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Autore: SarcasticColdDade    01/04/2013    1 recensioni
Brian, Matt, Zacky, Jhonny e Amy hanno appena perso il loro migliore amico, e ora si ritrovano a dover affrontare la situazione, cercando di farsi forza tra di loro.
Tutto cambia però quando Brian decide di rimanere da solo, cosa succederà allora? E se tutto cambiasse per sempre?
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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I giorni successivi all'operazione non furono poi tanto pesanti, se non fosse stato per gli esami: quelli si che li odiavo, e con tutta me stessa anche. Il problema era che continuavo a pensare in continuazione al mio "sogno", tanto che sentivo il bisogno di parlarne con qualcuno.
Me ne stavo tranquillamente sdraiata nel mio letto, nella mia stanza, quando all'improvviso entrò Thomas, con in mano un sacchetto del bar. - Buongiorno.. -, mi salutò, chiudendosi poi la porta alle spalle.
- 'Giorno.. -, risposi io, ancora con aria assonnata, - Quella è la mia colazione? -, gli domandai, sorridendogli.
Lui guardò il sacchetto, poi di nuovo me e solo allora ricambiò del tutto il mio sorriso. - Sì, visto, per una mattina l'ho ricordata -, disse allora.
Ridacchiai subito, facendogli poi cenno di avvicinarsi. - Sto morendo di fame -, ammisi.
- Beh, ci credo, dopo aver visto quello che ti danno da mangiare qui dentro -, disse, sedendosi sulla sedia accanto al letto e porgendomi così la bustina.
La presi subito, aprendola e sentendo il profumo che emanava. - Mhh, cannella -, sussurrai, tirando poi fuori il cornetto, - Cornetto alla cannella, il mio preferito -, aggiunsi.
- Ricordati sempre che prima di essere la mia ragazza eri la mia migliore amica -, disse lui.
Diedi un piccolo morso al cornetto, sorridendogli poco dopo. - Perché? Non sono ancora la tua migliore amica? -, gli domandai.
- Lo sei, sì, ma sei anche la mia ragazza -, chiarì.
- Sì, quello sempre -, risposi, allungandomi per baciarlo.
Sorrise contro le mie labbra, prima di accarezzarmi il viso come faceva sempre. - E ora mangia la tua colazione, ho dovuto litigare con una signora per avere quel cornetto -, mi disse, facendomi ridere.
- Agli ordini -, risposi, cominciando così a mangiare, senza fiatare ancora.
Tuttavia, per quanto restassi in silenzio, sapevo di dovergli dire una cosa: non perché fossi obbligata, ma semplicemente perché avevo bisogno di parlarne con qualcuno, e lui era e sarebbe stata sempre la persona più adatta. - E devo anche dirti una cosa.. -, sussurrai allora, lasciando per un momento da parte la mia colazione.
- Cosa? -, mi domandò.
- Niente di terrificante o preoccupante, tranquillo -, chiarii subito, - ..però..l'altra sera ho sognato mio padre -, aggiunsi, in un sussurro, - Ed era un sogno tremendamente realistico -, dissi anche, infine.
- Che intendi per “tremendamente realistico”? -, chiese.
- Intendo...”tremendamente realistico” -, risposi, scuotendo impercettibilmente il capo, - Era come se fosse davvero lì con me, contando che mi sono sognata mentre vagavo per i corridoi dell'ospedale...oh! Ed ero anche invisibile! -, aggiunsi, accennandogli il dettaglio più divertente di tutta quella situazione che si era scatenata nella mia testa.
Lui rise. - Beh, hai sempre desiderato esserlo, quindi come cosa quadra -, mi ricordò.
Annuii. - Già.. -, sussurrai, cercando di pensare a qualcos'altro e ricordandomi solo allora un altro piccolo particolare, che per poco non mi era sfuggito, - ..e ad un certo punto lui mi ha detto che gli sarebbe piaciuto se avessi preso il suo cognome -, aggiunsi, prima che potesse parlare lui.
- Sullivan, quindi, giusto? -.
- Sì..Sullivan.. -, risposi, - Willow Sullivan -, aggiunsi.
- Non suona male -, ammise.
- Trovi? -, gli domandai.
- Già...e sai, in fondo quel cognome è tuo di diritto, dal momento che hai anche il certificato di nascita che lo prova -, mi disse.
- E' vero...hai ragione -, dissi, stendendomi di nuovo meglio sul letto, appoggiando comodamente la testa al cuscino, - ..prima di quel sogno mi sembrava strana anche solo l'idea di prendere quel cognome -, ammisi, tornando a guardarlo.
- E perché mai? -.
- Non lo so -, risposi, - Non lo so proprio -, fu tutto quello che dissi.
- Beh, era comunque tuo padre, tu sai che era così e ormai sia Amy, che Brian, che tutti gli altri si fidano di te, hai conquistato la loro fiducia, perché sai di essere stata sincera in tutto e per tutto -, mi ricordò.
Annuii nuovamente. - Hai ragione...di nuovo -, gli dissi.
- Ti sei scelta un ragazzo intelligente, che ci vuoi fare? -.
- Sono stata fortunata -, ammisi.
- Forse un pochino, sì -, rispose.
Risi divertita e poco dopo anche lui lo fece, seguendomi a ruota.
Ad interrompere quel piccolo momento di tranquillità fu, come al solito, l'infermiera di turno, che mi rapì per l'ennesima volta per altri esami, prima della dimissione che sarebbe avvenuta quello stesso giorno.
Mi apprestai così a salutare Thomas, ricordandogli che ci saremmo visti di nuovo non appena avessi finito quei stramaledetti esami, poi semplicemente seguii la donna di mezza età che mi aveva scortato anche i giorni precedenti.


***

Dexter ci aveva fatto avere il numero della nonna di Willow, dal momento che doveva comunque essere avvertita di quello che era successo a sua nipote, dal momento che era lei la tutrice legale.
All'inizio era stato strano, ma alla fine darle quella piccola notizia non fu tanto difficile, saltando la parte in cui dovetti calmarla, dal momento che era stata presa da un attacco di ansia in piena regola.
Nonostante l'avessimo avvertita lo stesso giorno dell'incidente, proprio come tutti, farla arrivare da Portland non fu facile, dal momento che i voli non erano proprio dalla nostra parte.
L'unico sarebbe atterrato solamente alle 13.00, in tempo per le dimissioni di Willow.
La sera precedente, tuttavia, avevo fatto le ore piccole, soprattutto perché ero ancora molto preoccupata per Willow, nonostante sapessi che comunque tutto era andato bene.
Aprii piano gli occhi, puntandoli subito verso la sveglia alla mia destra: segnava le 10.52.
Per la seconda volta nella mia vita avevo dormito fino a “tardi”, solo che mi meravigliai quando vidi che accanto a me non c'era nessuno: per quello che ne sapevo poteva anche essere di sotto a fare colazione, insieme alla piccola magari, ma il biglietto che trovai poco dopo sul comodino diceva altro.
Sì, per la seconda volta ho preferito lasciarti dormire, così noi siamo andati in ospedale con Matt, chiamami non appena ti svegli, siamo qui ad aspettarti, ti amo”.
Sorrisi tra me e me, posando di nuovo il biglietto sul comodino, prima di stiracchiarmi come si doveva, rotolandomi per qualche secondo tra il lenzuolo.
Quando mi alzai andai subito in bagno, dove mi sciacquai più volte il viso: non vedevo l'ora di raggiungere tutti in ospedale, per questo feci tutto un po' di fretta, dal vestirmi alla colazione.
All'inizio odiavo quando Brian mi lasciava dormire, invece di svegliarmi, ma alla fine avevo imparato ad apprezzarlo, soprattutto quando facevo le ore piccole a causa dell'ansia e non era di certo la prima volta che mi capitava.
Scesi le scale a due a due, arrivando alla fine al piano di sotto, dove cercai le chiavi della macchina, con cui Caroline giocava sempre e che, spesso e volentieri, faceva finire da qualche parte chissà dove. Per fortuna le trovai poco dopo, sotto il divano, non troppo lontane per arrivarci senza spostare il divano, per lo meno.
Saltellai così fino alla porta, ancora più impaziente di prima, infilando in tasca le chiavi di casa e uscendo lungo il vialetto, fino alla macchina.
Tirai fuori il cellulare della tasca e così composi il numero di Brian, che rispose al secondo squillo. - Buongiorno -, disse, con voce allegra.
- 'Giorno a te -, risposi, con un sorriso sulle labbra.
- Dormito bene? -, mi domandò.
- Sì, benissimo e sto venendo ora in ospedale, sarò li tra poco, okay? -, dissi, mordendomi lievemente il labbro inferiore.
- D'accordo, ti aspettiamo -, disse, - Ti amo -, aggiunse poco dopo.
- Ti amo anch'io -, ribattei, chiudendo poco dopo la telefonata.
Stranamente avevo ancora sonno, per questo, lungo il tragitto, mi fermai al solito bar, dove mi presi un bel caffé, di cui avevo sinceramente bisogno in quel momento: ne bevvi una lunga sorsata mentre risalivo il macchina, e lo finii solamente mentre guidavo, dal momento che ero bloccata al semaforo, rosso da quasi 5 minuti.
Sbadigliai sonoramente, lasciando poi da parte il cartone in cui era contenuto fino a poco prima quella bevanda che, un minimo, mi aveva svegliato dal mio torpore mattutino.
Ero vicina all'ospedale, vicinissima, dal momento che superato quel semaforo la strafa sarebbe stata completamente dritta: controllai ancora una volta il semaforo, sempre rosso e lo fissai, finché finalmente non scattò.
Accelerai così nuovamente, facendo per svoltare, nella direzione giusta: fu un attimo, un improvviso attimo. Un impatto, che scaraventò me e la macchina lontano, verso destra, facendomi battere violentemente la testa. Avevo la vista offuscata, non capivo cosa stesse succedendo e poi fu semplicemente tutto nero. Tutto quello che avevo avuto, era scomparso.


***

- Come mai Amy non è ancora arrivata? -, mi domandò Valary, mentre ce ne stavamo ad aspettare nella sala d'attesa, io con in braccio Caroline.
- Non lo so, in verità, mi ha chiamato venti minuti fa dicendomi che stava arrivando.. -, risposi, cominciando solo allora a preoccuparmi un po'.
- Allora starà arrivando, su, dammi la piccola e va a fare colazione, sento il tuo stomaco che brontola da dieci minuti buoni -, mi disse, tenendo le mani verso di me.
Sorrisi. - Sì, effettivamente ho fame -, ammisi, passandogliela, - Ragazzi, voi volete qualcosa? -, domandai un po' a tutti, alzandomi dalla mia sedia.
Un coro di no ne seguì. - D'accordo, allora andrò a mangiare solo io -, dissi, incamminandomi verso le scale, che scesi velocemente.
Il bar era proprio al piano di sotto: magari sarei potuto rimanere lì ad aspettare Amy.
Andai così a mettermi in fila per prendermi qualcosa da mangiare, quando un grande baccano attirò la mia attenzione: mi voltai così nella direzione da cui provenivano quei continui rumori, riuscendo ad individuare una barella che veniva portata dentro.
In un altro caso non mi sarei preoccupato, ma comunque allungai il collo e non so in che modo riuscii a rimanere in piedi quando vidi chi c'era su quella barella.
Cominciai così a correre in quella direzione, spintonando parecchio persone, quando invece venni fermato da un infermiere. - Mi dispiace, nessuno può entrare -, mi disse, continuando a tenermi.
- Quella è mia moglie! -, urlai, - Che diavolo le è successo?! -, domandai, mentre la facevano sparire in una sala.
- Incidente d'auto, un pazzo l'ha travolta -, rispose, tenendomi ancora fermo, - La stanno portando ora in sala operatoria, ma per un incidente del genere è stata anche piuttosto fortunata -, aggiunse.
- Che cosa intende?! -, sbottai, smettendo di divincolarmi.
Sapevo che non mi avrebbero mai fatto passare.
- Ha una commozione celebrale e un paio di fratture, riferirò al medico di turno che è suo marito, così sarà il primo a sapere -, mi assicurò, lasciandomi poi andare e scomparendo a sua volta nella sala, oltre la porta a spinta.
Per non so quanto cercai di metabolizzare quello che avevo appena visto, ma nonostante tutto non ci riuscivo proprio: cominciai a chiedere ad ogni medico o infermiere se sapessero qualcosa di più, ma nessuno mi dava una risposta vera e concreta.
Non riuscivo a togliermi dalla testa l'immagine di Amy, stesa su quella barella, con una mascherina per l'ossigeno sulla bocca: non mi sarei calmato finché non me l'avessero fatta vedere.
- Brian, allora? Ti sei perso? -, mi domandò Zacky, arrivando alle mie spalle.
Mi voltai subito a guardarlo, ritrovandomi a guardare in faccia uno dei miei migliori amici, con le lacrime agli occhi. - Brian, che diavolo succede? -, mi domandò.
- Amy ha avuto un incidente -, dissi, senza troppi peli sulla lingua, - E l'hanno portata ora in sala operatoria -, aggiunsi, con voce strozzata.
- Che cosa?! -, mi domandò, guardando poi a sua volta verso la sala dove è sparita la barella.
- L'infermiere ha detto che ha una commozione celebrale e un paio di fratture, ma che per un incidente del genere è stata fortunata -, continuai, rispondendo quasi per niente a quella sua domanda.
Lui, senza ribattere nient'altro, mi abbracciò. - Dio mio...devi tranquillizzarti, andrà bene, okay? -.
- Perché tutto ora? Prima Willow, adesso Amy?! -, domandai, anche se sapevo che lui non aveva una risposta, nessuno ce l'aveva.
- Non lo so, non lo so, ma l'importante è che quell'infermiere ti ha detto che è stata fortunata, okay? Sta bene, sai meglio di me quanto è forte quella donna! -, mi ricordò.
Lo strinsi ancora per qualche secondo, cercando di smetterla di piangere.
Non era possibile, non ci credevo.

***

- Che diavolo è successo a Amy? -, mi domandò Helena, mentre mi correva praticamente incontro.
- Ha avuto un'incidente, ma l'ho protetta -, risposi, senza staccare gli occhi dalla fontana, dal momento che stavo controllando quello che succedeva di sotto, - Quassù non ci salirà prima dei 90 anni -, aggiunsi.
- Che vuol dire l'hai protetta? -, mi domandò, - Sei intervenuto? -.
- Che altro potevo fare? Lasciarla morire? -, le domandai.
- Non ti sto rimproverando -, mi rassicurò.
Sospirai. - Lo so, scusa...è..è la tensione, sono ancora scosso -, mi giustificai, - Ancora qualche secondo e non sarei potuto intervenire, non avrei fatto in tempo.. -, aggiunsi.
- Ma ci sei riusciti, questo è l'importante! -, sussurrò, - Come sta ora? -.
- E' uscita da poco dalla sala operatoria e i pensieri del dottore che l'ha curata sono buoni e positivi, soprattutto -, dissi, sentendomi decisamente meglio.
- Allora non c'è da preoccuparsi, si rimetterà presto -.
- Spero che i medici non facciano domande.. -, dissi, poco dopo.
- Che vuoi dire? -, mi domandò, sedendosi accanto a me.
- Beh, scampare da una morte sicura non è una cosa da tutti i giorni -, le spiegai.
- Ringrazia che c'è ancora gente che crede nei miracoli -, mi disse, sorridendomi, - E sono sicura che Brian ti sta già ringraziando -.
- Oh, l'ha già fatto, parecchie volte -, le assicurai, - Lui sa meglio di chiunque altro che sono qui per badare a lui, alla sua famiglia e agli altri, non permetterò che si facciano del male e anche se sarà una lavoraccio..eviterò qualunque altra cosa brutta -, le assicurai.
- E io ti darò una mano, sono brava con queste cose, ricordi? -.
- Sì, è vero, saremmo un'ottima squadra -, le dissi.
- Oh, certo che lo saremmo, avevi dubbi? -.
Alzai le mani in segno di resa. - Mai avuti -, ribattei.
Come al solito Helena era riuscita a distrarmi, cosa che neanche da vivo gli altri riuscivano a fare tanto facilmente: le mie preoccupazioni c'erano sempre, ma erano attenuate quando parlavo con lei ed era una cosa che avevo sempre apprezzato.
Più tardi tornai comunque a controllare la situazione e, come al solito, una complicanza c'era stata, ma per me era stato impossibile prevederla.

  
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