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Autore: Annika Mitchell    20/03/2013    1 recensioni
Una raccolta di stralci di storie mai nate, ritratti di persone conosciute e sconosciute, pezzi di una me che non conosco, anime di persone che ho incontrato una volta per strada e di cui non ho mai conosciuto la storia, vite mai vissute ma scritte, briciole e rimasugli di chi non c'è più e di chi semplicemente non c'è mai stato.
Storie che hanno senso solo grazie a quel lettore che si ferma ad ascoltarle e, perché no, a leggere di sé.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Kunda*: il male che è in noi

A chi si è svegliato un giorno e ha detto:
"Voglio fare l'antropologo."

 

«Mi vedi, ma non guardi davvero.».
Che vuol dire, pensò Joel.
Cazzo, aggiunse, come faceva sempre.
«Sto guardando, ma cosa dovrei vedere, esattamente?» chiese il ragazzo.
Di fronte a lui, in piedi, stava una donna, vestita di polvere e parole.
Portava indosso un segreto, ben celato dall’odore di sesso e cose non dette.
«L’incompletezza.» sussurrò lei. E sorrise greve: s’incupì, distendendo le labbra.
Joel sospirò interdetto, dimenticandosi della sigaretta che teneva tra le dita.
«L’incompletezza non si vede.» affermò lieve, come per sgridare il bambino che era morto da un pezzo in lui.
Alzò lo sguardo al soffitto ammuffito, Joel, respirando profondamente l’odore acre della sua solitudine.
Si bruciò le dita, ma non accennò alcun movimento.
Cazzo, pensò solamente.
«Si guarda, si ascolta, si percepisce.» scandì la donna.
Scandì quelle esatte parole, con la dolcezza di una madre che cerca di far addormentare il proprio bambino.
«Si vive.» concluse Joel, consapevole, come se si fosse appena ricordato di una verità che conosceva da sempre.
Era sempre stata dentro di sé, cucita addosso, come un male incurabile, eppure inevitabile: la fragile incompletezza.
La vedeva lì, di fronte a sé, nuda, colpevole nella sua purezza, completa nella sua frammentarietà: illusoria, ma realtà sensibile.
Era realtà nel suo cuore, nel suo animo.
Era finzione per una vista che non sapeva guardare.
Cazzo, pensò Joel.
La sua immaginazione sembrava non volersi arrestare, le immagini confuse si succedevano senza tregua, senza logica. Credeva in qualcosa che non era nient'altro che un miraggio.

Una ragazza in lacrime diede un bacio ad un giovane, che stava rannicchiato in un angolo, con gli occhi sbarrati.
Il giovane chiuse gli occhi, rispose al bacio e vi si appigliò: aveva trovato la sua cura.
Non pensò a nulla, Joel.

 








Note: 
* "Il Kunda, secondo i Lese, inevitabilmente si trova all’interno del noi.
All’interno del villaggio c’è sempre kunda, kunda è l’invidia, è la gelosia, è il rancore, kunda ha provocato persino la morte, la morte di qualcuno di noi.
Quando muore qualcuno i Lese si rivolgono ai loro amici Efe, così tanto disprezzati su un certo piano, ma così importanti, anzi indispensabili nel momento in cui si tratta di scoprire dov’è il male in noi. Quando muore qualcuno i Lese si rivolgono agli Efe, gli Efe entrano nel villaggio e sono loro che indagano per scoprire chi all’interno del villaggio cova dentro di sé Kunda e cercheranno appunto di liberare il villaggio da questo male, il destino del villaggio viene consegnato praticamente nelle mani degli Efe." (Francesco Remotti).
Queste due popolazioni Africane sono agli opposti: i Lese vivono nei villaggi e ritengono che gli Efe siano dei selvaggi; mentre gli Efe vivono nella foresta, vivono la foresta. Nonostante le divergenze le due popolazioni non potrebbero vivere l'una senza l'altra. Gli Efe sono la cura al Kunda, il male dei Lese, la foresta che si trova nella nostra anima e che a volte rischia di prendere il sopravvento. 

Ho voluto reinterpretare questo "male interiore" con un male che accompagna da sempre l'uomo, sin dalla nascita: l'incompletezza, l'insicurezza. 
Siamo una specie incompleta, ci manca un qualcosa che non abbiamo mai saputo definire. (Saremo mai in grado di farlo?).
 

   
 
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