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Autore: Hebi_Grin    21/03/2013    2 recensioni
Dedicata a Bea, senza la quale questa storia non sarebbe mai stata scritta
TurlesxVegeta abbastanza forte, ma non abbastanza da essere rossa (le scene sono abbastanza velate).
What if in cui Turles — Saiyan ribelle e suo oppositore — viene catturato e imprigionato da Freezer.
Nel primo capitolo ci sarà solamente lui, con il suo dialogo interno — poi capirete, mentre il secondo sarà dedicato all'incontro tra i due.
«Mi sembri deboluccio, Terza Classe». Un moto d’ira aveva attraversato l’animo di Turles nel sentirsi chiamare in quel modo, facendogli uscire un lieve ruggito dalle labbra, mentre guardava il Principe minaccioso, il cui viso si trovava a pochi centimetri da lui.
«Non chiamarmi così». Il tono ringhioso assunto dalla sua voce non giovava certo alla sua situazione, difatti strizzò gli occhi dal dolore.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Turles, Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Eccomi qui col secondo e ultimo capitolo di questo breve racconto! Allora, premetto una cosa: io non so scrivere dialoghi, quindi non ho idea di come sia uscito. E Vegeta non è un personaggio che mi riesce poi così bene (l’ho trattato una sola volta, e solo dal punto di vista introspettivo, cosa che mi riesce molto meglio). Quindi, spero sia accettabile e di non deludere nessuno.

In questo capitolo, c’è un vago Hurt/Comfort e una velata presenza di violenza, ma credo che sia abbastanza ‘solo accennata’ da non sconvolgere nessuno.

Uh, cosa che mi ero dimenticata di scrivere nel capitolo precedente! È una TurlesxVegeta, ma c’è chiaramente un forte accenno alla Turditz!

 


 

 


«Turles, come ti sei ridotto?» aveva detto quella figura che ora avanzava lentamente nell’ombra, ma che lui conosceva bene. Fin troppo.

«Che ci fai qui, Vegeta?», disse con un filo di voce, spezzata dalla secchezza nella sua gola, schiarendosela subito dopo, nel vano tentativo di nascondere la debolezza mostrata.

«Mi sembri deboluccio, Terza Classe». Un moto d’ira aveva attraversato l’animo di Turles nel sentirsi chiamare in quel modo, facendogli uscire un lieve ruggito dalle labbra, mentre guardava il Principe minaccioso,  il cui viso si trovava a pochi centimetri da lui.

«Non chiamarmi così». Il tono ringhioso assunto dalla sua voce non giovava certo alla sua situazione, difatti strizzò gli occhi dal dolore.

«Lo sei. Te ne vergogni, forse?». Il Principe girava ora attorno al suddito ribelle, osservandone ogni singola ferita e segno di sofferenza, compiaciuto a quella vista.

«Direi», disse con voce rotta, che gli imponeva forzate pause «che piuttosto che vergognarmi sono orgoglioso di essere nato tale, ma aver superato persino le Élite».

«Eppure ora mi sembri così fragile… Sarebbe questa la forza in grado di sconfiggere un Élite?».

Ora il Principe era nuovamente di fronte a lui e lo guardava con la testa lievemente piegata di lato per scrutare lo sguardo dell’altro, che aveva la testa piegata.

«Attendo una risposta, Terza Classe». L’aveva ora afferrato per il mento, sollevandoglielo di scatto per convincerlo a guardarlo. I suoi occhi non erano più quelli che Vegeta poteva ricordare. Erano spenti e sofferenti.

«Sembrano gli occhi di un topo, Turles…» insinuò maligno, conscio della sua repulsione per quegli animali. «Ti sei ridotto proprio male!»

Sentiva le sue dita stringersi attorno alla sua mascella, mentre le parole da lui pronunciate lo irritavano sempre di più. Mai in vita sua aveva desiderato tanto colpirlo.

«Non osare» sibilò coi denti stretti, mentre i suoi occhi riacquistavano una lieve tonalità viva nell’ira che provava nei suoi confronti.

«Altrimenti?» disse l’altro lasciando la presa e incrociando le braccia, guardandolo con aria di sfida e con un ghigno sadico sul volto.

«Pff, lascia perdere. Ti ha mandato Freezer?».

«Freezer? No, son venuto qui di mia spontanea volontà, e ogni mia azione sarà dettata unicamente da essa».

Turles alzò lievemente gli occhi al cielo. « Noi dovremmo essere alleati contro Freezer! Che senso ha avuto massacrarci a vicenda per decidere chi di noi due lo debba far fuori?»

«E per allearti con me devi divertirti a ledere ogni volta il mio orgoglio, approfittando della tua forza fasulla?». Il Principe si avvicinava sempre più, portando Turles a capire i motivi della sua venuta. «… A sentirmi gemere sotto di te?»

«Non mi pareva ti dispiacesse tanto…». Alzò a fatica la testa, guardandolo negli occhi e accennando un lieve, malizioso, sorriso. E rimase ancora più soddisfatto nel sentire che l’altro non rispondeva, limitandosi a stringere un pugno per l’affermazione dell’altro e ad andare dietro di lui.

«Vegeta…». Un lieve ghigno comparve sulle labbra di Turles nel vedere la direzione preso dall’altro. «Non vorrai mica…?»

Sentì un dolore lancinante sella schiena, un dolore che, in quei giorni, aveva imparato a conoscere e strizzò gli occhi, lasciandosi andare a un lieve lamento.

«… Vendicarti…» biascicò dolorante.

«Esattamente. Vendicarmi di ogni volta che hai disonorato me e il mio corpo».

Lo colpiva tra una frase e l’altra, mentre Turles si sforzava di non far lasciare andar via dalle sue labbra più che dei lievi lamenti.

«Per ogni volta che, forte dei tuoi Frutti, sei riuscito ad importi su di me. Ma senza quelli, Turles… Senza quelli, cosa saresti?». Si era spostato ora davanti a lui, con la frusta nera e gocciolante del suo sangue in mano. L’altro aprì lentamente gli occhi doloranti, per guardarlo negli occhi, come il suo orgoglio gli imponeva di fare.

«Nulla…» sibilò il Principe vicino alle sue labbra.

Le sue labbra, quelle del suo Principe che tanto si ostentava a riconoscere come tale.

Quelle labbra a cui tante volte aveva strappato un bacio, e da cui tante volte si era sentito chiamare “Terza Classe”. Baci che Vegeta inizialmente rifiutava, per poi cedere a lui.

Da esse, il suo occhio passò all’arma che il Principe aveva in mano. Si passò più volte le labbra l’una sull’altra, provando ad avvicinarsi a essa col corpo con le poche forze a sua disposizione.

«Uhm?». Il Principe aveva notato il suo gesto e intuitole sue intenzioni. «Questa?» chiese muovendo lievemente.

Turles annuì, mentre il Principe gliel’avvicinava alla bocca. Leccò con disperazione le gocce del proprio sangue di cui era impregnata la frusta.

«Non hai più dignità» ghignò Vegeta.

Turles alzò lentamente lo sguardo, guardandolo negli occhi e rileccandosi le labbra, dopo aver leccato ogni goccia.

«Non è forse dignità, voler sopravvivere?»

«Non sei un degno Saiyan, certo, al di là di ciò».

«E tu lo sei, Vegeta?».

«Ovviamente, io sono il Principe».

«E mentre stavi con me, quelle notti? E quando ti gettavi su Radish perché prendeva il tuo posto?».

«Un Principe non è tenuto a rispondere a un suddito, specie se questo è un vile traditore e un essere di dubbio gusto».

«Proprio tu parli di gusto» disse Turles con la testa nuovamente verso il basso. «Hai un pessimo gusto nella scelta dei tuoi alleati».

«E dimmi… Come sei finito qui?».

L’imprigionato sospirò lievemente e rimase in silenzio qualche attimo, prima di rispondere, con voce bassa.

«Pessimi alleati…».

L’altro sogghignò di rimando, dirigendosi verso il muro di fronte, dando le spalle a Turles.

«Lui partirà, comunque» cominciò mentre si sistemava i guanti bianchi. «Per rintracciare il fratello. Parlo di Radish, ovviamente».

A questo punto, si voltò, per scrutare il viso dell’altro. A lungo si era divertito ad insinuarsi nella mente di entrambi, così forte e irruento eppure ora, così fragile. La propria rivincita se l’era presa, lui, ma  era indubbiamente piacevole e allo stesso tempo tremendo vedere i suoi occhi in quel momento: quelle iridi, pur così spente, desideravano qualcosa che non potevano avere, vedere l’altro. In un atto di crudeltà – e forse masochismo – aggiunse «Lui non verrà. Non sa che sei qui».

Voleva spegnere quel pizzico di ardore che aveva visto negli occhi di Turles, sintomo del ricordo della passione con l’altro. Ma contemporaneamente sentiva montare la rabbia in sé per il semplice fatto che l’unico Saiyan in vita degno di scontrarsi con lui dimostrasse, per l’ennesima volta, di aver desiderato un subordinato più di un condottiero. Un plebeo a un nobile. Un debole a un forte.

Ma non era ancora pronto a rinunciare a quell’avversario, e vedere chi dei due sarebbe diventato il Vendicatore.

Si avvicinò all’altro, ormai vuoto. Le sue mani scorsero sule braccia sollevate dell’altro, fino ai polsi.

Allentò le catene. Non avrebbe avuto senso farsi forte di quella situazione, né lasciare che lui marcisse in quelle condizioni, non provocate da lui, ma dal nemico comune, con uno stupido trucco. Ed era consapevole che da quella base sarebbe riuscito a fuggire, come aveva fatto tante altre volte, quando si era introdotto – col favore della notte – nella sua stanza o in quella di Radish.

L’altro, in quella difficile situazione fisica, scivolò al suolo, privato dell’unico sostegno che aveva. Tanto stremato, da non rendersi nemmeno conto di ciò che stesse succedendo. L’unica cosa che i suoi sensi percepirono, fu il suono della voce di Vegeta che, ormai con la mano sulla maniglia della porta e dandogli le spalle, gli diceva

«Sì, lo è.», per poi sparire e lasciare la porta socchiusa dietro sé.

 

 

 


Allora, è finita. Una faticaccia! Io i dialoghi non li so scrivere, e sebbene conoscessi il finale, non sapevo come arrivarci, quindi ho improvvisato. Non ho idea di come sia uscita. Ho fatto del mio meglio per mantenere l’ICness nonostante il contesto.

Se notaste errori, vi prego di farmeli sapere! La storia è lunghetta e qualcuno sfugge, tanto più a me che conosco già la storia. Insomma, siate i miei occhi (??).

Ah, l’ultima frase detta da Vegeta è riferita alla domanda posta da Turles prima: “«Non è forse dignità, voler sopravvivere?»”, nel caso non si fosse capito.

Bene, non linciatemi (anzi fatelo pure!) e grazie per aver letto. È stato un parto, giuro!


   
 
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