimo la cosa di suo padre, giusto? Perché stavolta dovrebbe essere diverso?» rispose l’aliena, scoppiando a piangere senza alcun preavviso.
Cosa che colse Robin piuttosto alla sprovvista.
«Star? Starfire? Perché stai piangendo?» domandò, piuttosto imbarazzato, visto che la ragazza gli si era gettata addosso.
«Perché tu preferisci lei a me! Io ormai non conto più nulla in questo gruppo, non è vero? Conta solo lei!» singhiozzò la rossa, impregnandogli di lacrime la maglietta.
«Come ti è saltata in mente una cosa del genere? Tu sei un elemento importante per questa squadra!»
«Già… Ma per te conta solo lei, vero? Quella… Quella… Strega!»
«Star, non andare oltre. Non dire nulla sul conto di Raven. Potresti pentirtene» la bloccò Robin, improvvisamente serio. La scostò da sé per poterla guardare negli occhi. «Non osare dire nulla su di lei.»
«Visto? Avevo ragione! Tu preferisci lei! Solo lei!» strillò con un che di isterico la ragazza.
«Non ho mai detto questo. Ma Raven è una mia amica, la mia migliore amica. E tu non ti devi permettere di parlare di lei in certi termini» replicò secco il ragazzo.
«Robin…» provò a dire Starfire.
«Starfire. La mia migliore amica, la mia confidente, sta lottando tra la vita e la morte. Non è importante cosa sia o di chi sia figlia. L’importante è che stia rischiando la vita per un errore che ho fatto io. Io, capisci? Sono io il solo responsabile della sua situazione. E io devo porre rimedio!» esclamò con rabbia.
«Robin… Io…»
«Solo perché io sono un idiota Raven deve pagare. Non posso permetterlo,quindi farà di tutto per salvarla. Forza, andiamo» ordinò secco, avviandosi verso la porta.
«Robin…»
«Che c’è?» quasi urlò il ragazzo, voltandosi a fissarla.
«Vorrei… Sapere solo una cosa. Rispondimi con sincerità. Raven ti piace?»
«Come? Certo che mi piace, è una mia amica e…»
«Non fare finta di non aver capito. So che hai capito. Non in quel senso.»
«Non credo sia il momento di parlarne» commentò il ragazzo dai capelli neri, uscendo finalmente dalla stanza.
«Quindi è un sì. D’accordo, allora…» mormorò l’aliena, seguendolo nel garage.
 
 
 
 
«Vorremmo vedere Raven Roth, per cortesia.»
«Siete parenti?» domandò l’infermiera di turno.
«Ma è cieca o cosa? Sono verde! Come posso essere parente di Raven?» esclamò sottovoce (ma nemmeno troppo… Per sua fortuna l’infermiera era mezza sorda) Beast Boy, ottenendo una gomitata da Robin e un pestone da Cyborg.
«No, siamo i suoi amici. I suoi genitori…» cominciò a spiegare Robin.
«Solo genitori o parenti» rispose la donna, senza nemmeno scomodarsi a guardarli.
«Come sto cercando di spiegarle…» tentò di nuovo il leader.
«Li faccia passare, infermiera Ramirez.»
I quattro ragazzi si voltarono verso l’uomo che aveva parlato. Robin lasciò andare un sospiro di sollievo quando lo riconobbe: era il dottor Morris! Per quanto poco si fidasse di quell’uomo come medico, doveva dargli atto che era la seconda volta che il suo intervento gli permetteva di vedere Raven da quando era stata ricoverata.
«Sì, dottore» rispose laconica l’infermiera, obbedendo all’istante.
 
«Grazie mille, dottor Morris» lo ringraziò Robin, mentre il medico li accompagnava alla stanza della mezzo-demone.
«Non c’è di che, ragazzo. Te l’ho detto, mi piacete tu e quella ragazza insieme. Ed è già la seconda volta che vieni a trovarla oggi… Pensaci.»
Prima che il ragazzo-meraviglia potesse dire alcunché, l’uomo si era già girato verso i tre restanti Titans e aveva cominciato a parlare con loro.
In breve arrivarono alla stanza e il medico li fece accomodare.
Raven era nel letto, pallidissima. I capelli erano ancora umidi, probabilmente qualche infermiera l’aveva lavata da capo a piedi, ma avevano cominciato ad asciugarsi in onde scomposte. Le mani erano abbandonate sopra le lenzuola.
 
I Titans si radunarono attorno a lei, circondandola con il loro affetto, certi che la maga avrebbe percepito tutto questo.
«Sembra che stia bene» osservò Cyborg, guardandola da vicino. «Per quanto bene possa stare una persona nelle sue condizioni, ovviamente.»
«È stabile. Da quando il vostro amico è stato qui c’è stato solo un momento di anomalia nei tabulati riguardanti l’attività cerebrale, ma ora è tutto tornato nella norma» spiegò il dottor Morris, ignorando con molta classe le facce da punto di domanda di Beast Boy e Starfire.
«Bene… Potrebbe lasciarci soli, dottore?» domandò Robin.
«Certamente. In caso di emergenza sarò qui fuori.» E con questo il dottore si eclissò.
Cyborg sfiorò la fronte di Raven, con gentilezza.
Anche Beast Boy si avvicinò e le strinse forte la mano gelata.
Starfire si ritirò in un angolo, il più lontano possibile dalla ragazza, consapevole dei suoi sentimenti nei confronti della maga. Era stata cattiva. Troppo cattiva. Non meritava di starle accanto.
Quasi a leggerle il pensiero, Robin le venne incontro, la prese per mano e la portò accanto agli altri.
Starfire lo guardò con gli occhi sgranati. Lui si limitò a farle un sorriso. Piccolo ma pur sempre un sorriso.
«Raven ti vuole bene. Forza, vieni.»
All’improvviso sentì qualcosa sciogliersi dentro di lei. Annuì e sfiorò anche lei la mano di Raven.
Non importava che la maga avesse rubato il cuore di Robin. Lei non avrebbe ceduto. E non avrebbe mai abbandonato la sua amica. Ben presto l’aliena si ritrovò a stringere delicatamente la mezzo-demone tra le braccia.
I tre ragazzi sorrisero mestamente.
Mentre Starfire era occupata, Robin si girò verso Cyborg e gli chiese: «Cosa ha detto l’alieno? Prima di… Bè, lo sai.»
«Era un soldato dell’armata di un pianeta nemico di Azarath. Doveva eliminare quanto c’è di origine Azarathiana qui a Jump, quindi…» spiegò il mezzo-robot, interrompendosi vedendo che Robin aveva capito cosa intendeva.
«Quindi era un attacco diretto a Raven, programmato nei minimi dettagli. Abbiamo un nemico» concluse infatti il ragazzo-meraviglia.
«Ehm… Ragazzi… È normale che succeda una cosa del genere?» domandò Starfire all’improvviso, attirando la loro attenzione.
Raven stava tremando, scuotendo anche il letto, mentre i macchinari a lei collegati suonavano come impazziti.
«Raven!» gridò Robin, correndo preoccupato verso di lei, cercando di fermare il tremito.
«Raven!» urlarono anche gli altri Titans, preoccupati.
«Che succede?»  esclamò preoccupato il dottor Morris, entrando nella stanza.
Soffocò un’imprecazione e chiamò subito un’infermiera, mentre cercava di capire cosa stesse succedendo.
 
«Robin, Raven sta cercando di contattarti attraverso il vostro legame?» domandò Cyborg.
«No, non sento assolutamente nulla. Raven…» mormorò il ragazzo, accasciandosi sul letto.
 
All’improvviso calò il silenzio.
Poi Raven cominciò a levitare e di scatto spalancò gli occhi.
 
«Raven!» esclamarono i suoi amici, contenti.
«Sembra che la situazione si sia risolta. Congratulazioni, ragazza mia. La terremo in osservamento, però per ora può stare con i suoi amici» le sorrise il medico, poggiandole una mano sulla spalla e stringendogliela leggermente. Raven rispose con uno sguardo svagato.
Poi il medico uscì dalla stanza.
 
Robin strinse forte la ragazza, che con un sussulto tornò completamente in sé. Si guardò attorno con uno sguardo spaventato, poi chiese: «C-Chi sei?»
«C-Come?» domandò Robin, staccandosi da lei e guardandola disorientato.
«Chi sei?» domandò di nuovo la maga, osservandolo.
«Raven… Sono io. Robin.»
«Robin? Non conosco nessuno con questo nome…» mormorò la ragazza.
«Rae… Sono io, il tuo migliore amico. Robin.»
«N-Non capisco. Sono… Confusa.»
La ragazza si adagiò sui cuscini.
Robin si alzò dal letto con un’espressione indecifrabile in viso ed uscì dalla porta.
 
«Raven… Ci riconosci?» domandò cautamente Cyborg, avvicinandosi alla ragazza.
«Sì. Credo. Tu sei Cyborg, giusto?» rispose la maga, guardando gli altri. «Tu sei Starfire e tu Beast Boy.»
«Oh, Raven!» esclamò Starfire, abbracciandola.
«A quanto pare si è dimenticata solo di Robin…» osservò Cyborg.
«Brutta storia per il nostro ragazzo-meraviglia» commentò Beast Boy, serio come non mai in vita sua.
 
Intanto, fuori dalla porta, Robin si era abbandonato contro il muro con un’espressione vuota.
«Non si ricorda di me… Non si ricorda» mormorò, sentendo gli occhi inumidirsi.
  
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