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Autore: Pandora86    17/03/2013    3 recensioni
Hanamichi e Kaede partono per i fatidici campionati nazionali sicuri dell'amore che provano l'uno verso l'altro. Ma che prove dovrà affrontare la loro neonata storia con l'avvento di nuovi scontri sportivi?
Continuazione de "Il tuo vero volto".
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con il nuovo capitolo.
Grazie a chi ha recensito, a chi ha inserito la storia tra le preferite e le seguite e anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note e le informazioni riguardanti le prossime pubblicazioni.
Per adesso, buona lettura.
 

Capitolo 5.Rabbia

 

03 agosto - sera
 

“Questo era per ringraziarvi della bella accoglienza che ci avete riservato!”

Rukawa aprì di scatto gli occhi.

Steso nel suo futon, non poteva fare a meno di pensare alla partita.

Non dopo quello che era successo dopo.

La sua mente aveva in testa una sola persona.

Il do’hao era stato incredibile come al solito.

“Questo era per ringraziarvi per la bella accoglienza che ci avete riservato!”

Di nuovo quella frase. Di nuovo quegli occhi sicuri. Di nuovo quel tono beffardo che Rukawa tanto amava.

Un tono di sfida, un tono di chi non ha paura.

Erano entrati in campo con la tensione alle stelle.

Il pubblico era tutto per il Sannoh e Sakuragi aveva da poco rimediato una clamorosa figuraccia
provando a fare una schiacciata spiccando un salto dalla linea dei tiri liberi.

Ovviamente la sua elevazione aveva sorpreso tutti, squadra avversaria compresa.

Peccato poi che avesse, tanto per cambiare, calcolato male le distanze e quindi la palla aveva toccato l’anello.

Lui, oltre che una pallonata e una caduta rovinosa, ci aveva anche guadagnato l’ennesima figuraccia.

Poi erano tornati negli spogliatoi e, dopo essersi riscaldati, erano nuovamente tornati in campo.

Sakuragi non si era perso d’animo.

Ci aveva riprovato stavolta, però, andando nella metà campo avversaria e rubando la palla a uno dei giocatori il Sannoh.

Aveva schiacciato e, quella volta, non aveva commesso nessun errore.

Il risultato era stato una schiacciata memorabile.

“Questo era per ringraziarvi della bella accoglienza che ci avete riservato”.

Questo aveva detto rivolto alla squadra avversaria una volta tornato a terra.

Aveva raccolto la palla e aveva guardato il Sannoh con un sorriso beffardo.

Un sorriso di chi è sicuro di quello che fa.

E Rukawa aveva, ancora una volta, potuto ammirare il suo volto.

Sakuragi era maturato molto da quando aveva iniziato a giocare.

Ancora non gli sembrava possibile che si trattasse della stessa persona, se lo paragonava alla sua
prima partita con il Ryonan.

Eppure… lui era lì… sempre lo stesso anche se così diverso.

Sakuragi aveva poi restituito la palla agli avversari ritornando dalla sua squadra e Rukawa aveva potuto osservare che anche il play maker e il tiratore erano rimasti piacevolmente sorpresi
all’ennesima uscita del numero dieci.

Lo dimostrava il cinque che aveva poi scambiato con loro.

Sakuragi, con quel gesto, aveva dato loro la carica.

Ed era per questo che Rukawa aveva agito di conseguenza quando l’asso della squadra avversaria aveva provato a mettersi in mostra.

Un pallone lanciato mentre schiacciava e una conseguente figuraccia del giocatore.

E Rukawa aveva in cuor suo gioito per quello.

Sawakita poteva anche essere un grande giocatore ma Rukawa non gli avrebbe permesso di oscurare Sakuragi.

Non in quel momento.

Poi… la partita era cominciata.

Rukawa aveva ben impresso nella sua mente le parole di Anzai.

Non c’era storia; dovevano attaccare per primi.

Il pubblico era tutto per il Sannoh.

Ma loro dovevano dimostrare alla squadra avversaria che quella non era una partita come le altre.

Su questo Anzai era stato chiaro: imporre il ritmo e attaccare per primi.

Poi… aveva ideato una strategia niente male.

“A voi due invece, spetterà il compito di sferrare un attacco a sorpresa”.

Erano state queste le parole del coach rivolto a Sakuragi e Miyagi.

E Rukawa, seppur con una punta di fastidio, aveva approvato la sua strategia.

Del resto, per quanto gli sarebbe piaciuto affiancare Sakuragi nel gioco, lui non era un play maker.

Ryota sì, invece.

Inoltre la squadra avversaria non conosceva i progressi di Sakuragi.

Di conseguenza, tutto si sarebbero aspettati, tranne  che a realizzare fosse il numero dieci.

Un attacco a sorpresa in piena regola.

Un attacco a sorpresa che era riuscito a tutti gli effetti.

Rukawa aveva ancora in mente l’immagine di Sakuragi che saltava, battendo la difesa sotto
canestro, e realizzava uno splendido alley-hoop su passaggio di Miyagi.

Il pubblico, la squadra avversaria e i componenti dello Shohoku stessi non erano riusciti a trattenere esclamazioni di stupore.

La strategia del signor Anzai si era rivelata vincente in quei primi minuti di partita.

E lo Shohoku, grazie a Sakuragi, aveva realizzato i suoi primi punti.

L’elevazione e la carica di Hanamichi avevano avuto dell’incredibile ancora una volta.

Lui, un principiante, aveva ancora una volta sorpreso tutti per il suo talento e le sue capacità.

In effetti, a pensarci bene Rukawa era stato un po’ invidioso del cinque pieno di entusiasmo che Hanamichi aveva poi scambiato con il play maker.

Per questo non aveva potuto fare a meno di provocarlo un po’.

“Bene la fortuna è dalla nostra. Possiamo vincere!”.

Erano state queste le sue parole in risposta all’entusiasmo crescente di Sakuragi.

Tuttavia, quest’ultimo non sembrava essersela presa. Anzi, aveva perfettamente capito quanto quell’azione fosse stata memorabile anche per la super matricola dello Shohoku.

E quello, era stato soltanto l’inizio.

Certo, il Sannoh dopo aveva immediatamente segnato.

Ma lo Shohoku non si era fatto sorprendere, mantenendo un’eccellente lucidità.

A quanto pare tutti loro avevano trovato il perfetto equilibrio per affrontare quella partita.

Nessuna paura schiacciante, nessun entusiasmo esuberante ma, più semplicemente, voglia di vincere.

Voglia di vincere e fiducia in se stessi.

Erano questi i sentimenti di ognuno di loro, Rukawa ne era sicuro.

Aveva osservato i loro volti. Anche Miyagi che, a differenza della partita contro il Toyotama, aveva capito le sue reali potenzialità non commettendo errori.

Si era fatto beffare ma aveva subito riconquistato la palla, realizzando un preciso passaggio per Sakuragi.

Un passaggio perfetto sotto tutti i punti di vista, adatto all’incredibile elevazione del numero dieci.

La strategia di Anzai era stata brillante anche per quello che riguardava gli altri componenti della squadra, ma a questo Rukawa non voleva pensare.

Non dopo quello che era successo dopo la partita.

Non dopo tutte quelle ore che non avevano portato alcuna risposta sulle condizioni di Hanamichi.

Fu per questo che si alzò deciso dal suo futon dirigendosi alla porta.

Al diavolo le regole. Quando mai le aveva rispettate?
 

***

03 agosto – h 14.00

La porta dell’infermeria si era aperta.

Tutti i componenti della squadra si erano avvicinati di un passo al medico sportivo.

“Allora dottore, come sta?”

Akagi si era avvicinato e, in qualità di capitano della squadra, aveva posto la fatidica domanda che
assillava tutti.

Che diamine era successo a Hanamichi?

Mito aveva affiancato il capitano.

Come tutti, attendeva quella risposta.

Come tutti o, molto probabilmente, più di tutti.

Il medico aveva sospirato, quasi si divertisse a tenerli sulle spine.

Rukawa in quel momento gli avrebbe preso volentieri la testa per sbattergliela contro un muro.

Ma non poteva.

Non poteva domandare, sarebbe sembrato insolito.

Non poteva mostrarsi preoccupato, sarebbe risultato strano.

Non poteva parlare liberamente con Yhoei, la cosa sarebbe risultata apocalittica agli occhi degli altri.

Non poteva urlare e prendere il medico per la collottola incitandolo a parlare, gli altri avrebbero pensato che era ammattito.

Non poteva, non poteva e non poteva.

In sostanza, non poteva fare niente.

E questo pensiero lo faceva infuriare ancora di più.

Quel pensiero era di una portata tale da fargli provare una rabbia sempre più crescente.

Mai come allora il suo atteggiamento abituale era stato una maschera.

Mai come allora i suoi occhi, che non lasciavano trapelare nulla, erano stati così falsi.

Mai come allora il suo viso così inespressivo era stato di troppo e fuori luogo.

Mai come allora, si era sentito così impotente intrappolato nel suo abituale atteggiamento.

Mai come allora si era sentito così ipocrita.

Perché Rukawa poteva avere tanti difetti ma, ogni cosa che faceva diceva e pensava era in linea con se stesso.

Viveva secondo il suo pensiero e il suo modo di essere infischiandosene di chi non lo capiva o non lo approvava.

Lui non scendeva a compromessi con se stesso, mai!

Eppure… in quel momento così strano, in quell’attimo così eterno Rukawa si trovava a recitare il ruolo peggiore che potesse capitargli: quello di se stesso.

Quello di se stesso agli occhi degli altri.

Al diavolo tutti!Era stato questo il suo pensiero in quel momento.

Chi se ne importava degli altri?

Sakuragi era suo e suo soltanto.

L’unico con il quale avrebbe condiviso la sua angoscia sarebbe stato Mito.

Ma nessuno sarebbe entrato nella sua preoccupazione.

Quella era una sfera privata dove nessuno era ammesso.

Peccato che gli altri non lo sapessero.

Peccato che gli altri non capissero.

Questo non gli era mai pesato.

Ora invece non lo sopportava.

Non sopportava dover mantenere il suo solito atteggiamento come se a farsi male fosse stato lo sciocco buffone con il quale ogni giorno s’insultava.

Come se a farsi male fosse stato un normale compagno di squadra, solo più idiota.

No!

No!

Non gli importava se gli altri non avrebbero capito.

Perché la sua preoccupazione non era uguale alla loro.

Nessun componente della squadra doveva pensare che erano tutti nella stessa barca.

No!

Nessuno!

Lui non era come gli altri.

Lui faceva parte del mondo di Sakuragi come nessun altro.

E Sakuragi apparteneva al suo mondo come nessun altro.

Eppure, aveva le mani legate.

Perché, nonostante tutto, non voleva rovinare la sua relazione con Hanamichi.

Se a lui dei suoi compagni di squadra, in quel momento, non poteva importare di meno, sapeva che
il numero dieci teneva a loro.

Motivo per cui, non poteva fare altro che deglutire, aspettando che il medico si decidesse a parlare.

Tutto si sarebbe aspettato però, tranne le parole che ne seguirono.
 

***
 
03 agosto - sera


Mito osservava il suo migliore amico dormire.

Sapeva che non avrebbe dovuto essere lì ma quando mai lui e le regole erano andati d’accordo?

Se ripensava che tutto era successo in pochi istanti si sentiva fremere.

Il senso di colpa gli faceva compagnia.

Si era accorto che Hanamichi a un certo punto aveva problemi alla schiena.

Se ne era accorto prima degli altri, pur essendo sugli spalti.

Perché non l’ho fermato?

Che domanda inutile.

Sapeva che nessuno avrebbe potuto impedire a Hanamichi di continuare a giocare.

Persino il coach sembrava essere d’accordo.

Eppure, se si fosse fermato subito.

Se non avesse continuato.

Se, se, se e solo se.

Il danno era fatto, anche se non si sapeva ancora in quale entità.

Il basket.

Era tutta colpa di quel dannatissimo sport!

Ma questo, Yhoei non lo credeva sul serio e non era così vigliacco da dare la colpa al basket quando, in larga parte, era lui il responsabile.

Era lui che, sceso dagli spalti aveva raggiunto la panchina dello Shohoku.

Era lui che non aveva impedito a Hanamichi di tornare in campo.

Era colpa sua e sua soltanto.

Si avvicinò al suo amico sedendosi piano sul letto dove dormiva un sonno artificiale.

“È stata una grande partita, Hanamichi!” sussurrò al volto addormentato.

“Sei stato grande!” Continuò non potendo impedire alla sua mente di rivivere la gloriosa partita dello Shohoku.

Tutto era cominciato con la strabiliante schiacciata in volo di Hanamichi dietro passaggio di Ryota.

Poi, i primi minuti erano stati tutti dello Shohoku.

Mitsui aveva concentrato tutta l’attenzione su di se facendo tre tiri da tre punti uno dietro l’altro.

Non solo, era anche stato d’incoraggiamento per Hanamichi quando il Sannoh aveva segnato e
Sakuragi non era riuscito a serrare la difesa.

Mito non aveva colto tutte le parole essendo sugli spalti ma il senso era chiaro.

Invitava Hanamichi a pensare alla difesa senza curarsi del canestro del Sannoh.

È stata veramente una partita incredibile!Pensò prendendo la mano del suo migliore amico.

“Siete stati bravi, tutti quanti, ma soprattutto tu, Hana!” disse ancora ad alta voce.

“Non preoccuparti, penserò a tutto io!” affermò sicuro, andando a stringere quella mano come
sigillo di una grande promessa.

Fu allora che si accorse che qualcuno stava entrando.

I suoi sensi, sempre all’erta, gli avevano permesso di percepire all’istante il rumore della maniglia.

Si nascose prontamente dietro il separé che divideva i due letti della scarna infermeria della pensione dove alloggiavano le squadre.

Sicuramente un infermiere!Pensò rimanendo perfettamente immobile senza perdere lucidità.

Del resto, non c’era nulla di cui preoccuparsi.

Se rimaneva perfettamente immobile non avevano motivo di scoprirlo lì.

Il letto di fianco a quello di Hanamichi era vuoto, lui era l’unico paziente.

Una volta che l’infermiera, o chi per lei, avesse controllato quello che c’era da controllare, se ne sarebbe andata e lui sarebbe ritornato a fianco del suo amico.

Di certo, tutto si aspettava, tranne che entrasse proprio quella persona.

Ma in fondo, pensò con un sorriso, avrebbe dovuto aspettarselo.
 


Continua…
 

Note:

Il capitolo o, più precisamente, la parte riguardante la partita, è ambientato nei volumi 25 e 26 del manga.

I capitoli interessati sono:

Volume 25.

Capitolo 222. La sfida più grande
Capitolo 223. Attacco a sorpresa
Capitolo 224. Super uomini.

Volume 26.

Capitolo 225. Tiratore sereno
 

Il resto è tutta una ricostruzione del dopo partita di mia invenzione e può collocarsi nel volume 31.
 

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.

Come sempre, attendo i vostri pareri.

Ci vediamo domenica prossima con il nuovo capitolo.

Pandora86.
 

 
  
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