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Autore: elsie    02/10/2007    2 recensioni
Seguto di "Into the Fire". John e Meredith si sono ormai lasciati alle spalle i loro nomi e il loro passato e sono diventati Pyro e Medusa, soldati di Magneto nella Confraternita. Ma insieme alla guerra tra umani e mutanti, i due ragazzi dovranno combattere una battaglia molto, molto più importante, e che riguarda loro due soli. AVVISO: in questo racconto si parlerà di aborto. Se non vi sentite di affrontare questo argomento, allora per favore non leggete.
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Confraternita, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: tutti i personaggi presenti in questo racconto, ad eccezione di Meredith St.Clair/Medusa, che è una mia creazione, appartengono a Stan Lee e Jack Kirby, alla Marvel Comics e alla Twentieth Century Fox.

Come vedete ho già aggiornato. Per fortuna l'ispirazione non mi abbandona, anzi, al momento mi sento piuttosto prolifica. Spero che duri fino alla fine del racconto.
A proposito, non sarà lungo come "Into the Fire", anzi, in un paio di capitoli, al massimo tre, penso di chiudere la storia.

Comunque ecco il capitolo cinque. Spero tanto che sia di vostro gradimento!

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Medusa stava camminando nella foresta, cercando un po’ di tregua dalle sue responsabilità di veterano della Confraternita. La gestione della truppa stava diventando sempre più impegnativa man mano che altri mutanti si univano alle loro schiere, ma non era quello a disturbarla maggiormente.

La gravidanza le stava dando parecchi problemi. Le bastava rimanere in piedi per più di dieci minuti per sentirsi esausta, e raramente riusciva a terminare una giornata senza che l’emicrania arrivasse a tormentarla.
La cosa più dura, comunque, non era sopportare questi disturbi, ma fare in modo che nessuno si accorgesse che stava male. Era diventata bravissima, ormai, a rimanere impassibile quando aveva la nausea e poi correre a vomitare non appena John era impegnato a fare altro.

Si fermò di fianco a un cespuglio di more, e ne colse una distrattamente. Da quando erano tornati, il giorno prima, lei e John avevano accuratamente evitato di parlare di St. Louis o dell’arrivo di Jean Grey nella Confraternita. Uno dei principali argomenti di discussione tra di loro era l’imminente attacco ai laboratori Worthington. Magneto non l’aveva ancora menzionato, ma entrambi sapevano che era prossimo a venire.

Medusa esaminò la bacca scura sul suo palmo, chiedendosi se fosse poi davvero una mora. Dopotutto, quando andava a scuola era sempre stata una frana in scienze. Meglio di no, si disse. Manca solo un’intossicazione alimentare alla tua lunga lista di acciacchi. La gettò via e ricominciò a camminare.

Era tornata da St. Louis con la certezza che Magneto l’avrebbe cacciata via non appena avesse messo piede al campo, invece non era successo nulla. Non era andato a cercarla e non l’aveva fatta chiamare al bunker. Era dal giorno prima, da quando lei e Pyro erano tornati all’accampamento e avevano visto il loro capo sulla collinetta insieme alla Grey che di Magneto non c’era più traccia. Sapeva che probabilmente era al bunker a preparare l’attacco, oppure a decidere come utilizzare i poteri di Jean Grey.

Era rimasta molto sorpresa quando aveva scoperto che la misteriosa Fenice era in realtà la vicedirettrice della sua vecchia scuola, uno dei pilastri degli X Men. Se glielo avessero raccontato probabilmente non ci avrebbe creduto, Jean Grey che abbandona la squadra di Xavier e si unisce al suo mortale nemico. Forse anche la dottoressa, alla fine, si era resa conto di quanto fosse ridicolo il credo che si ostinavano a sostenere nella scuola di Salem Center. Vivere con gli umani è possibile, certo, come no. Costruire insieme un mondo migliore in cui ci sarebbe stata pace e mutua comprensione.
Medusa sorrise sarcastica. Salve, mi chiamo Charles Xavier e vivo in una casa fatta di zucchero filato accanto al fiume di melassa, nel Paese delle Mele Caramellate.

Ridacchiò compiaciuta della sua stessa arguzia, e le dispiacque che non ci fosse stato nessuno lì con lei che potesse ascoltare. Era una battuta divertente, e decise di riciclarla alla prima occasione. Era sicura che John avrebbe riso. Questo pensiero, per qualche motivo, la rese malinconica.

Rivedere Jean Grey le aveva riportato alla memoria ciò che erano stati. Non che avesse dei ripensamenti: no, sapeva che il suo posto era qui nella Confraternita e non con gli X Men. Erano passati appena quattordici mesi da quando lei e John avevano infranto la loro promessa ed erano corsi via dal jet, eppure sembrava essere passato un millennio intero. A volte, quando si guardava indietro, le sembrava di rivedere la vita di una altra persona. Perché quella era effettivamente un'altra persona, si disse. Tu sei Medusa, la ragazza che frequentava l’Istituto era Meredith St.Clair.

Un rumore proveniente da una siepe alla sua sinistra la distolse bruscamente dai suoi pensieri. Si voltò, e da dietro i rami verde scuro spuntò Jean Grey, i lunghi capelli rossi che le incorniciavano il viso serio e tirato.

Per un istante Medusa dubitò che quella donna fosse davvero la dottoressa Grey. Cioè, riconosceva il volto e i capelli e tutto il resto, ma c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi verdi, un ombra scura che Medusa non aveva mai visto prima d’ora. Ripensò alla prima volta che si erano incontrate, alla fattoria dei Jackson a Baltimora, e la dottoressa le aveva spiegato con un sorriso gentile che se voleva c’era un posto per lei nell’Istituto Xavier per Giovani Dotati, dove avrebbe imparato ad utilizzare i suoi poteri nel modo giusto.

“Il modo giusto” pensò. La gente utilizza sempre a sproposito quest’espressione.

Medusa fissò il suo sguardo sul volto indecifrabile di Jean Grey, chiedendosi per l’ennesima volta quale fosse il motivo che l’aveva spinta a lasciare il suo posto tra gli X Men. Forse aveva qualcosa a che vedere con quell’ombra nei suoi occhi.

“Salve, dottoressa Grey.” disse Medusa infine.

Lei le sorrise. “Ciao Meredith.” replicò. “ Sono felice di vederti. Ti trovo bene.”

“Grazie.” rispose Medusa. Una parte di lei le disse che avrebbe dovuto contraddirla e avvisarla che Meredith non era più il suo nome, ma la ignorò.

Si chiese, per la prima volta da quella notte, come avessero reagito i suoi professori alla notizia che lei e John si erano allontanati dall’X-Jet e si erano uniti a Magneto e Mistica. Dolore? Rabbia? Delusione?

Perché non ci hanno mai cercati? disse una voce dentro di lei, adirata. Perché non hanno mai provato, in tutti questi mesi, a riportarci a scuola?

Si stupì. Da dove veniva quel pensiero?

“Non avrei mai immaginato di rivederla, dottoressa Grey.” disse Medusa. “Soprattutto non avrei mai immaginato di rivederla qui.”

L’ombra negli occhi di Jean Grey si fece più profonda. “Molte cose sono cambiate, Meredith.” disse. C’era qualcosa nella sua voce che Medusa non aveva mai sentito prima. Di certo era qualcosa che non apparteneva alla Grey che aveva conosciuto alla scuola. “Non sono più la dottoressa Grey.”

“E io non sono più Meredith.” replicò lei. Le sembrò che gli occhi di Jean perdessero un po’ della loro ombra.

Rimasero in silenzio qualche secondo. Il vento increspò leggermente le falde del lungo cappotto color porpora di Jean, e Medusa si domandò nuovamente chi fosse quella donna lì in piedi davanti a lei. Era davvero la stessa persona che, circa un anno e mezzo prima, le aveva detto che se non si fosse staccata da John lui l’avrebbe trascinata sotto con sé?

“Ho fatto la mia scelta.” disse Medusa.

“Sì, anche io” rispose Jean Grey.

“Lei lo aveva predetto.” continuò Medusa. “Sapeva fin dall’inizio che sarebbe finita così.”

Jean annuì. “Sì, è vero. Ma speravo non succedesse.”

Medusa ripensò a quella notte ad Alkali Lake, quando era corsa nella foresta a cercare John, e lo aveva trovato mentre stava per andarsene insieme a Magneto e a Mistica. Si rese conto per la prima volta che, se fosse arrivata solo qualche minuto più tardi, l’avrebbe perduto per sempre senza nemmeno una parola di addio.

“Ovviamente non poteva andare che in questo modo.” continuò Jean Grey. La sua voce suonava bassa e stanca. “Ognuno insegue il proprio destino.”

Medusa sentì un confuso senso di abbandono e di tristezza alle sue parole. Avrebbe preferito che gridasse, che le chiedesse perché aveva infranto la sua promessa e si era allontanata dall’X Jet, qualunque cosa tranne “ognuno insegue il proprio destino.” La faceva sentire inutile, e la faceva sentire come se tutti i mesi passati all’Istituto, tutti i vari “siamo una famiglia” e i “siamo qui per aiutarti” non fossero altro che un’orribile, disgustosa menzogna.
Di nuovo si chiese da dove venisse quel pensiero. Perché la fai così lunga? si chiese. Che ti importa di Xavier e della sua scuola?

“Mi dispiace averla delusa, dottoressa.” disse Medusa. Si accorse che la voce le aveva tremato, ma scoprì che non le importava più di tanto.

Jean sorrise. “Non mi hai delusa, Meredith.”

Medusa avrebbe voluto aggiungere qualcosa, qualunque cosa, ma non le venne in mente nulla da dire. Avrebbe voluto che la Grey la rimproverasse, o le rinfacciasse di averle mentito e di averle voltato le spalle dopo tutto quello che aveva fatto per lei, ma Jean si limitò a distogliere lo sguardo e incamminarsi verso il campo, situato da qualche parte oltre gli alberi alla loro sinistra. Fu allora che Medusa parlò.

“Aspetto un bambino.”

Jean Grey si voltò e fissò i suoi occhi in quelli della ragazza di fronte a lei. In quel momento Medusa si rese conto della frase che aveva appena pronunciato, e le prese il panico. E non solo perché aveva detto una cosa così intima e privata a quella che ora per lei non era altro che una perfetta estranea, se non una potenziale nemica; ma soprattutto perché dirlo ad alta voce tutto ad un tratto lo rese reale.

La potenza di questa rivelazione la investì come l’onda di uno tsunami. Non si trattava più di una cosa astratta, di qualcosa che non riusciva ad afferrare, no: qui si trattava del suo bambino, del figlio suo e di John che lei portava nel suo grembo, e si rese conto per la prima volta ciò che comportava prendere una decisione riguardo questo bambino, sia in un senso che nell’altro. Fu troppo per lei e, prima che potesse anche solo provare a controllarsi, le lacrime le stavano già inondando il viso.

Jean rimase in silenzio a guardarla piangere per qualche secondo. “Perché lo stai dicendo a me, Meredith?” chiese infine, il suo tono privo di qualunque emozione.

Medusa si rese conto di non avere nessuna ragione. “Non lo so.” sussurrò tra le lacrime. “Forse volevo solo dirlo a qualcuno.”

Si lasciò cadere su un tronco abbattuto e fissò il terreno ai suoi piedi, cercando di controllarsi. Era sicura di quello che doveva fare, ma ora era più difficile andare avanti e portare a compimento la sua decisione, ora che sapeva, ora che riusciva a sentire quella piccola vita germogliare dentro di lei, ora che quel minuscolo ammasso di cellule che galleggiava da qualche parte nel suo corpo era diventato l’estensione di lei, di loro due, di lei e John insieme. Si chiese se sarebbe davvero riuscita a fare ciò che doveva fare, e poi continuare a comportarsi come se il loro bambino non fosse mai esistito, neppure per un istante, dentro di lei.

La voce di Jean Grey la distolse dai suoi pensieri. “Non lo vuoi?” chiese.

Medusa alzò la testa di scatto. “Non lo voglio?” ripetè incredula. Le parole le uscivano di bocca da sole. “Crede che io non terrei questo bambino, se potessi?” Le lacrime, che prima si erano fermate, ritornarono a bagnarle il viso. “Io lo vorrei, davvero. Vorrei tanto un bambino da John, ma come...” Allargò le braccia in un gesto disperato. “Come dovrei fare, come posso farlo crescere così? In mezzo al nulla, senza soldi, senza niente. Io non...”
Faticava a trovare le parole, a mettere insieme qualcosa di coerente per spiegare quello che sentiva dentro di sé. “E allora ho pensato... Se John lo sapesse, il suo primo istinto sarebbe quello di tenerlo. Ma poi comincerebbe a farsi delle domande, a chiedersi come fare, e alla fine si troverebbe davanti ad un muro, esattamente come mi ci sono trovata io adesso. E allora capirebbe che non ci sono altre soluzioni se non quella di... di...” Non riuscì a terminare quella frase; non voleva rendere reale anche quello. Si asciugò velocemente le guance con il dorso della mano e fissò i suoi occhi grigi in quelli verdi di Jean Grey. L’ombra sembrava quasi del tutto scomparsa.

“Gli si spezzerebbe il cuore.” mormorò Medusa. “Ed io mi sono detta...” Prese un lungo respiro. “Mi sono detta che questa volta non c’è bisogno di entrare entrambi nel fuoco. Posso farlo da sola, e risparmiare a John questo dolore. Non ha senso, soffrire in due, se io posso portare a termine quello che...” Chiuse gli occhi. “...deve essere fatto.”

Il vento agitò lievemente le foglie degli alberi sopra la sua testa, e Medusa si rifiutò di riaprire gli occhi. Finché rimaneva con gli occhi serrati, forse esisteva ancora una qualche occasione di sfuggire alla realtà dei fatti, di non affrontare ciò che si stava avvicinando. Come la neve, che non si cura mai di ciò che le succede attorno, pensò, piuttosto incoerentemente. Di nuovo la sua mente tornò a quella notte ad Alkali Lake, quando aveva corso a perdifiato nella foresta alla disperata ricerca di John.

Rimase ad occhi chiusi così a lungo che alla fine era sicura che Jean Grey se ne fosse andata. Invece sentì dei ramoscelli spezzarsi e delle foglie secche scricchiolare, come se qualcuno ci stesse camminando sopra. Aprì gli occhi, perplessa, e vide Jean avvicinarsi a lei e sedersi al suo fianco sul tronco. Il suo viso era serio, ma i suoi occhi erano tornati ad essere quelli di sempre, gli occhi che Medusa aveva imparato a conoscere tanto tempo prima.

“Sai che potresti tornare alla scuola, Meredith.” sussurrò. “Sai che vi riprenderebbero. Tutti e tre.”

Medusa scosse la testa. “No.” disse con forza. “No, mai. Come potrei affidare mio figlio a qualcuno che si rifiuta di lottare contro coloro che vogliono fargli del male? Qualcuno che non è in grado di combattere per lui?” L’impeto della sua rabbia la costrinse ad alzarsi in piedi, e fissò Jean ancora seduta sul tronco, le sue mani bianche e sottili appoggiate l’una sopra l’altra sui pantaloni color porpora. Lei la guardò a sua volta, e Medusa distolse lo sguardo, temendo che volesse leggerle nel pensiero.

“E’ per questo che te ne sei andata?” domandò Jean Grey. “Per combattere?”

Medusa posò nuovamente gli occhi sul suo volto. “Sì. Io non potevo più aspettare che le cose accadessero, mi capisce?” Desiderava davvero che Jean Grey capisse, e che la giustificasse per aver tradito il giuramento ed essersi allontanata dall’aereo. “Io non posso accettare ciò in cui voi credete, rassegnarsi a ciò che ci fanno e sperare in un futuro migliore. Mi dispiace, ma io voglio poter lottare.”

Aveva pronunciato le sue ultime parole come una sfida. Sentì di nuovo scorrere dentro di sé la rabbia e il dolore che aveva provato per mesi dopo la morte di sua sorella, che si era tolta la vita perché non riusciva a sopportare di essere considerata un mostro. Se ciò che doveva fare era tradire e uccidere perché non capitasse mai più ciò che era successo ad Evie, perché finalmente i mutanti potessero avere rispetto che meritavano dagli umani, allora era pronta a farlo.

Jean Grey si alzò lentamente dal tronco e fissò i suoi occhi verdi in quelli di Medusa. L’ombra era tornata e aleggiava, scura e minacciosa, dietro le sue pupille.

“L’hai detto tu stessa.” disse con un filo di voce. “La tua scelta è stata quella di combattere, e tutto quello che posso dirti, Meredith, è che né io né nessun altro poteva impedire che le cose andassero diversamente da come sono andate.” Si fermò per un istante. “Né potrebbe impedire quello che sta per accadere.”

Medusa la guardò senza parlare, sentendo un miscuglio di orgoglio e di dolore che si agitava nel suo cuore. Provava disprezzo per ciò che era stata quando faceva parte della squadra di Xavier, eppure una parte di lei rimpiangeva di avervi rinunciato. Jean Grey distolse lo sguardo e fissò le foglie che stormivano sugli alberi, mosse dolcemente dal vento, poi posò una mano sottile sulla spalla di Medusa e si incamminò verso il campo. Medusa rimase immobile a guardare gli alberi di fronte a lei.

“Ad ogni modo mi ha fatto piacere rivederti.” disse la voce di Jean Grey da qualche parte oltre le sue spalle.

Medusa non si mosse. Dentro di sé rivide la foresta innevata ad Alkali Lake, e risentì il gelo della notte mentre correva tra gli alberi guidata solo dalla luce della luna piena e dalla voce di Evie. Con un brivido, si rese conto che le cose avrebbero potuto andare in maniera totalmente opposta: avrebbe potuto non trovare mai John, e rimanere nella scuola. Dopotutto, la foresta era enorme, e lei era solo stata fortunata ad aver sentito quel rumore di rami spezzati che la aveva guidata fino a lui. E’ stato il caso a decidere il mio destino, si disse. Solo il caso e niente più di questo.
Che cosa avrebbe fatto allora? Avrebbe lasciato lo stesso la scuola, e si sarebbe unita alla Confraternita? Oppure alla fine si sarebbe messa l’anima in pace e avrebbe deciso che, in fondo, la strada della persuasione pacifica e del compromesso era quella da seguire?

Medusa si sforzò di trovare le risposte dentro di sé, ma scoprì che non né aveva alcuna, o forse non voleva trovarle affatto. E’ meglio così. Bisogna sempre fuggire dal dolore, non è vero?

In quel momento un rumore la distolse dai suoi pensieri. John camminava tra gli alberi e si stava avvicinando a lei con un lieve sorriso che gli piegava le labbra sottili. La sua espressione rilassata, tuttavia, svanì in fretta quando vide lo sguardo negli occhi di Medusa. Pyro si fermò a qualche metro da lei, fissandola preoccupato.

“C’è qualche problema?” chiese scrutando il viso della sua ragazza, in cerca di un qualche indizio che potesse suggerirgli cosa la stesse turbando.

Medusa fissò i suoi occhi grigi in quelli blu scuro di Pyro. Ci conosciamo così bene, si disse. Abbiamo camminato insieme nel fuoco talmente a lungo che possiamo leggere l’uno dentro l’altra in un istante.

Lasciò che il vento muovesse di nuovo le foglie prima di parlare. “Ti ricordi la notte ad Alkali Lake?” chiese. Una ruga segnò la fronte di Pyro mentre aspettava che Medusa continuasse.

“Mi avresti lasciata senza nemmeno dirmi che te ne andavi.” disse lei fissandolo negli occhi. “Senza nemmeno salutarmi.”

Pyro scosse la testa con forza. “No, questo non è vero.” rispose, sulla difensiva. “Sarei tornato a prenderti.”

Medusa sorrise tristemente. “A prendermi? E se io non avessi voluto venire con te?”

Pyro la guardò perplesso per qualche istante; evidentemente non riusciva a capire da dove uscisse quell’interrogatorio. “Pensavo che tu ci credessi.” disse, allargando le braccia ad indicare il campo della Confraternita da qualche parte dietro agli alberi.

“Sì, infatti è così.” rispose Medusa. “Io credo in tutto questo. Io voglio tutto questo, John, sono sicura di volerlo.” Fece una pausa e cercò gli occhi di Pyro. “Ma se non lo avessi voluto, se avessi voluto rimanere, tu saresti rimasto per me?”

John si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, irritato e a disagio. Distolse velocemente lo sguardo e fissò un punto indefinito da qualche parte alla sua sinistra, mentre il vento portava fino a loro il rumore di un grido, forse il richiamo di un uccello rapace o forse qualcos’altro.

“Sai che farei qualunque cosa per te.” mormorò Pyro infine.

“Non è quello che ti ho chiesto” replicò Medusa. Una parte della sua anima si era commossa per la risposta che Pyro le aveva dato, eppure ancora non le bastava.

John tornò a fissare il suo sguardo su di lei. “Perché vuoi litigare?” domandò, la sua voce piena di collera.

“E perché no?” replicò Medusa.

Ci fu un attimo di silenzio, poi Pyro diede un calcio rabbioso ad un sasso che si trovava per terra davanti a lui, scagliandolo lontano di qualche metro.

“Lo sapevo. Lo sapevo! Chi è che ti mette in testa queste stronzate, eh? Chi?” gridò furioso contro Medusa. “E' stata lei, vero? Quella dannata Jean Grey! Ti sta mettendo contro di me! Lo sapevo che ci avrebbe portato solo guai!”

Medusa si limitò a scuotere la testa con calma. “Ti sbagli, John. Jean Grey non c’entra nulla.”

Lui la guardò in viso. “E allora da dove viene questo mare di cazzate? Che ti prende tutto ad un tratto? Ci stai ripensando?”

“No, assolutamente no.” replicò Medusa.

“E allora cosa?” domandò lui, rifilando un calcio al tronco su cui poco prima Medusa sedeva insieme a Jean. Alcune scaglie di legno marcio si staccarono e caddero a terra.

Medusa le fissò, cercando di distinguerle dalle foglie secche su cui erano cadute e che avevano un colore molto simile alle schegge di legno, e non parlò. Sopra le loro teste, il vento riprese a giocare con le foglie degli alberi.

“Ah, al diavolo.” disse Pyro.

Medusa sentì i suoi stivali spezzare i rami e le foglie secche che giacevano in terra mentre si allontanava da lei. Riconosceva quella camminata: John pestava sempre i piedi a terra con eccessiva forza quando era furibondo, o turbato da qualcosa. Davvero ci conosciamo bene, ripeté a sé stessa. Non abbiamo segreti l’uno per l’altra.

Rendendosene conto a malapena, sollevò la mano destra e se l’appoggiò sul ventre.

****

Tornò all’accampamento solo quando il sole stava già cominciando a nascondersi dietro le cime degli alberi più alti. Sapeva bene di aver trascurato i suoi compiti quel giorno, eppure, stranamente, la cosa non la faceva sentire poi così in colpa.

Non sarà certo questo a distruggere la Confraternita, pensò Medusa mentre si avvicinava alla sua tenda, desiderando solo scivolarvi dentro e dimenticare quella giornata. Sperò ardentemente che Pyro fosse altrove, altrimenti sapeva che ci sarebbero state altre discussioni, altre liti, e lei non aveva davvero la forza per affrontare una cosa del genere. Voleva solo rannicchiarsi nella sua tenda e dormire.

Le mancavano ormai pochi passi quando Medusa vide, a circa venti metri da lei, Magneto attraversare il campo a passo spedito, discutendo ora con Callisto, che insieme ad Archlight lo seguiva distanziata di qualche passo, ora con Pyro, che avanzava al fianco del capo della Confraternita. Ad un tratto, John disse qualcosa e Magneto gli mise una mano sul petto, guardandolo fisso negli occhi. Pyro smise immediatamente di camminare.

Medusa non riuscì a sentire quello che Magneto disse a John, ma doveva essere qualcosa di molto serio, perché quando l’anziano comandante della Confraternita riprese a camminare Pyro rimase immobile a guardarlo allontanarsi, il viso segnato da un’espressione di stupore misto a mortificazione.
In quel momento Magneto si accorse che Medusa stava osservando la scena a qualche metro da loro, e lasciandosi alle spalle Callisto e Archlight si diresse verso la sua seconda guardia del corpo. Medusa rimase immobile ad aspettare che Magneto si avvicinasse e le dicesse quello che doveva dirle (e si aspettava fosse l’espulsione dalla Confraternita), invece quando fu abbastanza vicino lui l’afferrò per un braccio e la trascinò verso gli alberi, dove nessuno avrebbe potuto ascoltare la loro conversazione.

“Charles Xavier è morto.” disse severamente Magneto, fissando i suoi occhi d’acciaio in quelli di Medusa. Lei rimase in silenzio mentre qualcosa nel profondo della sua anima, probabilmente ciò che restava di Meredith St.Clair, sussultava per la sorpresa e il dolore.

“La tua unica fortuna è che se anche ci fossi stata tu con me lui sarebbe morto comunque.” continuò Magneto, scrutando attentamente dentro gli occhi di lei. “Questa volta è andata così, Medusa, ma non azzardarti mai più a voltarmi le spalle in quel modo.” Fece una pausa e le sue dita sottili si strinsero più forte attorno al braccio della ragazza. “Sei con me oppure no?”

Medusa non abbassò lo sguardo. “Certo che sono con te.” rispose.

“E allora comportati di conseguenza.” le ringhiò Magneto lasciandole andare il braccio e allontanandosi senza più degnarla di un’occhiata.

Medusa lo guardò camminare velocemente tra le tende e sparire in fondo al campo, seguito come un ombra da Callisto e da Archlight, che avevano pazientemente atteso il ritorno del loro comandante. Non appena le loro figure scomparvero oltre gli alberi che costeggiavano l’accampamento e lo dividevano dalla entrata del bunker privato di Magneto, Medusa si voltò a guardare Pyro, che aveva osservato l’intera scena dal punto in cui si era fermato quando Magneto gli aveva posato la mano sul petto.

I loro occhi si incrociarono per qualche istante, poi lui si voltò e si incamminò verso la parte opposta del campo. Medusa rimase a guardarlo allontanarsi finché non riuscì più a distinguerlo tra le tende colorate e le figure dei loro compagni della Confraternita che si affaccendavano per prepararsi alla notte, ormai prossima a calare.

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Oscure nuvole di tempesta si stanno avvicinando per i nostri eroi. Come proseguirà la storia? Se siete curiosi, non vi resta che aspettare.

Penso di farlo presto, se questa ispirazione non mi abbandona. Un bacio a tutti quelli che seguono questa storia e a presto.

  
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