By the way, ho la sensazione di essermi persa una poesia. Ovvero, non so bene come sia successo, ma ero certa di aver pianificato che tra la scorsa poesia e quella che posterò la prossima volta ce ne dovesse essere un'altra. Non sono riuscita a capire quale fosse, così l'ho scambiata con questa.
Venendo ad "Answer", credo che questa poesia sia semi-incomprensibile, ma per darmi arie da psico-filo-dottorona dirò invece che è "criptica" (leggasi, è scritta talmente random che il lettore non ci capirà una cippa). Insomma, richiederà spiegazioni piuttosto lunghe, ma che darò alla fine per permettere al lettore di ricavarne le sensazioni e le opinioni che più gli aggradano.
Nel frattempo, dedico questa poesia a Margot, forse l'unica che coglierà il riferimento allo Specchio Oscuro.
Dunque a Margot, e al nostro circolo letterario da paninoteca!
Grazie come sempre a tutti per essere qui :)
Answers
Banali i vostri pensieri
le vostre domande sono banali
voi siete banali
siete banali
voi.
Cosa vi ha fatto diventare sottili
fin quasi a scomparire
e con voi me
che vi rispondo?
E tutti vogliono
il successo i soldi l'amore
ma sempre vogliono
percossi ma mai fino ad annientarsi
da sogni ritagliati
da cieli meschini
e un po' consunti.
Inghiottono i pixel
le vostre vocali
tutte.
Ma come vivere, noi,
senza il colore di una frase...
Di dieci che vi leggo
poveri, sciocchi indiani
uno implora
consigli che possa ignorare,
due chiedono la grazia
di un'idea
a immagine
e somiglianza d'altri.
Cinque – almeno –
non sanno fare i compiti.
Il nono...
lui si salva, a volte,
e chiede libri.
Il decimo – variabile
attesa e ripromessa! –
delude a volte,
ed altre inventa.
E che vi dico io?
Sono lo Specchio Oscuro
la voce senza carne
l'altra metà
il guru.
Io sono la risposta
il Super-io
l'incosciente inconscio collettivo
l'onesto impostore
la Trinità
dei poveri di spirito
critica scusa e offesa
la stupida sorpresa, e poi...
Io sono voi.
NOTE (che siete più che liberi di non leggere, perchè sono piuttosto lunghe): Ora che avete finito la lettura, forse ad alcuni di voi potrebbe - dico, potrebbe, se siete tra i disgraziati che sono riusciti a rispondere "Monopoli" al giochino di Jesse O. - essere passato per la mente a cosa questa poesia si riferisca. La risposta è "Yahoo Answers" *la linciano*.
Insomma, mi spiego meglio. Quello che ho scritto è nato da una riflessione riguardo a questo meraviglioso mondo in cui sono entrata da non molto. Sono stata strabiliata dalla pochezza di alcune domande (e di alcune risposte), al punto da non riuscire neppure a pensar male, nemmeno un pochino, di chi le aveva fatte: innanzitutto perchè in quelle parole vi ho visto, appunto, la mia stessa banalità (faccio anch'io parte di quel "voi" all'inizio), e poi perchè domande del genere erano tali, e così tante, da essere colpa di tutti e di nessuno. La personalità, le aspettative e il nocciolo stesso di un uomo si formano per via di altri uomini: la vita è un continuo rimando, una tela fatta di fili che partono e arrivano da ogni essere umano e lo collegano ad altre persone, a idee di altre persone, a cose fatte da altre persone.
Quindi, se una ragazzina chiede come fare a diventare famosa senza saperlo nemmeno scrivere, io non posso non sentirmi in colpa. Ma non posso nemmeno guardare alla sua domanda con indulgenza e buonismo e fingere che vada tutto bene, o che sia tutto questione di opinione e tutto sommato sia un falso problema. Non voglio pensare che tutto sia relativo.
Non penso neppure che gli uomini siano fatti per essere scialbi, anzi, è proprio questo che mi turba e che mi costa e che mi fa male: cosa ci ha fatto scegliere di esserlo?
Insomma, con questa poesia ho voluto esprimere queste mie sensazioni di frustrazione, di esasperazione, forse anche un po'di alienazione, e visto che obiettivamente non sono riuscita a spiegarle nè con i versi, nè con queste note, mi rimetto al vostro giudizio sull'argomento, nella speranza di aver almeno indicato in che direzione stavano andando i miei pensieri quando ho scritto questa poesia.
Non voglio insegnare niente a nessuno, nè puntare il dito, nè lamentarmi dei bei tempi andati, nè credermi migliore attraverso questo mio scrivere o attraverso questo mio leggere, e non voglio neppure risolvermi al cinismo e allo sprezzo (sembra che questa poesia, più che essere, non sia).
Potrei dire che, più di tutto, questa poesia è una constatazione.
Andando alla "superentità" di cui parla la seconda parte della poesia, essa è la Risposta, o meglio "Quelli che rispondono", mentre la prima parte è la domanda, ovvero "Quelli che domandano". Tirando le somme, le superentità sono due, una il rovescio dell'altra, ma entrambe la stessa moneta di ferro (il rimando dell'intera poesia è, infatti, la poesia "La moneta di ferro" di Borges, che - se volete - sarò lieta di citare nel prossimo capitolo. Non in questo, perchè al momento non ce l'ho sottomano e perchè ho già sproloquiato abbastanza, raggiungendo lunghezze inusitate.).
Insomma, detta in due parole, su answers c'è gente che domanda e gente che risponde: chi domanda spesso fa sentire un po' sconfitto e un po' disilluso chi risponde, il quale, per sua definizione, altrettanto spesso tende a sentirsi superiore a chi domanda. Ma chi domanda e chi risponde sono, in fondo, le stesse persone: quello che risponde una volta o l'altra domanderà a sua volta, e anche nel caso in cui mai domandasse qualcosa, avrà almeno una volta nella vita pensato come quelli che domandano.
Lo Specchio Oscuro è un riferimento ai romanzi di Jaqueline Carey, ed è l'opposto - evidentemente - dello specchio luminoso. Ognuno ha entrambi dentro di sé, e ci sarebbe molto da dire al riguardo, ma ho già sforato da un pezzo, e comunque meriterebbe un discorso a parte. E' molto più facile che intuiate piuttosto che io vi spieghi come si deve, perciò, avendo più fiducia in voi che nelle mie parole, vi lascio a voi stessi.
Un ulteriore riferimento probabilmente è alla Verità di Fullmetal Alchemist, in una versione più pallida e squallida. Tutto questo è piuttosto ironico.
E ora, dopo avervi rotto le scatole per un numero criminale di righe, e rinnovandovi il permesso di portarmi al manicomio, vi lascio. Non vorrei che mi scuocesse la pasta.