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Autore: Fauna96    04/04/2013    1 recensioni
La storia di Jimmy, Gloria e Christian: tre anime inquiete che cercano di sopravvivere nel mondo, legate da un solo destino.
Dal prologo: "Jimmy si morse il labbro. Non era giusto. A nessuno importava di lui, solo perché aveva dieci anni!
Salì di corsa le scale, con gli occhi colmi di lacrime di rabbia. Che aveva fatto di male per essere trattato come un poppante? Sì, non era ancora adulto, ma non era nemmeno uno stupido moccioso!
- Jimmy -.
Sua sorella Gloria lo guardava dalla porta della camera, infagottata in un pigiama rosa. – Che è successo? -
***
Christian si asciugò le lacrime e cercò di guardare fuori dal finestrino: il quartiere industriale dove era nato e cresciuto era sparito; si accorse con stupore che stavano attraversando la strada del centro di Detroit. Ma dove erano diretti? Davanti a lui sfilavano palazzi e case di ogni forma, macchine, persone affaccendate che camminavano sui marciapiedi.
Finalmente giunsero a destinazione. Christian scese dalla macchina e osservò l’edificio che aveva davanti: somigliava a una scuola.
- Perché ci hanno portati qui? – chiese. Nessuno dei suoi fratelli rispose."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christian, Gloria, Jesus of Suburbia, St. Jimmy, Whatsername
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Holiday

1 Aprile 2004
Grande, rumorosa, caotica: fu così che si presentò la città agli occhio di Jimmy. Per un momento si sentì smarrito come un bambino... ma si riscosse subito. Che cazzo, lui era Jesus of Suburbia, non bastava certo una lurida città per spaventarlo.
Infilò la strada centrale accelerando e guardandosi intorno interessato. Grattacieli sfrecciavano vicini a lui, sfidando la gravità e il cielo. Macchine di ogni tipo ed età, da eleganti SUV a vecchie utilitarie non dissimili dalla sua.
Tanto per cominciare, poteva trovare qualcosa da mangiare, stava morendo di fame; poi si sarebbe potuto fare un giro e nel frattempo cercare un alberghetto, un ostello, un buco sotto un ponte... un posto dive riposarsi in sostanza. Le sue finanze non erano granché, certo... avrebbe anche potuto trovarsi un’amica e stare a lei... oppure si sarebbe arrangiato. Non era un tipo schizzinoso; dopotutto, chi si accontenta, gode.
Ok, se avesse trovato un parcheggio... Stava iniziando a irritarsi: neanche un posto libero. Cazzo, era in città da dieci minuti ed era già nevoso!
Alla fine si infilò in un parcheggio strapieno e con qualche colpo alle altre macchine riuscì a ritagliarsi un posteggio.
Il sole batteva forte su di lui e sull’asfalto mentre camminava sul marciapiede. Andava più lentamente del solito, per assorbire ben bene tutto ciò che vedeva. La gente accanto a lui aveva un’aria frettolosa, e solo pochi lo degnarono di un’occhiata.
Lo stomaco brontolava senza posa; Jimmy si guardò intorno, esitante. Non aveva voglia di infilarsi in un bar, per non parlare di un ristorante, ma aveva notato un banchetto che vendeva hot dog. Ne comprò due che divorò seduto sul piedistallo di una statua.
Si trovava in una larga piazza lastricata, colma di gente di qualunque etnia ed età: ragazzini dai vestiti colorati, venditori ambulanti africani e orientali, uomini d’affari... Una bambina gli corse davanti, con la coda di cavallo svolazzante. Jimmy avvertì un peso allo stomaco pensando a Gloria. Non la vedeva da un paio di giorni e avvertiva già la sua mancanza...
Si avvicinò al banchetto per chiedere una birra. Il tizio degli hot dog era un omino dalla pelle color caffè e piccoli occhi luminosi. – Sei appena arrivato qua, eh? – parlava un inglese perfetto, ma l’accento era ispanico.
Jimmy annuì, ingollando un sorso. – Sei qui per la parata? -.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia. – Che parata? –
- Non lo sai? Stasera, per celebrare le nostre vittorie in Medio Oriente, ci sarà una parata militare, con commemorazione dei caduti – fece un verso irrisorio. – E ovviamente ci sarà anche un banchetto gratis, ma non so quanto servirà – gli indicò la statua alle loro spalle.
Jimmy si guardò, osservandola bene. Rappresentava un monumento ai caduti: una donna, la Patria forse, teneva tra le braccia corpi di soldati. Ma la testa della donna era stata coperta da un sacchetto di plastica su cui qualcuno aveva scritto PUTTANA.
Jimmy si lasciò sfuggire un fischio sommesso. Governo di merda. Pensava che offrendo un po’ di divertimenti gratis, tutti avrebbero dimenticato tutto? Forse buona parte sì, ma non certo i familiari dei morti. Ci sarebbe sempre stato anche solo un misero un percento che avrebbe ricordato e protestato.
- Hanno fatto bene – commentò, indicando la statua. – Si sa chi è stato? –
- Macché! – rise l’uomo. – Una cosa è certa, però: chiunque sia, ha le palle -.
 
Jimmy inchiodò. E ora che c’era? Aveva fame (di nuovo), era stanco e voleva solo dormire. La gente iniziò a suonare il clacson e a scendere dalle macchine. Anche Jimmy scese, incazzato nero.
- E’ inutile scendere – fece un ragazzo vicino a lui. – Passa la parata -.
- Che me ne frega della parata! – ringhiò Jimmy. – Io voglio passare! -.
Il ragazzo alzò le spalle. – Hanno messo le transenne, non  so se quel macinino che hai riesce a buttarle giù. Senza offesa, eh -.
Jimmy lo fissò accigliato e lui scoppiò in una risata. – Dai, vuoi vedere la mia, di macchina? E’ peggio della tua! Comunque io sono Tunny, piacere -.
Gli tese la mano e Jimmy notò che portava un polsino con il simbolo anarchico. Era poco più basso di lui, con un viso largo, di quelli che tutti trovano simpatici. Jimmy esitò, incerto se presentarsi come Jimmy o  come... – Jesus – decise. Jimmy lo chiamavano solo sua madre e sua sorella... e loro non c’erano.
Tunny aggrottò la fronte. – Oh merda, mi stai dicendo che sei Gesù Cristo in persona? –
- Ma va! Secondo te perché cristo dovrebbe prendersi il disturbo di venire proprio da te? –
Tunny ridacchiò. – Per redimermi, ovvio. Figo, comunque, “Jesus”. Sai come avere il controllo della conversazione con un nome così. Vieni, dai -.
Lo trascinò tra le macchine ferme fino all’inizio della coda, dove c’erano le transenne. La strada era ancora deserta ma dietro ai suoi bordi c’era accalcata una sacco di gente.
Tunny sogghignò infilandosi una mano in tasca. Jimmy scalpitava, impaziente. Perché l’aveva portato lì davanti? Quel tipo non gli sembrava affatto filo – governo.
Qualcosa di bagnato gli scivolò lungo la punta del naso. Alzò il viso, stupito, e gocce di pioggia gli finirono negli occhi, si impigliarono nei capelli scuri. Cazzo, il suo primo giorno in città era stato veramente perfetto.
In lontananza, nonostante il rumore della pioggia già battente, si sentì una fanfara militare.
Jimmy notò improvvisamente che in prima fila, tra innocui nonnetti e bambini paffuti, c’erano parecchi ragazzi vestiti di pelle nera che si scambiavano sguardi complici.
La parata si avvicinava sempre di più... Jimmy si accorse di stare trattenendo il fiato, il corpo in tensione.
Poi, quando ormai la sfilata gli era davanti e lui cominciava a pensare che tutta quella suspence non aveva senso, una figura snella scavalcò una transenna e si parò di fronte ai militari. Era una ragazza bionda. Si rivolse alla folla: - Sapete perché fanno questo ridicolo balletto? Per nascondere il fatto che durante le operazioni cosiddette di pace, sono morti centinaia di soldati, senza contare le vittime civili. E’ il nostro governo che li ha uccisi -.
Un paio di poliziotti afferrarono la ragazza per le braccia, ma lei si divincolava tanto che furono costretti a gettarla per terra. Un mormorio rabbioso percorse la folla, ormai bagnata fradicia.
- Vi dà fastidio sentire la verità, sbirri? – gridò Tunny accanto a Jimmy. Con un movimento repentino, gettò qualcosa in mezzo alla sfilata. Una bomba carta. Poi diede un calcio alla transenna, e lo stesso fecero gli altri ragazzi.
In un  secondo, quella strada si tramutò in un inferno. Jimmy si ritrovò a boccheggiare là in mezzo, senza capire niente. Povero ragazzino, che credeva che i “disordini” provocati a Jingletown fossero il massimo della vita! Credeva di essere un uomo vissuto, e invece lì, all’interno di una vera battaglia, non sapeva che pesci pigliare. Cosa doveva fare? Partecipare o fuggire? E chi era il nemico?
Poi vide un ragazzino rannicchiato in terra, i vestiti e il viso macchiati di sangue, che veniva brutalmente preso a calci da un poliziotto. Non rifletté: si buttò avanti e spintonò con violenza l’uomo.
- Bastardo – ringhiò tra i denti. Magari quello lì aveva pure un figlio coetaneo di quel ragazzino... Si chinò e se lo prese sulle spalle per portarlo fuori da quella bolgia. Era leggero come una piuma.
- Jesus! – Con sua grande sorpresa, vide Tunny che correva verso di lui. – Stai bene, amico? Dobbiamo andarcene, se no ci ammazzano -. Aveva un occhio pesto e la bocca sanguinante, ma per il resto sembrava a posto. Jimmy lo seguì insieme a un gruppo di altri ragazzi malconci, che spesso si fermavano ad aiutare un amico.
Lo seguirono tra palazzi malandati e strade sporche, mentre il baccano si assottigliava sempre più. Jimmy aveva ormai il fiatone, il ragazzino che ciondolava dalla sua schiena. Improvvisamente, gli venne in mente la sua macchina. Cazzo, lo zaino con i soldi e tutto era là dentro! Merda.
A un certo punto, Tunny si fermò. – Oi, ci siamo tutti? –
Rispose un bofonchio collettivo che poteva essere sì come poteva essere no.
- Qualcuno ha visto mio fratello? – chiese una voce agitata. – Scottie! –
Jimmy si tolse delicatamente il ragazzo dalle spalle. – E’ lui? –
Il giovane che aveva parlato scattò in avanti. – Sì! – lo prese in braccio e gli diede uno schiaffetto. – Coglioncello, ci sei? Sei ancora tra noi? –
Scottie socchiuse gli occhi e mormorò qualcosa. Il fratello, visibilmente sollevato, fece un cenno a Jimmy. – Grazie, amico -.
- Ehi, dov’è quella pazza di Whatsername? –
Tunny fece un gesto con la mano. – Sai com’è fatta: se ne sarà andata per conto suo, come sempre -.
Piano piano il gruppo si sciolse, un po’ zoppicante.
Rimasero solo Jimmy e Tunny. Questi gli lanciò un’occhiata. – Non hai un posto dove dormire, vero? –
- Be’, no... – si strinse nelle spalle.
- Non importa: puoi stare da me quanto vuoi. Non c’è problema. Abito proprio qui -.
Il “qui” si rivelò essere un seminterrato di un palazzone, che consisteva in un salotto – cucina, una cameretta e un bagno. Jimmy fu sorpreso di veder troneggiare nel soggiorno una batteria, splendente e lucida, in pratica la cosa più pulita di tutta la casa.
- Suoni? – chiese stupito.
Tunny sorrise. – Già. Nel tempo libero. Comunque, puoi dormire sul divano. Tranquillo, io sto in camera mia, cos’ anche se russo non ti rompo -.
- Ok... grazie -.
Jimmy sedette sul divano che gemette un poco sotto il suo peso. Gli sarebbe venuto il mal di schiena, ma sempre meglio che dormire in macchina. O per terra, dato che la macchina non ce l’aveva più.
Tunny gli portò una coperta e una maglietta extralarge. – Così puoi cambiarti, sei ancora fradicio. Puoi anche farti la doccia, ma non sempre viene acqua calda -.
 
All’inizio era mia intenzione scrivere qualcosa di più allegro ma è venuto fuori così... Non è molto festaiolo come avrebbe dovuto essere. Il nome di Whatsername è scritto in corsivo perché dovete immaginare che sia pronunciato il suo vero nome; ma dato che noi stiamo frugando nei ricordi di Jimmy, sul suo nome ho immaginato ci fosse una specie di “cesura”... quindi mettete quello che più vi piace;) Ringrazio christine02 per essere passata... e... be’, sapete, non mangio i recensori XD Alla prossima!

  
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