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Autore: Soe Mame    26/03/2013    1 recensioni
- Ciao! - salutò, avvicinandosi al bambino apparso dal nulla: - Chi sei? - domandò, sinceramente curiosa.
Con sua grande sorpresa, il bambino abbassò la testa e trasse un profondo respiro, per poi dire: - ... -
- ... eh? -.
Sesel si avvicinò ancora di più, tendendo le orecchie al massimo: - Scusami, puoi ripetere? Non ho sentito. -.
Il bambino fece un altro respiro profondo e ripeté: - Sono Canada! -.
Risposta che arrivò alle orecchie di Sesel per puro miracolo: era il più flebile dei sussurri che avesse mai sentito.
Genere: Angst, Fluff, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio, Seychelles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
[Vivamente consigliato assicurare i vostri denti. Forse avrei dovuto dirvelo tre capitoli fa. Pazienza. Son cose che capitano.]

1757

- Cosa? Parti di nuovo? - il coro di Iles des Saintes e Saint Barthélemy diede voce ai pensieri dei presenti, tono incredulo e lamentoso compreso.
- Ma sei tornato da poco! - protestò Sainte Lucie, in un pigolio, subito seguita da Grenada: - Infatti! Ha ragione! -.
La stanza fu preso invasa dalle lamentele delle piccole colonie: alcune si alzarono dal pavimento davanti al camino, altre rimasero sedute, ma sempre contrariate; qualche colonia saltò giù dal divano bianco, altre vi rimasero, strette l'un l'altra come animaletti avvolti in strati di stoffa pregiata; Jacqueline si limitò a distogliere l'attenzione dal libro che stava leggendo, alzando il viso con assoluta tranquillità.
- Dai, non è la prima volta! - intervenne Ile de Clipperton, con un sorriso tirato, cercando invano di riportare un po' di ordine.
- Ma non è giusto! - l'acuto di Marie-Galante ferì diversi timpani.
Sesel si strinse di più a Ile de France, rannicchiata sul divano: si era ritrovata nel bel mezzo di un vortice di schiamazzi in francese stretto e riusciva a capire una parola sì e dieci no; l'unica cosa che le era ben chiara era anche l'unica che avrebbe preferito non capire affatto.
- Cosa sono questi toni da animale da cortile, Marie? - la voce di Francis, bassa e calma, per chissà quale proprietà magica, fu udita da tutti, zittendo all'istante qualsiasi protesta o parola di troppo.
Marie-Galante, chiamata in causa, avvampò in un secondo, per poi farfugliare delle scuse imbarazzate.
- Però non sono stata solo io. - aggiunse, in un sussurro contrariato.
- No, non sei stata solo tu. - le diede ragione l'uomo, scoccando un'occhiata a tutte le colonie in piedi - azione che, sempre per chissà quale motivo, portò le suddette colonie a ricadere sul pavimento o sul divano nel giro di pochi istanti.
La voce di Francia si fece più morbida, priva di qualsiasi nota di rimprovero: - Però Clipperton ha ragione: non è certo la prima volta. E, aggiungerei, non credo sia il caso di fare queste scene ad ogni mia partenza. - sorrise, quasi divertito: - Del resto, sono sempre tornato, no? -.
Il sospiro di Monaco portò diverse colonie a rivolgerle uno sguardo perplesso.
- Però... - prese parola Saint Pierre, con voce esitante: -... stai pur sempre partendo per una guerra. -.
Il silenzio tornò a pesare sulla stanza, spezzato soltanto dal crepitare delle fiamme nel camino.
- Come ha detto Clipperton... - ripeté Francis, pacato: - ... non è la prima volta. -.
Sesel sentì un brivido scivolarle lungo la schiena, la stoffa della manica di Ile stritolata tra le sue dita: quel tono così tranquillo nel dire cose del genere la inquietava. Le sembrava assurdo che qualcuno potesse parlare di una cosa così pericolosa come se stesse constatando la presenza o meno di nuvole nel cielo.
- Non è stata una sorpresa. - aggiunse Francia, facendo ondeggiare appena il bicchiere di vino che aveva in mano: - Inde mi aveva già parlato di diversi problemi a casa sua. Era solo questione di tempo. -.
- Problemi? - ripeté Martinica, piegando appena la testa di lato.
Le labbra di Francis si curvarono in un sorriso appena accennato, simile al principio di una risata: - Ma perfide Albion sta facendo i capricci. -.
Sesel sgranò gli occhi: non si era neppure accorta che Francia avesse iniziato a parlare nella lingua delle nazioni ma, soprattutto-
- Perfide Albion? - ripeté, senza pensarci.
- Oh, giusto! - esclamò Bourbon, spalmata contro la sua spalla e il suo braccio, attirando l'attenzione su di sé: - Séchelles non lo sa! -
- Cosa? - chiese la bambina, salvo poi rendersi conto della stupidità di quella domanda.
- Albion! - ridacchiò Zephyrine: - Tu sai chi è Albion? -
Séchelles sbattè più volte le palpebre, sentendo le guance farsi stranamente più calde: - Ehm... - balbettò, presa alla sprovvista: - ... una signora molto perfida? - azzardò.
- Esatto. - intervenne Ile de France, mentre Bourbon ridacchiava un: - Perspicace! -.
- Francis la nomina spesso. - spiegò Dosnee, con il suo eterno sorriso: - ... solo che, di solito, non è mai in relazione a cose belle. -.
Sesel annuì più per cortesia, sapendone quanto prima: "Se è perfide...".
- Però non l'abbiamo mai vista. - aggiunse Saint-Domingue, un po' contrariata: - Nessuno di noi! -.
- Io vorrei tanto incontrarla! - esclamò Guadalupa, illuminandosi all'idea.
- Anch'io! - gli fece eco La Désirade, con voce allegra.
- Oh, mi auguro davvero che la perfide Albion non appaia mai sulla strada di nessuno di voi. - disse Francis, bloccando qualsiasi altro intervento simile. Il suo tono si era fatto più freddo, il sorriso accennato era scomparso quasi del tutto.
Nonostante questo, Marie-Galante non riuscì a trattenere un borbottio: - A me non piace. E' sempre colpa sua. -
- Vero. - riconobbe La Désirade, dispiaciuta: - Ti fa affaticare troppo. Devi sempre partire e raggiungerla ovunque si trova, ti fa sempre andare e venire, andare e venire, di continuo! -.
- Non è del tutto esatto. - Francia tornò a sorridere, di un sorriso un po' strano, in verità: - Anche ma perfide Albion va e viene a causa mia. -.
Un improvviso rumore sordo portò gli occhi di tutti su Jacqueline, la mano che accarezzava la copertina del libro appena chiuso: - E' quasi ora di cena, ritengo sia opportuno prepararsi. - disse, alzandosi e rivolgendo a Francis un'occhiata indecifrabile: - Se il padrone di casa vuol precedermi... -.
Così, mentre Francia accoglieva l'invito di Monaco, Sesel si voltò verso Dosnee, confusa: - Francis non mi sembra dispiaciutissimo. - osservò: - Però, prima, non era felice, quando diceva che è meglio se non incontriamo quella signora perfida... -
- Forse noi non sapremmo come rapportarci a lei. - rispose Ile de France, alzando le spalle: - E poi, credo che incontrare la perfida Albion sia sinonimo di problemi. Gravi problemi. - aggiunse, facendo rabbrividire la bambina.
- ... e... - fece Sesel, cercando di scacciare dalla mente l'idea di un'ombra sinistra che sgusciava fuori da sotto il suo letto e le faceva capitare le peggiori sventure solo apparendo: - ... come facciamo ad evitarla...? -.
Dosnee parve pensarci un attimo, per poi rispondere: - Beh, una volta, Francis, dopo essersi imbattuto in un signore vestito in modo estremamente dubbio e averlo guardato come più meritava, borbottò qualcosa tipo "Piuttosto ma perfide Albion in mezzo al mare". Quindi credo che, per evitarla, basta stare lontano dal mare... -
Quelle parole bastarono a far inorridire Sesel: - ... ma noi siamo isole! - si rese conto, con voce soffocata.
- Oh, giusto. - fece Dosnee, come se niente fosse: - Ma magari Albion si nasconde nelle acque profonde. Se rimaniamo sulla terraferma o nei primi metri d'acqua, non dovremmo incontrarla. -.
Séchelles annuì meccanicamente, deglutendo a fatica: la sua mente era volata a pochi giorni prima, quando si era tuffata nello specchio d'acqua del parco; la sua fantasia creò l'immagine di una vecchia dalla pelle gialla e rugosa, il naso lungo e ricurvo verso il basso, in bocca soltanto una decina di denti neri o marroni, che emergeva dal fondo della vasca, allungava un braccio scheletrico dalle lunghissime dita sottili e le afferrava una caviglia, trascinandola sul fondale.
Scosse violentemente la testa, scacciando quell'immagine: no, decisamente, non le sarebbe affatto piaciuto incontrare la perfida Albione.

"Come ha fatto a non funzionare...?"
Sesel non trovava pace, né per sé né per le pagine del libro che stava riportando in biblioteca, ormai talmente piene di orecchie da riuscire a tenere sollevata la copertina: "Marie era così sicura..." scosse la testa, inspirando a fondo per calmarsi.
Il loro piano era stato un fallimento completo: guidate da Marie-Galante, lei, Bourbon, La Désirade, Sainte Lucie e un Grenada apparso dal nulla avevano ideato un piano per sabotare la partenza di Francis - piano che consisteva nel nascondergli cappello, stivali e giacca. Tutti i cappelli, tutti gli stivali e tutte le giacche, per la precisione. Sfortunatamente, le domestiche, nel loro consueto giro di pulizia mattutino, erano riuscite a trovare due giacche, un cappello e uno stivale, allarmandosi e riuscendo non si sa come a ritrovare tutto il rubato prima che il padrone di casa si svegliasse.
Il fatto che tutti i suddetti oggetti fossero stati nascosti sotto i mobili - unico "nascondiglio" accessibile a dei bambini - poteva averle aiutate nella ricerca. Come poi fossero riuscite a rendere nuovamente presentabili tutti i suddetti oggetti nel giro di un paio d'ore, nessuno lo seppe mai. Per il resto, il fatto che lo stivale mancante fosse sotto il letto di Marie-Galante fu una prova piuttosto schiacciante circa l'identità di almeno uno dei ladri. Non ci volle molto a risalire anche a Grenada, che confessò spontaneamente, e a Sainte Lucie e Séchelles che, al momento della partenza, erano quasi scoppiate in lacrime - o meglio, Sainte Lucie si era messa a piangere, lei non aveva pianto assolutamente, le si erano solo arrossati gli occhi perché le domestiche, pulendo, avevano sollevato troppa polvere. La Désirade e Bourbon furono le uniche a scampare all'essere riconosciute come colpevoli. Forse.
Perché Francis aveva guardato anche loro, quando aveva detto: - La prossima volta, sperando che non ci sia alcuna prossima volta, dovreste imparare a fare meno rumore. -.
In effetti, il fatto di aver rubato mezzo armadio di Francia, nella stanza di Francia, mentre a pochi metri, apparentemente addormentato, c'era Francia poteva essere stato un motivo non indifferente circa il fallimento del loro piano.
- Tornerà! - aveva detto Ile de Clipperton, cercando di tirare su di morale le sue sorelle: - E' sempre tornato! -
- Non portare sfortuna! - salvo poi essere zittito da un discreto coro.
Erano trascorse nove ore dalla partenza di Francis e a Sesel sembrava fossero trascorsi solo nove minuti; forse voleva illudersi che fosse ancora nei paraggi, che fosse ancora in Francia, con i piedi per terra e non sul legno di qualche nave o in una carrozza. Che magari ci ripensasse e che tornasse indietro.
Fece un altro respiro: la polvere non le dava tregua.
Così come non le aveva dato tregua Jacqueline, che l'aveva costretta a tornare al suo studio del francese.
Non che ci fosse voluto granché per convincerla a rimettere mano al libro.
- Non vuoi parlargli nella sua lingua, quando tornerà? -
Tra l'altro, Jacquie le aveva consigliato di provare a parlare francese anche con i suoi fratelli e le sue sorelle e di iniziare a leggere anche gli altri libri in biblioteca.
Forse avrebbe potuto fare un tentativo con i libri. Mettersi a parlare in francese con Zephyrine o Ile era fuori discussione - l'immagine di se stessa che farfugliava cose senza senso con le guance rosse e gli occhi bassi era troppo umiliante per renderla reale.
Giunta in biblioteca, quindi, sistemò il libro al suo solito posto e si guardò intorno, in cerca di un qualcosa da poter provare a leggere.
Nell'abbracciare la grande sala con lo sguardo, Sesel notò tre cose.
La prima le fece venire mal di testa: era tutto troppo grande, troppo vasto, troppo alto per poter anche solo pensare di poterlo esplorare in cerca di un libro. Un libro, poi. Lì dentro dovevano essercene centinaia di migliaia, avrebbe avuto difficoltà anche solo a sceglierne uno a caso.
La seconda la lasciò perplessa: qualcuno doveva aver iniziato a sistemare una serie di scaffali, dato che tre file non molto distanti erano vuote, i libri impilati sul tavolo più vicino in tre colonne alte almeno il doppio di lei.
La terza la portò ad un vistoso salto, facendole sfuggire un sorpreso: - Danaca! -
- Canada. -.
"Ha fatto le radici in biblioteca! Gli fioriranno libri dalle dita e farà frutti d'inchiostro!".
Era la seconda volta che lo incontrava in quel luogo ed era la seconda volta che non lo notava. Quella volta, tuttavia, Mathieu non era seduto: era davanti allo scaffale di fronte a lei, quello che lei aveva praticamente sfiorato nell'entrare in biblioteca.
Ossia, l'aveva sfiorato e non si era minimamente accorta di lui. Per la seconda volta.
Sentì le guance diventare più calde, ma cercò di ignorarle: - Cosa ci fai qui? - chiese, pur rendendosi conto di quanto scontata fosse la domanda.
- Leggo. - rispose, infatti, l'altro: - O meglio, leggevo. Me ne stavo andando. - aggiunse, in un sussurro ai limiti dell'impercettibile.
"Oh, giusto." si ricordò Séchelles, avvicinandoglisi fino a serrare una mano attorno al suo polso: "Mathieu parla piano e va sempre tenuto sott'occhio.".
- Ehm... - un leggero colpo di tosse, che più finto di così non si poteva: - ... stai bene? - domandò, cercando di sorridere e fallendo miseramente. Del resto, l'ultima volta che era rimasta da sola con lui, era riuscita a farlo diventare più bianco della luna - il poveretto aveva riacquistato un colore sano soltanto un paio di giorni dopo.
Nessuno aveva più parlato di quella faccenda, quindi Sesel aveva iniziato a rivederla in un'ottica meno apocalittica di quanto non le fosse apparsa all'inizio - con Francis arrabbiato e Mathieu in punto di morte.
Però voleva assicurarsi che fosse lo stesso anche per il bambino - ma, soprattutto, che non fosse arrabbiato con lei. Probabilmente, era questo che, più di tutto, non sarebbe riuscita a sopportare.
Canada annuì, apparentemente sovrappensiero.
- Però... - mormorò, facendola trasalire: - ... mi prometti che non ti getterai più in acqua davanti a me? -
Sesel sbattè le palpebre più volte. Poi annuì, sollevando appena gli angoli della bocca: - Sì! Mi getterò in acqua con te! -
- ... cosa? - farfugliò Mathieu, sgranando gli occhi chiari.
- Così ti insegnerò a nuotare sott'acqua! - esclamò Séchelles, alzando la mano che gli teneva stretto il polso: - Tu non sai nuotare sott'acqua, vero? -
- N-no, ma- -
- Allora è deciso! - trillò la bambina, serrando il pugno libero: - Ti insegnerò a rimanere sott'acqua per tantissimo tempo e a muoverti sui fondali! Magari... - aggiunse, abbassando un po' la voce, fino a quel momento rimbombante tra le pareti della biblioteca vuota: - ... non nel laghetto del parco. -.
Mathieu annuì, gli occhi sbarrati: - Non nel laghetto del parco... - ripetè, piano.
Tornò il silenzio.
Séchelles riabbassò la mano, rimasta alzata tutto il tempo, insieme al braccio del bambino, cercando qualcosa di vagamente intelligente da dire. Non sapeva perché, ma non voleva che lui se ne andasse proprio in quel momento.
- Tu sei qui perché hai riportato il libro di francese? -
Sesel alzò lo sguardo - neanche si era accorta di averlo abbassato -, stupita dal fatto che a rompere il silenzio fosse stato Canada e non per congedarsi.
Stavolta riuscì a sorridere pienamente, senza neanche pensarci. Annuì e spiegò: - Così, quando Francis tornerà, saprò parlare in francese! -.
Si bloccò, l'entusiasmo si spense in un istante, il sorriso scomparve.
- Perché... - mormorò, facendo scivolare le dita dal polso alla mano dell'altro: - ... Francis tornerà, vero? -.
Silenzio. Di nuovo.
- Sono duecento anni che lo vedo partire. - sussurrò Canada, spiazzandola: - Per tornare, è sempre tornato. Come, invece, è a seconda delle situazioni. - alzò le spalle, le labbra si curvarono appena, come se volesse sorridere.
Séchelles fece di sì con la testa, incapace di rispondere.
Tuttavia, non sentiva più il cuore pesante come un sasso, che le premeva dolorosamente sullo stomaco: non era leggero come una piuma, ma era più sopportabile.
Forse era dovuto al curioso accostamento del bambino terrorizzato per lei e il bambino tranquillo nel parlare della partenza che aveva invece preoccupato tutti.
"Se l'ha spaventato di più ciò che è successo al lago, allora non è così grave...?" cercò di capire, stranamente sollevata. Non dubitava del fatto che Mathieu volesse bene a Francis come gliene voleva lei, quindi era impensabile - ridicolo - che potesse essere indifferente a ciò che gli sarebbe potuto succedere.
Soltanto, era strano. In positivo.
- Et alors... -
Sesel fu distolta dai suoi pensieri: Mathieu aveva di nuovo infranto il silenzio. E sembrava quasi stesse sorridendo: - ... parles tu français? -.
No, un attimo.
- N-non! - esclamò, inorridendo nel rendersi conto di quanto le guance le stessero andando a fuoco: - A-ancora non sono così brava. - farfugliò, trovando di colpo interessantissimo un libro particolarmente in alto.
Deglutì e buttò lì: - E-ero venuta per questo! Jacquie mi ha detto di leggere qualche libro in francese e quindi ho deciso di leggere un libro in fran- -
Un suono leggero la bloccò, costringendola a tornare a guardare il suo interlocutore, notando che sembrava aver assunto un'espressione tranquilla solo da pochi istanti.
"... stava ridendo...?"
- Quindi stavi cercando un libro in francese. - concluse Canada, come se niente fosse.
Séchelles annuì, poco convinta: - Il fatto è che... - confessò, alzando un sopracciglio e gettando una rapida occhiata agli scaffali: - ... questa biblioteca è enorme. Non saprei neppure dove trovarli, dei libri non troppo difficili. -.
Mathieu fece di sì con la testa, dandole ragione: - E non sono neppure tutti in francese. -.
- Oh... -
"... perfetto." pensò, sconfortata. A quelle parole, però, le venne un dubbio.
- Mathieu, ma tu... - disse, perplessa: - ... come fai a sapere che non sono tutti in francese? -.
Stavolta Canada sorrise davvero, di un sorriso imbarazzato: - Ecco... duecento anni, poche cose da fare... dato che sto spesso in biblioteca, ho letto parecchi libri, ho guardato un po' su tutti gli scaffali e cose così... - le ultime parole furono dette a voce talmente bassa che Sesel non riuscì a sentirle neppure da quella distanza ravvicinata.
- E poi... - tornò a parlare con il suo tono normale, ossia un sussurro appena udibile: - ... questa è una delle biblioteche più fornite di tutta la France. Ci sono tutti i classici di tutto il mondo, sia in lingua originale che tradotti in francese. Anche se molti sono difficili da capire... - sospirò, lasciando intendere di aver provato a leggere i libri più complessi, con scarsi risultati.
Sesel gli stava stritolando una mano, gli occhi spalancati, fremente: "Avevo ragione, questa biblioteca è troppo immensa!".
- Questi cosa sono? - chiese, indicando lo scaffale di fronte a loro.
- Libri in francese. - la rassicurò Canada: - Anche quelli e quelli. - spiegò, indicando alcuni scaffali più vicini, tra cui quelli in parte svuotati.
- E quelli? - domandò la bambina, rivolta verso degli scaffali un po' più distanti.
- Classici greci. Dalla Grèce. E accanto ci sono quelli latini. E' una lingua molto antica. - spiegò l'altro.
- E quelli? -
- Libri dall'Italie, mi pare. Sì, dall'Italie. -
- E quelli lì davanti? -
- Dall'Espagne. -
- E quelli lì vicino? -
- Dalla Prusse. -
- E quelli lassù? -
- Dall'Angleterre. -
Lo sguardo di Sesel tornò a Mathieu, per poi spostarsi nuovamente su quegli scaffali: erano in alto, fin troppo in alto. Erano praticamente relegati sul soffitto.
- Ma sono troppo in alto... - protestò Séchelles, con una smorfia dispiaciuta: - ... bisogna usare la scala ed essere anche alti, per prenderli! Non possono metterli più in basso? Così nessuno riuscirà mai a leggerli, neanche si notano! -
- ... per questo sono lì. -.
Sesel non capì, Mathieu non aggiunse altro.
- Quelli lì, invece? - provò a chiedere di nuovo, stavolta indicando dei libri sì molto in alto ma ad altezza ben più umana.
- ... non lo so. - confessò Mathieu, cogliendola di sorpresa: - Ho provato a leggerli, ma non ho capito niente. Ci sono tante parole difficili e quelle poche che si capiscono rendono tutto più confuso. -
- Perché? - fece Sesel, sconcertata.
Canada alzò le spalle: - Perché, da quanto ho capito, parlano di gente che si aggroviglia. -
- ... gente che si aggroviglia? - ripeté la bambina, ancor più disorientata di prima.
- Sì... - rispose Mathieu, visibilmente perplesso al ricordo: - ... mani qui, gambe lì, bocche qui, labbra lì... - scosse la testa: - Dato che non capivo, sono andato a chiedere a Francis di cosa parlassero quei libri. Ricordo che Francis mi ha tolto il libro dalle mani, ha riso, in modo un po' strano, sinceramente, e mi ha detto che quei libri mi sarebbero piaciuti quando sarei stato abbastanza alto da poterli prendere senza la scala. Ma non mi ha mai spiegato di cosa parlassero. -
- Che strano... - osservò Sesel, piegando la testa di lato.
- Già. - concordò l'altro, la fronte aggrottata. Scosse la testa, come per scacciare i pensieri: - Volevi un libro semplice, no? - chiese, quindi, tirando appena Séchelles per farle cenno di seguirlo.
Lei annuì, accorgendosi di come la stesse portando nei pressi degli scaffali vuoti.
- Ecco, qui ci sono i libri in francese per bam- più semplici. - spiegò, mostrandole degli scaffali alla loro altezza, praticamente rasoterra.
- Mersi! - esclamò lei, avvicinandosi e piegando appena la testa per leggere meglio i titoli sui dorsi dei libri: - Tu li hai letti? - chiese.
Quando si accorse che Canada aveva annuito, tornò a guardarlo, con un sorriso: - Ce ne sono che parlano di pesci? -
- ... pesci? - ripeté Mathieu, gli occhi sgranati.
Sesel annuì: - Pesci! -.
- Sì, forse... - fece l'altro, avvicinandosi alla libreria, titubante.
Séchelles lo lasciò fare, azzardandosi a lasciargli la mano: voleva leggere i titoli di qualche libro più distante.
Mentre il suo sguardo vagava sui dorsi, la sua attenzione fu catturata dalle pile di libri sul tavolo alle loro spalle. Si avvicinò, incuriosita: "Chissà che libri sono..." si chiese, salendo su una sedia. Nessun titolo le suggerì niente di interessante; più che altro, la bambina fu attratta da dei piccoli disegni dorati in cima ad alcune costole: alcuni erano simboli che non aveva mai visto, altri erano immagini facilmente riconoscibili, come una stella, un fiore o persino un uccellino.
Il suo cuore sussultò: - Un pesce! - trillò, notando la piccola figura dorata sul dorso di un libro: - Se c'è un pesce, allora parlerà di pesci! - esclamò, tirando fuori il libro dalla pila, non senza difficoltà.
- Sese- -

C'era più luce di prima, bisognava riconoscerlo. O meglio, c'era la luce che c'era di solito: erano state le varie pile di libri sul tavolo ad averla oscurata per un breve tratto degli scaffali più bassi.
Sfortunatamente, ora le pile non c'erano più: malauguratamente, i libri che le componevano erano misteriosamente franati al suolo. O meglio, i libri di una pila si erano misteriosamente mossi e avevano coinvolto, nel loro volo verso non si sa dove, la pila vicina. La terza pila era rimasta in piedi, salvo poi cadere per solidarietà.
- Quando siamo arrivati, era già così. - disse Sesel, guardando Mathieu con uno sguardo mortalmente serio. Quest'ultimo annuì, gli occhi sbarrati.
- E io, nel mucchio, ho trovato questo! - trillò la bambina, illuminandosi nello sventolare il libro con il pesce dorato.
- Se lo dici tu... - sospirò Canada, arrendendosi.
Séchelles gli afferrò di nuovo la mano, felice del fatto che non fosse svanito nell'arco di quei minuti.
- Ti piacciono così tanto, i pesci? - chiese il bambino, una nota vagamente incuriosita nella voce.
Sesel annuì, sorridendo al ricordo delle scaglie bagnate sui palmi delle mani: - La mia casa ne è piena! Ce ne sono di tantissimi tipi, sai? Alcuni sono talmente piccoli che, per mangiare, bisogna pescarne a grappoli. Altri, invece, sono così grandi che ci può mangiare una famiglia di cinque persone per almeno una settimana. - ridacchiò, trascinando Canada lontano dal disastro librario.
Una volta giunti nei pressi di un tavolo abbastanza distante, Mathieu parlò: - Tu aimes ta maison. -.
Séchelles si voltò a guardarlo: era stupita da quell'affermazione, era stupita per averla capita ed era inquieta perché stava parlando in francese.
- Mais... - si bloccò: no, non le andava proprio di fare una figura del genere. - ... mi piace anche la France. E' più fredda della mia casa, ma è bella! - disse, il volto che le andava a fuoco.
- Ecco... puoi non parlarmi in francese? Non sono capace di risponderti. Te l'ho detto. - confessò, senza riuscire a guardare il suo interlocutore.
- Pour moi, oui. - la voce di Mathieu era bassissima, ma riusciva a sentirvi una nota... divertita?: - Tu me comprends. -.
Sesel abbassò la testa: - ... ma non so rispondere. -.
- O non vuoi? -
Incontrò di nuovo gli occhi azzurri del bambino: sembravano tranquilli, incuriositi, ma privi di qualsiasi traccia di derisione.
- ... non voglio dire cose sbagliate. - sussurrò lei, infine: - E non voglio fare una brutta figura. -.
- Ma nessuno di noi sapeva il francese. - stavolta Canada sorrideva sul serio, pacato: - L'abbiamo imparato tutti, come te. Anch'io. E... - abbassò ulteriormente la voce, Sesel dovette avvicinare il viso al suo: - ... anche Jacquie ha dovuto impararlo. -.
Séchelles si tirò indietro, spiazzata: - Jacquie? - ripeté, incredula.
Mathieu annuì: - Le français n'est pas sa langue maternelle. -.
Pensare a Jacqueline china sui libri di francese era ai limiti dell'irrealtà: Monaco era colei che insegnava, non colei che imparava e, nella sua testa, ciò era un'immagine fissa, impossibile da modificare, un punto di riferimento, una delle sue certezze della vita.
"... Mathieu ha fatto crollare una delle mie certezze della vita.".
- Quindi, nessuno riderà di te. -
Sesel chiuse gli occhi e inspirò.
Era assurdo. Forse sarebbe stato anche umiliante.
"Però... però, se anche andrà male, cosa può succedere? E poi, in fondo, non lo saprà nessuno."
Riaprì gli occhi, sorrise: - ... beh, se non ci provo, non so come andrà, no? -.
Canada annuì, semplicemente.
- Tu... - aveva come l'impressione che, se fosse andata nelle cucine, i cuochi e le cuoche avrebbero potuto cuocerle un uovo sul viso: - ... peux tu aider moi? - balbettò, incerta. Per l'appunto.
- Oui. - Era strano sentire Mathieu così loquace. Ma "strano" in senso positivo.
- Alors... - Il pesce dorato sul libro era affascinante. Un fascino molto raro, ma capace di catturare. - ... je te dirai comment est belle ma maison. Mais... - Sì, era proprio impossibile staccargli gli occhi di dosso. - ... aprés, tu parles-moi de ta maison. -.


- Bonzour, Jacquie! Komansava? -
-
Oh, bien, merci. Ho sentito che, in questi giorni, stai parlando con i tuoi fratelli e le tue sorelle in francese, ciò non può che rendermi felice. Ti sento molto migliorata! -
-
Mersi! -
- Ti va di fare una prova scritta? -
-
Wi! -

- ... beh, Séchelles, è indubbio che tu sia molto, molto migliorata, però... temo ci siano ancora dei grandi problemi con lo scritto. -
-
... kwa? -
- Quindi, dato che stai migliorando così velocemente, credo proprio sia il momento perfetto per intensificare le lezioni sullo scritto! -
-
... KWA? -



Note:
* Non credo ci sia bisogno di specificare chi sia la "Perfida Albione".
Vorrei precisare una cosa, però: l'espressione in questa forma risale al 1793 (quindi successivamente alle vicende narrate); tuttavia, l'aggettivo "perfida" fu usato già tra il 1600 e il 1700 e pare risalga addirittura al XIII secolo. Sembra anche che la definizione fosse già largamente in uso in Francia durante la Guerra dei Sette Anni e le Guerre napoleoniche. *Quindi, magari, "Perfida Albione" esisteva già prima che qualcuno la mettesse specificamente per iscritto*
[Fonti: 1, 2, 3]
* Per quanto nel Principato di Monaco si parli francese, la sua "lingua madre" è il monegasco, ossia una variante dialettale della lingua ligure; del resto, a fondare il Principato fu una famiglia ligure, quella dei Grimaldi.
E quindi, sì, il Principato di Monaco è, in origine, "linguisticamente" più vicino all'Italia che non alla Francia.
* Tra il 1757 e il 1763, durante la Guerra dei Sette Anni, ebbero luogo le cosiddette "Battaglie della campagna delle Indie Orientali", alias le battute finali tra la Francia e l'Inghilterra per la totale conquista dell'India - contesa che aveva avuto il suo inizio già nel 1700.
All'epoca, i vari nababbi erano filo-francesi o filo-inglesi, cosa che da sola garantiva un pretesto per attaccare un nababbo avversario.
Nel 1757, un nababbo filo-francese attaccò a sorpresa una guarnigione inglese a Calcutta, avendone la meglio. Gli inglesi, quindi, inviarono rinforzi, riconquistando Calcutta nei primi giorni del Gennaio 1757. Tutto sembrò concludersi per il meglio ma la pace non durò a lungo: stavolta furono gli inglesi ad attaccare un insediamento francese, per poi avanzare richieste assurde.
Da questa premessa, si aprì un nuovo fronte nella guerra tra la Francia e l'Inghilterra. Fronte in cui praticamente tutte le battaglie furono vinte dall'esercito e dalla marina inglesi; ne conseguì la totale conquista dell'India da parte dell'Inghilterra.
Per la precisione, a quanto sembra, la Battaglia di Plassey - quella che scoppiò in seguito a quanto descritto sopra, quindi praticamente subito - fece sì che gli inglesi infligessero un durissimo colpo all'esercito francese, per poi limitarsi "semplicemente" a conquistare il resto dell'India, fino a diventarne gli unici dominatori.
[Fonte: Wikipedia italiana]

Dizionario (sperando di non aver cannato troppe cose, tralasciando le parti facilmente comprensibili e sperando che, un giorno, Google Translator impari la differenza tra seconda persona singolare e seconda persona plurale)
- Le français n'est pas sa langue maternelle.: Il francese non è la sua lingua madre.
- ... peux tu aider moi?: ... puoi aiutarmi?
- ... je te dirai comment est belle ma maison. Mais... aprés, tu parles-moi de ta maison.: ... ti dirò com'è bella la mia casa. Ma... dopo, tu parlami della tua casa.
- [Creolo delle Seychelles] Bonzour, Jacquie! Komansava?: Buongiorno, Jacquie! Come stai?
- [Creolo delle Seychelles] Mersi!: Grazie!
- [Creolo delle Seychelles] Wi!: Sì!
- [Creolo delle Seychelles] ... kwa?: ... cosa?
(Le parole in creolo hanno praticamente la stessa pronuncia delle loro corrispettive francesi; per questo, nel parlato, con poche parole non si sentono le differenze)

Errata corrige:
Sarà perché, dopo aver preso appunti in quattro lingue diverse, ho finito col fare confusione con i nomi, sarà perché sono tOrda, ma mi sono accorta di alcuni deliri onomastici. Ora ho corretto spero tutto, ma ci tenevo ad avvisare:
- Guadaloupe e Martinique nel parlato francese, Guadalupa e Martinica nella narrazione in italico.
- Nonostante l'abbia chiamata Dominica anche nel parlato, in realtà, per i francesi è Dominique.
- La Désirade. Se, precedentemente, vi avete letto una sillaba "de" in più, non ve la siete sognata, sono io che non so leggere Wikipedia.
Un altro errore onomastico, invece, è ben più grave, quindi totalmente mea culpa:
- Haiti acquisirà questo nome soltanto nel 1804: fino ad allora, il suo nome è Saint-Domingue (sì, in francese, è omonima alla capitale della Repubblica Dominicana). Lo so, è un nome maschile e il personaggio è una femmina. Tuttavia, in precedenza, la colonia era identificata come La Española, o Hispaniola, dal nome dell'isola su cui si trovano sia Haiti che la Repubblica Dominicana - quindi sono giustificata (?).


*Guarda su*
Tra Note, PseudoDizionario e fantasticoso Errata corrige, son venute più lunghe le spiegazioni che il capitolo. °A°
... beh, non che in questo capitolo succeda niente di eccessivamente rilevante Perché, negli alt-. Ma l'ho detto: in realtà, questa sarebbe la conclusione del capitolo precedente. Che era di pseudotransizione. Così, diventa la transizione della transizione. (...?) *Ossia: tutto va avanti con estrema calma.*
Ma - perché c'è sempre un "Ma" - c'è un motivo per tutto questo fluff slice of life pucciosità varia ed eventuale. *Se non ci fosse, sarebbe grave, Soe.*
Questo perché (!), nel prossimo capitolo, succederà qualcosa. *Eh...?* No, non sarà il 1758, né il 1759. E anche il genere "Storico" comincerà ad avere il suo senso di esistere. °A°
A proposito, riguardo il contesto storico: sì, in termini di storia narrata, Francis, sicuro di sé dopo aver sconfitto Inghilterra, se ne va in India e lì sarà da Arthur particolarmente mazzolato, ritrovandosi con una colonia in meno e un fronte fallimentare. Perché, durante la Guerra dei Sette Anni, la Francia e l'Inghilterra combatterono su vari fronti. Tipo quello africano. O quello centro-americano. O quello nord-americano.
Per la storia dei periodi ipotetici eventualmente deliranti - perché, bene o male, stanno cominciando ad impararli -, vale quanto ho già detto nei capitoli precedenti. (Eh, dopo un po', mi stanco a ripeterlo. Però lo accenno perché magari uno clicca sull'ultimo capitolo, legge, vede Cose Incredibili e dice che non so i periodi ipotetici. Ma io li so! ... credo.)

Spero che lo zucchero non vi abbia annientato e che, almeno, abbiate seguito il mio consiglio di assicurare i vostri denti. E che il capitolo vi sia stato gradito. ^^ Come sempre, qualora abbia scritto Cose Inenarrabili E Terrificanti, dite pure. °A°
  
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