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Autore: Shadriene    23/10/2007    4 recensioni
Harry rimase pietrificato osservando la donna di fronte a lui.
Era… era sua madre!
Arretrò di un passo stringendo con più forza la bacchetta fra le mani.
C’era decisamente qualcosa che non andava.
[Presenti piccoli spoiler sul settimo libro]
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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“Disclaimer: I personaggi, i luoghi ecc. appartengono ai rispettivi ideatori e detentori di Copyright. Non ho niente a che vedere con chi detiene il copyright sui personaggi, con il creatore di una determinata serie, con il produttore o con chi si occupa del merchandise.
Non si vuole violare il Copyright in alcun modo.”



Note iniziali dell’autrice
Ci vogliono un po’ di premesse prima d’iniziare a leggere questa fanfiction.
Al di là del fatto che non detengo i diritti sui personaggi di Harry Potter che sono di J.K.Rowling, delle case editrici, o chi so io (di certo non miei e non ci lucro sopra XD), questa volta l’idea di partenza e il filo conduttore della trama non mi appartengono.
L’inizio è tratto da un plot bunny a tema famiglia di CharlotteDoyle (che ringrazio per avermi dato il permesso di usare). Non segue proprio alla lettera questo plot (Harry ha quasi diciassette anni; la storia è ambientata nell’estate prima del settimo anno), tuttavia Harry si sveglia in una stanza che non conosce, in una casa che non conosce e… sì, non vi posso svelare che capita quando scende le scale XD
La trama, invece, mi è stata ispirata dall’episodio 117, “Normal Again”, sesta stagione di Buffy. Inutile dire che lo trovo un episodio a dir poco geniale, che ancora adesso mi lascia piena di domande, di perplessità e mi fa pensare. Era prevedibile, dunque, che quel plot più la mia conoscenza di questo episodio mi portassero a creare la seguente fanfiction ^^
Spero possa piacervi, come a me è piaciuto scriverla.
Grazie ancora a Mr All Sunday per avermi betato.
Buona lettura!




***



Realtà illusoria


Capitolo 1 – Si tratta di un sogno?

“Ti prego, non lasciarci! Abbiamo bisogno di te!”


*


Harry spalancò gli occhi di scatto e rimase accecato dai raggi del sole, che filtravano prepotenti oltre le tende. Chiuse gli occhi e li riaprì lentamente, in modo da abituarsi alla luce nella stanza. Si stiracchiò e poggiò una mano sul comodino, alla ricerca degli occhiali. Una volta trovati, se li infilò e si alzò dal letto svogliatamente.
Quella sarebbe stata un’altra giornata da dimenticare a casa Dursley. Non vedeva l’ora di tornare a scuola, perfino una lezione con quell’odioso del professor Piton sarebbe stata meglio del vivere un altro giorno a casa dei suoi zii. Afferrò i vestiti che aveva buttato a terra la sera precedente e si vestì.
Era strano.
I vestiti gli stavano giusti, non erano larghi e sformati dall’utilizzo di suo cugino.
Harry alzò un sopracciglio perplesso.
Non era che durante la notte si fosse trasformato in Dudley?
Andò verso l’armadio e si specchiò notando i suoi soliti capelli neri spettinati, i suoi occhi verdi e la fronte senza la sua cicatrice.
Harry spalancò gli occhi perplesso.
Dove diavolo era andata a finire la sua cicatrice, ma, soprattutto, da quando il suo armadio aveva uno specchio?
Harry si guardò attorno perplesso notando che non era solo la sua cicatrice a essere sparita, ma pure la stanza dove solitamente dormiva quando stava dai suoi zii. A meno che non avessero deciso di fargli uno scherzo, quella mattina si era svegliato in una stanza che non era la sua… anche se…
Si avvicinò verso la scrivania dove, incorniciate in bella mostra, c’erano delle fotografie.
Lui assieme a Ron ed Hermione a Hogwarts.
Lui da piccolo su una bici con una bambina che non aveva mai visto.
Lui al Luna Park con Sirius e suo padre.
C’era qualcosa che non andava.
Cercando di non farsi prendere dal panico, afferrò la bacchetta sulla scrivania e uscì fuori dalla stanza.
A meno che, per rendere più credibile la cosa, i Dudsley non avessero deciso di traslocare, quella non era nemmeno la casa dei suoi zii. Prima di tutto il corridoio era arredato con gusto e poi c’erano tutte quelle foto con quelle persone che in teoria erano…
Quella non era sua madre?
Harry prese in mano una cornice e fissò la donna che, con un ampio sorriso, lo stava salutando assieme a un bambino dai capelli rossi.
E quello chi era?
Perplesso mise la foto al suo posto e scese per le scale guardandosi attorno.
Era tutto così… strano. Anche se quella forse non era proprio la parola esatta per descrivere quella situazione. Piuttosto era meglio definirla surreale.
Attirato da un delizioso profumino, Harry si diresse verso quella che si rivelò essere una sala da pranzo. Anche quella era piena di foto e una in particolare, appesa sulla parete centrale, attirò la sua attenzione.
Lui, i suoi genitori, il bambino dai capelli rossi che aveva visto prima e una deliziosa bambina con due grandi occhi azzurri: tutt’e cinque lo stavano salutando allegramente.
« Harry, era ora che ti svegliassi! » disse una voce facendolo voltare di scatto. « Metti via quella bacchetta e vai a buttare l’immondizia ».
Harry rimase pietrificato osservando la donna di fronte a lui.
Era… era sua madre!
Arretrò di un passo stringendo con più forza la bacchetta fra le mani.
C’era decisamente qualcosa che non andava.
« Tu… »
« Harry, per l’amor del cielo, vuoi smetterla di puntarmi addosso quella bacchetta? Sei sicuro di stare bene? »
Prima che se ne fosse reso conto la donna aveva annullato la distanza che c’era fra i due e aveva poggiato una mano sulla sua fronte.
Era una sensazione così strana eppure familiare.
Forse stava semplicemente sognando.
Ecco, era così: stava sognando.
E se quello era semplicemente un sogno, voleva goderselo il più possibile.
Prendendo di sorpresa sua madre, Harry l’abbracciò come se non avesse più intenzione di mollarla e tutto sommato era proprio ciò che desiderava: non doversi più staccare da lei.
« Ti voglio bene anch’io tesoro. Ma se pensi che questo mi farà cambiare idea, no Harry, domenica si va al picnic. Con Hermione e Ron potrai stare un’altra volta ».
Harry si staccò da sua madre e osservò quegli occhi verdi così simili ai suoi.
Se quello era davvero un sogno, non aveva urgenza d’incontrare i suoi migliori amici. E se per caso si fosse scoperto che non lo era, ben presto gli avrebbe rivisti, perché certamente qualcuno dell’Ordine della Fenice sarebbe venuto a cercarlo.
« Hai ragione, Hermione e Ron potrò vederli un’altra volta ».
Sua madre spalancò gli occhi sorpresa, poggiando nuovamente la mano sulla fronte del figlio. Harry le sorrise e gliela scostò.
« Sei sicuro di star bene? »
« Sì mamma, sicuro ».
Un trillo acuto che ricordava molto il timer di un forno, fece destare la donna, che si allontanò da lui avviandosi verso la cucina.
« Harry, la spazzatura… vicino all’ingresso ».
Harry non rispose e uscì dalla sala da pranzo.
Era proprio una bella casa quella dove viveva con i suoi genitori e poi gli era tutto così dannatamente familiare.
Afferrò il sacco della spazzatura e uscì fuori di casa, socchiudendo la porta, quasi spaventato di veder svanire tutto se l’avesse chiusa completamente.
Si avviò lungo il vialetto cercando con lo sguardo i bidoni della spazzatura, quando qualcosa lo travolse facendogli perdere l’equilibrio e facendo cadere entrambi a terra.
« Harry! » urlò quella che si rivelò una bambina. « Papà mi ha insegnato a volare! Adesso posso venire anch’io a giocare con voi a Quidditch ».
« Ma se papà è stato sulla scopa con te per tutto il tempo! » esclamò un ragazzo dai capelli rossi avvicinandosi ai due.
Se non fosse stato per la mancanza di lentiggini e la bassa statura avrebbe detto che si trattasse di Ron.
« Cattivo! » urlò la bambina scoppiando a piangere.
Harry, ancora placidamente disteso a terra con la bambina sullo stomaco, cercò di rialzarsi per farla smettere. Non capiva il perché, ma non gli piaceva che piangesse, lo faceva star male.
« Chris, non far piangere tua sorella! » disse un uomo avvicinandosi ai tre.
Quello era suo padre.
L’avrebbe riconosciuto fra mille, del resto non passava giorno in cui non gli dicessero quanto si somigliassero.
« Ma pa’… »
« Niente ma. Chiedi scusa a tua sorella! E tu, Evelyn, fai un po’ più di attenzione. Sei peggio di un bolide che ti arriva quando meno te l’aspetti » disse James ridacchiando.
Harry osservò suo padre scompigliare i capelli alla bambina e prenderla in braccio.
Poi gli porse una mano e gli sorrise.
Senza esitare Harry l’afferrò e si rialzò, cercando di sembrare il più naturale possibile mentre si ripuliva i pantaloni sporchi di terra. Afferrò il sacco della spazzatura e poi fece un sorriso a suo padre.
« Vado a buttare questo, torno subito ».
Non sapeva nemmeno lui perché l’avesse fatto, ma abbracciare suo padre in quel momento era la cosa più inappropriata da fare. Dunque semplicemente non la fece.
Con un rapido scatto raggiunse i bidoni dell’immondizia e, senza perdere di vista suo padre e quelli che dovevano essere suo fratello e sua sorella, ritornò di corsa da loro.
« Allora, tu e Margareth siete pronti a perdere? » domandò James, battendo paternamente una mano sulla spalla del figlio.
« Come scusa? »
Harry non riusciva a capire a cosa si riferisse. E come avrebbe potuto; era stato catapultato in una vita che da un lato sembrava appartenergli, ma dall’altro gli era completamente estranea.
« Non crederete mica di batterci nuovamente? L’ultima volta avete vinto solo per caso. Ne deve passare ancora di tempo prima che i mitici James Potter e Sirius Black si facciano superare a Quidditch dai propri figli! »
Quidditch!
Suo padre stava parlando di Quidditch, di una partita che evidentemente era in programma di essere disputata a breve.
Aveva nominato anche Sirius. Nel suo sogno – ammesso che si trattasse di un sogno – evidentemente non era finito ad Azkaban. Del resto, che motivo ci sarebbe stato? I suoi genitori erano vivi, nessun Codaliscia li aveva venduti a Voldemort.
Harry si rabbuiò pensando a quell’essere e suo padre dovette accorgersene, perché gli strinse la spalla più forte.
« Suvvia figliolo, so che avevi programmato di andare al mare con gli amici, ma le domeniche sono in famiglia. Sai che su questo non transigo ».
Harry rivolse lo sguardo verso suo padre: possibile che in quella vita la sua unica preoccupazione e amarezza fosse non poter passare la domenica con i suoi migliori amici?
Tirò un profondo respiro e cercò di sembrare il più naturale possibile agli occhi del padre. Sfoderò quello che sperava essere il suo miglior sorrisino strafottente e lo guardò negli occhi ironico.
« Hai ragione » disse Harry ridacchiando « e poi non vorrei mai perdere l’occasione di stracciare il mio vecchio a Quidditch. Presto anche tu sarai in grado di battere nostro padre » aggiunge poggiando una mano sulla testa della bambina accanto a sé, che altri non doveva essere che sua sorella.
« Ma guarda un po’ che figlio arrogante che ho! » proferì James, fingendosi indignato.
« Degno figlio di suo padre ».
Harry alzò lo sguardo e incontrò gli occhi vivaci di sua madre che li osservava con amore.
Sua sorella le corse in braccio e lei l’afferrò saldamente carezzandole i capelli con dolcezza.
« Su forza, tutti dentro. È pronto da mangiare ».
« Ho una fame da lupi! » esclamò suo fratello correndo in casa.
« Chris, le mani! Ricordati di lavarti le mani! » urlò Lily, sperando che il figlio la sentisse ancora.
James si avvicinò alla moglie e le diede un bacio affettuoso, poi insieme entrarono in casa. Harry li osservò per un attimo assorto, poi, resosi conto di essere rimasto indietro e spaventato di veder svanire tutto all’improvviso, corse in casa chiudendosi la porta alle spalle.
Vero o falso che fosse, aveva una famiglia e per ora avrebbe approfittato di ogni attimo per vivere quella vita che gli era stata negata sedici anni prima.



Continua…

   
 
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