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Autore: daemonlord89    05/04/2013    1 recensioni
Quando Jeremy riceve in eredità da suo zio una magnifica villa a Dover non riesce a crederci. Ma il dono è accompagnato da un misterioso messaggio, che lo zio ha voluto far pervenire solamente a lui, in privato. Qual è il significato della scritta sul biglietto di carta?
Un'avventura che porterà nel meraviglioso mondo del mare, per scoprire uno dei più grandi segreti che esso protegge.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le Cronache degli Abissi'
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Capitolo tredicesimo
Tradimento

 

La Mansell inc., Jeremy doveva ammetterlo, era ben attrezzata ed organizzata. Aveva mandato un elicottero direttamente ad Erston, per prelevare i quattro. Non c'era una pista di atterraggio ufficiale, ma sul promontorio dove si trovava villa Bent c'era spazio a sufficienza.
La trasvolata fino alla piattaforma, che si trovava in un punto a nord-est di Dover, più o meno all'altezza di Liverpool, era durata meno di un'ora.
Quando i quattro videro la loro destinazione in lontananza, un insieme di emozioni li colpì con la forza di un pugno: sapevano che là avrebbero incontrato il loro nemico faccia a faccia.
Jeremy guardò le onde; alla luce del sole il krill non avrebbe potuto illuminarsi, ma avrebbe volentieri scommesso sulla sua assenza in quelle zone.
Tornando a guardare la piattaforma, cominciò a domandarsi dove potevano essere tenute le balene; si trattava di una struttura piuttosto classica, un mostro di metallo sorretto da un'infinità di pilastri, che affondavano direttamente nel fondale marino.
L'elicottero la sorvolò per arrivare alla zona di atterraggio e i quattro ebbero modo di vedere una miriade di persone, poco più che formiche da quell'altezza, muoversi avanti e indietro freneticamente, impegnate nel loro lavoro.
Atterrarono sul tetto di un edificio molto grande, dove due uomini facevano segnalazioni al pilota. Andreas, abituato al silenzio totale degli abissi, fu oltremodo felice quando le eliche del mezzo smisero di ruotare impazzite e di fendere l'aria producendo il caratteristico rumore.
Uno dei due uomini che avevano guidato l'elicottero li salutò e si presentò come Benjamin. Dopo le strette di mano di rito, questi li accompagnò all'interno dell'edificio, passando per una porta in ferro che si apriva direttamente su delle scale in discesa.

Per la seconda volta Andreas ringraziò il cielo; l'interno era ancora più silenzioso, in quanto anche i rumori degli operai e delle macchine venivano smorzati da pareti insonorizzate. Scesero al piano inferiore, dove li attendeva un uomo.

Ad Annika il respiro si fece pesante, nell'osservarlo, e poté sentire che Nathan deglutiva per lo sgomento. Non si aspettavano di incontrarlo subito.
I giornali lo descrivevano come un uomo impeccabile ed attraente e, in quel momento, nessuno poteva negare queste affermazioni. Un completo grigio gli calzava a pennello, coprendo una camicia bianca. Delle scarpe camoscio eleganti completavano il quadro, non portava cravatte. I lunghi capelli neri erano raccolti in una coda che scendeva oltre le spalle, mentre un filo di barba ben curato incorniciava il viso, per terminare in un pizzetto che collegava mento e labbro inferiore.
Sorrideva.
Non c'erano dubbi, era Edward Mansell.

“Benvenuti, signori.” disse lui, con un mezzo inchino “E' un piacere avervi qui. Abbiamo sempre bisogno di nuovi operai.”
“Salve.” disse Jim. Si sentì uno stupido per aver liquidato il discorso con una sola parola, ma la presenza di quell'uomo gli incuteva timore. Mansell li guardò uno ad uno, con gli occhi castani penetranti, poi sorrise nuovamente.
“Signori, un po' di vitalità! Non siete finiti in un lager!”

No? Si domandò Nathan. I quattro si squadrarono, con uno sguardo eloquente: non avrebbero dovuto permettere ad Edward di prendere il controllo della situazione.
“Signor Mansell, mi creda, è un onore.” disse Annika “Come accennato nei curriculum, abbiamo lavorato per anni su una piattaforma che è stata smantellata. Non sa quanto le siamo grati dell'opportunità che ci sta offrendo.”
Mansell annuì. Stava funzionando.
“Possiamo discutere i termini del contratto?” chiese Jeremy.
“Non ora. Prima volevo farvi visitare la piattaforma, se siete d'accordo.”

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Per più di un'ora vagarono lungo corridoi e spazi aperti, visitando ogni angolo della struttura. Non potevano non ammettere che Edward Mansell fosse un ospite perfetto: descrisse tutto con dovizia di particolari, facendoli sentire come se già lavorassero lì da una vita.
Delle balene, purtroppo, nessuna traccia. In effetti, nessuno dei quattro vide nulla di sospetto e cominciarono a chiedersi se non avessero sbagliato i loro calcoli.
Mansell, alla fine, li portò nel suo ufficio personale, una stanza che stonava con il resto della piattaforma a causa della sua eleganza e del suo sfarzo.
Il direttore della società petrolifera girò attorno ad un tavolo in mogano e si sedette, invitando gli ospiti a fare altrettanto. C'erano quattro poltrone nella stanza, due direttamente davanti al tavolo e due ai lati.
Quando furono tutti seduti, Mansell offrì loro da fumare e da bere, ma nessuno se la sentiva. Erano agitati.
“No?” chiese Edward, ritirando i sigari “Peccato, mi avrebbe fatto piacere fumare in compagnia.” Si accese un cubano e una densa voluta di fumo scaturì dalla sua bocca, per essere assorbita da un sistema di areazione posto sul soffitto.
“Bene, signori.” continuò “Avete visto la piattaforma e ora sapete cosa facciamo qui.”
Tenne il sigaro con la mano sinistra, mentre la destra si appoggiava sul tavolo. Prima che qualcuno potesse accorgersi di qualcosa, premette un pulsante nascosto. Dai braccioli delle poltrone spuntarono delle bande in ferro, che bloccarono i polsi a Jeremy e agli altri. Stupiti e spaventati, cercarono di liberarsi.
“Ora gradirei sapere chi siete
davvero voi.” concluse Mansell.
“Cosa? Ma come..?” protestò Andreas.
“Mmm?
Ma come fai a sapere che non siamo operai? E' questo che vuoi dire? E' semplice. Non è stato un errore nelle lettere né nella vostra interpretazione di oggi, per quanto scarsa fosse.” sottolineò l'ultima parte con un ghigno “Il punto, vedete, è che avete commesso un errore di fiducia.”
“In che senso?” domandò Jim. In risposta alla sua domanda la porta alle sue spalle si aprì ed entrò una donna.

Tutti spalancarono gli occhi, vedendola raggiungere Mansell, per sedersi sulle sue gambe e baciarlo. La furia che montò in loro fu immensa, perché seppero di essere stati ingannati, traditi.

“Diana.” Jeremy ringhiò quel nome, mentre la governante lo fissava con scherno.
“Già, signor Axton. Immagino che ora tu abbia capito molte cose.” la donna, per la prima volta a memoria di Jim, usò il
tu nel rivolgersi a lui. D'altronde, ora era lei ad essere la padrona. Aveva ragione; si era più volte chiesto come avesse fatto Mansell a sapere dell'esistenza del flauto e ora l'aveva capito. Diana, la sua amante, aveva carpito il segreto da Amos, per poi riferirlo. Doveva concederglielo, aveva fatto un ottimo lavoro, ingannando tutti.
“Dove sono le balene?” chiese Nathan, in un impeto di rabbia. Aveva deciso, evidentemente, di giocare le sue carte.
“Non lo saprete mai.” fu la risposta. Ora Edward Mansell sembrava un'altra persona, non più un imprenditore, ma un criminale. Lo sguardo che aveva era uno sguardo assassino.
“Perché hai fatto tutto questo, maledetto?” rincarò Annika.
“Perché, mi chiedi? Secondo te, stupida? Per
soldi.”
“Stai distruggendo il mare, per i tuoi dannati soldi!”
“Che esagerazione. Si tratta di una piccola parte del mare.” rise “E niente,
niente, è più importante dei soldi: in pochi mesi sono passato dall'essere un consumatore medio ad occupare un posto di spicco nell'economia, tutto grazie a quello strumento musicale. Esiste forse qualcosa di più sublime?”
“Maledetto bastardo.” commentò Andreas.
“Ah! Ah! Uno sguardo minaccioso da un topo in gabbia. Patetico.”

“E ora, cosa farai?” domandò Jim, dopo attimi di silenzio.
“Intendi quali sono i miei piani per il futuro? Beh, posso anche rivelarli, poco m'importa.” quella frase fece gelare il sangue nelle vene a Jeremy. Se non gli importava di rivelare i piani, poteva voler dire solo una cosa: non aveva intenzione di lasciarli andare.
“Vedete, quando ho cominciato a richiamare le balene per il trasporto del petrolio la domanda era limitata ma ora, ora che sempre più gente mi conosce e conosce i miei prezzi, sono costretto ad allargarmi sempre di più. Ho
assunto” disse ridendo “sempre più cetacei e, a breve, costruirò altre piattaforme in altri luoghi del pianeta, per far fronte alle sempre più ingenti richieste. Ma non temete, non priverò gli oceani delle loro balene, solo piccole zone trascurabili.”
“Trascurabili? Sei un idiota! Niente è trascurabile!” inveì Falker “Distruggerai l'intero ecosistema marino!”
“Storie!”
“Storie? Tu sei pazzo!”
“Taci,
biologo. Avete avuto le vostre risposte, dovreste essere contenti. Non cercate di farmi cambiare idea, perché sarebbe tempo perso. E ora...”
Mansell premette un secondo pulsante e, in un attimo, entrarono due uomini. Indossavano giubbotti antiproiettile e imbracciavano dei fucili mitragliatori.
“Prendeteli.” ordinò Edward, indicando i quattro sulle poltrone “Portateli alle celle.”

Mentre, scortati da quei soldati, scendevano le scale, a Jeremy venne nuovamente da piangere. Era stato tradito, anche suo zio era stato tradito. Avevano fallito per colpa di una donna avida e meschina, cui importava solamente la sua fetta nell'affare del petrolio.
Ripeté mentalmente le parole che erano state pronunciate sulla
Dalia.
Esiste qualcosa di più squallido?

   
 
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