Il Giovane Falco
Il
vecchio sedeva sotto la quercia, al limitare del bosco.
Fiaccole
ardevano intorno alla radura, sussultando come spiriti d'ambra;
accanto a lui, i tratti chiari e pesanti del guerriero balenavano tra
le ombre, nello scintillio opaco delle armi. Come il vecchio, la sua
tunica era grezza e scura, ma il girocollo di bronzo rifulgeva,un
serpente di luce. Accanto a lui aspettava il suo allievo, e i suoi
occhi grigi, l'impronta degli dei che il vecchio aveva riconosciuto
tanti anni prima, bruciavano di eccitazione.
Il
vecchio sapeva che le loro tre figure erano quanto di più
diverso,
di più vario e casuale potesse combinarsi: eppure non era
così, non
per le leggi tramate nella terra e negli alberi, non per il cuore
segreto del bosco, non per quei poteri che aveva trascorso una vita
ad ascoltare. Il vecchio sapeva che i loro volti, le linee stesse dei
loro profili appartenevano a quel luogo, come le intricate spirali
che i fabbri sbalzavano sugli scudi, intrecciando dei e uomini, eroi
e fiere. Ma questa volta, un'altra figura invadeva l'incastro, una
quarta figura di marmo e di lucido oro che nasceva da orli troppo
diritti, sagome troppo pure per la foresta. Perché
quell'uomo veniva
da un mondo di orizzonti netti e bianche città, di soli nudi
e
drappeggi precisi. Il mondo che aveva guidato fin lì,
sbaragliando
le genti degli alberi e delle nebbie.
La
quarta creatura avanzò verso il vecchio, il pettorale
istoriato che
catturava le luci dei fuochi, il naso aquilino sotto lo sguardo di
limpido azzurro. Più indietro, due guardie tremavano di
freddo e di
disagio.
Quando
si fermò di fronte a lui, il vecchio non si alzò:
restò immobile,
la barba nodosa e striata come corteccia, le mani magre poggiate
sulle ginocchia. Molti avrebbero corso il rischio di essere
fustigati, per un affronto simile; ma non lui, che conosceva i nomi
nascosti degli uomini e delle rocce; non lui, che era ormai l'unico
portale tra l'invasore e l'anima del suo popolo.
-Salve
a te, Caomh, druido della tribù dei Dorotrigi. Ti reco i
miei
omaggi, e insieme quelli del popolo della grande Roma. Il mio nome
è...-.
-So
già qual è il tuo nome, Giovane Falco- lo
interruppe il vecchio
-l'ho sentito gridare da molti guerrieri atterriti, invocare da molti
prigionieri disperati, sussurrare nei racconti intorno ai fuochi: il
nome di un condottiero invincibile, del capo dei romani che ci hanno
sconfitto.-.
A
quelle parole il suo allievo sussultò, ma serrò
le labbra: un
druido deve essere in grado di sostenere lo sguardo della
verità,
anche quando è torbida e buia. L'uomo davanti a lui non
sorrise,
continuando a cercare il suo volto nei suoi occhi non c'era superbia,
né vergogna. -Esatto, è così. Immagino
dunque che tu sappia anche
perché abbiamo combinato questo incontro, e
perché abbia chiesto di
parlarti.-
Il
vecchio socchiuse le palpebre, come se tentasse di discernere un
punto lontano; per un attimo, nelle sue iridi brillarono i riflessi
di altri fuochi. -Sì, lo so. I tuoi messi sono arrivati
stamani, e i
miei esploratori ieri notte. Mi hanno detto che il giovane falco
aveva vinto, ma aveva impedito il saccheggio del villaggio; mi hanno
detto che il capo era stato catturato, ma che se avessimo accettato
due condizioni i nostri dei e le nostre case sarebbero state
risparmiate. La prima condizione era che cedessimo gli ostaggi e
accettassimo il dominio della tua Roma- il druido sollevò
lentamente
il viso -la seconda, che io ti rivelassi i segreti della nostra
saggezza.-
Il
giovane uomo si infiammò improvvisamente; il volto di sale e
argento, imperscrutabile come una maschera dei loro teatri, si
animò,
rivelando i piani nervosi e pallidi di un giovane predatore. -Esatto,
vecchio. Ho piegato la testa dei vostri signori, ho svelato gli
inganni dei vostri strateghi, ho riempito i carri dei vostri tesori;
ma nessuno, né soldato né donna né
guerriero, ha saputo portarmi
la vostra conoscenza.-
Il
vecchio si chinò, i lunghi capelli che biancheggiavano nel
buio:-E
sai che noi non abbiamo pergamene con cui sigillare le nostre parole,
né templi in cui imprigionare i nostri riti; né
inchiostri con cui
incatenare i nostri spiriti.-
Il
comandante rise, una risata acuminata e lucente come i suoi
occhi:-Allora i miei generali sbagliavano: non siete i bifolchi
illetterati che mi avevano descritto.-
-Conosco
i rotoli sottili e le bianche arcate della vostra Alessandria-
rispose il druido -ho visto i corridoi straripanti del vostro museo,
e salito i gradini assolati del vostro Campidoglio; ho conosciuto i
canti dei vostri sacerdoti, e i passi silenziosi delle vostre
vestali.-
Il
comandante sorrise, sedendosi di fronte al vecchio, le gambe
incrociate: -Quando hai ammirato i tesori del nostro popolo? Credevo
che nessuno della tua gente si fosse mai spinto tanto a Sud.-
Il
vecchio sollevò il mento, e il suo volto fu per istante un
intrico
di linee antiche, solenne e vivo come l'albero che lo sosteneva:-Vi
sono altri modi di vedere che con gli occhi, Giovane Falco.-
-è
per questo che sono venuto da te- proseguì l'altro
– proprio per
questi enigmi con cui il tuo popolo tormenta il mio- si tese in
avanti, lo sguardo limpido ricolmo delle torce -ho sentito storie
oscure, storie incredibili: voci di feste di fiamma e di vento, in
cui mandrie bianche saltano muggendo tra i fuochi, di danze segrete
con creature dalle ali dorate, di raduni di saggi all'ombra di pietre
immani. Voci di una saggezza che non somiglia alla nostra,
né alla
magia volgare dei caldei, ma che viene sussurrata agli eletti dalle
querce e dagli ontani.-
Il
vecchio rimase per un momento in silenzio. -Sei attento, Giovane
Falco- cominciò -e sai osservare con più
umiltà dei tuoi compagni,
con più superbia dei nostri capi. Ma se hai già
scoperto tanto,
perché hai voluto incontrare me?-
Il
comandante non esitò:-Perché le voci degli uomini
deformano gli
eventi, e la paura intorbida quanto la dimenticanza. Ho appreso
molto, ma molto, lo so, è fasullo.-
Il
vecchio lo guardò:-E allora cosa vuoi da me?-.
Il
romano sorrise di nuovo, e il suo volto fu il muso di un lupo, di
un'aquila, di un re. -La verità. Insegnami i segreti della
tua
gente, la sapienza di questa terra e di questo cielo, i nomi delle
forze che fremono sotto i miei piedi e sussurrano nelle mie
orecchie.-
Il
vecchio sospirò, senza abbandonare lo sguardo del soldato;
inaspettatamente, scoppiò in una risata. -Così
è vero- mormorò,
più a se stesso che agli altri – così
è questo il modo in cui si
compie. Oh, Cerridwen dalla triplice luna, l'avevi predetto...-
-Chi?-
intervenne il comandante.
Il
vecchi scosse la testa, cambiando i bagliori, confondendo le
ombre:-Uno spirito, un respiro, una dea. Mi aveva predetto che un
giovane falco sarebbe giunto dal Sud e avrebbe incatenato le nostre
mani, ma salvato la nostra sapienza.-
Il
comandante si tese in avanti, le dita che si contraevano sulle
ginocchia:-Allora lasciami avere ciò che voglio. Fallo, e ne
sarai
ricompensato.
-Come?-
ribatté il vecchio.
Lo
sguardo di fronte a lui non vacillò:-Con la fama, druido. Se
affiderai a me il tuo sapere, non morirà mai. Le tue parole
saranno
eterne, come il marmo e il bronzo della mia gente, e continueranno a
vivere anche quando il tuo corpo non sarà che terra e radici
e i
tuoi boschi si saranno consumati in cenere. Con me, il mondo non
dimenticherà mai il vostro passaggio.-
Per
qualche attimo, il vecchio non parlò; poi scoppiò
in una nuova
risata, un breve riso di foglie e torrenti -Giovane Falco, ti pongo
una domanda: sei davvero convinto che il mio popolo non conosca il
modo di dare l'eternità ai nostri pensieri, i segni con cui
si
imprigionano le parole sulle pelli e le rocce?-.
Il
romano si irrigidì, e un fremito, il fantasma del ragazzo
orgoglioso
e acuto che doveva essere stato, gli illividì il viso; poi
comprese,
e i suoi occhi tornarono semplicemente curiosi. -Dunque è
così.
Sapete scrivere.-.
-Non
tutti- rispose il vecchio – non nel modo che immagini.
Soprattutto,
per nel modo in cui le usate voi. Per noi le parole sono anche
alberi, e forze arcane e frammenti di dei, incisi nella nostra anima
come la linfa segreta di una quercia.-
-Ma
allora perché non ne avete approfittato?- chiese il
comandante
-perché non avete raccolto in qualche modo il vostro
sapere?-.
-Il
vecchio scrollò ancora il capo:-Tenterò di
spiegartelo, Giovane
Falco, perché le voci del bosco mi hanno detto che saranno
le tue
ali ad adombrare e sorvegliare il mondo: non abbiamo mai scritto,
perché per noi quei segni sono fessure su mondi dimenticati,
preghiere a spiriti intrecciati alla terra, armi che racchiudono il
potere del fuoco e del mare. Strumenti meravigliosi e terribili,
tanto da non avere il coraggio di usarli.-
-Ma
perché non usarle per salvare la vostra conoscenza?-
replicò il
romano -Perché non usarle per vincerci, se racchiudono tanta
forza?-
-Perché
significherebbe stravolgere la grande danza del mondo- rispose il
vecchio- mutare lo scorrere delle spire del serpente: non dobbiamo
alterare la spirale del tempo, ma custodirla, anche se non ci
è più
benevola; anche se ci inghiottirà tra le sue nebbie.-
-E
il vostro sapere? Non vi tormenta il fatto che morirà con
voi?-
-Il
mondo e le sue leggi non sono davvero nascosti; altri popoli, altri
uomini ne comprenderanno la trama, anche se le daranno nomi diversi.-
Il
comandante rimase silenzioso, fissando il vecchio con il suo
implacabile sguardo di rapace:-Sembra quasi che non ti importi sapere
che la tua gente è stata sconfitta, che il tuo mondo
è ormai in
rovina, che presto qui giungeranno uomini e donne simili a me: e
invaderanno i vostri sentieri, abbatteranno i vostri boschi, li
riempiranno di campi e terre e templi.- Le sue parole erano dure, ma
non crudeli; non c'era spazio per il compiacimento in quella
curiosità, il vecchio lo sentì. Per questo
rispose la verità.
-Il
tempo è come l'oceano- cominciò – le
sue onde smuovono creature e
sabbia e conchiglie, e le sollevano fino alla schiuma, fino al bianco
disco del sole; e lì brillano per un istante, splendenti
come oro, e
di nuovo ripiombano nelle ombre profonde del mare. Noi mortali siamo
questo: schegge di luce che bruciano un momento e svaniscono in un
respiro, per ritornare al prossimo ciclo, in un'altra forma, sotto un
altro cielo. Ora voi correte in alto, lungo un arco di scintille, e
volate sull'orlo della grandezza. Approfittatene, questo è
il vostro
turno nella ruota d'argento; ma non dimenticate che ciò che
sale
deve discendere, e ciò che è sepolto germina di
nuovo.-
Improvvisamente,
il vento scosse la piccola radura, portando una bruna fragranza di
muschio e di bosco, infrangendosi in cento sussurri di fate.
Il
comandante represse un brivido e si raccolse un poco nel mantello,
contro la notte, contro gli sguardi silenti degli alberi.
-Ma
se non ti importa che la tua sapienza si perda- replicò
infine,
quando poté fidarsi nuovamente della sua voce-Se vuoi
rifiutare la
mia offerta, perché hai accettato di vedermi?-.
-Io
non ho mai detto di voler rifiutare il tuo accordo- replicò
il
vecchio; per qualche motivo, come per lo schiudersi di una crisalide,
mentre parlavano la sua figura era diventata più levigata,
più
antica, più simile alla grande quercia alle sue spalle. E
ora
irradiava forza, e potere.
Il
comandante serrò le labbra. -Allora cosa stai proponendo,
Caomh,
druido dei Durotrigi?-.
-Un
altro patto, Giovane Falco- replicò il vecchio -un altro
scambio. Io
ti darò la conoscenza che desideri: ti rivelerò
le voci dei boschi
e delle fonti, la lingua nascosta delle pietre, le danze vertiginose
delle stelle e degli astri; ti donerò tutti i frammenti di
sapienza
che in tanti anni, più di quanti siano di solito concessi
agli
uomini, ho raccolto lungo il mio cammino. Ma in cambio, tu non dovrai
farne parola con nessuno, né riportarlo sui rotoli,
né inciderlo
sulla roccia- si tese in avanti, la voce profonda e netta come un
sole d'autunno -dovrai serbarli nella tua memoria: lasciare che le
mie parole ti affondino nel sangue e ti cambino lo spirito,
perché
tra noi ciò che si impara deve imprimersi nella carne, e
mutare
anche l'anima; è troppo facile altrimenti giudicare e
scegliere ciò
che si scopre, se sfiora solo i nostri occhi scivolando su una
pergamena.-
Il
comandante socchiuse le palpebre: -Perché mi offri tutto
questo?
Perché concedere solo a me questo dono? Se non
parlerò, i miei
compagni e la mia gente continueranno a considerarvi dei rozzi
cialtroni, poco più che bestie selvatiche.-
Il
vecchio scosse di nuovo la testa candida, e un'espressione
indefinibile, sospesa tra il sorriso e il pianto, tremò sul
suo
viso:-Ciò che sappiamo è troppo pericoloso per un
intero popolo, e
non tutti saprebbero mescolare la propria mente con visioni tanto
differenti e tanto lontane. Ma tu sei abbastanza forte e abbastanza
fiero da riuscirvi; e sebbene tu stesso non lo sappia, ormai cammini
da tempo sull'arco d'oro della grandezza. In te vedo molte cose,
Giovane Falco: molte vite, molte morti, molti destini; tante tenebre
gelide, tanti giorni fulgidi. I miei dei mi hanno dischiuso il futuro
perché io potessi riconoscerti; e forse darti un sentiero
con cui
affrontare la tua trama difficile-.
Il
comandante si protese a sua volta, cercando lo sguardo del vecchio;
per un attimo, vi scorse riflessi di altre esistenze, di altri
futuri: un uomo grande e biondo incatenato ad un carro d'oro gli
occhi di una donna dalla pelle d'ambra e la bocca ambiziosa; il
porpora di un mantello e di cento pugnali insanguinati. Il soldato si
ritrasse, batté per un momento le palpebre; bastò
perché quelle
visioni svanissero, e non rimanesse che il chiaro argento degli occhi
del vecchio. -Che cosa sai davvero, druido?- sussurrò a quel
volto
di corteccia, ai suoi compagni immobili, alla notte barbara racchiusa
su di loro.
-Solo
schegge gettate dagli dei- rispose – ma diverse da quelle che
hanno
raccolto i tuoi antenati-.
-E
saresti disposto a rivelarmele- chiese il romano.
Il
vecchio non abbassò il volto:-Se giuri su ciò che
per te è davvero
sacro che non ne parlerai con altri, allora sì. Non sono io
a poter
negare le briglie a chi ora cavalca la ruota d'argento.-
Il
comandante restò in silenzio, con l'espressione di guardinga
eccitazione con cui attendeva l'inizio di una battaglia, o di una
partita d'azzardo; poi sorrise, e lanciò i suoi dadi.
-D'accordo,
druido. Accetto la tua proposta.-
Il
vecchio chinò il capo; senza rumore, col passo agile degli
animali
della foresta, il guerriero e il suo apprendista scomparvero fra le
ombre degli alberi. Con un gesto, il romano congedò anche la
sua
scorta.
Nessuno
conobbe le parole che si scambiarono, alla luce inquieta delle
fiaccole, il vecchio del popolo antico e il giovane falco dei
conquistatori; si sa solo che molti segreti vennero svelati, molte
forze risvegliate, molti spiriti invocati dalla terra e dalle stelle
del cielo; fino a quando la luce del Nord tinse di rosso e pallido
oro la radura, e il comandante si alzò per tornare al suo
campo,
perfettamente identico alla sera trascorsa, incommensurabilmente
diverso. Di lì a pochi mesi, avrebbe sottomesso alla propria
patria
tutta la Gallia, e ne avrebbe abbattuto il campione; di lì a
pochi
anni, avrebbe annientato i suoi nemici, e sarebbe divenuto il signore
di Roma. Mentre lo osservava allontanarsi, il vecchio
ripensò al suo
nome. Giulio
Cesare.
Lentamente,
il serpente del tempo si mosse.