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Autore: merryluna    14/10/2007    6 recensioni
Quello che non era cambiato negli anni, era il fatto che aveva continuato ad amarla. Da lontano, in un modo che gli altri non potevano comprendere. Ma l’aveva sempre amata.
*Fanfiction scritta per il concorso "Le mille e una fic"*
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Luna Lovegood | Coppie: Draco/Hermione, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Foglie Al Vento Alla Fra, perché il cane abbaia ed è sicura che io non sia figlia di Gazza.
Alla Judy, perché s’è offerta come parafulmine.
Alla Rob, perché a giorni è il suo compleanno.
Alla Lau, perché sarò ripetitiva, ma lei sa riconoscere una rana.
Alla Cla, perché è il Mio Uomo e sussurra ai polli: devo aggiungere altro?
A colei che sa riconoscere i figli illegittimi di Bill, perché non c’è bisogno di un motivo.




FOGLIE AL VENTO
di Merryluna


“Stai facendo un errore, Weasley”

Ron abbassò gli occhi su Malfoy, inginocchiato ai suoi piedi. La sua bacchetta a premere su un punto al centro della fronte del ragazzo, con ciocche di capelli aurei tutt’intorno. Un rivolo di sangue a colargli da una delle tempie e la camicia lacerata in più punti: dallo squarcio all’altezza di una delle braccia, allungate sui fianchi, fuoriusciva un generoso flusso di sangue scarlatto, che spiccava sulla porzione di pelle diafana lasciata scoperta dalla stoffa sdrucita.
“Trovi, Malfoy?” ghignò Ron, spingendogli contro la bacchetta con più forza, ed alzando in aria il pugno chiuso della mano sinistra: la manica della sua tunica scivolò lungo il braccio, lentamente, rivelando, poco a poco e sempre più nitido, il disegno di un tatuaggio – un teschio con un serpente. Di un marchio a fuoco che nessuno avrebbe mai potuto ritenere possibile rinvenire sulla pelle di uno dei Weasley, benché meno, sul braccio sinistro del migliore amico di Harry Potter. Il Marchio Nero.

Il simbolo di Voldemort.

“Se tra noi due c’è qualcuno che ha fatto un errore, quello sei stato tu, quando hai ammazzato Hermione” ringhiò l’ex-Grifondoro, guardando non l’uomo che stava per giustiziare, ma il serpente viscido che usciva dalla bocca del teschio. E la cicatrice che li tagliava in due.
“Non l’ho ammazzata io” sussurrò Draco, mentre i suoi occhi cinerei venivano attraversati da un lampo di dolore.

Di rimpianto.

“Non avrei mai potuto…”
“STRONZATE!” urlò Ron, con le guance rigate dalle lacrime. “Solo stronzate. E non ho più intenzione di starle a sentire per un secondo di più.”
“Come vuoi, Weasley. Ma la stronzata più grande, la stai facendo tu” lo avvisò, alzando lo sguardo per sostenere il suo. “Grazie” articolò, sulle labbra.
“Addio, Malfoy” concluse Ron. “Avada Kedavra

~o0o~
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie
- G. Ungaretti -




“Draco…” la flebile voce di Hermione gli straziò il cuore. L’aveva riconosciuto, nonostante il mantello, nonostante la maschera, nonostante tutto.
Maledisse Potter con tutto se stesso per aver permesso che lei si cacciasse in quella situazione, per averle permesso di combattere in prima linea e per non essersi fidato delle informazioni che gli aveva ceduto, a rischio della propria vita.
“Non chiamarmi per nome” bisbigliò, imponendosi di non mostrare la preoccupazione che provava per le condizioni in cui l’aveva trovata: erano nell’umida cella di una delle tante segrete che l’esercito di Voldemort aveva a disposizione per torturare i propri prigionieri. E per condurli lentamente alla morte, nel momento in cui non sarebbero più tornati utili.

Si chinò su di lei, reprimendo l’impulso di prenderla in braccio e scappare da lì, per rifugiarsi chissà dove in attesa della vendetta dei suoi compagni. Perché, la vendetta, sarebbe arrivata prima ancora che avessero avuto il tempo di rendersi conto di essere stati localizzati.

“Cosa ti hanno fatto?”
“Secondo te?” ridacchiò la ragazza, tossicchiando e sputando sangue. “Volevano sapere dove si trovasse la spada di Godric Grifondoro…ma hanno preso il custode segreto sbagliato”

Draco rabbrividì: il loro piano aveva funzionato, ma non era quello il prezzo da pagare che aveva preventivato. Chi mai avrebbe sospettato che, una delle reliquie più care ai Grifondoro ed a Harry Potter, la spada che Voldemort ambiva con tutto se stesso per motivi che solo lui – ed Harry Potter – potevano conoscere, fosse stata affidata ad uno dei Serpeverde della peggior specie? A lui. A Draco Lucius Malfoy.

“Voldemort ha disposto che tu venga uccisa fra tre giorni” sussurrò al suo orecchio, scansandole i capelli, dimenticandosi per un attimo di chi lui fosse e di cosa da lui si pretendeva fosse fatto.
Hermione si irrigidì. “Chi?” deglutì, nervosamente.
“Io” sputò fuori.
“Sospettano di te?”
“Che io sappia no” rispose lui, alzandole le mani e poggiandole alla parete alle spalle di lei: delle manette comparvero dal muro e si andarono a chiudere attorno ai suoi polsi. “Credo sia più una specie di regalo per permettermi di vendicarmi contro Potter per aver ucciso mio padre, nell’ultimo scontro” confessò, baciandole il palmo e chiedendole scusa per quell’ulteriore supplizio a cui veniva sottoposta.
“Non è colpa tua” mormorò, rassicurandolo.
“Prendo qualcuno dei tuoi capelli” disse, tagliandogliene alcuni con un incantesimo e mettendoseli in tasca. “Tornerò tra tre giorni…prima, non mi è permesso”
“Lo immaginavo” disse, stringendo le palpebre. “Ed immagino anche che non mi sia concesso un ba…”

~o0o~

Draco si abbandonò contro lo schienale della sedia, tenendosi in equilibrio su due gambe, ed alzò gli occhi al soffitto.
La voce di Potter gli arrivava come lontana: i suoi pensieri, erano tutti concentrati sul sapore di Hermione, rimasto nella sua bocca dopo il bacio che si erano scambiati nella cella. Un arrivederci non detto, ma che era rimasto attaccato alle loro labbra.

A giudicare dal suono sgradevole, era stato Weasley ad aver preso la parola: non era un segreto che loro due non andassero d’accordo. La Donnola non si fidava della sua lealtà e, oltre a mettere becco su tutto quello che lui proponeva od in cui lui era implicato, cercava di minare le convinzioni di Potter.

Non era un segreto che, ciò che Ronald Bilius Weasley non sopportava, era che Hermione l’avesse scaricato per Draco, quasi un anno prima.

Era un segreto che Draco avrebbe dovuto sposare Hermione da lì a tre giorni. O così, almeno, il futuro sposo pensava.

“Oggi lui l’ha vista, no?” ruggì Weasley a quel punto, balzando furiosamente in piedi e facendo cadere la sedia su cui fino a poco prima era seduto. “Perché diavolo non l’ha portata in salvo e l’ha lasciata a marcire lì, con i Mangiamorte che la tortureranno fino alla pazzia?”

Neville, poco distante, singhiozzò: quell’immagine, aveva chiaramente richiamato alla sua mente la fine dei suoi genitori.

“Non avrebbe potuto fare dieci metri dalla cella e li avrebbero presi” spiegò Potter, dall’alto della sua lungimiranza. Non che ce ne volesse molta, per giungere a quella conclusione.
“Poteva curarla!”
“Credi per caso che sia stato facile lasciarla a quel modo?” sbottò Draco, battendo un pugno sul tavolo. “Credi che sia stato facile farle ingoiare una banale pozione antidolorifica e rimineralizzante, senza poter far nulla per tutti quei tagli e quegli ematomi? È la mia futura sposa e…”
“Draco” fece Luna Lovegood, posandogli una mano su un braccio. “Calmati. Ron non sa quello che dice…”
“Non me ne frega un cazzo se non sa quello che dice!” abbaiò, odiandola per la sua calma e la sua gentilezza innata. “Che metta in funzione il cervello prima di aprire bocca!”
“Ora basta!” intervenne Il Prescelto, più duro rispetto a Luna. “Dobbiamo trovare un modo per portarla via da lì”
“Qualcuno ha già un piano in mente?”
“Ho preso qualcuno dei suoi capelli” disse Draco, posando sul tavolo una piccola bustina in seta.
“Polisucco” dedusse Malocchio Moody.
“Sì” affermò il biondo. “Però sarà necessario trovare qualcuno da sostituirle”
“Cosa intendi dire?”
“Intendo dire, Arthur” cominciò, pacato, “che fra tre giorni devo uccidere qualcuno che abbia le sembianze di Hermione”
“Non siamo dei sanguinari che…”
“Non siamo dei sanguinari, Tonks?” ribatté, assottigliando gli occhi e concentrandosi sulla figura della cugina. “Devo forse ricordarti io il modo in cui sono stati massacrati Tyger e Goyle, giusto per ricordare i morti, tra le loro file, più recenti?”
“Erano Mangiamorte, meritavano quella fine” sentenziò Ron, spostando il suo sguardo da lui al suo braccio. “Meritano quella fine” aggiunse, in un sussurro che però tutti udirono.
“Ragazzo” grugnì Malocchio. “Tu hai già pensato a qualcosa di preciso, vero?”
Draco ghignò. “Abbiamo Avery, giù in cantina”
“Non puoi!” saltò su Pansy Parkinson, scandalizzata. “Avery si è consegnato a noi perché lo proteggessimo e non per finire al macello!”
“Avery lo abbiamo catturato noi ed ha deciso di collaborare solo perché aveva fallito la missione affidatagli dal Signore Oscuro” la corresse lui, accendendosi una sigaretta. E riferendosi al loro nemico con il nome che usavano i Mangiamorte, come aveva fatto in passato e come, spesso, continuava a fare.
“Pansy ha ragione” asserì Lupin. “Non è eticamente corretto…”
Eticamente corretto?” gracchiò Ron. “Remus, guarda cos’hanno fatto a mia madre: ti sembra eticamente corretto, quello? Se loro non hanno riguardi per noi, perché noi dovremmo averli per loro?”
“Weasley, non buttarla sul personale…” fece Piton, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
“Ma dico, siamo tutti impazziti?” sbraitò il rosso, ignorando il monito del suo ex-professore di Difesa contro le Arti Oscure. “Hermione verrà giustiziata dal Furetto tra tre giorni e voi vi mettete a fare questi discorsi sentimentali?”
“Draco non ucciderà Hermione, non dire baggianate” bofonchiò la Lovegood.
“L’ha appena detto, o forse l’ho sentito solo io?” chiese ironico. “Il succo di questa riunione è che lui non vuole far saltare la sua copertura e neanche Harry vuole che la sua copertura sia fatta saltare. Cosa vi fa pensare che si possa fare scrupoli al momento di doverla uccidere?”
Stupeficium!”
Protego!”: l’incantesimo di Draco s’infranse sulla barriera evocata da Ron.
“DRACO!” urlò Luna, coprendosi poi la bocca con una mano. Gli occhi inspiegabilmente pieni di lacrime, nel momento in cui si gettò contro il suo petto, abbracciandolo stretto. “Draco, non starlo a sentire…ti prego, non perdere la calma, o saremo finiti…”

Il ragazzo si morse le labbra, incapace sia di ricambiare l’abbraccio, sia di allontanarla da lui. Incontrò gli occhi smeraldini di Potter, che fece un cenno d’assenso con il capo: si lasciò condurre fuori dalla Sala Riunioni e lasciò che Luna smaterializzasse via entrambi.

~o0o~

“Perché qui?”
“È un posto come un altro” spiegò Luna, guardando in basso. “E prima di domattina, le campane non suoneranno. Hermione mi ha raccontato tempo fa di come funzionano gli orari babbani.”

Draco annuì e respirò l’aria della notte londinese. La città, era addormentata sotto ai loro occhi: erano pochi i Babbani che s’avventuravano per le strade e rari ombrelli colorati arrancavano sui marciapiedi, ostacolati dalla pioggia incessante e dal forte vento.

“Suo padre la portava spesso qui…” sussurrò, passando una mano sulla pietra fredda e bagnata della balaustra.
“Mi ha raccontato anche questo” confermò la ragazza, poggiandosi al parapetto con la schiena e voltando la testa verso di lui. “Non credo sia una coincidenza”
“Cosa?” domandò Draco, avendo già intuito a cosa lei si riferisse.
“Il fatto che abbiano scelto te e che abbiano fissato la data proprio fra tre giorni. Anzi, due” si corresse, controllando un cipollone che aveva estratto da una delle tasche dei pantaloni.
“Tu lo sapevi” constatò, fissando lo scroscio d’acqua alla luce di un faro, non molto distante da loro.
“Sì”
“Hermione non m’aveva detto che…”
“Me l’ha detto Ron” lo interruppe.
Ron…” sibilò a denti stretti.
“Non mi vorrai far credere che non avevi preventivato il fatto che lei avrebbe spifferato tutto ai suoi due migliori amici?” chiese, sarcastica.
“Non era quello a cui stavo pensando…” alitò, velenosamente. “Sai come la penso in merito ai sabotaggi che le nostre ultime missioni hanno subito…”
“Lo so” fece Luna, avvicinandosi a lui. “E neanche io credo al Caso, Draco. Ma so anche, che non puoi veramente credere che il nome che stai cercando da mesi sia quello che ora stai passando in esame”
“Cosa ti dà tutta questa sicurezza?” la interrogò.
“Il fatto che lui, la ami ancora”

Calò il silenzio. Solo il rumore della pioggia ed il sibilo del vento. Il cantare sguaiato di un barbone ubriaco, l’ululare di un cane in lontananza ed il rombo di una macchina giù in strada.

Ma il giovane mago e la giovane strega, tacevano.

Draco taceva, perché se avesse aperto bocca, probabilmente avrebbe urlato il suo disappunto: tutti erano ciechi. Erano stati ciechi dinnanzi all’agguato in cui aveva perso la vita il pentito Theodore Nott ed erano stati ciechi dinnanzi a quello che s’era portato via i genitori di Pansy Parkinson: era sempre stato convinto che, Molly Weasley, s’era trovata nel proverbiale posto sbagliato nell’altrettanto proverbiale momento sbagliato. Non era stata lei la vittima designata, ma gli ex-Mangiamorte, od i loro diretti familiari. E la certezza, l’aveva avuta nel momento in cui aveva visto l’espressione di Ron nel momento in cui, la lama del suo pugnale, squarciava il petto marmoreo di Blaise Zabini: gli occhi brillavano sinistramente e le labbra erano arricciate in un ghigno malvagio, mentre con violenza rigirava il manico dell’arma per allargare la ferita e portare il ragazzo ad una morte ancora più rapida di quella che gli avrebbe concesso il veleno. Veleno con cui sapeva, quella lama, veniva cosparsa prima di ogni assalto.

Pazzo.

Pazzo di dolore per la perdita di Hermione. Pazzo di follia nel momento in cui aveva scoperto che lei aveva trovato la felicità tra le braccia di uno dei suoi nemici d’infanzia e che, fino a non molto tempo prima, aveva stanziato dall’altra parte della barricata.

Ma nessuno era disposto a vedere il marcio nell’eccesso di zelo, durante le azioni, nel migliore amico di Harry Potter, né in uno dei ragazzi Weasley. Allo stesso modo in cui, nessuno, era disposto a prendere seriamente in considerazione la presenza di una talpa tra i pochi superstiti dell’Ordine della Fenice, da non molto tempo ritemprato nelle energie dai nuovi membri che, Potter, aveva reclutato tra coloro che un tempo erano stati suoi compagni nell’Esercito di Silente.

Carne da macello.

“C’era un tempo in cui ti piaceva volare…” cominciò Luna, ad occhi chiusi. “Un tempo in cui mi sedevo sugli spalti di quidditch, ad Hogwarts, e fantasticavo su cosa si potesse provare a stare lassù, con il vento che ti entra fin dentro alle ossa, le nuvole sopra la testa ed il fischietto di madama Bump nelle orecchie. Amavo guardarvi mentre vi ammazzavate l’un l’altro nel tentativo di mettere le mani su un insignificante, minuscolo, boccino alato.” Tacque. “È così egoista da parte mia pensare a quanto era bello guardare una partita di quidditch in santa pace mentre fuori, Voldemort organizzava i suoi uomini e studiava un piano per spedirci tutti al creatore?”

Stava piangendo.

“Me lo sono chiesta, la prima volta, il giorno del funerale di papà” continuò, sorridendo. “Perché un uomo dovrebbe gioire dinnanzi alla morte di un suo simile? Qual è l’euforia che si prova nel vedere gli occhi di qualcuno spegnersi, sapendo che si stanno spegnendo perché sei stato tu a volerlo?”

“Luna…”

“Oggi hai detto freddamente che a breve dovrai macchiare la tua bacchetta con altro sangue e non ho sentito nessuna titubanza nella tua voce…nessun segno di incertezza…di rimorso…niente di niente” si fermò e girò la testa per guardarlo negli occhi. “Ho paura di te. Di tutti voi” disse, asciugandosi il viso. “Avete perso la vostra umanità. Avete perso il gusto per la vita, la gioia per le piccole cose: sono secoli che sui vostri volti non vedo quella contentezza genuina che nasceva nel momento in cui scorgevate un luccichio dorato in una partita di quidditch…Voldemort, ha già vinto. Ha portato l’oscurità nei vostri cuori.”

“Vieni qui…” mormorò, aprendo le braccia e stringendole intorno al suo corpicino, scosso dai singhiozzi. Se Voldemort era riuscito anche a far crollare la fanciulla spensierata e perennemente ottimista, colei che aveva salvato lui, un Malfoy, dalla morte, parandosigli davanti ed improvvisandosi scudo di fronte alle bacchette alzate di un gruppo di Aurors che volevano la sua testa purosangue, stava vincendo davvero.

Era stata la sua prima amica, la sua prima alleata nell’Ordine, l’unica persona che all’epoca del suo sesto anno ad Hogwarts gli aveva offerto un fazzoletto ricamato, un giorno in cui l’aveva trovato in lacrime nel bagno delle femmine del secondo piano. Il fatto che lui avesse rifiutato quel fazzoletto e l’avesse minacciata, se solo avesse parlato di quell’episodio ad anima viva o morta, non era importante.

Luna amava la vita. Amava i suoi amici. E soffriva mentre li vedeva perdere la loro stessa essenza, a causa di una guerra in cui cadevano ad uno ad uno, giorno dopo giorno, senza che lei o nessun altro potesse impedirlo.

“Harry vincerà” le sussurrò ad un orecchio, mentre andava a depositare un bacio sui suoi capelli, dal profumo di camomilla. “Vincerà, vedrai…”
“A quale prezzo?” singhiozzò, senza più forze. “A quale prezzo avrà vinto? Quanti dovranno ancora morire?”
“Non lo so” disse, rabbrividendo. “Ma so che lo stiamo facendo per un mondo ed un futuro migliore. E mi basta.”
“A me, no”

~o0o~

Draco si svegliò di soprassalto e puntò la bacchetta dinnanzi a sé, illuminando la stanza con il tenue fuoco di un Lumos. Era nella sua camera da letto, quella che era stata assegnata a lui ed ad Hermione ed in cui trascorrevano le poche notti che potevano passare insieme a Grimmauld Place.

Hermione.

Tremando, allungò un braccio verso il punto in cui doveva esserci lei e trattenne il fiato quando si rese conto che, la sua parte di letto, era vuota. E fredda.

Fredda come il suo corpo esanime, abbandonato scompostamente tra le sue braccia. Gli occhi dorati spalancati, a fissare un qualcosa che non avrebbe mai potuto vedere.

“Hermione?” balbettò, ricacciando indietro un singhiozzo che gli premeva sul petto. “Hermione?”
“Draco, sono qui” gli rispose, varcando la porta della camera.

Ancora quell’incubo.

“Dove sei stata?” domandò, cercando di ricomporsi e nasconderle l’angoscia che deturpava il suo viso, solitamente algido anche alla più semplice delle emozioni.
“Ginny” mormorò lei, con un filo d’eccitazione. “S’è svegliata e…”
“E cosa?” la incalzò: era da più di un mese che la giovane Weasley giaceva a letto, incosciente.
“E dice di aver visto Ron” disse flebilmente, sedendosi accanto a lui. “È sicura che sia vivo”
“Potrebbe essere stato lo shock…”
“No” lo interruppe, scuotendo la testa. “Ginny è sicura di questo. Dice che è stato lui a salvarla dagli altri Mangiamorte”
“Hermione…” fece circondandole le spalle con un braccio ed attirandola al proprio petto. “Weasley è morto mesi fa…il giorno in cui ti abbiamo portata via da quel sotterraneo e Potter per poco non doveva sostituire i suoi occhiali con una benda e…”
“E Luna per poco non c’ha rimesso la pelle…” concluse, mesta. “Lo so. Questa è la versione ufficiale dei fatti. Ma in fin dei conti, il suo corpo non l’abbiamo mai trovato!”
“Sai benissimo che sono molti i morti che i Mangiamorte non c’hanno permesso di seppellire…o che c’hanno fatto trovare irriconoscibili” replicò, mentre il pensiero di entrambi correva a sua madre.

Narcissa. La splendida Narcissa Malfoy, massacrata nel momento in cui era stata sorpresa nel tentativo di contattare l’Ordine: era stato Ron stesso a trovare il suo cadavere, sfigurato ed abbandonato in una radura nel boschetto in cui, solitamente, s’incontrava con i referenti dell’organizzazione fondata da Silente.

“Sono una sciocca, vero?” ridacchiò la ragazza, mentre l’umido delle sue lacrime bagnava la casacca del pigiama di lui. “Continuo ad inventare scuse perché non voglio accettare definitivamente che lui…che lui non ci sia più”
“Gli volevi bene…è più che comprensibile che…”
“Draco!”
I due alzarono gli occhi su Harry, che era piombato nella camera, con Luna alle calcagna.
“Grazie a Ginny, abbiamo capito quale può essere il luogo dove si nascondono Bellatrix ed il gruppo cui fa capo” spiegò il moretto, mentre Malfoy già si stava vestendo. “Dobbiamo andare subito”
“Vengo con voi!” esclamò Hermione, balzandosi in piedi: nonostante l’urgenza e la serietà della situazione, gli occupanti della stanza scoppiarono a ridere.
Draco poggiò la sua mano sul ventre gonfio di sua moglie e quasi avrebbe giurato di sentire il loro bambino scalciare. “Non credo proprio. Tu rimani qui”
“Ma…”
“Niente «ma»!” confermò anche Harry. “Una donna incinta, risulterebbe solo d’impiccio”

E si smaterializzarono, mentre lo sguardo accigliato di Hermione e il suo borbottio indignato li accompagnava ancora nel momento in cui comparvero nei pressi di quella che, di lì a poco, sarebbe diventata la tomba di Bellatrix Black in Lestrange. E di Harry Potter.

~o0o~

“Non ha più senso, continuare”

Draco inspirò del fumo ed alzò gli occhi sulla minuta figura di Luna.

Così fragile.

“Dobbiamo continuare, o tutto quello che abbiamo – che ha – fatto in tutti questi anni, non avrà avuto senso” replicò, voltandosi a guardare fuori dalla finestra della sua stanza da letto.
Lui non c’è più…io non…non ce la faccio” mormorò, prendendo in mano la maglia del suo pigiama e portandosela al viso.

Era passata appena una settimana dalla sera in cui Harry Potter era stato ucciso. Una settimana in cui l’Ordine era vissuto allo sbando, chiuso nel proprio dolore e nella disperazione più profonda. Lo stesso stato d’animo che aveva serpeggiato tra i maghi davanti alla morte di Silente e che però era stato superato proprio grazie alla fiducia, incondizionata, nelle capacità del Bambino Sopravvissuto. Adesso…adesso erano veramente soli e dovevano cercare le risposte ai loro dubbi dentro ai propri cuori.

“Un giorno mi dicesti che ti facevamo paura, ricordi?” cominciò Draco, carezzandole i capelli. “Ti facevamo paura perché…perché avevamo permesso al Signore…a Voldemort, di portarci via tante cose…la gioia per una partita di…”
“Ricordo ciò che ti dissi” fece, fredda.

Un gelo che stonava nella voce di Luna Lovegood.

“Non si direbbe” bofonchiò lui, cercando di guardarla in faccia ed allontanandole dal viso il pigiama di Harry. “Non si direbbe” ripeté più dolcemente, tergendole le lacrime con il pollice.
“Harry mi manca!” esclamò Luna, dando voce a quell’osservazione superflua ed allo stesso tempo necessaria. “Mi manca fissarlo la mattina mentre dorme e vederlo strizzare gli occhi mentre si sveglia, mi manca il suo primo sorriso della giornata, il modo in cui si abbuffa di latte con quei cosi babbani a colazione, mi…” scosse la testa, tuffandosi contro il petto di Draco.

Disperata.

“Mi manca tutto, di lui. Mi manca lui” terminò, flebilmente.
“Manca a tutti noi…” soffiò Draco. “Ma non per questo, possiamo permetterci di mollare” aggiunse, serio. “Lo Sfregiato ci butterebbe tutti in pasto a quel maledetto Ippogrifo, se ci vedesse a poltrire qui, invece di metterci a caccia di chi ha permesso tutto questo”
“Lo Sfregiato” ridacchiò Luna. “Hogwarts…”
“Già…Hogwarts” concordò.
“Bei tempi, quelli…” mormorò, lasciandosi cadere sul letto e fissando il soffitto. “Ho ucciso un Mangiamorte. E non ho provato niente. Non è poi così diverso dal rompere un bicchiere: un attimo prima, il bicchiere è tra le tue mani. Senti il vetro freddo tra le tue mani, la sua consistenza, quella sensazione di…liscio e la piccola sporgenza dei fiorellini che ci sono dipinti sopra.” Si mise su un fianco, cercando lo sguardo plumbeo di Draco. “Mi hanno sempre fatto schifo quei bicchieri, lo sai? A Molly, invece, piacevano così tanto che non ho potuto far nulla per sostituirli con quelli di casa mia.”

Draco sorrise, invitandola a continuare.

“L’attimo dopo, però…il bicchiere è in terra. Tanti cocci aguzzi. Rimane solo questo e nient’altro: cocci. Volendo, con un incantesimo però puoi sistemarlo…” s’interruppe, mentre le labbra le tremolavano, pericolosamente vicina ad un’altra crisi di pianto. Erano giorni, che piangeva. “Quando il raggio verde ha colpito Daphne Greengrass, mi sono resa conto che un Reparo non le sarebbe stato di nessun aiuto. E l’attimo dopo…l’attimo dopo ho evocato uno scudo perché Rodolphus Lestrange stava cercando di ammazzarmi. Vorrà la tua testa, Draco.”
“Lo so” disse, stringendo la sua mano, aperta accanto a lui.
“Grazie. Sono sicura che a lui avrebbe fatto piacere”
“Era un piacere che si sarebbe tenuto volentieri per sé” replicò, chiudendo gli occhi.
“Ma non ne ha avuto il tempo…” mormorò la ragazza, intrecciando più saldamente le sue dita a quelle di lui.

“Ho fatto ancora quel sogno”
“L’hai detto ad Hermione?” lo interrogò, tirandosi a sedere sul materasso.
“No” sospirò Malfoy. “Sta già male per Harry e non voglio affaticarla più di quanto non sia: non voglio darle qualche altro motivo per mettere a repentaglio la vita del bambino. Manca poco, ormai”

Si guardarono, senza parlare.

“Se un giorno dovesse succederci qualcosa…voglio che sia tu a prenderti cura di lui” dichiarò, mentre Luna sussultava. “Voglio che sia tu a raccontargli di Hermione, di Harry, di Silente…ad insegnargli l’amore per la vita ed ad accompagnarlo alla sua prima partita di quidditch: sono sicuro che sarà il miglior cercatore di tutti i tempi!”

La Lovegood si ridistese al suo fianco, accoccolandoglisi contro. “Sarà un grande cercatore…ma tu non devi parlare così” l’ammonì.
“Promettimelo” fece, ignorandola. “Promettimi che ci sarai tu, accanto a lui”
“Te lo prometto” singhiozzò.

L’ultimo singhiozzo, l’ultimo segno della sua natura fragile. Era consapevole che, una volta alzatasi da quel letto, avrebbe lasciato da parte quella parte di lei debole e spaventata dagli eventi ed avrebbe impegnato tutta se stessa nel portare a termine la missione che Harry, il suo Harry, aveva lasciato loro.

“Ti prometto, che gli parlerò anche di te”


~o0o~

“Sapevo che non potevi essere morto!”

Il sospiro di una donna che non poteva mai essere completamente felice. Hermione s’era aggrappata alle spalle di Ron e lo stringeva con forza, lasciandosi cullare da quelle braccia che tante volte l’avevano sostenuta, in passato, respirando del profumo amico che la sua pelle emanava. Un profumo che tutti l’avevano invitata a dimenticare. Un invito che non aveva mai voluto ascoltare, soprattutto dopo la morte di Harry: non aveva potuto accettare l’idea che i suoi migliori amici, il loro trio, era stato distrutto da ciò che si erano imposti di combattere dal primo giorno in cui s’erano ritrovati invischiati in un qualcosa più grande di loro, quando avevano solamente undici anni.

Grattastinchi aveva annusato circospetto le scarpe del giovane uomo che s’era materializzato in quell’anonimo parco londinese ed invece di fare le fusa come suo solito, aveva indietreggiato fino ad arrivare a pararsi davanti al carrozzino che Hermione aveva spinto fin lì.

Ron guardò prima il vecchio gatto, poi il carrozzino, poi di nuovo il gatto – stupendosi in qualche modo che, nonostante tutti gli anni che erano trascorsi, fosse ancora vivo e vegeto – ed infine, Hermione. E il piccolo anello d’oro che circondava il suo anulare sinistro.

“Cosa…”
“Io e Draco ci siamo sposati” spiegò, sorridendo tra le lacrime che la gioia di scoprirlo ancora vivo le aveva provocato. “Ed un mese fa abbiamo avuto un bambino” aggiunse, facendo qualche passo in direzione del carrozzino, prendendo in braccio un fagottino bianco e posandoglielo tra le braccia.

Ron trattenne il fiato, rendendosi conto che, sotto la copertina in lana, si muoveva un piccolo essere umano in miniatura. Alzò gli occhi incontrando quelli brillanti di Hermione, e li riabbassò sul bambino, facendo infine scorrere un dito tozzo sulla guancia lattea, calda e morbida dell’infante. Non si stupì di trovare dei radi capelli dorati sulla testolina del bambino e, sebbene in cuor suo tutto ciò lo stava distruggendo, sorrise dinnanzi ai sentimenti contrastanti ed alla tenerezza che quella situazione gli stava causando.
“Come si chiama?” deglutì, stringendo la minuscola manina che era riuscita a sfuggire al confortevole tepore delle coperte.
“Harry”
“Harry e basta?” le domandò, conscio del fatto che gli stava nascondendo qualcosa.
“Harry Blaise Malfoy” sussurrò, aspettando la sua – fin troppo prevedibile – reazione.
“Porta il nome di un Mangiamorte! Gli hai permesso di mettere il nome di un Mangiamorte accanto a quello di Harry!” urlò, mentre il bambino scoppiava in lacrime, spaventato.

Hermione gli strappò suo figlio dalle mani e se lo portò al petto, prendendo a cullarlo e sussurrandogli delle parole per calmarlo.

“Lo spaventi, se fai così” disse duramente, guardandolo accigliata.
“Perché?”
“Draco aveva i suoi motivi. Ed io ho ritenuto che fossero validi” rispose, mordendosi le labbra. Sapeva che non avrebbe mai capito. Che non poteva…capire. Sgranò gli occhi, scorgendo un qualcosa dalla manica calata lungo il braccio, nel momento in cui s’era portato una mano tra i capelli ramati. “Cos’hai, lì?”
“Dove?” chiese lui, aggiustandosi la manica di quel maglione troppo grande, che non ricordava neanche dove aveva reperito.

Come del resto, erano tanti i buchi nella sua memoria che s’erano creati con lo scorrere del tempo, dal giorno in cui, per la prima volta, s’era venduto ai suoi nemici, dietro l’unica richiesta di risparmiare la vita della donna che amava. Ma quando poi, durante quella missione, era stata fatta prigioniera e condannata a morte – per un dispetto a Malfoy, avevano detto loro, l’indomani della scoperta del doppiogioco dell’odiata Serpe – aveva capito che la partecipazione che dava loro non bastava più: dietro l’assicurazione che, ancora una volta, ad Hermione sarebbe stata risparmiata la vita e Malfoy sarebbe morto come il peggiore dei cani, s’era visto costretto ad inscenare la propria morte. Ed a ricevere quel tatuaggio.

Perché era tornato? Perché gli era stato permesso di rivelarsi di nuovo?

Avevano trovato i nuovi nascondigli dei superstiti dell’Ordine e li avrebbero attaccati da un giorno all’altro. Voleva semplicemente portarla al sicuro. Ma non era stato messo al corrente degli ultimi sviluppi della sua vita e questo, per qualche istante, l’aveva fatto vacillare.

Che farne di quel bambino? Quel bambino figlio dell’uomo che gli aveva portato via la sua unica ragione di vita, Hermione. Era bastato specchiarsi nei suoi occhi di madre per sapere la risposta. Con Malfoy fuori gioco, lei sarebbe tornata da lui e lo avrebbero cresciuto insieme.

“Ron?” lo chiamò, in apprensione: il piccolo Harry era di nuovo nel suo carrozzino, sorvegliato da Grattastinchi, e lei aveva allungato una mano sul suo maglione. “Cos’hai lì sotto?”
“Niente” mormorò, scrollandosi di dosso la sua mano e non riuscendo a nasconderle un altro pezzo del tatuaggio.
“Ron…mi fai paura” sussurrò, fissando il punto sotto cui c’era il Marchio Nero.
“Ti faccio paura?” sibilò, arrabbiato. “Io ti faccio paura?”

Hermione si ritrasse, in quello che sembrava un folle tentativo di proteggere suo figlio, mettendosi in una posizione tale da nasconderlo alla vista dell’uomo che aveva di fronte.

“Che stai facendo?” sogghignò, ridendo di quella goffaggine che mai era stata sua. “Se veramente avessi voluto uccidervi, l’avrei fatto appena arrivato. O comunque, ne ho avute di occasioni e non ne ho sfruttata neanche una”

Lei annuì.

“Scusa…io…io non so cosa pensare” si giustificò. “È da tempo che ti sto cercando ed ora…ora che sono riuscita a trovarti, dopo tutto questo tempo…cosa vuol dire, Ron?”
“Vuol dire che sta per succedere qualcosa, ma non posso dirti cosa” spiegò, accendendosi una sigaretta.
“Tu non fumi” osservò stupidamente, ignorando l’importanza insita in quelle parole.
“Ora sì” replicò Ron, acidamente. “Posso portare in salvo te ed il bambino”
“In salvo?” ripeté, socchiudendo le palpebre.
“Sì”
“Perché?” lo incalzò, scuotendo la testa, incredula.
“Perché sta per succedere qualcosa” continuò, senza darle i particolari che lei pretendeva di conoscere.
“Ron…”
“Hermione, per la miseria!” sbottò, interrompendola e mostrandole con rabbia il Marchio Nero. “Non c’è tempo per le quisquilie!”
“Quisquilie?” gracchiò lei, con voce stridula.
“Cosa vuoi sapere, eh?” la sfidò, buttando a terra la sigaretta e pestandola con rabbia. “Sono un Mangiamorte e so che il Signore Oscuro sta pianificando la vostra fine.”
“Ron, tu odiavi quando Draco lo chiamava…”
“LO SO!” ringhiò. “Lo so! Ma adesso sono cambiate tante cose…io sono cambiato” si zittì, cogliendo i suoi movimenti con la coda dell’occhio. “Ma quello che non è cambiato è…è quello…”
“COSA?”: era il turno di Hermione, quello di urlare. “Cosa non è cambiato? Ogni volta…” respirò a fondo. “Ogni volta che noi combattevamo, potevamo combattere contro di te e non lo sapevamo!”
Ron incassò il colpo, in silenzio.

Era vero. C’era stato il giorno in cui Ginny per poco non era stata uccisa: s’era sentito strappare un pezzo di cuore, vedendola afflosciarsi a terra sotto i colpi della bacchetta di McNair e non aveva potuto reprimere l’istinto di soccorrerla. La punizione per quel gesto d’insofferenza alle regole che l’Oscuro Signore aveva imposto lui, era stata esemplare. Ma non sarebbe mai tornato indietro: non si sarebbe pentito di quella debolezza.

C’era stato il giorno in cui Harry era morto: una delle maledizioni del suo migliore amico l’aveva colpito in pieno e la cicatrice che tagliava in due il suo Marchio, era stata lui stesso a causargliela.

Un segno che l’aveva fatto riflettere. Che lo faceva riflettere ogni qualvolta si ritrovava a guardarlo.

Impotente, l’aveva visto morire. Aveva visto lo scintillio degli occhi di Bellatrix e sentito la sua risata malvagia, mentre la punta della bacchetta ancora le vibrava per la potenza dell’incantesimo con cui l’aveva appena ucciso. Ed aveva visto anche Malfoy, steso a terra: in principio, l’aveva creduto morto e, notando che aveva alzato la bacchetta, aveva inizialmente pensato di disarmarlo e poi colpirlo. Ma nell’attimo in cui aveva realizzato che era Bellatrix il suo bersaglio, l’aveva lasciato fare. Nonostante l’odio, nonostante il rancore, nonostante tutto…l’amore fraterno che l’aveva legato ad Harry aveva vinto.

Bellatrix Black era morta per mano di suo nipote. E cadendo in terra, non aveva neppure avuto il tempo di smettere di ridere.


“Ogni volta che noi portavamo un fiore alla tua tomba…”

Ron aprì gli occhi: Hermione era ancora lì. Il carrozzino azzurro era ancora lì. Ed il gatto, continuava a fissarlo storto con i suoi occhi gialli ed il pelo dritto sulla schiena.

“Sono qui per te, è così difficile lasciare da parte il resto e fidarti di me?” scattò, furente.
“Ron, come posso lasciar da parte il resto?”

Non poteva sostenere la delusione che le leggeva in quelle iridi dorate. Non poteva.

“Mi stai dicendo che sai che i nostri…i miei nemici” si corresse, increspando le labbra in una smorfia di disgusto.

Labbra che per tanto tempo aveva sognato di poter lambire di nuovo, ancora una volta. E per tutti i giorni che gli restavano da vivere.

“…si stanno muovendo, si stanno organizzando per mettere fine all’esistenza di coloro che io amo e secondo te…”

Non doveva guardarlo a quel modo. Non era quello il modo in cui s’era immaginato d’essere accolto, nel momento in cui si sarebbe presentato da lei portandole la salvezza.

“…io dovrei abbandonarli?”

~o0o~

Ron s’era ritrovato solo, in un anonimo parco londinese, senza neanche sapere come. Il perché, gli era stato spiegato e per quanto illogico, sapeva che anche lui, un tempo, avrebbe condiviso quel pensiero del «rimanere uniti fino alla fine».

Fissò per qualche altro minuto le tracce che le ruote del passeggino avevano lasciato sul manto di foglie cadute del terreno, poi rabbrividì ed alzò la testa a guardare la luce fioca di un lampione, acceso a rischiare il buio della notte. C’era stato un tempo in cui s’era stupito davanti alla scoperta che non era né un fuoco né un Lumos quello che bruciava oltre al vetro. Un tempo in cui Hermione aveva riso delle teorie che aveva stupidamente formulato, per spiegarsi da solo quel fenomeno a lui sconosciuto.

Adesso, Hermione avevo riso del suo essere codardo. Del suo inutile tentativo di spiegarle il suo punto di vista. Adesso, Hermione gli aveva detto di sparire per sempre dalla sua vita.

~o0o~

“Cosa si prova ad essere uccisi dalla propria bacchetta, eh Malfoy?”
Draco seguiva con attenzione le mosse di suo zio, Rodolphus. Erano riusciti a trovarli, alla fine. Ed il vecchio, stava per vendicarsi sull’assassino di sua moglie. L’unica cosa che però lo faceva stare meglio, era che Hermione ed il bambino non fossero in casa.

Spostò velocemente lo sguardo sul grande quadro appeso al muro, appena sopra al caminetto del loro salottino - lì, incorniciata, la fotografia che li ritraeva insieme il giorno del loro matrimonio – e poi tornò a fissare Lestrange. Non avrebbe chinato il capo al cospetto del boia.

Avada Kedavra!”

La luce verde. La sua fine.

Un urlo.

Un tonfo a terra.

Hermione.

“Hermione…Hermione…” Draco si chinò su di lei, spostandole i capelli dal viso e carezzandola dolcemente, chiamandola, baciandola…ma lei, non si muoveva. “Hermione, rispondimi…”
Del sangue, scorreva copioso da una ferita che le si era aperta dietro ad una delle spalle, nel momento in cui era caduta sui vetri della credenzetta che un Reductor aveva fatto esplodere nello scontro con suo zio.
“Stupida Mezzosangue” commentò Rodolphus, alzando di nuovo la bacchetta su di lui che, con le mani insanguinate, toccava disperato il corpo immobile della moglie. Poi, con un sorriso bieco, il Mangiamorte la riabbassò, gettandola lontano. “Sai nipote? Ora proverai sulla tua pelle cosa si prova ad essere privati del calore della propria consorte…per quelli della tua pasta, è una vendetta ancora più crudele di quanto lo possa essere la morte”.
“Fratello!” esclamò Rabastan, facendo irruzione nella stanza. “La Lovegood ha vinto contro l’altro gruppo…abbiamo motivo di credere che si stia dirigendo qui insieme ad altri uomini! Uccidilo in fretta e…”
“No, è giusto che lui rimanga in vita. Ci penserà lui stesso ad uccidersi. O ci penserà qualcun altro…” concluse, con un ghigno malvagio, smaterializzandosi.

~o0o~

Ron camminava lungo il corridoio del piccolo cottage e, sebbene le lacrime gli riempissero gli occhi, poteva lo stesso cogliere in ogni piccolo particolare l’essenza di Hermione: che fosse stato un soprammobile, un libro lasciato in giro, un giocattolo del bambino…tutto sapeva di lei.

Aveva incrociato i fratelli Lestrange, giubilanti, meno di un minuto prima.
“La bacchetta di Malfoy ha messo fine alla vita della tua amata” aveva sghignazzato il maggiore, deridendolo ancora una volta per il sentimento che lo legava ad una Mezzosangue.

Non c’aveva pensato due volte e s’era subito materializzato in quella che era a conoscenza fosse casa Malfoy, infischiandosene del fatto che un manipolo di Aurors e membri dell’Ordine della Fenice si stavano anch’essi dirigendosi là.

Trovò il carrozzino con il bambino, che si agitava emettendo strani vagiti, in quello che sembrava essere uno studio, protetto da un incantesimo potente e dalla vigilanza costante di Grattastinchi.

Qualche porta più in là, e Malfoy coccolava convulsamente il corpo senza vita di Hermione, piangendo e mormorando parole che però, né lui né lei, potevano udire. Ron aguzzò la vista e vide la bacchetta, non molto distante dalla sua posizione: la chiamò a sé e vi applicò sopra un Prior Incantatio, infiammandosi nel constatare che, proprio come gli era stato riferito, era stata quella stessa bacchetta ad uccidere Hermione.

Non gli interessava come avesse fatto: non l’aveva protetta come avrebbe dovuto. Come lui avrebbe fatto se fosse stato al suo posto.

“Come hai potuto permetterlo?” sibilò, avvicinandosi a lui. “Come hai potuto…”
Draco alzò gli occhi su di lui, prima di posare un ultimo fugace bacio sulle labbra chiuse della donna che giaceva tra le sue braccia.
“Credevo che stesse con te…” mormorò, ripulendole le guance insozzate con la stoffa della propria camicia, insudiciata dal duello e dal sangue di Hermione.
“Sei stato tu!” l’accusò, spezzando con rabbia la bacchetta che un tempo era appartenuta al biondo.
“No” si difese stancamente, prendendo il corpo della moglie ed adagiandolo sul divano, bruciato in più punti, ma sicuramente più confortevole rispetto al pavimento cosparso di vetri e schegge.
“Taci” lo ammonì. “Me la pagherai, per questo”

Draco incrociò lo sguardo incendiato dal dolore e dalla rabbia di Ron: in quell’istante, seppe che aveva davanti la persona che l’avrebbe sottratto al martirio cui Rodolphus l’aveva condannato.

Sorrise.

~o0o~

Quello che non era cambiato negli anni, era il fatto che aveva continuato ad amarla. Da lontano, in un modo che gli altri non potevano comprendere. Ma l’aveva sempre amata.

~o0o~The End~o0o~


Fanfiction scritta per il concorso Le Mille e una Fic. La traccia da seguire, prevedeva l’inserimento nella trama di:

-Quidditch
-Pioggia
-Grattanstichi
-Una Fotografia

Sperando che abbiate gradito. Un bacione,
Merryluna.


Purtroppo non ho mai scritto bozze di Harry Potter sui tovaglioli di un bar e nessun gatto rosso m’ha ispirata per il personaggio di Grattastinchi…tutti i personaggi di questa storia – che non è stata scritta a fini di lucro - sono perciò di proprietà di J.K.Rowling.

  
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