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Autore: pandamito    16/03/2013    0 recensioni
« Non ti sei mai sentito come se il tuo destino appartenesse a qualcosa di più grande? Come se la tua presenza - seppur insignificante e sconosciuta a miliardi di persone - fosse fondamentale per qualcosa che deve ancora avvenire e che ti renderà... completo, soddisfatto, realizzato... insomma ti porterà finalmente al tuo posto, quello per cui sei stato creato per stare, mentre la tua vita ti sembra come una lunga e straziante prigione in attesa che arrivi quel giorno? »
Lily non è bella, non è comune e non possiede i soliti poteri, ma la vita di Rafe è cambiata dal giorno in cui l'ha salvata, perché lei era l'unica che lo capiva. Loro erano destinati a qualcosa di più grande ed avevano bisogno l'uno dell'altro.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Rafe, Rafe
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Sentì qualcosa strusciare accanto a lei fra le coperte - una sul pavimento ed un'altra che la copriva - e stringerla fra le braccia; aprì gli occhi ed i suoi, neri, si rispecchiarono in quelli molto più chiari ed accesi di Rafe.
« Non vai a vedere casa tua? » gli domandò in un sussurro, per non svegliare gli altri bambini sparsi qua e là per la navata della chiesa.
Lui scosse piano la testa. « No, non fa nulla, resto con te, i tuoi ricordi sono più importanti. »
Lily sorrise, apprezzando il gesto. « Sei uno stupido, vai a vedere casa tua. »
« Ti ho detto che non importa. »
« Sì che importa! » obiettò, cercando di imporsi il tono più moderato che potesse usare, per non svegliare gli altri. « E' l'unico posto dove puoi stare in santa pace, ci vai sempre, non puoi spezzare la tua 'tradizione' solo per una cosa così stupida. »
« Tu non sei stupida. »
« Io no, ma tu sì. » lo schernì, cercando di sorridere. « Senti, io non ho bisogno di ricordare la notte, non quando dormo. La notte sogno e basta, ricordi? »
« Sì, ma non puoi scrivere nulla sul tuo taccuino, la mano ti fa troppo male e tu non ricorderai nulla di oggi per colpa mia. » le accarezzò un braccio, dispiaciuto.
« Sono stata sempre con te, ricorderò tutto. » lo rassicurò, sorridendo. « Un giorno, però, voglio venire con te la notte. Ora son troppo stanca. »
« Davvero? » chiese. « Verrai? »
« Promesso. » concluse.
Il corvino si alzò quatto quatto allontanandosi silenziosamente e proprio quando la mora ebbe la certezza che l'altro se ne fosse andato, scivolò via dalle coperte ed in punta di piedi si diresse verso la torre, percorrendo tutta la rampa di scale a chioccola ed arrivando ad aprire la porta che dava sul terrazzo, dove un vecchio stregone di nome Scruggs si divertiva ad osservare i piccioni che dormivano nelle rientranze delle mura della chiesa, dove magari mancava qualche mattone.
« Mi serve che tu mi porti da un'altra parte. »
Sentendo la voce infantile, quello si voltò, corrugando le sopracciglia e si avvicinò velocemente alla bambina, a piccoli passi ma veloci, come un topo; la prese per un braccio e si avvicinò a guardarla faccia e faccia, squadrandola dalla testa ai piedi e sbarrando gli occhi.
« Tu sei a conoscenza del tuo destino. » contemplò Scruggs e di certo quella non era una domanda, di fatti la giovane annuì. « Dove vuoi che ti conduca? »
« Chi possiede l'Atlante di Smeraldo? » chiese.
L'anziano stregone sogghignò, mostrando i denti giallognoli e sfilando una chiave d'oro dalla tasca della giacca. Fece cenno alla ragazza di seguirlo ed arrivarono alla porta del terrazzo, dove vi erano le scale della torre; Scruggs infilò la chiave nella serratura e girò tre volte a destra, sette a sinistra e poi un'altra volta e destra. 
« Vai. » fece cenno alla piccola, indicandole la porta.
Quella lo guardò stranita, corrugando al fronte. « Mi prendi in giro? »
« Entra. » insistette l'altro, senza scomporsi... o almeno, senza scomporsi dal suo solito comportamento bizzarro ed inquietante.
La mora non si fidava molto, ma quando varcò la soglia dell'uscio, si rese conto di non essere all'interno della fredda torretta, bensì era in piedi in un grande studio pieno di libri e di fronte a sé vi erano due grandi sedie comode, una scrivania piena di scartoffie ed ancora più in là un vecchietto dai capelli scompigliati che portava un vecchio tweed sgualcito, una cravatta annodata - non si sa per quale ragione - due volte ed un paio di occhiali con la montatura a tartaruga sopra il naso. Lily lo fissò e quello alzò lo sguardo verso di lei, sorridendo.
« Posso esserti utile? » le chiese.
« Lei è il dottor Stanislatus Pym? »
« In persona. » affermò. Alzò il braccio, indicando con la mano una sedia lì di fronte. « Prego, accomodati. »
Titubante, Lily avanzò, sedendosi sulla comoda poltroncina. « Ho bisogno di vedere l'Atlante in suo possesso. » disse andando dritta al punto.
Lo stregone non si scompose e restò al suo posto, rimettendo il pennino nell'inchiostro e posando entrambe le mani sulla scrivania. Non volava una mosca, entrambi si fissavano l'un l'altro e Lily pensò che forse avrebbe dovuto spiegargli che cosa aveva sognato di preciso.
D'un tratto l'espressione del Dr. Pym cambiò così lievemente che era quasi impossibile percepirla, se non fosse che la bruna poteva sentire quella sensazione sulla sua pelle.
« Tu lo conosci, sai chi è. » parlò come se fosse una frase ovvia e lampante, ma l'altra annuì, capendo.
« Mi ascolti, la prego, deve nascondere al più presto il libro in un luogo sicuro. » lo avvertì.
L'anziano stregone assottigliò lo sguardo restando lì dov'era, non sembrava affatto preoccupato, al contrario della giovane. « Sai, pensavo che non esistessero più persone come te. »
Lily si bloccò di colpo, il sangue le si era gelato e con un po' di fatica capì cosa volesse intendere. Quindi un tempo esistevano altre persone coi suoi stessi poteri? Allora lei non era un'eccezione, aveva semplicemente ereditato i geni dei suoi antenati.
« Solo che... » proseguì, « non avevo mai conosciuto qualcuno che vedesse il futuro e che sapesse anche controllare le emozioni, questo no. »
La ragazza si chiese come diavolo faceva a sapere tutte quelle cose, la bizzarra idea che lui potesse essere come lei le formicolò nella testa, ma la scacciò, di certo lui non sembrava proprio il tipo.
« Legge nella mente? » gli chiese.
« No » rispose lo stregone, sorridendo, « ma non immagini nemmeno quanti anni io abbia, ho visto tanta di quella gente tutta diversa che saprei distinguere un biondo da un moro ad occhi chiusi. »
La ragazza non afferrò subito il paragone, forse perché era una battuta pessima, forse perché non aveva il tempo di capire, sta di fatto che lei era lì per un motivo ben preciso ed il peso di quel gesto si faceva sempre più pesante sulle sue spalle.
« Io so chi sono i Custodi. » lo informò e forse questa fu la prima notizia che scosse un po' il mago, facendolo drizzare con la schiena dritta. « Ma prima devo vedere l'Atlante. »
Lo stregone, incerto, restò per qualche attimo con lo sguardo rivolto verso di lei, poi dal cassetto della scrivania estrasse il grande libro dalla copertina verde smeraldo e lo posò sulla scrivania, spingendolo con le dita verso la giovane, che alzò un sopracciglio, confusa.
« E lo tiene così? Senza nasconderlo attentamente? » domandò.
« Beh, sì. Oggi tu mi hai detto di nasconderlo bene, allora lo farò. » le rispose.
Lily sospirò, decidendo che era meglio lasciar perdere e prese il libro fra le mani, aprendolo ad una pagina. Dire che aveva paura era poco, ciò che stava per fare avrebbe cambiato il futuro, ma era necessario per salvarlo e questa era la cosa che più importava. Posò una mano sulla pagina bianca e sentì la sua energia che si trasmetteva direttamente nel libro, che l'assorbiva. Con la destra che le faceva ancora male, si sforzò di prendere il pennino imbevuto di inchiostro e scrisse in calligrafia leggibile 29 dicembre 1899 sulla pagina. L'inchiostro nero spiccava su quello sfondo così chiaro, ma poi pian piano scomparve, assorbito dall'Atlante. Era fatta, pensò, o almeno sperava che andasse tutto bene. Pose nuovamente l'Atlante verso il più anziano ed entrambi restarono ad osservarsi. 
« Hai paura del tuo destino? » le domandò.
« Sì. » rispose sincera, senza esitare, perché in fondo non ce n'era bisogno, quello che aveva detto era semplicemente la verità.
Lo stregone si alzò, cacciando un paio di chiavi d'oro dal tweed e girandole quattro volte a sinistra, due a destra e cinque a sinistra nella serratura della porta, poi fece cenno alla ragazzina che poteva andare; quella si alzò, ringraziandolo con un cenno del capo, e attraversò l'uscio.
Se aveva paura, le aveva chiesto. Sì, lei aveva paura, tremendamente paura di ciò che aveva visto e stava facendo tutto ciò appunto per impedire che il suo destino si compisse. Lei, in fondo, avrebbe preferito morire piuttosto che usare il suo potere per ricostruire il mondo. Ma come poteva cambiare le cose? Per il momento aveva fatto in modo che al momento giusto l'Atlante trasportasse il Custode al giorno prestabilito, sperando che almeno lui potesse far scegliere a Rafe il destino giusto da seguire. E se non avesse funzionato? Se Rafe fosse diventato veramente il Ferale Magnus e avesse usato lei ed i suoi poteri per trovare i Libri dell'Inizio? Il solo pensiero che proprio lo stesso ragazzo, che metteva l'azione di proteggerla a qualsiasi costo prima d'ogni altra cosa, potesse veramente tradirla e manipolarla a suo fine, le faceva mancare il respiro.
Chiuse la porta dietro le spalle, quando una mano afferrò di colpo il suo polso, facendola spaventare e si trattenne dal gridare solo perché vide immediatamente gli occhi verde smeraldo di Rafe appena si voltò. Il suo petto si alzava e si abbassava e vederlo non le giovava affatto, anzi, non faceva altro che confonderla ancor di più ed infilzarle la testa con altri mille dubbi.
« Dov'eri? » domandò lui, duro e preoccupato.
Lily si voltò qualche istante verso la porta da dove era uscita e pensò che il Dr. Pym le aveva regalato un vero colpo di fortuna. « In bagno. » rispose, indicando con un cenno la stanza.
« Ma ci hai messo tanto. Quando sono arrivato non c'eri, mi sono preoccupato, ti ho cercato e non ti trovavo. Si può sapere che stavi facendo in tutto questo tempo? »
Lily s'irrigidì e cercò di fingersi il più offesa ed imbarazzata possibile, non che ci volesse l'arte. « Mio dio, ma ora devo dirti anche cosa faccio in bagno?! » protestò in tono scocciato.
Il ragazzo si rese conto della sciocchezza che aveva appena detto e si scusò, battendo in ritirata.
« Piuttosto, tu perché ci hai messo così poco? » gli fece notare, cogliendo al volo l'opportunità di sviare il discorso.
Era strano, pensò il ragazzo, come la solita calma che lo caratterizzava lo abbandonava completamente quando stava con lei, notò come fosse nervoso ed in pensiero ogni volta che si trattava di lei, ma ricordandosi che l'amica poteva percepire ogni sua sensazione, si agitò ancor di più, dandosi dello stupido. Ma, in fondo, lui non poteva nascondersi a Lily, neanche se l'altra fosse stata privata del suo potere, semplicemente perché lei riusciva sempre a comprenderlo, lei era come lui, tutto qui. Abbassò il capo e, vedendolo nervoso, la ragazza prese una sua mano nelle sue e cominciò ad accarezzarla. Pessima idea, come sempre. Di nuovo quella sensazione di soffocamento, che la faceva tremare in preda ai brividi che le pervadevano il corpo, riusciva a percepire i battiti del suo cuore che acceleravano all'impazzata persino nella sua mente. Ma si accorse che non era solo lei, che Rafe di fronte a lei provava il suo stesso ed identico sentimento. Doveva restare calma, si disse, ma come poteva fare? I loro sguardi s'incrociarono. Come poteva mantenere la calma quando quel sentimento sconosciuto e nuovo l'avvolgeva come una tempesta frenetica ed allo stesso tempo piacevole? Iniziò col lasciargli le mani e si sforzò di sorridere, cercando di placare le farfalle nello stomaco finché non sentì solamente un lieve tepore nel corpo e si concentrò affinché anche il moro provasse tutto ciò. Lui sorrise, invaso da un'improvvisa calma e serenità e mentalmente ringraziò la giovane.
« Ero preoccupato per te. » confessò con una strana tranquillità.
Mano nella mano, come al solito, ritornarono alle due lenzuola sfatte che fungevano da letto, in mezzo a tante altre che facevano assomigliare gli altri bambini a dei piccoli bachi  avvolti in loro stessi. Coperti fino all'orlo, sotto le coperte Rafe strinse Lily come prima, anzi, forse ancor più forte, accarezzandole la guancia. Un calore leggero sfiorò la sua pelle e si accorse che Lily l'aveva appena baciato sulla sua, di guancia; scostò il capo per fissarla e, notando come i suoi occhi - benché neri - brillavano al buio, fiochi come perle, poggiò la fronte sulla sua, abbracciandola ancora più forte. 
Gli piaceva quella sensazione, pian piano si stava accorgendo di non poterne fare a meno, gli ricordava in qualche modo la sua casa e Lily amava cibarsi di quel sentimento.
Perché non poteva fermare il tempo?
   
 
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