VII
Come coperta
un soprabito è migliore di un giornale.
Per
concludere questa parte del racconto diremo che Valjean, proprio come aveva
previsto, quel giorno stesso cominciò ad accusare i primi segni di malessere:
dolori in tutto il corpo, brividi di freddo ed infine una febbre che lo tenne a
letto una settimana.
Cosette lo
curava come sempre, e intanto si faceva raccontare di Marius, se era vivo, se
stava bene, oppure raccontava lei stessa a suo padre come si fossero incontrati
con il ragazzo ai giardini del Lussemburgo, dello scambio di biglietti e degli
appuntamenti in Rue Plumet, attraverso la grata del giardino.
Valjean la
ascoltava e, man mano che capiva quanto l’amore di Cosette per Marius fosse
profondo pensava “Meno male che ho salvato quel ragazzo! Se non lo avessi fatto
a quest’ora il cinguettare gioioso della mia Alouette sarebbe lo stridere
funebre di una civetta… che m’importa d’aver preso una febbre se lei è così
felice!”
E poi spesso
pensava a Javert, che gli aveva dato la caccia per anni solo per finire a
singhiozzare tra le sue braccia.
Pensava a
lui e pregava, come pregava per Marius, che la vita fosse clemente con lui, e
pregava perché trovasse la forza di affrontarla se non lo fosse stata.
Forse a
causa della febbre, ma ogni volta che Valjean riportava alla mente il sussurro
di Javert era sempre più certo che la parola fosse proprio “padre” e che per
qualche motivo insondabile fosse diretta proprio a lui.
Non che la
cosa gli dispiacesse, in fondo ormai aveva fatto da padre a Cosette per tutta
la vita, aveva fatto da padre a Fantine quando era malata ed aveva fatto da
padre a Marius quando lo aveva trascinato ferito lontano dalle barricate, e se
Javert aveva cercato in lui un padre in quel momento di sconforto Valjean si
augurava solo di non averlo deluso.
Alle volte
Cosette lo scopriva con lo sguardo perso nel vuoto, e se gli chiedeva :-Papà,
cosa c’è?-: lui rispondeva :-Sto pensando, bambina mia, ad una persona che
spero di aver aiutato-:
Infine
riuscì a ristabilirsi e dopo un’altra settimana di convalescenza era di nuovo
in piedi pronto a riprendere le sue vecchie abitudini, tra cui quella della
passeggiata serale.
Durante una
di queste passeggiate si imbatté in un monello della stessa specie di Gavroche,
che dormiva sulla soglia di una casa con dei vecchi giornali a fargli da
coperta, e Valjean pensò subito di
lasciargli qualche moneta.
Si era
appena chinato su di lui quando l’occhio gli cadde sulla carta stampata ed ebbe
un sussulto: aveva visto sul giornale il suo nome poco distante da quello di
Javert!
L’articolo
era quasi del tutto coperto da un altro foglio, e allora come fare per
leggerlo?
Valjean si
spogliò del soprabito e poi cominciò a togliere di dosso al bambino i fogli di
giornale cercando di fare scricchiolare la carta il meno possibile.
Il piccolo
si mosse disturbato quando l’aria fresca della sera gli sfiorò le braccia e le
gambe nude, ma Valjean fu rapido a mettergli addosso il suo soprabito per
ripararlo, poi riprese il mucchio di carte e, sfilato il foglio che gli interessava,
lasciò in un angolo il resto perché ci pensassero gli spazzini la mattina dopo.
Intanto il
bambino, nonostante Valjean avesse fatto attenzione, si era mezzo svegliato con
quel fruscio di carta ed aveva sentito una qualche differenza, ma poiché la cosa
non lo scomodava anzi stava meglio, si limitò a biascicare :-Ah, però! Mi pare
di essere coperto per bene ora… che sogno bizzarro!-: e a riaddormentarsi.
Valjean
intanto non poteva aspettare di arrivare a casa per sapere e lesse l’articolo
approfittando della generosa luce di un lampione.
In sostanza
c’era scritto che, durante gli scontri alla barricata in via Saint Denis, un ex
forzato, Jean Valjean, aveva salvato la vita ad un ispettore di polizia, tale
Javert, non curandosi del fatto che questo avrebbe potuto denunciarlo in
seguito.
Seguiva un
elogio di quell’atto di “pura generosità” come era definito nell’articolo ed,
alla fine, era riportato testualmente che “del nobile criminale” si erano
purtroppo perse le tracce, e che l’Ispettore di Polizia, in seguito agli
avvenimenti di quella notte, aveva rassegnato le dimissioni, forse, insinuava
chi aveva scritto l’articolo, “per una improvvisa quanto scomoda simpatia o
meglio solidarietà nei confronti degli insorti”.
Valjean
sorrideva ancora quando arrivò a casa.
Si erano
“perse le tracce”, Javert non lo aveva tradito, anzi aveva coperto la sua
scomparsa.
Si sentì
infinitamente grato verso l’Ispettore e quella sera non mancò di ricordarlo in
una delle sue preghiere.
Tre mesi
dopo, in settembre, quando Marius era ormai fuori pericolo e discorreva con suo
nonno di prendere in moglie Cosette, a Valjean fu recapitata una lettera che
recava il timbro postale di Montreuil-sur-mer.
La aprì con
mani tremanti e lesse le poche righe che c’erano dentro.
“Sempre.
Quali che siano le difficoltà che la sorte mi metterà davanti.
Grazie,
24601, e voi sapete meglio di me per cosa vi ringrazio.”
Non c’era
firma, ma Valjean sapeva di chi era e sorrise di nuovo come quando aveva
lasciato l’ultima volta Javert.
La lettera
fu conservata con cura sotto il candelabro vicino al letto insieme al ritaglio
di giornale, e quel posto indicava che per Valjean erano cose sacre: i
candelabri erano il marchio del cambiamento che il perdono del vescovo aveva
operato su Valjean, il foglio di giornale e la lettera erano il marchio del
cambiamento che il perdono di Valjean aveva operato su Javert.
L’ex
galeotto rendeva grazie per entrambi.
Quel che
invece fece Javert dopo aver dato le dimissioni invece è una storia lunga, che
meriterebbe un libro a se, qui diremo solo che si stabilì a Montreuil-sur-mer e
lì, giorno dopo giorno, mantenne la sua promessa per tutta la vita, e le spesse
volte che gli tornava in mente Jean Valjean lo ricordava con affetto sincero e
profondo.
Anche se lui
stesso non avrebbe potuto spiegarne a fondo il motivo.
Quanto al
monello, la mattina dopo scoprì che non aveva sognato affatto, che era davvero
un soprabito quello che aveva come coperta, e che in una tasca c’erano
parecchie monete nuove, tra cui una da quaranta soldi.
Cantuccio dell’Autore
Ho avuto
qualche problema di connessione e questo capitolo ha dovuto aspettare un po’ ,
comunque, stavolta la storia è finita davvero, ringrazio tutti, ma tutti tutti
quelli che hanno recensito, messo in seguite, preferite o ricordate o anche
solo letto.
Per
concludere una considerazione personale: ho rivisto alcuni brani di “Les
Miserables” su you tube e mi sono passata un po’ di tempo ad immaginare il cast
con i cantanti Italiani.
Allora,
cominciamo da Javert, per cui secondo me sarebbe perfetto Vittorio Matteucci
(Frollo di Notre Dame de Paris e l’Innominato) poi per la parte di Valjean,
visto che deve essere quasi un gigante, io vedrei bene Giò Di Tonno (Quasimodo
in NDdP e Don Rodrigo nei Promessi Sposi).
Marius
potrebbe essere Graziano Galatone (Febo di NDdP) e Fantine potrebbe essere Lola
Ponce (Esmeralda in NDdP).
Per ora ho
trovato solo questi, se avete altri suggerimenti dite pure.
Aurevoire…
(Hugo mi ha contagiato il francese)
Makoto