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Autore: Sagitta90    30/03/2013    1 recensioni
[Tiny Toons]
"Era ora che le cose tornassero normali, come erano sempre state. Perchè Godzilla con la frangetta era svampita, tra le nuvole e magari un tantino pericolosa, ma era sua. E non importava che adesso lei la pensasse diversamente: era una cosa che non sarebbe mai cambiata!"
[MontyXElmyra]
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Capitolo 4: "Colui che brancola nel buio"
 

Come potevano le cose essere cambiate diametralmente nell’arco di una sola notte?
Fu questo che si chiese Elmyra la mattina successiva, mentre Babs le spiegava quello che era successo tra lei, Buster e Monty.
L’amica le porse anche delle scuse a proposito del suo comportamento nei suoi confronti quando aveva dodici anni ma lei quasi non le sentì, impegnata come era a mangiarsi le mani.
E adesso che sarebbe successo? Monty avrebbe preteso che lei gli spiegasse perché era tornata? Avrebbe fatto andare via la sua famiglia di nuovo? Logicamente sapeva che i Montana non avevano alcun diritto di dire ai suoi genitori cosa fare e cosa non fare, ma la verità era che quella famiglia era importante, ricca e senza scrupoli.
La sola cosa che poteva salvarla era la sempre dignitosa strategia della fuga!
“-Ma certo!” – Si disse la ragazza, come colta da una illuminazione. Tutto quello che doveva fare era tenersi alla larga da Monty finchè i suoi non avessero concluso i loro affari e non fossero stati pronti a traslocare di nuovo!
A quel pensiero la malinconia scese su di lei come una pesante cappa di lana: perdere di nuovo tutti i Tiny Toons non era qualcosa che al momento era preparata a fare.
E comunque il suo non era un piano a breve termine: potevano volerci anni prima che l’azienda diventasse perfettamente operativa; e poteva comunque esistere la possibilità che il direttore dei suoi chiedesse loro di restare lì in pianta stabile.
A quel punto sarebbe stata costretta a mimetizzarsi come i camaleonti per evitare altre seccature ai suoi amici: nemmeno un mese che era tornata ad Acme Acres e Monty era già sul piede di guerra per colpa sua.
Cercò di scacciare i brutti pensieri e di concentrarsi sulla mattinata imminente.
I suoi propositi però furoni messi a dura prova già quando arrivò al suo armadietto. Le sue mani non tremavano e la combinazione si era inserita perfettamente ma per qualche strano scherzo del destino il lucchetto continuava a restare ermeticamente chiuso.
Era sul punto di provare a forzarlo con un piede di porco, un trapano o un martello, quando qualcuno colpì l’armadietto incriminato esattamente sotto la serratura, e quello si aprì, senza emettere nemmeno un cigolio.
<<-Oh grazie, stamani era davvero…>> - Le parole le si bloccarono quando vide a chi apparteneva il pugno che cosi provvidenzialmente l’aveva aiutata.
Cercò di ingoiare il groppo in gola che si era automaticamente formato, e calcolò quale era la via più breve per scappare a gambe levate, perché l’espressione che Monty aveva sul viso sembrava dire che era pronto a dare almeno un’altra dozzina di pugni.
Ripensandoci non aveva davvero bisogno dei libri: poteva allenare la sua memoria e tentare di prendere appunti sia sulla lezione sia sulle pagine da seguire!
Presa la sua decisione (indubbiamente vigliacca ma utile per la sua autoconservazione) Elmyra fece per allontanarsi ma –quasi avesse intuito la sua mossa- l'altro braccio di Monty si inchiodò all’armadietto con un sonoro “BAM!”.
Quando realizzò di trovarsi intrappolata percepì due emozioni ben distinte tra loro farsi spazio dentro di lei: una era il terrore di che cosa le sarebbe successo e comprendeva possibili ematomi ed insulti assicurati. L’altra era l’esaltazione di trovarsi in una situazione che aveva sempre sognato si verificasse: Monty che le impediva di andarsene perché separarsi da lei era troppo doloroso.
C’era però anche la sua parte logica, che univa le due emozioni nell’unica spiegazione plausibile al comportamento decisamente fuori dagli schemi del ragazzo: Monty le impediva di andarsene per poterla riempire di ematomi ed insulti.
<<-Mi stai evitando.>> – Lei fu costretta a guardarlo negli occhi a causa della natura della loro conversazione.
Ohhh…quanto era affascinante…era così alto…ed i capelli erano più scuri di quanto ricordava…ed era talmente…imbestialito. Si prese a schiaffi mentalmente e abbassò gli occhi sulle sue scarpe. Fu un bene perché vedere le sue ballerine nere a quadri –molto carine e poco costose- accanto alle eleganti scarpe italiane del ragazzo le fece ricordare quanta differenza ci fosse tra loro. 
<<-Sì.>> – Non aveva senso cercare di nasconderlo.
<<-E chi te lo ha chiesto?!>> – Il suo tono era a dir poco altisonante. La scuola cominciava a riempirsi e più di una persona si era già voltata a guardarli. Lei sussurrò, continuando a tenere lo sguardo fisso sul pavimento.
<<-Credevo che avresti preferito così.>> – Ci fu silenzio sopra di lei, poi la stessa voce replicò.
<<-Balle! Hai sempre fatto tutto il contrario di quello che volevo io!>> - I ricordi la sommersero, suo malgrado, e lei non potè che dargli ragione. Rivide ogni scena, ogni avvenimento, con dolorosa chiarezza.
C’era stata la recita di Natale, in cui lei aveva approfittato della gamba rotta di Monty per cercare di spingerlo sotto il vischio; poi il ballo di fine anno, al quale era stata cosi manesca e soffocante da spingere il ragazzo a fuggire a Rio de Janeiro, per non parlare del terrificante appuntamento che aveva causato tutto quel trambusto.
Messa davanti ai suoi errori Elmyra si rese conto di quanto ogni suo gesto, ogni sua parola, avesse irrimediabilmente compromesso il rapporto che avrebbe mai potuto legarla a Montana Max.
<<-Mi dispiace…>> - Sebbene sentisse già sulla lingua il sapore salato delle lacrime si impose di trattenerle finchè non fosse stata sola. Almeno quello aveva imparato vivendo tanto a lungo lontano da Acme Acres: ad avere risolutezza.
Lo guardò nuovamente negli occhi, con l’espressione più decisa che poteva avere sapendo di rinunciare definitivamente ad una parte del suo cuore. Una parte che era sopravvissuta nel tempo nonostante lei avesse cercato più volte di sopprimerla.
<<-Non succederà mai più. Lo prometto.>> - Ecco, non era stato tanto male. Poteva scommettere che dopo aver pianto fino a cavarsi gli occhi si sarebbe ricordata di quel momento con una risata!
<<-Non è possibile fare un cambio di armadietto, mi sono già informata, ma non ti darò fastidio. Non ti accorgerai nemmeno che esisto.>> - Vide gli occhi del ragazzo sgranarsi, senza cercare di nascondere la sorpresa.
Doveva provare un gran sollievo al pensiero di essersi liberato di lei. Di nuovo. Al dolore si aggiunse una leggera stizza.
<<-Per favore potresti lasciarmi andare? Ho il professor Runner tra dieci minuti.>> - Le braccia di Max persero la loro rigidità e si abbassarono lungo i fianchi. Per lei fu abbastanza per voltarsi, afferrare il libro dall’ armadietto e scivolare via quanto più velocemente e silenziosamente possibile.
 

***

 
C’ era qualcosa di profondamente sbagliato in quello che era appena successo.
Quando quella mattina si era recato a scuola, intenzionato a farsi dire il motivo per cui Duff lo evitava, era stato convinto che avrebbe ottenuto un’ informazione ridicola e banale. Qualcosa come “ti evito perché deve essere l’ uomo a fare la prima mossa” oppure “volevo vedere quanto tenevi alla nostra relazione” e temeva (temeva, badate bene, perché sarebbe stato da idioti sperare in una cosa del genere!) che il tutto sarebbe stato condito da una serie di “tesorino-amoruccio-pucci-pucci-pu” in cui lei si era sempre destreggiata benissimo.
Ma la ragazza che gli aveva parlato non aveva niente dell’ Elmyra Duff che lui ricordava: non sorrideva, non lo guardava e nelle sue parole non c’ era nemmeno una briciola di quell’ amore viscerale che manifestava per lui quando aveva dodici anni.
La ragazza che Max ricordava sembrava svanita, rimpiazzata da qualcuno che era sottomesso, condiscendente e che sembrava avere una sacrosanta paura di lui.
Nell’ istante in cui formulò quel pensiero si rese anche conto di non essere capace di conviverci: Duff era stata assillante e appiccicosa ma non aveva mai avuto paura di lui.
Forse gli altri sì; del suo potere, dei suoi soldi, del suo temperamento…ma non lei.
Mai lei.
E lui non poteva avere nella sua vita una Emlyra Duff che aveva paura di lui! Non era logico, non era normale, non era giusto!
Cosa diavolo era successo che le aveva fatto cambiare atteggiamento in quel modo?!
Il passato gli piombò addosso, creando un intreccio di ricordi che cominciarono a mulinargli nel cervello. Ricordò la recita di Natale, in cui l’ aveva scacciata malamente dopo che lei aveva cercato da aiutarlo con la sedia a rotelle. Ricordò il ballo di fine anno, a cui aveva promesso di portarla e al quale l’ aveva fatta piangere quando i conigli ce lo avevano trascinato... (ricordare quelle lacrime diede vita ad un pungolo doloroso nel suo petto.)
E ricordò quell’ assurdo appuntamento...
Lui le aveva costantemente fatto notare quanto non gradisse la sua compagnia e lei gli aveva risposto baciandolo. E ricordando la sensazione di piccole labbra premute contro le sue, Monty ricordò anche che cos’ era di lei che lo faceva irritare tanto: l’ingenuità.
Elmyra non era semplicemente convinta che lui fosse buono, dolce e tutte quelle cose che –chiaramente- non era; sembrava proprio incapace di ipotizzare che dentro di lui ci fosse qualcosa di cattivo. Sembrava convinta al cento per cento che malgrado le urla, gli insulti ed i rifiuti, lui non le avrebbe mai seriamente fatto del male.
Quella convinzione adesso sembrava evaporata come neve al sole e la cosa non solo rianimò la sua rabbia ma fece affiorare in lui anche un senso di disagio, di perdita.
Avvertì una sorta di buco allo stomaco, una sensazione di vuoto che lo lasciò innervosito e confuso.
Vide gli studenti che sciamavano verso le aule e si sentì stranamente passivo a tutto quel movimento.
Che cosa gli stava succedendo maledizione?!
Prima che quelle emozioni ridicole avessero la meglio sul suo cervello perfettamente funzionante, Monty decise che quella giornata l’ avrebbe trascorsa quanto più possibile lontano dalla Acme Loo.
E giacchè quella mattina non aveva fatto colazione sarebbe andato da Weenie Burger a mangiare qualcosa!
Appena uscito dalla scuola chiamò il suo autista e quello -in poco più di un battito di ciglia- parcheggiò la limousine davanti alla scalinata.
 
Dieci minuti più tardi Max entrò nel locale, deciso a prendersi un espresso talmente forte che avrebbe scacciato quella fastidiosa malinconia a suon di martellate.
Weenie Burger era decisamente cambiato da cinque anni a quella parte: era stato riarredato e –finalmente- avevano assunto dei camerieri!
Max si sedette al suo solito posto, afferrando il menù colazione che si trovava già sul banco. Dopo aver fissato la riga del “French toast, 3 dollari” per cinque minuti di fila sbattè l’opuscolo sulla formica bianca del tavolo.
Che significava “non ti accorgerai nemmeno che esisto” ? Certo che se ne sarebbe accorto! Non era cieco e lei era fin troppo riconoscibile con quei capelli color carota! E se non l’ avesse vista avrebbe riconosciuto la sua voce stucchevole! E se anche non gli avesse rivolto la parola si sarebbe accorto della sua presenza per quel profumo al gelsomino che aveva cominciato a mettersi!
Un millisecondo dopo i suoi pensieri si arrestarono su un binario pericoloso: quando si era accorto che Elmyra Duff portava il profumo? E come faceva –in nome di tutti i quadriliardi del mondo- a sapere che era al gelsomino?!
<<-Va tutto benissimo… glielo avrà dato il coniglio rosa, sicuro…e se ne saranno accorti tutti…non ha nessun significato! CAMERIERE!!! Vorrei ordinare entro domani!!!>> - Dal retro cucina emerse un ragazzo che afferrò un taccuino e si diresse al suo tavolo in tutta fretta.
<<-Scusi il ritardo! Cosa posso…>> - Quando lo guardò in faccia il sorriso del ragazzo svanì e Max provò una strana sensazione di déjà-vu. Ma se sul volto di Elmyra era affiorata una espressione di panico, il volto del giovane cameriere si contrasse per il disgusto, in modo talmente intenso che gli fece quasi storcere la bocca.
<<-Cosa posso portarle?>> - Max quasi annaspò nel disprezzo che emergeva dal tono del ragazzino. Se quel moccioso mai visto prima cercava rogne lo trovava proprio nel giusto stato d’animo!
<<-Uova in camicia e bacon ben cotto, e magari una mano di acquaragia su quella smorfia che hai in faccia!>> - Contro le sue aspettative l’altro non fece dietro-front ma appuntò l’ordine sul blocchetto.
<<-E da bere? Spremuta? Caffè? Acqua e cianuro?>> - Max schizzò in piedi, livido di rabbia.
<<-Hai del fegato marmocchio, ma spero che tu sappia che ti potrei far licenziare con uno schiocco di dita!>> - A quelle parole negli occhi del ragazzo si accese una scintilla di furia mal celata, ma quando parlò il suo tono era calmo, sebbene freddo come il ghiaccio.
<<-Perché no, anzi facciamo così: mia sorella Amanda lavora come assistente per la rete televisiva della città, perché non fa licenziare anche lei? Mio fratello Robby ha solo cinque anni, con lui purtroppo ha le mani legate. Magari però potrebbe usare i suoi miliardi per cercare di privatizzare la Acme Loo e a quel punto sarebbe in grado di buttare fuori Myra. Sarebbe il suo capolavoro: il potentissimo primo cittadino che è riuscito a far licenziare una famiglia al completo!>> - Monty assorbì quelle parole senza rendersi veramente conto del loro significato, tuttavia cominciò ad avere un sospetto circa l’identità del ragazzo.
Quando poi Bill, il cuoco e proprietario del Burger, si affacciò apostrofando il cameriere con un sorriso, il suo sospetto fu decisamente confermato.
<<-Hey Duff arriva o no questo ordine? Spicciati ragazzo, come farai nell’ora di punta se sei così lento quando non c’è nessuno?>> - Duncan Duff lo guardò negli occhi un’ultima volta, poi staccò il foglio della sua ordinazione con un colpo secco. 
<<-Le porto subito il suo ordine signor Montana.>> - E mentre lui se ne andava Monty restò lì, in piedi, a cercare di digerire quella proposta sarcastica che per lui non aveva alcun senso.
Un’altra volta ancora si sentì l’unico scemo che non era al corrente di quello che stava succedendo.
Tanta era la sua confusione mentale che avrebbero potuto nominarlo “Montana Max, colui che brancola nel buio”.
La cosa fece esaurire la sua pazienza già abbondantemente sfibrata.
Mentre mangiava le sue uova -e cercava di ignorare il fratello di Elmyra che asciugava i bicchieri- telefonò al suo investigatore privato.
  
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