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Autore: Maharet    23/03/2013    3 recensioni
"Si erano assaggiati, morsi, respirati per un'istante infinito prima di separarsi di pochi millimetri, guardandosi negli occhi. Avevano cercato in quelli dell'altro un motivo per andarsene, ora, prima che tutto diventasse ancora più difficile. E non l'avevano trovato."
Questa storia nasce come OS, ma è diventata in fretta una sorta di raccolta di storie diverse, legate tra loro dai protagonisti, i miei adorati Elestin.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elenoire Sinclair, Justin Sinclair
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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A Min, che, ormai è assodato, è la mia musa ispiratrice <3


“Non tutte le principesse hanno bisogno di un principe azzurro, per svegliarsi; ad alcune basta un caffé”.

Ogni volta che Belladore le ripeteva quella frase, Elenoire non poteva fare a meno di sorridere. Non ci aveva mai creduto, al principe azzurro. Neppure da bambina, ed ancora meno con il passare del tempo. Era diventata una cortigiana giovanissima, e quella vita non lasciava granché spazio a fantasie romantiche.

Quando aveva incontrato Nives aveva quindici anni. Per la prima volta qualcuno aveva guardato oltre il suo aspetto da bambola di fine porcellana, ed era stato in grado di sfiorare il suo cuore. L’aveva amato, con tutto l’ardore dell’adolescente che aveva scoperto di essere solo con lui. L’aveva desiderata come una donna e coccolata come una bambina, illudendola che ci fosse un per sempre, per loro. Lei aveva scelto di ignorare l’ovvio: Nives era un vampiro. Prima o poi lei sarebbe sfiorita, e morta, e lui avrebbe continuato a vivere in eterno. Il loro per sempre sarebbe stato spezzato. Ma non era stato neppure necessario attendere così tanto. Più semplicemente lui se n’era andato, aveva scelto di abbandonarla senza una spiegazione, lasciandola preda di un dolore che bruciava come sale sotto la pelle.

E proprio allora era arrivato Cain. Con la sua bellezza squisita da cherubino ed una luce pericolosa in fondo agli occhi chiari, che la attraeva e la spaventava allo stesso tempo. Cain, che più che voluta l’aveva pretesa, che le aveva donato una nuova speranza di essere felice. Era cresciuta, gli anni e la perdita l’avevano fatta maturare in fretta. Era consapevole, stavolta, che non sarebbe stato per sempre. Aveva affrontato la nuova relazione con una sorta di pacata rassegnazione, tentando di godere al meglio dei momenti che la vita le offriva, senza pensare al futuro. Ma di nuovo era stata delusa. Perché Cain era rimasto, ma il suo cuore no. Stancatosi della novità aveva ricominciato a seguire la vena edonistica che sembrava caratterizzare la sua stirpe, dimenticandola in un angolo ogni volta più a lungo, e tornando da lei come ad un porto sicuro dalla tempesta, ma non abbastanza eccitante da trattenerlo quando splendeva il sole.

Non aveva saputo resistere a questa ulteriore delusione. L’amarezza si era impadronita di lei, gli anni, che non erano ancora riusciti a lasciare solchi sul suo viso perfetto, l’avevano fatto nel suo cuore. Aveva perso la gioia di vivere, ed era diventata ciò che aveva lottato tutta la vita per non essere. Fredda come il ghiaccio, forte come l’acciaio. Incapace di commiserare sé stessa per ritrovarsi, a poco più di vent’anni, stufa della vita e dei dolori che portava con sé.

La prima volta che aveva visto Justin era alla Locanda della Luna Piena con un gruppetto di studenti, ascoltando annoiata discorsi pieni di un entusiasmo che lei non sentiva più da troppo tempo. Aveva intravisto il ragazzo moro dall’altro lato del tavolo, lo sguardo fisso su di lei ed un lento, pigro sorriso di apprezzamento a stirargli le labbra. Aveva mormorato un complimento di qualche genere, e lei aveva risposto con una buona dose del suo proverbiale sarcasmo. Lui non si era scomposto. Non si era arrabbiato, né aveva insistito. Si era limitato a fissarla in silenzio per qualche istante, una scintilla di pura curiosità in fondo agli occhi chiari. Poi era stato chiamato da uno dei suoi compagni e si era seduto, senza più guardarla. Lei aveva dimenticato in fretta quello sguardo intenso, archiviandolo in un angolo della sua mente insieme al resto della serata.

Aveva sentito parlare di lui da Belladore, qualche settimana dopo. Pareva che avesse messo da parte la sua fama di sciupafemmine per dedicarsi solo alla sua bella cugina, la giovane Caroline. L’aveva intravista un paio di volte per strada, il portamento fiero di chi sa di essere ammirata, e non ha paura di dimostrarlo. Aveva ripensato solo per un istante a quegli occhi verdi, che per un attimo erano riusciti a colpirla, poi era tornata a dedicarsi al suo ricamo, dimenticandoli nuovamente.

Nelle settimane successive aveva spesso sentito parlare di loro, stralci di conversazioni oziose tra studenti, pettegolezzi da Studium. Aldenor sembrava davvero un covo di comari, a volte. Parlavano di fiori consegnati allo scoccare della mezzanotte, litigate furiose seguite puntualmente da risse epocali in qualcuna delle locande della Cittadella, ed appassionate riappacificazioni. Pareva che tutto dovesse essere eccessivo, per loro. Nel bene e nel male. Ma mai, neppure una volta, l’aveva visto a Palazzo Belmont, e a quanto aveva sentito non frequentava da tempo neppure gli altri bordelli della città.

Li aveva sorpresi soltanto una volta durante una delle loro famose litigate. Si era nascosta lesta dietro una colonna di marmo, aspettando il momento per poter sgattaiolare via senza essere vista. Litigavano a causa della gelosia del ragazzo per gli atteggiamenti affettuosi che Caroline dimostrava nei confronti del suo amico Damian e di Julian, il suo giovane compagno umano. L’aveva vista più volte abbracciarli e baciarli in maniera forse eccessiva. Lei stessa, si era ritrovata a pensare, aveva sofferto spesso per episodi simili. Ma a quanto pareva il giovane Justin era molto meno incline di lei ad una paziente sopportazione, perché aveva voltato le spalle alla sua ragazza e se n’era andato furioso, mentre lei batteva il piede a terra in preda alla medesima rabbia.

Aveva saputo per caso della loro rottura. Era alla taverna da sola, seduta davanti ad una birra in attesa di alcuni amici, quando aveva sentito una voce conosciuta proveniente da un paio di tavoli più in là. Julian batteva la mano sulle spalle incurvate di Justin, che teneva il volto chinato nel vano tentativo di nascondere all’amico le lacrime che brillavano all’angolo delle ciglia. Erano entrambi troppo concentrati per badare a lei. Si era concessa di ascoltare con blando interesse i pochi frammenti di conversazione che la confusione del locale le aveva permesso di carpire. Era stata Caroline a lasciarlo, ma non era certa di aver compreso il motivo. Justin continuava a ripetere qualcosa sul fatto che lui avrebbe voluto un rapporto troppo serio, e lei si era spaventata. Aveva sbuffato piano, infastidita. Come poteva una ragazza spaventarsi per essere amata troppo?

Justin aveva tentato di ordinare un secondo fiasco di vino, ma Julian con un cenno del capo aveva congedato il cameriere, dichiarando che aveva bevuto troppo, per quella sera. La Sinclair che era in El si era ribellata a quella frase. Il giovane era un uomo, ormai. Ed un uomo aveva il sacrosanto diritto di bere fino a perdere i sensi, se lo riteneva opportuno. Specialmente in una situazione del genere. Poi erano arrivati i suoi amici, distraendola dal suo ozioso passatempo, e quando aveva guardato di nuovo nella loro direzione i due erano spariti.

Non sapeva cosa l’avesse spinta. Da anni non prendeva iniziative, non faceva nulla che non ci si sarebbe aspettato da lei. Eppure la sera prima il ragazzo l’aveva colpita nel profondo. Nonostante le lacrime e le spalle curve, non l’aveva trovato debole. L’orgoglio dei Sinclair, che aveva colto nei suoi occhi mentre litigava con la sua fidanzata, era ancora lì, da qualche parte. Era come un lupo, si era ritrovata a pensare. Un grosso lupo ferito. E certe ferite si curano meglio in compagnia. Si era ritrovata davanti alla sua porta, con un fiasco di vino in una mano e due bicchieri nell’altra. Aveva bussato in fretta, prima di cambiare idea, e aveva sorriso dello stupore in fondo agli occhi verdi del ragazzo, quando aveva aperto e se l’era ritrovata davanti.

-        Stasera ci ubriacheremo!

Aveva esordito, superandolo agevolmente per scivolare all’interno e poggiare i bicchieri sulla scrivania.

Si erano ubriacati, in effetti. E da lì era cominciato tutto.
   
 
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