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Autore: JeffMG    10/03/2013    0 recensioni
Pierr scrive ad un amico di vecchia data, cercando tra i fogli una risposta al suo presente ed un possibile futuro.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                       Lettera I. 


Caro amico, ti sto scrivendo dopo che un vortice di anni e mesi ci ha diviso.
Mi chiedo come tu possa stare dopo quello che hai passato quando vivevi qui a Monte Claro,
quando passavamo le serate a correderci il fegato con il whisky o a parlare dell'ultima
partita di baseball 
vista in quella vecchia televisione del locale sotto casa mia. 
Ma a parte questo mi domando seriamente come possa essere il tuo stato d'animo,
se le tue nottate sono ancora accompagnate dagli incubi,
dopo quello che hai fatto, dopo il grande "incidente".
Ti avevo promesso che non ne avrei mai parlato con nessuno e così ho fatto,credimi,
ma il peso di questo segreto mi corrode l'anima. 
Non ti sto scrivendo per questo, ti scrivo perché almeno un po' di affetto per te è rimasto,
in questo cuore consumato dai tarli. 

 
Qui le giornate si fanno più lunghe, la primavera è alle porte.
Dopo giornate passate sotto la pioggia posso finalmente affermare che sta nascendo
in me un briciolo di amore per quel grande sole.
Ora mi alzo la mattina, mi infilo la camicia bianca, mi spruzzo un po' di quel profumo che mi piaceva tanto quando eravamo piccoli e poi esco di casa, innondato dalla luce solare.
E' un gioia quando il calore mi riscalda la pelle, pensa che ora sono color cappuccino,
ho perso quel colorito bianco da malato e ora mi scambiano persino per uno che la vita se l'è giocata bene.
Quando invece, non è così.
 
Sai, ho perso il mio lavoro, quello al giornale, te lo ricordi? 
In quel posto pidocchioso ci lavoravo persino quando vivevi qui. 
Quando tempo è passato?
Secoli, eppure mi sembrano minuti. 
Cristo, avevamo solo diciotto anni e tutta la vita d'avanti quando hai preso
quel treno e ti sei giocato tutto. 
Comunque, mi hanno licenziato perché dicono che ho esaurito ogni inventiva,
che i miei articoli sono cibo per i cani e 
che dovrei imparare a fare lo spazzino per campare.
Ma io non demordo, continuo a scrivere ogni santo giorno e così farò finché
Dio non mi chiamerà a lui. 
Se le mie idee non gli piacciono, che vadano a farsi fottere.
Allora un giorno il capo mi chiama nel suo ufficio, mi fa sedere, mi versa persino un po' di whisky in quei bei bicchieroni di cristallo e me lo sbatte sotto il naso. 
Mi dice che mi deve parlare e  comincia a passeggiare su e giù per la stanza
come se qualcuno gli avesse 
chiesto di misurarla in passi e così comincio a capire...
E' sottopressione, cristo anche lui è un cazzo di essere umano! 
Non avrà mai licenziato nessuno e i miei articoli così schifosi lo incuietano
così tanto che non riesce 
nenche a dirmi che sono fuori dal giro. 
Fa un discorso preparatorio e boom!
La spara: ti licenziamo.
Dopo il colpo si sente svuotato, la canna è libera e ne dice delle altre,
arricchisce il tutto con abbellimenti strepitosi, 
quali che non sono bravo nel mio mestiere,
che una volta pensava che nella vita avrei fatto faville ma che ora sono come un malato terminale che chiede ancora un po' di vita. 
Così mi mantengo con i risparmi di dieci anni di lavoro in un pidocchioso giornale di provincia,
dove scrivevo articoli di assassini fuori di testa che ammazzano altra gente che la testa se l'è fatta saltare in aria con una magnum. 
 
Penso che andrò in giro a distribuire giornali, mi dicono che pagano bene. 
Tu che ne pensi?
Giornali la mattina, passi con la bici e un cane ti morde le chiappe,
un signore ti urla contro perché il giornale non lo vuole...
M
a almeno quei 30 dollari te li sei fatto, dopo che hai girato
come una trottola per tutto l'isolato. 

 
Di cane ne ho uno, si chiama Spike, è un incrocio con un cane da caccia ed è apparentemente inutile ma quel bastardo mi fa più compagnia di quanta me ne potrebbero fare dieci persone.
Se dovessi andare a buttare giornali nelle case della gente, potrei infilarlo nel cestino della bici,
come fanno quelle signore con i loro cagnolini di razza, che li prendono e gli infilano cappottini e fiocchetti come se fossero delle bambine. 
Quelle sono le persone che eviterei come la peste, i vestitori di cani. 
Certo, se un cane a pelo corto ha freddo, allora che cosa c'è di male? 
Gli infilo un cappotto e lo porto a spasso, ma quando diventa una questione seria e lo vesto come se fosse il mio primo genito allora diventa una malattia. 
 
Ad ogni modo, come ti ho detto sono solo. 
Non ho amici, non ho una donna, non ho persino i parenti, poiché alcuni sono lontani ed altri sono andati a farsi un ballo nell'Ade. 
Ogni persona sembra evitarmi ed io evito loro con accurata gentilezza. 
Quando magari incontro un vecchio compagno di scuola che mi sbatte in faccia la sua vita perfetta, con primo piatto a base di verdoni, un secondo di moglie,
contorno di figli e dessert di casa con giardino. 
Se ci fossi tu non ti eviterei, passerei l'intera giornata a parlare dei vecchi tempi e di quei sogni che mi raccontavi, poi li hai realizzati? 
 
Comunque sono diventato uno studioso, un osservatore, ma non di libri o paesaggi,
ma di persone. 
Io mi siedo a un qualsiasi tavolo di un bar  e ascolto i discorsi di altri. 
Le donne usano consumarsi con chiacchiere da parrucchiera, quali l'ultima vicina di casa, quell'amica che è troppo sfacciata, l'ultimo vestito orribile che indossava l'amante
del vicino di casa o persino l'ultimo colore di smalto più alla moda:
chiacchiere inutili e superficiali come la faccia di un politico sulla testata del giornale. 
Gli uomini si limitano ad insultarsi, a parlare di sport e magari in un angolo remoto del locale,
troviamo il fumatore accanito che se ne esce con l'insulto per la società.
Mentre i giovani, i giovani non esistono... 
Sono completamente risucchiati dalla loro tecnologia che se li sta portando via con bagagli
e tanto di fazzoletto sventolato in aria per la mamma. 
Sono diventati preda dei loro oggetti, che ora se li rigirano tra le mani come pupazzetti. 
Tra loro non c'è più dialogo poiché la tecnologia gli permette di sviare alla ricerca di se stessi,
al confronto. 
Così io faccio da spettatore a tutto questo trambusto, poiché penso che ormai le parole siano diventate futili per gli altri e perché ormai i discorsi sono tutti uguali. 
Ora ti saluto, devo andare a spiare altri discorsi.
Ti scriverò presto, ma spero che tu risponda a questa lettera.
Attendo tue notizie, Pierr.
  
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