The Vision of Escaflowne
«L'Ultimo Paradiso»
4
Quiete
« Se io avessi paura lei, Signor Folken, lo avvertirebbe.
E questo sarebbe controproducente.
Se non si da fiducia non la si può ottenere.»
Un nuovo lampo, forte quanto il precedente, risuonò nella fitta pioggia
scatenatasi da poco.
Il cielo, fattosi scuro con l’imperversare del temporale gettò pesanti ombre sul
giardino che si affacciava dal castello.
Respirando lentamente, il Re di Fanelia, incurante della pioggia nelle proprie
vesti, osservò l’oggetto delle sue recenti preoccupazioni.
« Non sono venuto per combattere. »
Van sgranò gli occhi e la curiosità mista alla tensione si mescolarono.
« Che cosa vuoi!? » disse ad alta voce, impossibile che gli altri soldati non lo
sentano.
« Mostrarti qualcosa. » l’impassibilità della sua voce, non fu tradita nemmeno
dai movimenti. Si limitò a restare immobile.
« Vostra Maestà! »
L’ufficiale con la quale aveva parlato pochi minuti prima era arrivato, con un
drappello di pochi uomini. Sarebbero bastati per fermarlo. Van si voltò e con un
cenno diede l’ordine di restare nella posizione.
« Il mio padrone ti manda questo, Re di Fanelia! »
Dal mantello, tirò fuori una grossa sfera nera, che ricadde pesantemente al
suolo.
Gli uomini, attirati dal possibile pericolo si disposero immediatamente a difesa
e due di loro sollevarono le spade per attaccare l’uomo-camaleonte.
Un altro lampo, seguito dal suono fortissimo del tuono, rivelò che il nemico era
fuggito, per l’ennesima volta.
« Cercatelo, non deve sfuggirci! » esclamò Van con rabbia, mentre, chinandosi
andava ad esaminare l’oggetto sferico, familiare.
Van non ci mise molto tempo per riconoscerla, scosse il capo, incredulo.
« Non è possibile.. » mormorò, osservando lo stemma inciso.
« Di cosa si tratta, vostra maestà? » domandò l’ufficiale, osservando l’oggetto
nelle mani di Van.
Il Re di Fanelia si fece cupo in volto.
« Ancora non lo so con esattezza, ma bisogna rafforzare la guardia su ogni lato
del castello: riesce ancora ad eludere la nostra sorveglianza »
« E’ veloce mio Signore e riesce a muoversi nell’ombra come nessun esser umano è
in grado di fare. »
« Non m’interessa quanto sia scaltro lui, ho bisogno che siate svegli voi tutti!
» ribatté con troppa forza. L’ufficiale risentì della sfuriata e chinò il capo.
« Sarà fatto come ordinate, vostra maestà. » e in breve tempo gli volse le
spalle per tornare al suo posto, dai suoi uomini.
Oramai fradicio di pioggia, Van strinse la mano che teneva la sfera di freddo
metallo scuro.
« Non puoi essere proprio tu. »
Era distrutta, sfinita, più morta che viva!
Se Millerna non fosse stata la sua migliore amica, l’avrebbe odiata, come
minimo.
Dopo aver scelto il modello non era stato tutto così semplice come le aveva
detto, in uno slancio di affetto. Eh no, le aveva detto tutte quelle cose solo
perché sarebbe arrivato il peggio.
« Non so come funzionassero le cose di questo tipo sulla Luna dell’Illusione, ma
qui per un vestito da sposa ci vogliono settimane e molto impegno da parte della
sposa. »
E aveva avuto ragione.
Era rimasta in piedi almeno un’ora, in biancheria intima, solo perché dovevano
prenderle tutte le misure possibili ed immaginabili. Persino la circonferenza
del polso!
A quel punto credeva che la stessero prendendo in giro, possibile che era
necessario persino misurarle il collo e la fronte?!
« Il velo non si crea dal nulla. » Le
aveva detto Millerna, con aria di sufficienza.
Alla fine del pomeriggio, quando aveva cominciato a piovere, era rimasta ancora
in piedi, perché Millerna voleva proprio togliersi lo sfizio di vedere in
anteprima come scendeva la stoffa da un lato e come apparisse in ogni
angolatura. Le sempre più flebili proteste di Hitomi – che aveva pranzato lì, in
quella camera – avevano sempre come risposta un “E’ necessario se vuoi essere
bellissima” oppure “Vedrai che ne varrà la pena”.
Adesso che tutto sembrava esser concluso, almeno per quella sera, non aveva
trovato la forza che per arrivare in camera propria, con passo pesante e poco
elegante – Millerna l’avrebbe rimproverata anche di questo se l’avesse vista –
senza neppure passare dalla cucina.
Il tonfo che fece il suo corpo nel momento in cui arrivò sul letto, fu seguito
da un sospiro di puro piacere.
« Finalmente a letto! » sospirò, esasperata.
Chiuse gli occhi per qualche istante, volendosi godere quei pochi attimi di
rilassamento, perché anche lo stomaco aveva le proprie esigenze dopo una
giornata come quella.
Il bussare alla propria porta la fece ritornare alla realtà, si era già
addormentata.
Una giovane donna fece il suo ingresso nella stanza dopo essere stata invitata
ad entrare.
« Desiderate che vi porti qualcosa da mangiare o preferite scendere in sala da
pranzo? » domandò con tono cortese stringendosi le mani al grembo.
Hitomi si sollevò con la schiena, restando seduta.
« Van mangerà in sala da Pranzo? » domandò, speranzosa.
« Sua Maestà è ancora impegnato con le truppe, non è stato dato alcun ordine di
allestire la tavola reale. »
Hitomi sospirò.
« Allora per favore, portatemi qualcosa qui. Sono molto stanca anche io. »
mormorò, mentre la donna faceva un passo avanti.
« Non siate in pena, vostra altezza. Presto tutti questi impegni avranno fine,
vi sposerete e sarete felice. » lo disse con sincerità, notò Hitomi.
« Ti ringrazio Margaret, hai ragione. Eppure, è così che dovrebbe essere? » la
domanda colse impreparata la giovane donna che si lasciò andare ad un sorriso.
« Ogni sposa attraversa un periodo di questo tipo prima delle nozze. Si è solo
un po’ spaventati di essere impreparati, di non essere in grado di tener fede ad
un impegno così grande. » Il viso si addolcì, mentre la donna si avvicinò di un
altro passo, e Hitomi poté vedere l’anello nuziale, all’anulare sinistro.
La donna si accorse dello sguardo della fanciulla e sorrise.
« Si, anche io ho avuto il vostro stesso timore ed anche se la cerimonia fu
molto intima e la festa tra le più semplici, fui costretta a spendervi molto
tempo. »
Hitomi annuì, serena quindi allungò le mani, per prendere quelle di lei che
sobbalzò dalla sorpresa ma restò immobile.
« Margaret, ti ringrazio davvero per le tue parole. Ora sono più tranquilla. »
In realtà, aveva un grosso nodo alla gola.
La donna, spiazzata, sorrise gentilmente.
« Non ho fatto nulla, sono lieta di esservi stata comunque d’aiuto. Vado a
portarvi qualcosa da mangiare, avete preferenze? »
Hitomi scosse il capo, « Nessuna, però non ho molta fame, quindi qualcosa di
leggero e semplice andrà bene. »
Margaret annuì e uscì dalla stanza.
Hitomi soffocò la testa nel cuscino, cominciando a singhiozzare.
Non si trattava solo della stanchezza ma di qualcosa di più profondo. Le parole
di Margaret le avevano fatto comprendere che benché Millerna le fosse stata
indubbiamente di grande aiuto, quello che le mancava davvero non era la volontà
di fare per il suo stesso matrimonio.
Sarebbe stata molto più partecipe se avesse potuto dividere la gioia di quello
che stava accadendo con sua madre.
Quando sollevò la testa dal cuscino, la
stanza era immersa nel buio.
Si guardò intorno, realizzando che doveva essersi addormentata, gli occhi le
pesavano enormemente. Mettendo a fuoco nell’oscurità si rese conto che doveva
essere notte fonda, benché credesse di aver dormito qualche minuto. Si mise
seduta ed in quel momento realizzò che vi era un vassoio su una sedia accanto al
letto. Un po’ di frutta, piscas
sbucciata, e dei crostini con quello che sembrava essere una speciale crema
tipica di Fanelia che le piaceva molto. Allungò una mano, poiché anche lo
stomaco si era risvegliato ed il senso di vuoto incombente era pari solo alla
sua richiesta di essere colmato. Non accese alcuna luce, poiché la luna brillava
alta nel cielo e gettava uno squarcio luminoso parallelo dalla finestra al suo
letto che illuminava quanto bastava per poter vedere.
Era ancora assonnata, ma mangiare le fece recuperare le forze e le tolse
momentaneamente la stanchezza dell’aver dormito poco.
Una volta concluso il pasto, si sedette sul letto, pensierosa.
Neanche quel giorno era riuscita a vedere Van, se non per qualche minuto quando
si erano incrociati. Sospirò, sentendosi sola più che mai. Se non fosse stato
così tardi sarebbe andata da lui, ma probabilmente stava dormendo e poi, non era
un’epoca dove l’amore poteva essere vissuto liberamente. C’erano molte
contraddizioni che aveva affrontato tranquillamente e a testa alta, adeguandosi
ai costumi e alle tradizioni che si allontanavano parecchio dal proprio modo di
vedere la realtà. Eppure, in quel momento, non le sembrava affatto sconveniente
andare nella camera del proprio futuro marito.
Marito.
Hitomi deglutì sentendosi mancare l’aria. Era ancora così giovane! Nel suo
pianeta sarebbe risultato strano, se non innaturale, che una ragazza della sua
età, si sposasse così in fretta.
Sospirò. Era in un altro mondo. E poi, non c’era niente di sbagliato, si disse.
Lei amava Van e lui amava lei. Questo non sarebbe cambiato perché i suoi
sentimenti erano veri, erano stati proprio quelli a salvare Gaea e certamente
non avrebbero vacillato solo perché credeva di stare per sposarsi troppo presto.
In fondo, sarebbe stata felice ed era questo ciò che veramente doveva contare,
adesso ed in futuro.
Sorrise, mentre si spogliava, mettendosi poi la lunga camicia da notte che era
piacevole indossare a causa del freddo che avrebbe inaugurato il giorno
l’indomani mattina.
Chiuse gli occhi, preparandosi ad accogliere il sonno che sarebbe arrivato a
breve, portato dal calore della coperta che l’accoglieva dolcemente.
E senza nemmeno contare le fatiche
trascorse, era arrivato il grande giorno.
Fanelia era in festa e si era dovuta svegliare prestissimo per gli ultimi
preparativi.
Millerna continuava a stringere i lacci del corsetto che rendevano la propria
figura ancora più longilinea di quanto in realtà non fosse.
« Millerna, non respiro! » disse in un soffio, cercando di prendere aria quanto
più poteva, ma la cassa toracica chiedeva qualche centimetro di libertà in più.
« Non lamentarti! Non è colpa mia se sei ingrassata durante la notte! » si
lamentò a sua volta la reggente di Asturia.
« Ma tu hai idea di quanto sia stretto questo coso?! » ribatté Hitomi tenendosi
ad una sedia che stava rapidamente cedendo sotto la spinta della donna alle sue
spalle
« Meno di ieri, questo è certo! » rispose lei, mentre con un ultima stretta
trovò in fine il modo di legare i lacci.
« Hai scelto tu questo modello, ricordi? »
« Ma non credevo che oggi avrei sofferto così tanto! » disse, distaccandosi
dalla parete.
« Sarai bellissima! » esclamò la donna, compiaciuta, guardandola da capo a
piedi.
Un sentiero ornato di candidi fiori
freschi era stato preparato sul lungo tappeto che l’avrebbe condotta lì,
d’innanzi al ministro del culto, accanto a Van, che le sorrideva estasiato. In
quel momento si disse che aveva fatto bene a non permettergli di vedere il suo
vestito prima di quel giorno, la sorpresa e lo stupore nei suoi occhi erano
meglio di qualsiasi complimento avrebbe mai potuto farle.
Incominciò a camminare da sola, una ventina di metri che sembravano
interminabili. Non appena fu abbastanza vicina, Van scese dal palchetto che era
stato allestito e le prese la mano.
Quando lo fece giunse una lingua di fuoco dall’alto.
Hitomi cadde a terra e l’ombra calò su di loro.
Un enorme guymelef piombò dal cielo e quello che riuscì a processare in quel
momento, furono le urla che si generarono dai presenti.
Fu proprio in quel momento che il tempo sembrò rallentare fino a fermarsi. Vide
Van con lo sguardo sorpreso e determinato puntare verso l’Escaflowne, i soldati
schierati a difenderla, Millerna accanto a lei che le urlava qualcosa
nell’orecchio.
Un sospiro le arrivò dietro le spalle, facendola rabbrividire.
L’uomo-camaleonte l’osservava a pochissima distanza, improvvisamente tutto
dissolto nell’oscurità.
« Non volete che questo accada, non è vero? »
« Perché!? Perché devi mostrarmi tutto questo?! »
« Sei tu che con le tue azioni genererai questo futuro. Ancora non l’hai capito?
»
Hitomi restò basita e non riuscì a pronunziare parola.
« Si. E’ proprio quello a cui state pensando. Voi siete la prescelta. »
« No! Non vi permetterò mai di usarmi per i vostri scopi! E’ assurdo quello che
volete fare! La razza degli uomini draghi divini si è estinta, io non sono una
di loro! »
« Ma non avete ancora capito? Il vostro potere ne genererà uno ancora più forte
e la discendenza reale non si perderà! »
« Van è l’unico sovrano di Fanelia! »
« Ne siete sicura? Forse in quella battaglia lui non ne uscirà vivo e allora..
non ci sarà più un sovrano. »
Hitomi si mise le mani alla testa, scuotendola con veemenza.
« Non permetterò che un simile futuro accada! »
Nel suo collo, il ciondolo brillò di una luce fortissima ed intensa. La creatura
di fronte a lei indietreggiò di un passo.
« Ah..! Questa luce?! » l’uomo-camaleonte cercò riparo nel suo manto prima che
il sogno svanisse.
Hitomi si ritrovò ancora seduta nel suo letto, la finestra spalancata.
Il malessere si diffuse rapido e, senza nemmeno indirizzarsi verso il cuscino,
cadde pesantemente di lato, finendo con la testa quasi a toccare terra ed un
braccio penzolante la cui mano semichiusa a sfiorare il pavimento lasciava
cadere il ciondolo la cui cordicella era ancora aggrovigliata alle dita.
Merle zampettava felice accanto a Millerna. Sin da principio aveva considerato
la Principessa di Asturia come una ragazza troppo viziata e avvezza alla vita di
corte, incapace di relazionarsi con altre persone all’infuori di quel suo
cavaliere blu e degli altri servitori.
Tuttavia, quando si era occupata di guarire il Signorino Van aveva cominciato a
cambiare opinione nei suoi riguardi. Non avrebbe dimenticato facilmente la
fermezza con la quale aveva cercato di guarire le sue ferite interne a
differenza sua, che si sentiva tremendamente inutile ed impotente. In quella
particolare situazione aveva capito che stava prendendo un granchio anche nei
riguardi di Hitomi. In realtà, all’inizio era stata soprattutto la gelosia che
le aveva oscurato la capacità di ragionare. Nutriva dei profondi sentimenti di
affetto verso Van, ma non aveva mai pensato a lui come invece avrebbe potuto
pensare Hitomi o qualsiasi altra ragazza. Per lei, lui era il fratello che non
aveva mai avuto, la famiglia che non c’era mai stata. L’idea che qualcuno
potesse portarglielo via, l’aveva logorata. Era stata la prima a rendersi conto
del nascere, del crescere e dello sbocciare dei sentimenti che avevano l’uno per
l’altra e nel momento in cui Van era stato più vulnerabile, aveva deciso di fare
il meglio che aveva potuto: gli aveva fatto comprendere quanto fosse evidente il
sentimento fra i due e lui era andato da lei. Nel momento stesso in cui l’aveva
visto partire per raggiungere la Luna dell’Illusione, nonostante fosse
impossibile raggiungere quel pianeta così lontano, erano stati i sentimenti di
entrambi a farli riunire. Aveva fatto la cosa giusta e benché non avesse
cambiato il suo carattere per nessun altro, aveva imparato a comprendere che non
avrebbe perso il suo adorato fratellone.
« Vuoi spiegarmi perché dobbiamo andare a svegliarla noi? » fece così alla volta
di Millerna.
« Perché così potremmo prepararla a quello che le aspetta stamattina. Ieri sera
era davvero stanca e poi l’ho vista un po’ giù di morale. Non fa bene ad una
sposa a così poca distanza dal proprio matrimonio. » rispose la reggente di
Asturia, continuando a guardare un foglio di carta dove vi erano una lista di
cose da fare.
« Secondo me ti preoccupi troppo! Non ci sono stati nemmeno altri pericoli. »
Millerna si fermò ricordandosi improvvisamente di una cosa.
« Merle! Tu non l’hai saputo! » quindi la guardò dritta in volto e abbassò la
voce.
« Ieri l’uomo-camaleonte si è fatto di nuovo vivo, ma questa volta non ha alzato
un dito contro Van ne gli altri soldati. »
« Che cosa?! » esclamò, sorpresa « Il signorino Van è stato in pericolo!? »
Millerna mise un dito contro le labbra « Ssshh! Insomma! Hitomi non deve
saperlo, si preoccuperebbe ancora di più, il fatto che già lei e Van non siano
riusciti a vedersi la rende un po’ malinconica, ma se sapesse questo non
riuscirebbe a concentrarsi su quello che deve fare. La conosci, no? Me lo ha
chiesto Van stesso. »
Merle la guardò poco convinta, « Il signorino Van che tiene nascosta qualcosa
proprio ad Hitomi? » scosse il capo, senza dare voce ai propri pensieri: doveva
esserci qualcosa che non andava.
Girarono l’angolo e si trovarono d’innanzi alla porta scorrevole che dava sulla
stanza di Hitomi, le due guardie posizionate vicine all’ingresso fecero il
saluto militare d’innanzi alla reggente di Asturia.
« Potete andare, ragazzi! » esclamò Merle con il suo solito tono tranquillo.
Millerna sollevò un sopracciglio pensando che quella gattina aveva uno strano
modo di rapportarsi alla gente.
I due soldati si sgranchirono le braccia e poi salutarono con garbo prima di
allontanarsi dalla porta.
Senza dare il tempo a Millerna di fornirle istruzioni la gattina spalancò di
colpo la porta, annunciando a gran voce « Hitoomi!! Svegl.. » la voce le morì in
gola nel momento in cui si soffermò finalmente sulla figura ancora dormiente
della donna.
Fu Millerna ad avvicinarsi per prima, entrando di corsa all’interno della
stanza.
« Hitomi! » esclamò, andando a toccarle il polso, per prima cosa.
Fece per sollevarla ed in quel momento la ragazza riaprì gli occhi.
« Millerna..? » mormorò, completamente assonnata. In poco tempo le arrivò il
dolore alla schiena per aver dormito male.
« Ahi..! » esclamò, nel momento in cui si riappoggiò al cuscino.
« Hitomi ma che ti è successo?! » esclamò Merle, portandosi vicino.
Hitomi osservò le due perplessa. « A parte che ho dormito malissimo? » in quel
momento sentì qualcosa nelle sue mani e riaprendo il pugno chiuso rivelò il
ciondolo che era ancora intrecciato nelle dita.
« E’ successo qualcosa stanotte? Stavi dormendo in una posizione assurda, avevi
quasi la testa a terra. » e il volto di Millerna, si fece improvvisamente serio.
Hitomi osservò la reggente di Asturia con sguardo assonnato.
« Io.. non credo. Ricordo di essermi addormentata. Devo aver fatto degli incubi
e forse sono finita fuori dal letto. » rispose, mettendosi entrambe le mani
dietro la schiena, cercando di raddrizzarsi.
« Certo che sei proprio strana! » fece Merle, incrociando le braccia sotto il
petto.
« Ma chi ti ha chiesto qualcosa! » rispose piccata Hitomi, facendole una
linguaccia.
Millerna sbuffò, scuotendo il capo,
ignorando per qualche istante il litigio che era scoppiato nella stanza. La
posizione innaturale di Hitomi l’aveva fatta riflettere, benché fosse probabile
che si fosse ritrovata da sola, la postura del corpo era troppo innaturale per
potersi mantenere a lungo. L’unica ipotesi plausibile da considerare era che
durante il sonno si fosse spostata; eppure, era capitato che condividessero la
stessa cabina nella Crusade e non aveva mai visto Hitomi dormire in quel modo.
« Oh, adesso basta voi due! » sbraitò d’un tratto, mentre con la mano libera
passava alla ragazza ancora a letto la lista che aveva ancora con sé.
« Ecco, queste sono le cose che bisogna sistemare oggi! Possibile che ci siamo
addirittura scordati della torta?! »
Hitomi restò sorpresa e non mancò di farlo presente alla giovane reggente di
Asturia.
« Credevo che solo sulla Terra vi fosse l’usanza di tagliare una torta il giorno
del matrimonio di qualcuno. »
Millerna l’osservò come se avesse appena detto una stupidaggine.
« In fondo, anche tu sei un’umana come me, quindi perché dovrebbero esserci
usanze così diverse? Su adesso lavati e vestiti, che abbiamo perso già troppo
tempo! » e detto questo si volse verso l’armadio della giovane principessa e
aprendolo, si mise a cercare qualcosa di adatto da farle indossare.
Merle sbuffò. « Comincio ad andare, non metteteci troppo tempo! » esclamò,
ritornando nei pressi della porta scorrevole prima di sparire al di là della
stessa.
Hitomi si alzò in piedi, stiracchiandosi meglio che poteva.
« Ah! La mia schiena! Com’è possibile che io abbia dormito in quella posizione
per tutta la notte! »
Van continuava ad osservare la sfera
scura in suo possesso. Non poteva fare a meno di ricordare quello che quel
simbolo inciso aveva significato per lui.
Una lunga torre, avvolta dalle ali di un grifone nelle cui zampe s’incrociavano
due spade. Erano simboli che le erano stati mostrati solo qualche volta da
bambino.
Strinse la sfera nera contro la mano portandosela all’altezza della fronte.
La consapevolezza gli aveva tolto il sonno ed ancora non poteva crederci.
Mancavano meno di tre settimane e qualcosa gli faceva temere che il giorno in
cui lui avrebbe attaccato corrispondeva proprio a quello delle sue nozze.
Scosse il capo abbandonando la sfera sul tavolo, il suono sordo che provocò
s’interruppe fra le pagine di un libro aperto, dove era proprio raffigurato il
medesimo simbolo inciso.
Aveva rafforzato la guardia e nel corso della notte non c’erano stati incidenti.
Aveva piovuto anche quella notte e il nuovo giorno si era presentato migliore ma
con le nuvole minacciose all’orizzonte.
Prima di andare a dormire aveva parlato con Millerna, pregandola che non dicesse
nulla di quello che era successo ad Hitomi, era probabile che la reggente di
Asturia sarebbe venuta a conoscenza dell’ennesima apparizione
dell’uomo-camaleonte, notizia che lei stessa avrebbe riferito ad Hitomi. Non
voleva farla preoccupare oltre il dovuto. In quei giorni era stata così
impegnata – lo erano stati entrambi – che non erano riusciti a vedersi, quando
per qualche minuto s’incrociavano a tavola, parlavano del necessario, non perché
fosse successo qualcosa tra di loro, ma i loro sguardi riuscivano a comunicare
loro quanto fosse stata pesante la giornata appena trascorsa.
E adesso si aggiungeva anche questo problema.
Van strinse il fodero della sua lama con forza, cercando un appiglio che in quel
momento poteva essere solo la sua sposa.
Il problema era più grave di quello che aveva supposto sin dall’inizio.
La cosa più giusta da fare – si disse – era quella di mantenere il segreto fino
a dopo le nozze, pregando che non accadesse nient’altro prima di allora. Se
Hitomi avesse conosciuto la verità avrebbe fatto di tutto per rimandare il
matrimonio e lui – egoisticamente – voleva sposarla al più presto, proteggerla e
amarla apertamente, come solo un marito poteva fare.
Se le fosse successo qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonato. Hitomi era la
ragazza più forte che conosceva, ma poteva fare ben poco con nemici che
adoperavano la sua debolezza fisica – era pur sempre una donna – per farle del
male. Sapeva di esserle fondamentale almeno quanto lei lo era per lui e proprio
per questo non si dava pace. Tenerle nascosta una verità come quella equivaleva
a lasciarle credere che lui non si fidasse abbastanza di lei, in realtà non si
trattava di quello. Il suo cuore gli urlava di tenerla al sicuro ma persino fra
le sue braccia non lo era.
Stava inoltre cominciando a riflettere sull’identità di quell’uomo-camaleonte,
non ne aveva mai visti di così veloci e attenti. Di solito la tattica adoperata
era quella di prendere le sembianze di un soggetto per potersi muovere
velocemente e senza essere scoperto ma lui non lo aveva mai fatto. Non aveva
avuto bisogno di rubare il corpo di nessun essere umano per poter accedere
liberamente al castello, era riuscito a penetrarvi con il favore delle tenebre e
null’altro.
Van si sedette sulla sedia, allargando le gambe e portando la testa in alto,
cercando di riflettere.
Possibile che non avessero mai pace? Nemmeno nel momento in cui entrambi
avrebbero dovuto essere felici?
Trascorsero altre due settimane e
Fanelia era in fermento per l’imminente matrimonio.
Da ogni angolo di Gaea erano arrivati i sovrani di ogni regno. Il popolo aveva
appeso ad ogni porta della propria casa una ghirlanda di fiori e nel castello
tutto era in agitazione.
Il cortile esterno era stato già allestito, a causa dell’insicurezza del tempo
era stato montato un enorme gazebo dove nastri candidi e azzurri
s’intrecciavano, il giorno seguente sarebbero stati inseriti i fiori che
altrimenti rischiavano di appassire prima del tempo.
Allen Schezar camminava a passo lento, osservando i preparativi che continuavano
senza sosta, come se non ci fosse mai tempo. Accanto a lui il giovane Principe
Chid che sembrava estasiato dalla bellezza del Castello.
« Non avevo mai avuto l’occasione di visitare il Regno di Fanelia. » commentò
osservando il piazzale.
« La ricostruzione del regno di Fanelia si è conclusa appena un mese fa, è
incredibile come tutto sia tornato al suo antico splendore. » gli fece eco il
vero padre che non sapeva di aver a fianco.
« Questo dimostra che la fedeltà del popolo e il suo favore sono i veri cardini
che reggono un regno forte e saldo. » rispose il ragazzino di poco più di sette
anni, che parlava con una saggezza che stupiva sempre Allen.
Il Cavaliere Celeste guardò il figlio con un sorriso, a tempo debito gli avrebbe
probabilmente rivelato chi in realtà lui fosse, per il momento, la sua gioia più
grande consisteva nell’osservare come la saggezza di Marlene, l’unica donna che
avesse mai amato veramente con tutto se stesso, si fosse trasmessa insieme ai
propri tratti, che li rendevano così somiglianti che talvolta pensava che tutti
gli altri potessero accorgersene.
A qualche passo di distanza camminava Celena, la sorella ritrovata e che un
tempo aveva militato per l’impero di Zaibach. In realtà frutto di una mutazione
che le aveva trasformato il perfetto corpo da donna in quello di un uomo. Si era
occupato di lei ma aveva lasciato la sua istruzione alla Principessa Eries, che
l’aveva resa una donna di corte in poco tempo. Tuttavia, benché Celena restasse
ancora una ragazza chiusa e profondamente segnata da quello che era stato il suo
passato, si stava riprendendo in fretta e aveva incominciato a sorridere più
spesso, anche se parlava poco, con garbo e quando era necessario. Molto spesso
Allen si chiedeva se il suo silenzio fosse dovuto al fatto che nei panni di
Dilandou avesse compiuto e detto delle cose terribili. Non ne avevano mai
parlato ma era chiaro che la ragazza di diciotto anni ne soffrisse ancora.
Celena si avvicinò al fratello e cercò il suo braccio.
« Guarda Fratello! » lo fermò, indicando un nido di pettirossi che era visibile
da un albero vicino. Un uccello più grande – doveva essere la madre – stava
imboccando i piccoli che cinguettavano allegramente. La sorella sembrava
estasiata. Era molto affascinata dalla natura. A Zaibach non c’erano foreste,
solo una città grigia e sempre piena di fumo delle industrie che costruivano in
continuazione armi e guymelef.
Allen sorrise, poggiando una mano sulla propria come per acconsentire alle sue
parole. Da quando la guerra era finita e su Gaea era stata ristabilita la pace e
l’equilibrio, sembrava che tutto fosse tornato alla tranquillità e la sua vita
aveva preso una nuova piega. L’amore per Millerna che per un lungo periodo
l’aveva fatto tentennare sia come uomo che come Cavaliere si era sopito nel
momento in cui lei stessa aveva compreso che doveva dimenticarsi di lui e non
poteva non esserne lieto, in fondo, lui per primo aveva rivisto negli occhi
azzurri della Principessa di Asturia quelli più maturi della sorella che aveva
amato all’epoca in cui era solo un ragazzo; i sentimenti per Millerna erano
stati forti e sinceri ma non erano paragonabili a quelli che aveva provato per
Marlene. Il fatto di aver ritrovato sua sorella e l’aver fatto luce sul passato
di suo padre avevano calmato in lui quel senso di rancore che per troppi anni
aveva rivolto nei confronti di quel genitore che non si era mai sforzato di
conoscere davvero. La sua vita era cambiata e adesso era davvero felice. Non
aveva bisogno di un amore, quello di sua sorella le bastava. Almeno per adesso.
Nella loro passeggiata scorsero Hitomi attorniata da Millerna e Merle –
quest’ultima sembrava che le stesse rimproverando qualcosa. Da lontano poté
osservare come fosse cambiata e allo stesso tempo rimasta uguale. Li separavano
una decina di metri e lei ci mise poco a riconoscerlo.
« Signor Allen! Principe Chid!» esclamò, prendendo con entrambe le mani l’ampio
vestito che era stata costretta ad indossare – sicuramente per mano di Millerna,
a giudicare da come la guardava con disappunto vedendola avanzare con tanta
fretta.
Allen allungò le braccia, accogliendo le mani di Hitomi che si strinsero nelle
proprie, gli occhi che brillavano come due luci nell’oscurità.
« Principe Chid, siete diventato più alto dall’ultima volta che vi ho
incontrato! » fece Hitomi volgendosi verso di lui, chinando il capo con rispetto
e gentilezza.
« E voi Hitomi siete diventata ancora più bella. A nome del Principato di Freid
vi ringrazio per quello che avete fatto per l’intero pianeta di Gaea. » e il
fanciullo con una dignità da vero sovrano chinò il capo e parte del busto per
sottolineare la sua sincera gratitudine. Hitomi sorrise e poggiò una mano
sull’esile e piccola spalla del fanciullo.
« Il pensare al vostro popolo vi rende così simile a Van, ve lo dissi anche
quella volta. Non occorre che mi ringraziate. »
Il Principe Chid sorrise, quindi Hitomi si rivolse verso Celena.
« Celena! E’ un piacere rivederti, come stai? » sguardo che rivolse per un breve
momento anche ad Allen, consapevole di quali fossero le difficoltà di
adattamento di quella giovane ragazza che solo adesso, dopo oltre dieci anni,
conosceva la pace e la serenità.
« Molto bene Hitomi, Fanelia è un regno meraviglioso. » rispose pacata,
arrossendo lievemente ma non troppo imbarazzata.
« Siamo giunti questa mattina e abbiamo già incontrato Van. Mi chiedo come mai
tu non sia con lui. » incominciò Allen mentre si avvedeva dell’avvicinarsi di
Millerna e Merle.
Le sorrise, facendogli comprendere che per lui non c’era alcun risentimento e
lei, riuscì ad andare oltre la propria sofferenza e vedere quella altrui:
affetto.
« Principessa Millerna.. » s’inchinò lievemente l’uomo, abbassando appena il
capo.
« Zia Millerna, è bello rivedervi dopo tanto tempo! Ho saputo che il merito di
queste decorazioni sontuose è anche opera vostra. » parlò Chid, avvicinandosi
alla donna che sorrise stringendolo affettuosamente a se.
« Ehi! Non dimenticatevi che quella che ha fatto tutto il lavoro pesante sono
stata io! » bofonchiò Merle battendo un piede con aria
convinta.
Poco dopo tutti incominciarono a ridere.
Felicità.
« Hitomi.. »
La giovane si riscosse dai suoi pensieri, il tramonto che stava osservando era
meraviglioso ma la voce che aveva udito scatenava in lei sensazioni migliori.
Sorrise con dolcezza e si sollevò in piedi. Lui la raggiunse e levò una mano con
la stessa grazia di chi invita ad un ballo.
« Questo castello non mi era mai sembrato così grande da quando è in grado di
dividerci. » commentò lui, avvicinandola a se, guardandola dritta negli occhi.
Si baciarono, senza alcuna fretta, come la prima volta che l’avevano fatto,
quando tutto sembrava ancora così incerto e tutto il resto un luogo pericoloso.
« L’ho capito vedi. » incominciò lei guardandolo, improvvisamente seria.
Van s’irrigidì e l’ovvia domanda si dipinse nel suo viso.
« C’è qualcosa che ti preoccupa. Che non mi hai detto. Siamo entrambi impegnati
e possiamo vederci solo per poco tempo, ma fra qualche giorno non sarà più così
e vorrei che tu mi sposassi con la serenità nel cuore. »
Van non disse niente per un lungo istante, limitandosi a portare le mani sulle
altrui spalle.
« Potresti fare le carte per predire cosa accadrà dopo il nostro matrimonio? »
Hitomi declinò il capo verso destra, perplessa.
« L’ultima volta che ho provato a fare una cosa del genere il matrimonio di
Millerna è stato terribile.. Ti aspetti che l’uomo-camaleonte si faccia vivo per
allora? »
Van sollevò le spalle, cercando di sorridere. « Veramente io volevo vedere solo
se saresti stata una brava regina. »
Hitomi si allontanò appena, fingendosi piccata.
« Ah! È dunque questo quello che pensi? Che sarò una regina irresponsabile? »
mise il broncio più dolce che conosceva e Van, ovviamente non seppe resistere.
Rise, come non era riuscito a fare sinceramente da giorni. « Forse, però voglio
anche assicurarmi che non ci siano pericoli. » E senza chiederle il permesso, la
circondò ancora con le braccia.
« Se proprio ci tieni lo farò. » e si distaccò appena, mentre si dirigeva verso
la scrivania lì dove erano accuratamente posate le carte dal dorso azzurro
chiaro.
Van si avvicinò, sedendosi sull’altro capo del tavolo, Hitomi di fronte a lui
incominciò a mescolare le carte.
« Sei proprio sicuro che vuoi sapere cosa potrebbe accadere? » indugiò ancora
una volta, prima di porgergli il mazzo che avrebbe dovuto alzare lui stesso,
guidato dalla sua mano destra.
«Sì. » fece lui, prendendo le carte e poggiandole sul tavolo.
La ragazza chiuse gli occhi, per concentrarsi prima di cominciare. Tuttavia un
sorriso nacque dalle sue labbra.
« Aspetta. »
Proprio in quel momento bussarono alla sua porta.
Van si sollevò in piedi ed Hitomi fece lo stesso, volgendosi per aprire l’uscio
che le ricordava una casa giapponese.
« Signor Allen.. »
« Sapevo che avrei trovato Van qui. Vi ho forse disturbato? » fece il Cavaliere
Celeste, restando sulla porta con un’espressione tranquilla.
« Nessun disturbo. Cosa possiamo fare per lei? » domandò la ragazza,
indietreggiando di un passo, invitandolo ad entrare.
Il Cavaliere Celeste restò però sulla porta.
« In realtà cercavo Van, volevo parlargli di una cosa. » quindi lo sguardo
dell’uomo colse gli occhi del Re di Fanelia che annuì.
« Ma certo Allen, vengo subito. »
Hitomi mostrò la sua perplessità a cui il Cavaliere di Asturia trovò ben presto
una risposta.
« Non te lo porterò via a lungo, devo solo chiedergli dove posizionare lo
Scherazade durante i festeggiamenti. »
« In questo caso allora.. ci vediamo a cena. » disse, rivolti ad entrambi.
Allen sorrise e Van le accarezzò la mano prima di andare.
« Presupponendo che potevi chiedere ad
uno dei generali di Fanelia, deduco che non sia questo ciò di cui dovevi
parlarmi. » gli disse Van poco dopo, all’esterno del grande spiazzo dove sarebbe
stato celebrato il suo matrimonio.
Allen sorrise. « Non sbagli, Van. In realtà, non volevo far preoccupare Hitomi.
»
Van si fermò, guardando l’uomo con attenzione. « E’ forse successo qualcosa? »
Il Cavaliere Celeste scosse il capo, « No, però Millerna mi ha detto che cosa
sta succedendo a Fanelia da qualche tempo. Se avessi bisogno del mio aiuto, la
mia spada ed il mio equipaggio sono sempre a tua disposizione. »
« Grazie Allen. Ho paura che ci saranno nuove battaglie e ogni aiuto sarà
prezioso. » rispose Van con serietà.
« Il coinvolgimento del regno di Basram è accertato? » domandò l’uomo, sfiorando
la sua spada appesa alla cintura.
« Ancora non lo sappiamo, ma il loro arrivo è previsto per domani. »
« Piuttosto sfacciato presentarsi nonostante abbiano interrotta ogni forma di
commercio proprio con noi. »
« Se verranno, saranno costretti a parlare, o ad usare i loro diplomatici per
farlo. Ciò che m’interessa in questo momento è far si che non accada nulla
dopodomani. Fanelia è stata ricostruita da poco e il popolo non sopporterebbe un
altro attacco alla sua città. » Van strinse i pugni, sentendosi dolorosamente
impotente.
Allen gli mise una mano sulla spalla.
« Ricordo ancora il caos generato ad Asturia durante il matrimonio di Millerna,
non ci aspettavamo proprio un attacco di quella portata. »
« Già. Adesso però sarà ancora più grave. Tutti i sovrani dei regni vicini si
troveranno concentrati a Fanelia. Non è un regno grande e ampio come quello di
Asturia.. »
« Ma la popolarità di Hitomi lo ha reso certamente il più importante. » Allen
concluse per lui.
« Sono preoccupato, Allen. Certe volte penso che sia stato egoistico pretendere
che Hitomi restasse su Gaea solo per amor mio. Sulla Luna dell’Illusione non
sarebbe stata in pericolo, lì conduceva una vita tranquilla. » si appoggiò ad
una colonna, stringendo un pugno contro il legno.
« Non voglio vederla soffrire per le sue stesse visioni e non vorrei che fosse
sempre lei l’obiettivo dei nostri nemici. »
Allen osservò il giovane Re che si trovava tra due fuochi, l’amore per la
ragazza e la sua propria felicità. Non c’era scelta, perché Hitomi aveva già
deciso cosa fare della sua vita.
« Van.. Hitomi ti ha scelto, perché tu sei davvero l’unica persona più
importante. Non puoi scegliere per lei, perché sono sicuro che preferirebbe
soffrire altre mille volte, piuttosto che perderti. Possiede un grande potere
che può manifestarsi solo quando voi due siete uniti. Siete stati voi a far
terminare la guerra e voi a salvare il pianeta dalla distruzione. Avete mondato
tutto il sangue versato su Gaea solo grazie al vostro amore.. Tu pensi davvero
che lei potrebbe essere felice altrove? »
Il discorso di Allen fece breccia nel cuore gonfio di preoccupazione del Re di
Fanelia.
« Allen.. devo dirti un’altra cosa. Credo di sapere chi sia il nostro nemico. »
sollevò appena il capo dal braccio che era rimasto appoggiato sulla colonna.
Il Cavaliere Celeste restò sorpreso dallo sguardo indecifrabile di Van.