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Autore: Lelusc    22/03/2013    2 recensioni
Mi ricordo un bambino, serio e altezzoso, ma che stranamente mi piaceva,veniva un giorno si e uno no alla settimana al supermercato dove mia madre lavorava,poi un giorno scomparve.
Tutti dicono che la speranza è l'ultima a morire e visto cosa poi successe,sono certa sia vero,dopo diversi anni che non lo vedevo, nonostanrte prima avessi 5 anni e ora ne ho 18 i miei sentimenti non sono affatto cambiati,non è cambiato assolutamente niente,mi piace ancora,ma,c'è veramente speranza ora?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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“Mamma sono venuta per sapere se ritorni a casa per cena o farai anche il turno serale”
“cara, credo che farò anche il turno serale”
“però attenta ti stai stancando troppo, lo vedo dal tuo viso”
“tranquilla, ora vai pure a casa” annui e m’incamminai. 

Mio padre sarebbe arrivato tardi a casa per via di una riunione e la mamma lavorava sempre molto, anche se non ne capisco il motivo, stiamo bene, non abbiamo problemi economici.
Camminai pensierosa per un po’ e mi ritrovai davanti al portone, ormai ci ero così abituata da arrivare a casa anche soprapensiero,preparai le chiavi e salii al terzo piano dove avevamo il nostro appartamento.

Entrata trovai tutto in ordine e tranquillo, che malinconia, sono figlia unica e non succede mai niente d’interessante e poi da un po’ di tempo a questa parte i miei hanno cominciato a lavorare il doppio, se non il triplo e ancora non ne capisco il motivo.
Chiusi lentamente la sporta dietro di me, accesi la televisione e andai in cucina. Mi serviva un po’ di rumore, solo quello, non mi’interessava altro e cominciai a preparare qualcosa per cena, così che quando sarebbero ritornati a casa sarebbe stata pronta.

Attesi qualche ora seduta al tavolo, avevo già apparecchiato e il cibo era già nei piatti da un po’, mi stavo annoiando e ormai alla televisione c’era il telegiornale. Alzai lo sguardo per vedere che ore erano, l’orologio appeso al muro segnava le otto e mezzo e ancora non si vedevano. Che la riunione di papà si fosse prolungata? Ma la mamma che scusa avrebbe avuto?
Attesi un altro po’ e sperai che da un momento all’altro la porta si aprisse ed entrassero, ma niente.
 Mi sveglia all’improvviso e mi ritrovai nella mia stanza, ero nel letto con la coperta tirata fino al collo e indossavo il pigiama, mi guardai intorno confusa e cercai di ricordare.

La stanza era in penombra quindi era evidente che qualcuno avesse tirato le tende per impedire che il sole mi disturbasse, poi ricordai. Avevo preparato la cena e stavo attendendo che tornassero a casa i miei genitori, ma devo essermi addormentata poggiata sul tavolo ed evidentemente mi hanno trovata e portata di sopra,cambiata e messa a letto.


Sospirai, comunque ormai è andata. Guardai la sveglia, le sei e mezza,papà era già andato a lavoro invece mia madre ci sarebbe andata alle sette,scostai la coperta e rimasi un attimo seduta sul letto. Ero assonnata e avevo freddo,non era ancora dicembre ma ci mancava poco e io non vedevo l’ora che arrivassero le vacanze di natale per stare tutti insieme e non essere sempre separati dal lavoro o la scuola.

Mi alzai dal letto, ma troppo velocemente e mi venne un capogiro, barcollai e chiusi gli occhi per riprendermi, mi succedeva sempre così, sono troppo irruenta. Mi diressi verso la scrivania camminando sulla moquette porpora, avevo l’abitudine di preparami i vestiti da mettere per andare a scuola la sera, prima di andare a dormire e posarli sulla spalliera della sedia, così che dovessi per forza andare a prenderli, in questa maniera mi sarei svegliata, comunque anche se non fosse stato così,avrei sempre avuto alle sette precise la sveglia,ciò Katerina la mia migliore amica che mi chiama per svegliarmi. Normalmente sarebbe stata timida e tranquilla, ma da quando mi conosce, non so bene perchè è diventata super allegra e vivace fin dal mattino.

  Inciampai sugli stivaletti che guardai ostile, sarebbe stata una lunga mattina. M’infilai dei normalissimi pantaloni neri, un maglioncino di lanetta arancione e gli stivaletti in cui ero inciampata, mi diedi due spazzolate ai capelli, visto che li ho corti, presi lo zaino e scesi di sotto.
In sala sentii dei rumori, la camera dei miei genitori era l’unica stanza di sotto, quindi sicuramente era mamma che si stava vestendo. Sul tavolo in cucina trovai la colazione, una spremuta e del pane tostato con varie scelte su cosa spalmaci sopra. Scelsi la marmellata alla fragola e senza pensarci due volte morsi il pane fragrante, quando mia madre entrò in cucina.

 “Ciao tesoro”
 “ciao mamma, vedi di non esagerare oggi con il lavoro”
 “va bene, credo che chiederò il venerdì libero questa settimana”
“bene, hai lavorato troppo”
 “si non ti preoccupare la mamma è forte”dice mettendosi nella classica posa di chi vuole mostrare i muscoli.

Sorrido.
 “lo so bene, però sono preoccupata”
 “tranquilla e mangia o farai tardi”
Mia madre si accomodò accanto a me e mangiammo insieme poi alle sette precise ci alzammo entrambe dal tavolo, sparecchiammo ognuno la nostra parte, prendemmo le nostre giacche dall’appendiabiti accanto alla porta e con lo zaino in spalla uscii attendendo che mamma chiudesse bene la porta a chiave e chiamai l’ascensore.

“Mamma è arrivato”
“ho fatto”
 Nell’ascensore rimasi in silenzio a guardarla, aveva il viso leggermente più pallido del solito e si vedeva che era stanca, ma perché vuole fare anche i turni dei colleghi che non vanno a lavoro,qual è il motivo? Mi chiesi preoccupata.
 “ Che c’è tesoro, perché mi guardi così?”
“No niente”dissi facendogli un mesto sorriso.
Una volta fuori dal portone mia madre mi sorrise.
 “Buona giornata”
“anche a te”risposi pronta e con quest’ultimo augurio ognuno andò per la propria strada.

 Il supermercato dove lavora mia madre è qualche isolato più avanti del nostro palazzo, quindi lo si può raggiungere senza difficoltà a piedi,invece la fermata del autobus dove dovevo andare io, stava a sinistra,proprio nella parte opposta e ci volevano pochi minuti di cammino per arrivarci.
Ogni mattina era sempre così, diciamo sempre le stesse cose, ed è sempre di meno il tempo in che stiamo insieme, visto che ora fa anche i turni serali e ancora mi scervello per sapere il motivo, proprio non lo capisco.
 Mentre camminavo mi guardavo intorno,anche se la strada era sempre la stessa,le persone erano sempre diverse,come il tempo,il vento novembrino era freddo, il che dimostrava che fra poco sarebbe arrivato dicembre.

Eravamo a metà novembre e stranamente non si vedevano ancora i negozi addobbati per natale o le luci colorate alle finestre. Era ancora tutto tranquillo e silenzioso, come se Natale non fosse alle porte. Una folata di vento mi fece volare i capelli davanti agli occhi e mi creò un brivido lungo la schiena, nonostante indossassi una giacca imbottita.
Arrivata alla fermata notai che come sempre era piena di persone che attendevano,soprattutto donne con i bambini e liceali di diverse scuole.

La mia scuola o meglio quella che dirige mio padre Nicola, è tra le medie, una scuola normale però è tra le prime nella selezione delle più curate e tranquille, anche se ogni tanto ci sono delle litigate, che sia mio padre, il preside, i professori ed io compresa, estinguiamo nel nascere, chissà perché sono sempre in mezzo,non che mi dispiaccia aiutare mio padre.

Fortunatamente riuscii ad entrare nel autobus che come sempre era pieno. Se avessi aspettato il prossimo avrei fatto tardi,poi dopo tre fermate che a piedi sarebbero stata troppo lunghe scesi potei respirare nuovamente e guardai l’ora sul cellulare, avevo ancora mezz’ora e poi sarebbe cominciata la prima ora,mi diressi verso la scuola a passo spedito, fino a che non la vidi davanti a me, attraversai la strada con ancora qualche macchina da cui uscivano ragazzi e ragazze ed entrai a scuola.
C’erano ancora dei gruppi di ragazzi che parlavano, di diverse sezioni, guardai la segreteria e feci loro cenno di saluto con il capo e cominciai ad incamminarmi verso il corridoio che portava alle numerose aule.

“Aspetta Marina!” Mi girai per vedere chi mi avesse chiamato e mi raggiunse un professore.
“Ah, è lei professore, mi dica”
“il preside vuole parlare con te”
 “va bene grazie” che vorrà mio padre? Mi chiesi preoccupata mentre mi dirigevo verso il suo ufficio.
   Bussai alla porta “pa, signor preside posso entrare?”
“Prego entra pure” mio padre era seduto dietro la scrivania con davanti una pila di candidi fogli bianchi,sembrava fuori posto la dietro,come un bambino ad un colloquio di lavoro.

 “Vieni siediti qui Marina” annui e mi sedetti di fronte a lui.
“Mi dispiace per ieri, hai fatto la cena e noi abbiamo fatto tardi, così non hai mangiato” ci misi un po’ a collegare quello che mi stava dicendo, parlava di ieri.

 “Non ti preoccupare papà, piuttosto tu e la mamma lavorate troppo”
“lo so, te ne parleremo più avanti, ti ho fatto chiamare per una cosa”.
“ Dimmi”
“da oggi nella tua classe ci sarà un nuovo alunno e la sua situazione è un po’ delicata, ho da pensare che abbia dei problemi famigliari”.
 “Di questo non dovresti preoccupartene tu papà”.

“Lo so, però quel ragazzo Kevin è strano, pensa ha vinto in primo liceo una borsa di studio, per andare a studiare in una rinomata scuola d’elite a Londra, per due anni,ma ha deciso di ritornare a casa all’improvviso,non mi sembra una cosa normale,vorrei che lo aiutassi ad inserirsi in questa scuola e se poi riesci con il tuo carisma a scoprire qualcosa e a dargli una mano,non sarebbe male”
“va bene papà, allora ora vado sta per iniziare la prima ora”.
“Buon studio tesoro”
“buon lavoro papà”.

Uscita mi guardai intorno,c’era del vociare e ancora molti ragazzi fuori dalle aule,perché? E pure papà non mi ha detto niente, che non ne fosse al corrente? Mi chiesi.
“Marina! Marina!Finalmente ti abbiamo trovata”
 “dove ti eri cacciata?”
 “Ciao ragazze, il preside ha voluto parlarmi, ma che cos’è tutto questo baccano e perché sono tutti fuori,non ci dovrebbe essere la prima ora?”
“Sì, ma la professoressa si è sentita male e quindi siamo scoperti e i professori stanno decidendo chi verrà a fare sostituzione, credo che c’e ci vorrà un po’”.
 “Capisco e poi che volevate dirmi?”
“Ah sì, c’è Ricki che sta litigando con un ragazzo che non ho mai visto, abbiamo paura che la situazione degeneri visto il suo caratterino e come ti abbiamo appena detto tutti i professori sono impegnati,quindi siamo venute a chiamarti,fai qualcosa!”
 “Va bene andiamo”

Le ragazze mi portarono fino al corridoio dove notai tutta la classe raccolta,non era difficile capire che si stavano gustando la litigata. M’infilai tra la folla a spintoni fino a che non vidi Ricki, era arrabbiato e urlava contro un ragazzo che sicuramente era Kevin.
“Ricki!”
 “Oh ciao Marina”
 “che succede qui?!”
“Niente questo tipo mi ha urtato passando e non mi ha chiesto scusa”.
Guardai il ragazzo in questione, incredibile assomigliava a lui, forse era un po’ cambiato dopo tutti questi anni.
Gli stessi capelli lisci e corvini, lo stesso sguardo freddo, impassibile, è lui.
Rimasi un attimo a fissarlo sconvolta, l’avevo ritrovato ma purtroppo era coinvolto in una situazione spiacevole che deve finire,così felice intervenni.
“Va bene ora basta! Ti prego di scusarlo, ora per favore Ricki, vai in classe”.
“Come vuoi” feci un sospiro di sollievo e ritornai a guardare il mio passato, ritornato nella mia vita,qualcuno aveva esaudito il mio desiderio.
Lo vidi dare le spalle a tutti e poi allontanarsi lungo il corridoio, mentre la folla che si era radunata a guardare cominciò a diminuire fino a che scomparve del tutto. Alla fine notai che erano rimaste solo Alice e Desy,le ragazze che mi avevano chiamata,forse perché erano curiose di sapere chi era il ragazzo sconosciuto.

 “Tu sei Kevin, il nuovo alluno, vero?”Chiesi con voce calma nonostante l’agitazione che avevo dentro per la felicità di averlo ritrovato e per di più era un mio compagno di classe.
“E allora?” Chiese in tono gelido.
Rimasi un attimo sorpresa per quella risposta, non me l’ha spettavo, ne tanto meno il suo tono.
“Non le parlare così”
“è vero e poi è maleducazione dare le spalle la chi ti parla, la si guarda negli occhi” disse Desy con tono di rimprovero invece che calma e timida come era stata Alice.
  “Grazie ragazze, ma non importa davvero, non mi sono offesa, andate in classe ora, sono certa che la prima ora inizierà presto”.
 “Va bene, ma se ti da fastidio, chiamami”
“Ma come sei ancora qua Ricki?”
“si volevo sapere chi era,comunque ora andiamo”
“Io darle fastidio”disse all’improvviso Kevin freddo, ma con una punta d’ironia nella voce.
“Si tu, pallone gonfiato”rispose Ricki arrabbiato.

 “Su dai andate, ci penso io”
 “comunque è vero, perché la devi trattare male e poi lei è la figlia del preside”e solamente dopo aver sentito quest’ultima frase, Kevin, si girò verso di noi.
 Il suo sguardo era glaciale, tanto che fui certa che Alice si pentì di essersi intromessa e impaurita afferrò il braccio a Desy.
“Io non sopporto le persone che si credono di essere chissà chi o più degli altri solo perché hanno un padre o una madre che sono qualcuno,come in questo caso il preside,le trovo odiose e patetiche,mi fanno schifo,tutto qui”
“Alice, andiamo via” disse Desy prendendola per un braccio e tirandola via e stranamente anche Ricki che si era ammutolito le seguì.
 Aveva sconcertato e impaurito tutti, rimasi a guardarli andare via, mentre Kevin cominciava a incamminarsi verso l’uscita d’emergenza proprio davanti a noi e lo seguii, dovevo spiegare, non mi piace essere presa per quello che non sono, io non mi sono mai vantata o fatto la gradassa perché mio padre è il preside, ed è bene che lo sapesse.

Uscì chiudendomi la porta in faccia, ma la cosa non mi avrebbe fatto tornare indietro, così lo seguii. Si era seduto sul muretto di mattoncini bianchi che circondavano le scale che portavano al giardino della scuola.
Rimasi impalata a guardarlo mentre scrutava in lontananza, notai che la brezza di quella mattina si era calmata e che stava giocherellando con una ciocca dei suoi capelli.
Guardando il suo profilo e il modo in cui si era seduto, stringendosi una gamba al petto e lasciando l’altra penzolare inerte lungo il muretto, senza riuscire a capire perché, ma mi colmai di tristezza e malinconia, perché era questo che suscitava e che mostrava mentre guardava lontano. Rimasi un attimo a guardarlo poi mi decisi a parlare.

“Comunque per quello che hai detto prima ad Alice, anch’io la penso così,penso che lei abbia solo voluto presentarmi, è che sono popolare, anche e non so perché,mi limito solo ha”
 “ma quanto parli, sei fastidiosa e noiosa”
“voglio solo dirti come stanno le cose” (ma poi perché?) mi chiesi.
“Si peccato che a me non interessi, ho solo voluto rispondere a quella ragazza, dirle come la penso, tutto qui”.
“Comunque sarà meglio rientrare, sono certa che la prima ora inizierà presto”gli dissi, ma non mi rispose.

 (Possibile sia il ragazzo della mia infanzia? Ma forse mi sbaglio) pensai mentre rientravo e mi dirigevo in classe.
In classe mi sedetti ad uno degli ultimi banchi,lo stare davanti mi farebbe sentire a disagio o migliore degli altri e non lo sono o almeno la penso così.
 Il professore che era stato scelto al posto della professoressa che si era sentita male, era quello di Francese, non è una materia che mi dispiace, anzi mi divertivo e comunque alcuni minuti della prima ora era già persi, quindi per la felicità di certi miei compagni avremo fatto poco.

Il professore cominciò con l’appello, quando la porta si spalancò ed entrò Kevin, scambiò due parole col professore, che io naturalmente non potei sentire e poi cominciò a presentarlo.
“Ragazzi, lui è Kevin Ferrison, un vostro nuovo compagno di classe, è appena ritornato da una scuola in Inghilterra, trattatelo bene, spero diventiate amici, Marina poichè sei la capoclasse vorrei che lo aiutassi ad integrarsi nella scuola”.
 Subito mi alzai dal banco per farmi vedere.
“Si certo professore”
 “allora vai Kevin, siediti vicino a lei, c’è un posto libero” e lo vidi venirmi incontro e il mio cuore perse un colpo, ma mi calmai. Lo sentii scostare la sedia dal banco strusciandola a terra e poi il tonfo che fece il suo zaino quando la buttò accanto al banco e si girò verso di me.
“Non ho il libro”mi disse gelido. Aveva ragione, avvicinai il banco e misi il libro in mezzo e finalmente iniziò la lezione.

Stranamente le ragazze nonostante fosse un bel ragazzo non avevano detto niente o fatto complimenti ad alta voce, come normalmente avrebbero fatto se avessero visto un ragazzo carino, soprattutto se poi avrebbe fatto parte della loro classe, forse si erano spaventate per lo sguardo freddo e distaccato, non lo so, oppure suscita serietà e paura, o sembra stare sempre sulle sue, non saprei, ma forse era meglio così e mi guardai intorno.

C’era un problema. In classe c’erano tutti quelli che l’avevano conosciuto prima in corridoio, Alice, Desy e purtroppo anche Ricki, speriamo non litighino ancora,mi augurai con tutta me stessa,cercai di non pensarci e quindi di non agitarmi e seguii la lezione.

Il professore fece leggere ad ognuno un pezzo di un testo del tutto francese,sarebbe toccato a me e poi a Kevin, non sapevo che fare,speriamo che non si rifiuti di leggere,ma tranquillamente dopo aver letto io lesse lui,di conseguenza capii che lui non si estrometteva dalla classe,però sicuramente se avrebbe potuto scegliere avrebbe fatto volentieri a meno di starci,o almeno la sensazione che mi suscitava era quella,visto che ascoltava il professore reggendosi il capo con la mano,con sguardo impassibile,forse era anche scocciato.
La lezione come avevo detto finì subito e cominciò la seconda, matematica, per la felicità degli altri durò solo un’ora, dove spiegò un nuovo tipo di esercizio di algebra,la cosa buona di tutta la lezione fu la voce alta della professoressa che non favoriva affatto il sonno,l’aveva sempre avuta così alta, un dono di natura.

“Che noia, sono così facili” sentii dire a bassa voce, mi girai verso di Kevin che, infatti, li stava svolgendo velocemente e per quanto potei vedere erano tutti giusti, poi i nostri sguardi s’incrociarono.
 “Che fai copi?”Mi chiese con tono d’accusa, che m’irritò un po’
“no, li so fare, ma mi è parso di sentirti parlare e allora”.

 “Ti sei girata”annuii.
“La prossima volta fai finta di niente” mi disse mentre ritornava  guardare il foglio.
(Antipatico) mi dissi contrariata (si la prossima volta ti ignoro) poi sorrisi,anche volendo non c’e l’avrei mai fatta,lo guardai, mi piaceva,ogni espressione che faceva e anche come parlava,forse perché lui era franco,non come gli altri che la maggior parte sono miei amici perché sono la figlia del preside,che poi non serve a niente, non si ha agevolazioni per questo,ma ancora non lo capiscono.
Così sorridente mi applicai anch’ io.

Alla fine della lezione, tutti gli esercizi che la professoressa aveva assegnato per vedere se avevamo capito, li avevo finiti già da molto, ed erano tutti giusti, ora dovevamo spettare il professore di scienze, che la lezione precedente ci aveva avvisato che avrebbe spiegato un nuovo argomento.
Quando stavo per mettere apposto il quaderno qualcuno si mise davanti al mio banco.
 “che c’è Alice, che volete?”
“Ecco io, non credo di aver capito l’esercizio nuovo, non è che potresti spiegarmelo?”
“Anche a me”
“ehi! Anche a me!”
“Va bene ragazzi, ma avreste dovuto chiedere alla professoressa invece di rimanere con i dubbi”
 “è vero ma mi vergogno”mi rispose Alice
“e come mai con me non ti vergogni?”
“non lo so”
“va bene, allora cosa non avete capito?”Chiesi, anche se mi sentivo triste, non so perché, forse mi aspettavo una risposta diversa.
 Ehi! Uno alla volta che stiamo all’asilo?”Esclamai.
“Prima tu Alice, cosa non hai capito?”
“Beh ecco, niente”
“prendi una sedia e mettiti accanto a me”

Con il tempo del cambio del professore riuscii a spiegare a tutti.
 “Quando spieghi tu capiamo tutto,sei grande”
“ma non è vero”
 “Buongiorno ragazzi sedetevi e prendete pagina ventuno,oggi vi spiegherò un nuovo argomento,ah salve marina tutto bene?” Sorrisi.
“Si professore grazie, e lei?”
“Non c’è malaccio, senti non è che mi faresti il favore di leggere”.
 “Certo” chissà perché il professore è ossessionato da me, misi in mezzo il libro senza che Kevin me lo chiedesse e incominciai a leggere.
Cercai di leggere con voce più chiara possibile siccome il professore amava sentire la voce mentre si legge, soprattutto la mia, sono la sua preferita, secondo me il suo è un hobby.

  “Perfetto Marina, bravissima come sempre e hai una voce davvero bella,ora cerca di spiegare quello che hai capito” e incomincia a parlare.
 “Splendido brava, hai capito l’essenziale, ottimo,è esattamente questo quello che dovete sapere,ora rispondete agli esercizi sotto” (ma come? Così? Basta che spiego io e subito gli esercizi, possibile si fidi in questo modo? Ma contento lui”mi dissi sorpresa.
 Gli esercizi erano una vera sciocchezza e li finii immediatamente e poi attesi il professore che come sempre girava per i banchi a controllare.
“Perfetti Marina, brava”
 “grazie professore”
“anche tu, tu sei?”
 “Kevin sono un nuovo alluno”disse freddo.
“Ha ti hanno messo vicino a Marina, allora sei in buone mani”.
Purtroppo quello che il professore disse a Kevin non mi sfuggì, così imbarazzata abbassai il capo”
(che imbarazzo).

 “Va bene siete stati tutti bravissimi, ora per me potete anche fare come volete con i minuti restanti” e dicendo questo si sedette alla cattedra a guardarci (irritante)pensai poi sentii una botta fastidiosa sulla spalla e mi girai.
“Scusa, mi dispiace, non ho capito bene”mi disse Alice chiedendomi scusa con le mani giunte a preghiera.
“Non ti preoccupare, cosa non hai capito?”
“Quello dei tipi di cellule l’ho capito, anche questo e questo” m’indicò i paragrafi con il dito.
 “Ma questo non l’ho proprio capito, però non sei tu, capisco sempre quello che spieghi, ma…”.
 “Va bene, allora…”

Finii di spiegarglielo proprio un attimo prima che la campanella suonasse per la pausa.
 “Era una sciocchezza”
 “appunto” le risposi, poi mi girai verso Kevin.
 “Kevin, se mi segui ti mostro  dove prendere da magiare” mi guardò in faccia poi annuì (chissà a che diavolo stava pensando) comunque stranamente mi seguì.
“Allora sai dove sono tutte le aule vero?”
“Si”
 “i bagni?”
“Si”
 “i club?”
 “Si”
 “quindi non sai solo dove si prende da mangiare?”
 “Si”
 “la smetti di rispondermi a monosillabi!”
 “Si”
 “mi prendi in giro?”
“Ci sei arrivata eh”disse incamminandosi verso il corridoio (accidenti certe volte lo vorrei strozzare)
“ma sei sicuro che non sapevi la strada per la mensa? L’hai trovata come niente”
“non ci vuole mica un genio”mi rispose freddo.

(In effetti)
“però è inutile, è piena, ci sono tutte le sezione e la fila e comunque non troveresti un posto libero. Ehi! Dove vai, mi stai ascoltando!”
“Sei noiosa”
( e tu una rottura)pensai sorridendo mentre lo guardavo allontanarsi con le mani in tasca.
 “C’è un altro posto dove si può andare”dissi inseguendolo e parandogli la strada. In giardino, ci sono i distributori.
“Muoviti”gli ordinai(mi tratti male, mi ci trovi)pensai sorridendo divertita.
M’incamminai per il giardino fino ad arrivare ad un gazebo con sotto dei tavoli di plastica e accanto le macchinette.
“Eccoci, qui c’è posto e le macchinette”

“vedo”mi disse sempre con lo stesso tono (uffa forse mi ritiene anche stupida, che nervi)
 “ciao marina”
“ciao Marta”
“ciao bellezza”
 “ciao Giorg”
 “ehi! Come ti va”
 “bene Jimmy, grazie”
 “ciao, poi vieni vero?”
“Si Dana, poi vengo”
“che bello a dopo” sospirai, mi conosceva mezza scuola ma nessuno andava più avanti dei saluti.

Mi parai davanti alla macchinetta e visto che faceva fresco mi presi un te caldo e una merendina al miele,poi attesi Kevin.
 “Mangio per conto mio”mi disse subito, distaccato.
“Va bene, allora a dopo”gli risposi e lo guardai andare via (dove va sul muretto?)Mi chiesi,la voglia di seguirlo era tanta,ma mi aveva detto che voleva mangiare solo,poi si sarebbe arrabbiato. Così mi sedetti ad un tavolo libero e cominciai a mangiare,da sola.
Quando la campanella suonò la fine della pausa, già avevo finito da tempo e ero rimasta seduta da sola,non ci fosse stata una persona, dico una, che mi si fosse avvicinata,a parte i numerosi ciao,a nessuno è venuto in mente di sedersi vicino a me a mangiare o a fare due chiacchiere.

 (Che tristezza) ero rimasta tutto il tempo rimanente a guardare gli arbusti i fiori e gli alberi del giardino,riparandomi di tanto in tanto il collo con il colletto della giacca.
 Così mi alzai demotivata e mi diressi in classe per l’ora di arte, la mia ora preferita oltre a poche altre.
L’ungo il corridoio vidi molti alunni andare nelle loro aule, quando ad un tratto vidi mio padre venirmi incontro e dei alunni che lo salutavano. Quando mi vide sorrise e il mio stato d’animo si risollevò immediatamente.
“Ciao Marina, tutto bene?”Chiese preoccupato.
 “Si”mi guardai intorno,non c’era più nessuno.

“Sì tutto bene papà”
“guarda che se anche mi chiami papà in presenza degli alunni non succede niente”
 “sì ma preferisco stare sul formale quando sono a scuola, è una cosa importante anche per te, anche se mi piacerebbe chiamarti papà, fidati”
 “va bene tesoro, buona lezione” disse posandomi una mano sulla spalla (lo adoro).
Così molto più tranquilla e felice, con un bel sorriso sulle labbra che mi partiva da un orecchio e mi finiva all’altro entrai in classe, rimisi la giacca sulla spalliera e mi sedetti felice.

“Che faccia da ebete”
“ho incontrato papà”
“però, credevo avessi trovato qualche spiccio a terra”
(ma come mi reputa,villano)
 “è inutile sono troppo felice per lasciarmi turbare da quello che dici”
 Mi guardò un attimo in viso e poi si rigiro senza fare alcuna espressione (pensa pure quello che vuoi,fastidioso guastafeste)pensai sempre con il sorriso.
“Buongiorno ragazzi, ora iniziamo un bel disegno, prendete i fogli i colori e mi dovete fare il disegno di un vostro fratello e chi non c’e l’ha puoi fare la sorella”
 “scusi professoressa e chi non ha nessuno dei due?” Chiesi senza pensarci.

“Beh chi non ha nessuno dei due, un amico o amica”.
Annuii e cominciai a disegnare Katerina, i suoi capelli di un vivace rosso il suo sorriso i suoi occhi nocciola,poi mi fermai ad ammirare il disegno che avevo finito, posai la matita e accarezzai il foglio (quanto mi manchi)pensai sorridendo nostalgica,ormai era già un anno che stava in Inghilterra,mi manca molto e ci sentiamo poco,oggi non mi ha nemmeno fatto lo squillo per svegliarmi.
“Marina, Marina!”
“Si professoressa?”
 “Perché non disegni? Tutto bene?”
“Sì, ho fatto devo solo colorare”
“va bene cara, poi fammi vedere”annui e presi il rosso.
All’improvviso qualcuno mi colpì con il gomito, chi poteva essere? Mi girai.
 “Mi presti il marrone?”
“Ma i tuoi colori?”
 “Non li ho”
 “e allora come hai fatto a disegnare?” Poi mi guardai intorno.
 “Dov’è la mia matita?”
“Eccola” disse Kevin porgendomela.

(Ah ecco come aveva fatto,ladruncolo)

 “tieni il marrone” dissi porgendoglielo, poi lo guardai (almeno un grazie puoi anche dirmelo)pensai, sospirai e continuai a colorare.
 Pochi minuti dopo avevo finito e mi ero persa nei miei pensieri. Katerina e io ci conosciamo dalla prima dalla terza elementare,siamo diventate subito amiche, nonostante abbia fatto io il primo passo per diventarlo,anche perché lei era timida e silenziosa,poi conoscendomi cominciò a essere più allegra e con me più spigliata.

Poi andammo alle stesse medie e allo stesso liceo, ci eravamo messe d’accorso di stare sempre insieme. Quando il padre annunciò il suo prossimo trasferimento in Inghilterra per lavoro due mesi partì, così non la vidi più,anche se ogni tanto ci parliamo al telefono e al computer,ma non è la stessa cosa,voglio vederla e parlarle di persona.
Ad un tratto sentii una botta e mi girai.
 “Alleluia!”
 “eh?”
“Ti sto chiamando da tre ore”
 “che c’è?”
“Devi dare il disegno”
“ah” mi alzai e mi diressi dalla professoressa e intanto mi massaggiavo il braccio, mi faceva veramente male e voleva solo chiamarmi, pensa se non voleva che succedeva.
 “Grazie ora avrò dei lividi” dissi una volta riseduta.

“Prego”mi rispose ironico (ti diverti è, però è bello sapere che non m’ignora)
“e tu dovresti aiutare me”mi disse freddo.
 (Come non detto, era meglio se m’ignorava, antipatico) prossime due ore letteratura e poi mi piacerebbe dire fine,ma non è così, poi avrei dovuto fare un salto nei club e in palestra come avevo promesso (purtroppo).

“La professoressa fece leggere la vita di un poeta a Kevin, visto che è nuovo e non lo conosce e poi una poesia dello stesso poeta a me,poi a Ricki e notai che mentre leggeva Kevin era, scocciato,dovevo stare in guardia con loro due.
La campanella finalmente suonò, avevo fatto la cartella ed ero pronta, quando il mio banco fu circondato.
 “Ciao ragazzi che volete?”
“Ma come avevi detto che saresti venuta, ti sei dimenticata”
 “no, non mi ero dimenticata Dana”.

“Allora vieni, le ragazze saranno felici di sapere il tuo parere e di’imparare da te”.
“Sì, ma io non sono poi così brava in cucina”.
“Che bugiarda,dai vieni”disse prendendomi una mano
“e va bene”
 “ehi marina!”
“Si Ricki”
 “vieni in palestra oggi, facciamo gli allenamenti di pallacanestro, sei dei nostri?”
 “non saprei, non sono tanto brava”
“che modesta, non è vero, l’altra volta ci hai aiutato molto, forse non sei tanto brava in campo,ma puoi sempre aiutarsi in panchina”
 “Va bene allora”
 “perfetto a dopo”disse Ricki correndo via”.

“Marina, non è che mi aiuteresti con i compiti, possiamo farli insieme, a scuola, porterò tutti i quaderni e poi tu li farai in un foglio e li copierai a casa, sarebbe bello studiare insieme”disse Alice.
“Posso unirmi anch’io?”Chiede Desy
“ma veramente non avrei ancora accettato”cercai di dire ma fui ignorata.
“Sì certo, vieni anche tu”le rispose Alice, sopirai (è inutile).
“Va bene, allora vai a prendere i libri a casa e poi vieni, credo che papà farà tardi un'altra volta, quindi la scuola sarà aperta”.
“Perfetto grazie!”Disse felice Alice e andò via.

Poi mentre confusa cercavo di mettere bene tutte le idee e quello che dovevo fare, vidi Kevin andare verso la porta.
 “Vai via?” Non mi rispose.
“Allora ciao, a lunedì” non mi rispose ancora, spalancò la porta e uscì,rimasi da sola in aula (mi ha ignorata, perché? Mi sarebbe andata bene anche un’occhiata fredda, che abbia detto qualcosa di sbagliato? ) Mi chiesi fissando la porta da dove era uscito.
Non so per quanto ci pensai in classe, ma lo feci anche mentre ero seduta al  tavolo del club di cucina, ad aspettare di assaggiare il piatto del giorno.
 “Ecco fatto, assaggia pure” e mi posò davanti un piatto con un buon spezzatino con le patate.
 “Ci abbiamo aggiunto qualche spezia, spero che tu non abbia problemi a mangiarle”.

“No, affatto” e ne presi una forchettata di ognuno dopo ogni sorso d’acqua per sciacquarmi la bocca.
 “Buone, però questa è più saporita, ma penso vada bene, questi un po’ sciapa e questa è salata, troppo salata”
 “capsico, grazie correggeremo quello che non va,posso chiederti un altro favore?”La guardai e annuii.
  “Siamo insicure su cosa preparare la prossima volta, potresti proporci un nuovo piatto?” Mi chiese Dana.
 “Beh ecco provate a fare, delle polpette di carne così ognuna può usare la propria fantasia e farle diverse e poi assaggiarle”.
 “Che bella idea, così ci divertiamo anche,grazie”
“prego, ora devo andare”

Mancava poco che arrivassi alla palestra quando sentii delle voci.
 “Non so dove sia, ha promesso che sarebbe venuta”
“ma,onestamente per me se viene o non viene è lo stesso,però dobbiamo iniziare l’allenamento”
“sì, capitano, ma aspettiamo ancora pochi minuti”.
“Va bene, ma se non viene entro pochi minuti lascia stare e vieni ad allenarti”
“va bene”

 Rimasi sorpresa e impalata dove mi trovavo,avevo sentito tutto il discorso fra il capitano e Ricki,si avevano ragione avevano gli allenamenti, ma questo non voleva dire che potesse parlare di me così.
Se non mi volevano, o avevano cambiato idea, oppure erano arrabbiati per il mio ritardo, se è così perché non dirmelo in faccia, ero a poca distanza da loro avevo sentito tutto, come evitarlo visto che l’aveva detto ad alta voce,come se non avesse problemi.
Ad un tratto Ricki si girò e mi vide,il sul viso aveva un espressione allarmata e anche la sua voce non nascose il nervosismo,lui era l’unico spigliato nella classe e non sa nascondere i sentimenti.
“Marina, sei qui! Hai sentito?”

“S’, tutto”
 “ecco io…”
“non ti preoccupare è giusto, vi ho fatto perdere tempo e voi dovevate allenarvi, è giusto che dica così”.
 “Sì, ma mi dispiace”

 “figurati, andiamo?” Mi sorrise e s’incamminò verso la palestra, lo seguii.     
 I ragazzi si stavano allenando nella corsa fuori in giardino, con le loro divide, io mi sarei già congelata (forse è colpa mia?)
 
“Sì lo so, sono matti, ma noi facciamo sempre la corsa prima dell’allenamento, è il nostro riscaldamento” mi disse Ricki che era accanto a me, non so perché me l’ha detto, forse perché aveva visto il mio viso, o forse così, giusto per dirmelo, visto che andavo ad aiutarli già ad allenamento iniziato e non lo vedevo dal principio.

Comunque la prima cosa che feci andai da Fil, Filiberto il capo della squadra,è un italiano assurdamente bravo a pallacanestro, infatti sicuramente si sarà allenato tantissimo per diventare di quel livello e da come ha parlato prima la pallacanestro è la cosa più importante per lui.

 “Filiberto, scusa il ritardo”solo questo gli dissi io non accampai scuse, si mi sono prolungata al club di cucina, ma vista la persona, se glielo avessi detto non gli sarebbe importato,anzi mi avrebbe visto come una ragazzi che accampa scusa,quindi meglio così.
 “Va bene, non c’è problema, però la prossima volta evita,altrimenti non venire proprio se hai altro da fare” annuii e si allontanò per chiamare gli altri.
 “Com’è andata, ti ha mangiato?”Chiese Ricki.
 “No, però come sempre è severo”
 “così deve essere, altrimenti ce ne approfittiamo”.
“Capisco, comunque che faccio io qua?”

 “Mi dispiace dirtelo ma, dovrai aiutare i ragazzi, sai è intenso l’allenamento, li devi aiutare, avrai tutto l’occorrente sulla panchina, se vedi da sola capisci” disse andando a centro palestra con la palla sottobraccio.
“Va bene, buon allenamento” si girò e mi sorrise.
“Grazie” poi lo vidi avvicinarsi agli altri che cominciarono a dargli le gomitate e a parlargli con facce strane e lui che arrossiva, meglio evitare di pensare a cosa gli stessero dicendo, anche perché non sono stupida ho capito.
All’improvviso Filiberto suonò tre volte il fischietto e in due secondi tutti erano già in fila indiana dietro il canestro e cominciarono l’allenamento, io mi sedetti in panchina e mi guardai intorno, c’era un minifrigo.

 Lo aprii, già avevo capito cosa dovevo fare, infatti c’era del ghiaccio,le bibite erano fuori allineate e naturalmente a temperatura ambiente per non avere problemi allo stomaco per il freddo improvviso,gli asciugamani erano in due pile accanto a me e quelli sicuramente, visto poi come erano sempre usciti dagli allenamenti, toccherà lavarli e credo che ci penserò io,tanto non ho niente da fare a casa,almeno faccio qualcosa e poi mi piace rendermi utile.
 Guardia l’allenamento e mi divertii, avevo le basi visto che alle medie avevo giocato nella squadra femminile, ma qui al liceo non mi sono più iscritta perché non c’è,così non ci ho più giocato e non ho mai chiesto a papà di fare qualcosa, visto  che non abbiamo un posto dove allenarci,quindi va bene così.

“Ragazzi fate due squadre e una partita fra di voi” e presero i posti.
 “Capitano siamo dispari, manca un giocatore”
“va bene non fa niente,giocate lo stesso”
“capitano posso chiedere di far venire in campo Marina”Chiese Ricki.
 Filiberto si giro verso di me,ero rimasta sorpresa dalla domanda e non volli dire niente,anche perché mi sarebbe piaciuto rigiocare,la prima volta che mi hanno vista giocare, ero una completa schiappa e poi ero assurdamente arrugginita.

Però mi è piaciuto e mi si è riaccesa la voglia di ricominciare, anche se impossibile e ora dopo essermi ripassata le basi teoriche e fisiche, ogni tanto mi faccio qualche tiro al campo che sta vicino casa,è un po’ in abbandono ma per me va più che bene.
“Non lo so ragazzi, Marina te la senti?”
“Sì,va bene”
 “se poi non riesci a stare al passo dell’allenamento, ti puoi fermare”.
“Va bene grazie”. Infatti, è un conto allenarsi ogni tanto, però il loro allenamento è una cosa esagerata per qualcuno che ha smesso e poi ricominciato di punto in bianco.
“Allora tieni le scarpe dell’altra volta e fai quello che riesci” annuii (che fiducia ragazzi)pensai divertita.

“Stai nella mia squadra ben venuta”
“grazie Ricki”
 “non ti dico niente perché sono certo che ci ha pensato il capitano”.
 “Sì, infatti”.
“Pronti! Iniziate!”suono di fischietto e via, per fortuna la palla non mi arrivò mai, ero un pochino a disagio a giocare con loro, scattanti, forti e determinati, anche io ero così una volta, più o meno.

Giocavo anch’io e ogni tanto strappavo la palla dalle mani agli altri e la passavo sempre,non me la sentivo di tirare a canestro e soprattutto non mi veniva proprio la voglia di avere addosso dei ragazzi,certo,non è sportivo, ma che ci volete fare,mi devo abituare. Nonostante la concentrazione riuscii a sentire i respiri alterati e affannosi dei ragazzi, si stavano stancando ed io ero solo un po’ sudaticcia a parte quello stavo benissimo.
(cavolo, dai non è sportivo Marina, gioca pure tu, muoviti!) mi spronai con enfasi e decisi di giocare.

 “Marina!” Mi urlarono all’improvviso e mi ritrovai la palla in mano, ero distratta, ma mi ci volle anche meno del solito per riprendermi e correre a canestro palleggiando come una matta, con i ragazzi dietro che cercavano di prendermi la palla e chi cercava di bloccarmi.
 Riuscii stranamente a schivarli sempre, a canestro tirai e feci punto, dopo sentii il fischio che avvertiva la fine nella partita (peccato mi sono convinta troppo tardi)pensai sorridendo.
 Ad un tratto qualcuno mi mise un braccio intorno alle spalle mi girai a vedere chi era.

 “Sei stata bravissima Marina, mancavano sei secondi e hai fatto canestro, abbiamo vinto”disse Ricki stringendomi le spalle con il suo forte braccio.
“Marina sei stata più brava delle altre volte, sei veramente migliorata, che ti sei esercitata?”
“Sì, quando mi avete inserito nella partita la prima volta mi è ritornata la voglia di giocare e mi sono allenata da sola”
“capperi e pensa po’, se non lascivi la squadra saresti stata anche più forte”
 “forse”dissi alzando le spalle
 “ora però devo andare devo fare i compiti con Alice e Desy ci vediamo, buon allenamento”
“grazie si vediamo lunedì” annuii e corsi via.

Prima di andare in classe andai al bagno e mi sciacquai il viso e mi asciugai alla meglio, mi ero divertita moltissimo e il clima era tranquillo e amichevole, dopo andai in classe, ma Alice non c’era e io che pensavo che fossi in ritardo e che non trovandomi fosse ritornata a casa, così per ogni possibilità attesi  e due minuti dopo arrivò tutta agitata insieme a Desy.
 “Eccoci, scusa il ritardo, c’è anche Desy”
 “bene iniziamo allora”
 “ma che hai fatto?”
 “Sono appena ritornata dall’allenamento di pallacanestro”
 “davvero?”
“è, si, mi hanno fatti giocare, mi sono divertita molto”
“perché sai giocare?”
“Sì, giocavo alle medie, dopo ho lasciato stare, ma ora ho ricominciato ad esercitarmi”
“che bello, posso venire a vederti un giorno?”
“Non lo so Alice, dovresti chiederlo a Filiberto per quanto capo squadra”.

“Allora, puoi anche evitare di chiedere, tanto la sua risposta sarà un no definitivo,conoscendolo”disse Desy.
“è vero è così serio, peccato però, comunque iniziamo?” Annuii.
 “allora, domani abbiamo l’interrogazione di storia”
“sì e io non so niente” disse Alice preoccupata.
 “Ti aiuto io”
Dopo aver spiegato alle ragazze i punti fondamentali, ripetemmo due volte ciascuna ed io stavo già a posto.
“Davvero Marina, quando spieghi tu capisco tutto,è incredibile”
“ma no, è che normalmente pensi ad altro e non alla lezione,tutto qui,altrimenti saresti brava”
 “davvero?”

“Davvero, comunque ora è tempo di fare gli esercizi d’inglese”
“ognuno li fa per conto suo,poi li correggiamo”
“chiaro”disse allegra Alice.
Dopo un po’ io avevo già finito, stranamente anche Alice era rimasta solo Desy che alla fine finì, era lenta come al solito e li correggemmo,i miei erano giusti per quanto potei vedere,presi il foglio con gli esercizi lo piegai e l’ infilai in tasca.
 “Bene, avete capito il meccanismo dell’esercizio? È tutto quello che abbiamo fatto nella lezione precedente”.

“è vero, hai ragione, non ci avevo fatto caso”confessò Desy
“ma davvero, allora questa volta sono stata più brava di te, io l’avevo capito subito che bisognava completarlo con le cose studiate una settimana fa”.
“Allora bisogna stare attenti domani piove”dissi di slancio senza pensare,poi le guardai in silenzio,sperando non avessi detto qualcosa di veramente brutto”
“hai ragione” disse Desy ridendo e la cosa mi sollevò molto.

 “Che cattive che siete, non sono così negata nello studio”ci rispose Alice in tono lamentoso.
“va bene, come dici tu”rispondemmo all’unisono.
 “Comunque ora c’è la nostra amica matematica e poi economia domestica”
 “sì, ma di economia domestica non dovevamo preparare un pranzo?”
 “Sì, è vero io adoro cucinare!”Esplose Alice euforica.
“ma se non hai mai aperto un libro di cucina”s’intromise Desy.
 “E tu che ne sai?”

“Lo so, ti conosco”
“va bene più tosto, tu Marina come te la cavi tu in cucina?”
 “Benino”
“benino eh, non me la racconti giusta”disse sospettosa Desy
“ma scusa se ha detto così sarà vero no, comunque la cosa importante è che per quella materia non abbiamo compiti,quindi tutto bene”
“sì, ma la matematica?”
“Ha è vero, credo che sverrò”
 “si certo”
 “dai Alice ti darò una mano”
“grazie era proprio quello che aspettavo che dicessi”
“bene iniziamo”

 Gli esercizi andarono come niente e Alice questa volta riuscì a capirli dopo una sola spiegazione un record per lei,ma forse perchè siamo diventate più affiatate.
“Allora a Lunedì”
 “sì, ha lunedì Marina” e le guardai allontanarsi, forse eravamo diventate amiche.
“Marina! Che ci fai ancora qui a quest’ora?”
Mi girai.
“Ah, ciao papà! Niente mi hanno incastrato le ragazze del club di cucina,poi quelli della pallacanestro e ora ho fatto tutti i compiti per lunedì con delle compagne”
 “però un bel programmino e a quanto sembra stancante”
“sì, molto stancante”
“allora andiamo a casa, oggi si mangia la pizza, così ci riposiamo tutti e potrai andare a letto presto, poi per tua fortuna domani è sabato”
“è vero!”

In macchina sentimmo la musica fino a casa poi una volta entrati mi precipitai a ordinare le pizze avevo una fame terribile.
 “Papà come vuoi la pizza?”
 “la solita e prendi la solita anche alla mamma, tu fa come vuoi”mi urla dal piano di sopra.
 “Pronto vorrei una margherita una quattro formaggi e una salame piccante,si va benissimo per le otto e mezza,grazie arrivederci”.
 Attaccai soddisfatta e mi sedetti sul divano a guardare la tv e trovai anche un bel film.

Dopo un po’ mio padre ritornò già in pigiama (accidenti non perde proprio tempo, deve essere davvero stanco, per fortuna che domani è
sabato) penso sorridente (e potrò dormire fino a tardi).
 “Ti vedo felice tesoro, perché?”
“Per domani, posso dormire fino a tardi”
 “a già è vero, come va con Kevin?” E il mio umore si guasta all’istante e divento seria.
 “Bene, perché?”
“Così”
“senti papà tu hai il suo indirizzo vero?” Mi guarda sorpreso.
“Certo, perché?”
“voglio portargli gli appunti degli ultimi mesi, altrimenti avrà difficoltà nelle lezioni e le verifiche future”
“brava e questo quando intendi farlo?”
 “Domani pomeriggio”
 “va bene allora ti lascerò l’indirizzo”
 “grazie papà” e così si concluse la conversazione e guardammo la tv fino a che qualcuno non suonò alla porta,guardai l’orologio al muro,era ora, incredibile,mio padre andò ad aprire e mentre il fattorino usciva entrava mia madre.

 “Sento odore di pizza”disse mente si chiudeva la porta alle spalle.
“sì, infatti dissi felice”
 “bene preparo tutto e poi mangiamo”
“ci penso io, tu vai a cambiarti come ha fatto papà” le dissi.
 “Va bene cara, grazie”mi rispose e anche lei salì di sopra.
Preparai tutto l’occorrente e mi sedetti a tavola ad aspettare mamma, quando riscese, immediatamente aprii il cartoccio e presi un pezzo di pizza strappandolo con le mani e mi misi ad ammirare la succulenta mozzarella mentre filava e dopo gli diedi un morso, il record di tutti i morsi che ho mai fatto.

Spazzolai la pizza in mezzo minuto e presi un sorso di coca cola che avevamo già in frigo e sazia mi poggiai allo schienale della sedia.
 “Mamma, papà è stato bellissimo, ora sono stanca morta vado a letto e poi domani ho da fare, papà ricordati la via, buonanotte a tutti” e dicendo questo sparecchiai la mia parte e mi diressi di sopra, mentre i mie genitori mi guardavano sorpresi.

Di sopra spalancai la porta della mia stanza e cercai sulla scrivania gli appunti che avevo conservato e ne feci un mucchietto che poi avrei dovuto ricordare di prendere, preparai gli abiti scegliendoli alla ceca e mi parve fosse una combinazione buona e velocemente mi cambiai con la camicia da notte e m’infilai a letto spengendo il lumino che non ricordavo neanche d’aver acceso e stanca morta mi addormentai all’istante.
  
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