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Autore: Mattimeus    14/03/2013    1 recensioni
La circostanza in cui mi trovai in quel momento può sicuramente essere definita... inspiegabile.
Mi chiamo Mattia e sono uno studente di quarta liceo. Ma, soprattutto, sono figlio unico. Questo dettaglio, hem... sociologico? è spesso irrilevante ai fini di un racconto. Certo, può essere rilevante per questioni caratteriali, educative, demografiche. Ma che questo possa influire sulla trama di qualsivoglia storia, beh, io non lo avevo mai sentito. Comunque, giudicherete voi: potrei anche sbagliarmi.
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sister

4

Quando si deve fare una scelta importante, una scelta veramente importante, una scelta di vita insomma, è d'obbligo soppesare ogni aspetto della questione e considerare ogni possibilità. In particolare, ci si ritrova a fare un bilancio della propria vita fino a quel momento per poter capire le solite cose: chi siamo, dove andiamo, cosa cerchiamo.

Alcune scelte sono più difficili di altre. Sono quelle che ti chiedono di rinunciare a qualcosa. È allora che i ricordi diventano improvvisamente più pesanti, come macigni dal quale slegarci solamente per scegliere a quali altri incatenarci.

Per me, decidere di cambiare fu facilissimo. Quasi senza esitazione, accettai la nuova realtà che mi si era presentata davanti: avevo una sorella.

Per quanto possa essere un cambiamento banale, fu la prima vera occasione di ribellarmi alla “realtà”. Perché quella era una cosa assolutamente impossibile. Per questo feci il bilancio della mia vita fino a quel momento, soppesai ogni aspetto della questione e considerai ogni possibilità. Sentii i miei ricordi farsi pesanti, ma molto meno di quello che mi ero aspettato. A me non piacevano i miei ricordi, facevano parte di una storia banale e noiosa. Così vi rinunciai. Decisi che se mi impedivano di avere una nuova sorella, semplicemente erano sbagliati e privi di valore.

E ne valse la pena.

Scoprii che era un anno e mezzo più grande di me e che aveva già la patente. Studiava filosofia all'università e che un'estate era andata come volontaria in Kenya.

Per scoprire il suo nome invece mi occorse un po' più di tempo, dato che stranamente per quei primi non capitava nessuna occasione in cui nostri genitori la chiamassero esplicitamente. In quel frangente spesi gran parte del mio tempo libero in aula a fantasticare sul suo nome e su cosa avesse fatto mentre era in Kenya. Pensai a vari nomi, di tutti i tipi. In questo caso il dizionario di latino fu molto prodigo di ispirazioni, ma non molto valide. Mi venne il terrore che mia sorella si chiamasse Lampronia.

Dopo la scuola andai in biblioteca. Ora che ci penso, per era diventato una specie di covo segreto: non si può parlare, quindi nessuno può dirti cosa fare. Era per questo probabilmente che mi ci trovavo così bene. Sfogliai qualche testo di mitologia alla ricerca di nomi interessanti: Andromeda, Elena, Elettra, Gaia ... non me ne piacevano altri. Chiusi il libro insoddisfatto e guardai fuori. Stava per piovere, forse era meglio rincasare. Almeno mi sarei presentato da lei senza avere pretese sul suo nome, in modo da non rimanere deluso.

Rimasi un momento ad ascoltare la pioggia che stava iniziando a cadere sul mondo, inerme. Quando pioveva, sentivo di odiare di meno la “realtà”: il paesaggio subiva ineluttabilmente la pioggia, non poteva farci nulla. Come me. Come Ofelia, nell'Amleto.

Amavo il personaggio di Ofelia da quando l'avevo conosciuto. Anche lei era una vittima del mondo, anche lei era impotente. Ma non avrei mai voluto quel nome per mia sorella. Non volevo che fosse come me.

Beatrice, quello era il nome giusto. Beatrice è un personaggio di Much a do about nothing, una donna volitiva, capace di esprimere sempre il suo parere e di cambiare ciò che non le va a genio. Ed è anche la guida di Dante. Di una sorella così avrei avuto bisogno.



Mentre tornavo a casa cercando di bagnarmi il meno possibile, provai una sensazione strana. Avevo cercato il nome per una persona che esisteva già da tempo. L'assurdità di tutto questo era dolorosamente palese, ma la mia decisione di stare al gioco era irremovibile. Non mi interessava il motivo di tutto questo, se mi stavo immaginando tutto allora volevo che fosse come piaceva a me. Pensai: se uno deve impazzire, meglio farlo del tutto. Sì, era così. Mi ero inventato proprio una bella massima. Se fossi diventato famoso, di sicuro sarebbe stata citata a sproposito da chiunque.



   
 
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