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Autore: Beauty    05/04/2013    11 recensioni
E' il 1912. Sulla nave dei sogni si intrecciano i destini di Emma Swann, Regina Mills, Archie Hopper, Ruby Lucas, Mary Margaret Blanchard, il signor Gold, Belle French, Jefferson e molti altri, mentre il Titanic si avvia verso il suo tragico destino.
Chi sopravviverà?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Emma Swan, Ruby/Cappuccetto Rosso, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era tutto molto imbarazzante. E dire che non avrebbe mai pensato di sentirsi in imbarazzo con Archie.
Ruby si scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre il vento scompigliava gli altri ciuffi. Era quasi il tramonto, e il sole all’orizzonte scompariva oltre la linea dell’oceano. Quell’11 aprile era quasi terminato; meno tre, pensò Ruby. Mancavano poco più di tre giorni all’arrivo a New York. Presto sarebbe sbarcata in America. L’idea le trasmetteva un poco di ansia.
Fino a che si trovava sul Titanic, era come se stesse camminando in una zona priva di tempo e di spazio. Nulla sarebbe potuto succedere; nulla che avrebbe potuto sconvolgere o cambiare radicalmente la sua vita sarebbe potuto accadere, fintantoché il viaggio proseguiva. Ma quando sarebbe arrivata in America, beh, lì sarebbe stata tutta un’altra musica: lei e sua nonna sarebbero dovute ripartire da zero, completamente. Non avevano denaro, loro non erano come le passeggere di prima classe che potevano contare su una rendita a vita o su di un marito facoltoso che le manteneva.
La paura stava proprio in questo: nell’ignoto. Quel viaggio era stato un azzardo non da poco, ma cos’altro avrebbero potuto fare, dopo la vendita del Bed & Breakfast? Si trattava di scegliere. Due possibilità: restare a Southampton e morire in mezzo a una strada, oppure imbarcarsi alla cieca per New York, nella speranza di trovare delle migliori prospettive.
L’incertezza, però, le gravava sul capo come un macigno.
Ruby in quel momento aveva paura di tutto. E dire che non ne aveva mai avuta di niente!
Tranne, beh, diventare come sua madre, ovvio…
Guardò Archie: il dottor Hopper si chinò un poco, accarezzando la testa di Pongo. Il dalmata scosse il capo; Ruby sorrise, accarezzandogli a sua volta il pelo.
- Sembra nervoso…- osservò.
- E’ per il vento - spiegò Archie.- Il signorino è delicato, anche un po’ d’aria lo infastidisce!- ridacchiò.
Ruby sorrise, continuando a camminare. Ormai, i suoi incontri con Archie erano diventati regolari senza che fra i due ci fosse stato alcun tipo di accordo. Lui conosceva a memoria i suoi orari, e lei lo andava a trovare sul ponte di terza classe durante le pause fra un turno e un altro.
Si sentiva bene, con lui; a proprio agio. Tranne quel giorno.
- Senti, mi dispiace per mia nonna…- si decise infine a dire, tagliando la testa al toro. - E’ che…lei è molto protettiva nei miei confronti…
- Già, l’ho notato…- ridacchiò Archie, massaggiandosi il collo con una mano. Ruby fece un sorrisetto incerto, distogliendo lo sguardo. Si chiese se avrebbe avuto modo di rivedere il dottor Hopper, una volta sbarcati.
- Mi dispiace che ti abbia…beh, minacciato - soffiò.- Ma sai, dopo quello che è successo a mia madre, è diventata ancora più ansiosa…
- Non preoccuparti - fece Archie, togliendosi per un attimo gli occhiali dal naso per poi rimetterseli un secondo dopo.- La capisco…dev’essere dura, aver perso una figlia…
- Non è solo per quello.
Archie la guardò: Ruby sembrava in difficoltà, come se stesse per ammettere qualcosa di spiacevole.
- Vedi…mia madre non era molto…beh, diciamo che non aveva tutte le rotelle a posto - Ruby rise forzatamente.
- Era malata?
- Più o meno. In un certo senso. Aveva una cosa del tipo il complesso di Edipo, per intenderci…era malata nella testa - Ruby indicò brevemente il proprio capo.- Soffriva di depressione, almeno così ci hanno detto. Quand’ero piccola non me ne rendevo bene conto, ma poi crescendo…
Ruby si bloccò, imbarazzata e profondamente a disagio. Si sentiva come se stesse confessando un peccato. I panni sporchi si lavano in casa!, le ripeteva sempre sua nonna, e aveva ragione. Eppure, con Archie tutto pareva essere diverso. Più semplice. Non c’erano lenzuola sporche da nascondere.
Il dottor Hopper le sorrise, prendendole dolcemente una mano per rassicurarla. Ruby ricambiò il sorriso, inspirando a fondo.
- A quanto pare ha sempre avuto di questi…disturbi. Ma dopo che mio padre ha combinato il guaio - s’indicò, - e l’ha mollata, beh…è peggiorata di molto. La nonna mi ha raccontato che stava delle giornate intere senza uscire dalla sua stanza, mangiava come un uccellino, piangeva sempre…Aveva anche delle tendenze autolesioniste…E poi, quando avevo tredici anni…
Ruby deglutì, incapace di continuare. Non le andava di raccontare ad Archie i particolari della morte di sua madre, di come lei e sua nonna erano entrate nella sua stanza una mattina e l’avevano trovata riversa sul letto, i polsi tagliati, le lenzuola imbrattate di sangue…Non voleva raccontare di quante volte aveva pianto, di come si era spesso chiesta se anche lei non fosse pazza come sua madre…
Tu non sei lei. Lei era malata, non tu. Lei era Anita, tu sei Ruby. Sei Ruby. Non sei Anita. Ruby!
- E’ per questo che mia nonna ha queste tendenze da mastino nei miei confronti - concluse, sperando in questo modo di mettere una toppa sull’intera faccenda.
Il dottor Hopper comprese al volo, e le sorrise, stringendole la mano.
- Immagino che sia una peculiarità di tutte le nonne. Credo che se anch’io avessi una nipote, minaccerei chiunque le si avvicinasse.
Ruby rise, una risata liberatoria, sentendosi il cuore più leggero. Di nuovo guardò Archie: non le sembrava nemmeno concepibile la possibilità che, giunti a New York, le loro strade si sarebbero divise.
 

***

 
- Maledizione!
Belle si riscosse improvvisamente quando udì l’imprecazione lanciata a gran voce a poca distanza da lei, e sollevò il capo, cancellando le ultime tracce di pianto con un rapido gesto della mano. A pochi metri da dove era seduta c’era una ragazza all’incirca della sua stessa età, non molto alta, bionda e con un grazioso viso a cuore. Era ancora molto giovane, ma l’abito color lavanda che le stringeva sul ventre lasciava intendere fin troppo bene che fosse incinta, e anche parecchio avanti con la gravidanza. La bionda digrignò i denti, raccogliendo da un cesto del bucato delle lenzuola che si erano aggrovigliate su se stesse, tentando di districare i nodi. Belle la osservò armeggiare rabbiosamente per qualche minuto, chiedendosi se fosse il caso di andare in suo aiuto oppure no. Era incinta, non avrebbe dovuto agitarsi in quel modo, per delle lenzuola, poi!; ma era anche vero che lei si era rifugiata proprio nell’angolo più remoto del ponte di terza classe affinché nessuno la scoprisse mentre stava piangendo, e aveva un livido all’altezza dello zigomo che avrebbe di gran lunga evitato di mostrare al pubblico.
A farla decidere di intervenire fu un gemito di dolore della ragazza; Belle la vide lasciar cadere a terra le lenzuola per poi piegarsi in due, stringendosi il ventre con le mani.
Non ci pensò più e corse verso di lei, afferrandole un braccio.
- Siediti!- soffiò, tentando di farla accomodare su uno sgabello poco distante.
- No…- ansimò la bionda.- Non è niente…sto bene…
- No che non stai bene!- protestò Belle.
La bionda scosse il capo; le due ragazze udirono dei passi avvicinarsi di corsa. Prima che Belle potesse sollevare il capo per vedere chi fosse, una ragazza di circa vent’anni, con un incarnato pallido e dei capelli neri tagliati molto corti, stretta in un modesto abito marroncino e uno scialle sulle spalle si precipitò verso di loro, prendendo l’altro braccio della bionda e passandole una mano dietro la schiena, aiutando Belle a metterla seduta.
La bionda sbuffò, quindi fece dei profondi respiri, ansimando finché il suo fiato non tornò regolare.
- Grazie…- soffiò, regalando uno sguardo grato prima all’una poi all’altra.
- Ti senti male?- fece la mora, preoccupata.- Vuoi che chiamiamo un medico?
- No, non ce n’è bisogno…- ribatté la bionda, cupa, tentando di rimettersi in piedi.- Grazie per l’aiuto…ora lasciatemi finire di stendere il bucato…
- Assolutamente no!- disse Belle, categorica, trattenendola.- Sei incinta, non dovresti nemmeno essere qui a spaccarti la schiena…
- Non può farlo Sean?- s’informò l’altra ragazza. La bionda scosse il capo. - Dov’è ora?
- In cabina. Era stanco, ho preferito lasciarlo dormire…
- Non è un buon motivo per fare questi sforzi nelle tue condizioni!- fece Belle.
- Ha ragione, Ashley…- soffiò la mora.
Belle la guardò.
- Sei sua sorella?- domandò.
- Oh, no!- fece l’altra.- No, io…ci siamo conosciute sul ponte il giorno della partenza…- le tese una mano. - Io sono Mary Margaret Blanchard. Lei è Ashley. Ashley Herman.
- Ashley Boyd, a dire il vero - la corresse la bionda.- Futura signora Herman, si spera.
A Belle bastò quella semplice frase, più una rapida occhiata agli abiti della ragazza e al suo pancione per capire al volo la situazione.
- E tu?
- Belle French, molto piacere di conoscervi - sorrise la ragazza.
- Belle…- ripeté Ashley.- Che nome carino…- commentò, accarezzandosi il pancione.
Belle e Mary Margaret la guardarono.
- Era una doglia, quella?- fece la bruna, chinandosi un poco.
Ashley annuì; gli occhi le si riempirono di lacrime.
- E’ la seconda…- soffiò, con la voce rotta.- Due giorni fa ne ho sentita un’altra…
- E’ normale, al nono mese di gravidanza…- tentò di rassicurarla Mary Margaret, accarezzandole una mano. - L’importante è che non siano troppo ravvicinate…
- Lo so - singhiozzò Ashley.- Ma vuol dire che manca poco…
Belle s’inginocchiò accanto a lei, posandole una mano sulla spalla.
- Sta’ tranquilla - sussurrò.- Non c’è nulla di cui preoccuparsi…c’è il medico di bordo, nel caso il bimbo decidesse di nascere durante il viaggio. Ci penseremo noi due ad avvertirlo…- aggiunse, scoccando un’occhiata d’intesa a Mary Margaret, la quale annuì con decisione.
- Grazie…- Ashley si asciugò le lacrime, ma la sua voce rimase incrinata.- Scusatemi, voi siete state così gentili, e io…scusate…è che…Dio, è tutto così complicato!- singhiozzò.
Mary Margaret le cinse le spalle con un braccio.
- Ho una paura del diavolo, dannazione!- esclamò Ashley.- Non voglio che il bambino nasca a bordo…Non è giusto. Non può nascere qui, non voglio che la prima cosa che veda sia una schifosa cabina di terza classe dove ci sono i topi e…
- Vedrai che andrà tutto bene…- provò a dire Belle, mordendosi il labbro inferiore.
- Non si merita tutto questo! Che colpa ne ha lui se sua madre è una puttana?!- sbottò Ashley. Mary Margaret la guardò, scandalizzata.
- Ashley, ma che dici?!- la rimproverò.- Tu non sei una puttana!
- E invece sì! Come la chiamereste voi una cameriera che si fa mettere incinta dal figlio del padrone di casa senza essere sposata?- singhiozzò la bionda.- E’ colpa mia se siamo in questo stato! Il padre si Sean ci ha sbattuti fuori, la sua famiglia l’ha allontanato, io sono incinta, ci siamo venduti anche i capelli per questo schifo e non sappiamo nemmeno se a New York riusciremo a…- Ashley s’interruppe, riprendendo a singhiozzare, incapace di continuare.
Le altre due ragazze si guardarono negli occhi, incerte su cosa fare.
- Tutto si sistemerà per il meglio, vedrai!- dichiarò infine Belle.- Sono sicura che a New York tu e il tuo fidanzato riuscirete a trovare una casa e un lavoro. Il piccolo starà bene, sta’ tranquilla…- Belle le sorrise, un po’ rincuorata quando vide che Ashley aveva smesso di piangere.- D’altronde, se dicono che l’America è il luogo delle grandi occasioni, ci sarà un perché, no?- quest’ultima frase, oltre che per Ashley, la pronunciò anche un poco per se stessa.
La bionda annuì, abbozzando un sorriso. Mary Margaret guardò le due ragazze: i loro abiti e il loro atteggiamento rivelavano molto di loro. Così come Ashley, anche quella Belle French doveva viaggiare in terza classe. Indossava un semplice abito azzurro un po’ sgualcito, ma comunque dignitoso. E, se si trovava su quella nave, certamente e a maggior ragione se viaggiava in terza, non doveva essersi lasciata alle spalle una realtà molto felice, e stava andando incontro a un futuro incerto. Mary Margaret si sentì improvvisamente in colpa: dopo che la sua matrigna l’aveva cacciata di casa, anche lei si era dovuta rimboccare le maniche e darsi da fare, ma ora se non altro sapeva di stare andando incontro a una vita migliore.
Per Belle e Ashley, invece, il futuro era un’incognita spaventosa. Non sapevano cosa le avrebbe aspettate a New York: l’una aveva sulle spalle anche la responsabilità di un bambino, e l’altra…beh, a giudicare da quel vistoso livido all’altezza dello zigomo, neppure ora doveva avere vita facile.
Mary Margaret fece un cenno a Belle, ed entrambe aiutarono Ashley a rialzarsi.
- Ora ti riaccompagniamo alla tua cabina…- disse Belle.
Ashley aprì la bocca per protestare.
- Poche storie!- la liquidò Mary Margaret prima che potesse dire alcunché. La bionda richiuse la bocca, rassegnata; Belle si lasciò sfuggire una risatina divertita.
La mora la guardò.
- Se non sono indiscreta…posso chiederti cosa hai fatto all’occhio?- chiese.
Belle arrossì vistosamente, distogliendo lo sguardo.
- Nulla…- soffiò.- Ho…ho sbattuto contro la porta della mia cabina…- balbettò, raccontando la prima scusa che le venne in mente. Sperò vivamente che la mora ci credesse e non le facesse più domande. Non poteva certo dire che la promessa di suo padre di gonfiarla di botte era stata mantenuta.
Aveva lasciato il signor Gold quando si era assicurata che stesse meglio, e se ne era tornata in seconda classe, ben decisa a non avere più alcun contatto con quell’uomo. Le aveva procurato solo guai, da quando l’aveva incontrato.
Tuttavia, non aveva fatto in tempo ad aprire la porta della cabina che Moe le era volato addosso, per nulla dimentico delle minacce di quella mattina. Fortunatamente non aveva scoperto con chi era stata tutto quel tempo, ma il fatto che lei fosse andata a chiedere scusa a Gold per il loro litigio gli bruciava ancora. L’aveva riempita di schiaffi e pugni, prima di uscire dalla cabina e abbandonarla distesa sul pavimento. A quel punto, Belle era scappata sul ponte per poter piangere in pace.
Moe ormai non era più gestibile, su nessun fronte. Belle si chiese se non fosse meglio per lei lasciarlo al suo destino e andarsene non appena fossero giunti a New York, ma subito si rimproverò per quel pensiero, vergognandosi di se stessa. Era pur sempre suo padre, in fondo! Gli voleva bene, e non poteva abbandonarlo. E poi, se anche l’avesse fatto, Moe l’avrebbe subito trovata e allora sì che sarebbero stati dolori.
Una volta, quando aveva sedici anni e sua madre era ancora viva, Belle aveva provato a scappare di casa. Suo padre aveva alzato le mani su sua madre e su di lei, ma Mary French, invece di difendere entrambe, si era limitata a subire passivamente, prendendo addirittura le difese di Moe quando Belle aveva tentato di ribellarsi a lui. A quel punto, non ce l’aveva fatta più ed era scappata.
Era stata una fuga abbastanza stupida, la sua. Si era limitata a divincolarsi dalla presa di suo padre e a uscire dalla porta d’ingresso più veloce del vento. Senza aver programmato nulla, senza aver preso con sé un po’ di denaro, o di cibo o vestiti. Sapeva che non sarebbe andata troppo lontano, con quella fuga improvvisata. Eppure, era riuscita a giungere fino a quasi il confine di Southampton, ai bordi della periferia dove viveva. Qui, però, un amico di suo padre l’aveva riconosciuta, riacciuffata e riportata a casa.
Casa da cui Belle era riuscita a uscire reggendosi sulle sue gambe solo una settimana dopo, con le braccia e i polpacci illividiti dalle cinghiate.
Non c’era speranza, per lei, di lasciare Moe. Tutto quello che doveva fare, in quel momento, era cercare di non farlo infuriare. E soprattutto, stare lontana dal signor Gold.
 

***

 
Regina Mills non era per niente felice che suo figlio intrecciasse delle amicizie con la feccia della terza classe, ma aveva deciso di lasciar correre dal momento che si trattava di una situazione temporanea. Con ogni probabilità, una volta giunti a New York, Henry non avrebbe mai più rivisto quella bambina.
- Signorina Swann, io ho un appuntamento con il signor Andrews e il capitano Smith fra dieci minuti. Confido che lei sarà in grado di badare a mio figlio e alla sua…amica per un paio d’ore - fece, scoccando un’occhiata a Grace, un’occhiata che comprendeva anche il suo abitino di seconda mano e le scarpette lise.
Emma annuì.
- Certamente, signora Mills.
- Bene, allora. Capitano, Graham, vogliamo andare?- propose Regina, ammiccando in direzione del capitano. Graham fece un sorriso forzato, offrendole il braccio.- Ci vediamo fra un paio d’ore. Divertiti, Henry!- augurò, prima di allontanarsi.
Graham voltò il capo, scoccando un’occhiata rassegnata e disperata a Emma, la quale trattenne un risolino.
Henry scoccò un’occhiata di sottecchi a Grace: la bambina si guardava intorno con gli occhi sgranati, sussultando di meraviglia ogni volta che il suo sguardo incrociava il lungo tappeto rosso o le lampade di cristallo nel corridoio di prima classe. Quando Emma aprì la porta della cabina perché potessero entrare, il suo stupore raggiunse vette inesplorate, tanto che Henry temette fosse sul punto di svenire.
Quando il suo nuovo amico l’aveva invitata nella sua cabina per giocare, Grace aveva cercato di figurarsi come fosse la prima classe. Se l’era immaginata grande, almeno due o tre volte di più della stanzetta che condivideva insieme a suo padre a bordo del Titanic, ma la sua fantasia si era fermata lì.
E invece…
- Questo è un castello, non una cabina di una nave!- commentò, seguendo Henry come un cagnolino mentre lui la guidava in quella che era la sua camera. Emma sorrise.
- Fate i bravi, d’accordo?- fece, ricevendo un affermativo e sbrigativo cenno del capo da parte di suo figlio.
Henry e Grace sgattaiolarono nell’altra stanza, lasciandola sola.
 

***

 
Il sole stava tramontando.
Mary Margaret si appoggiò alla balaustra della nave, chiudendo gli occhi e lasciando che il vento della sera le scompigliasse i corti capelli neri. Aveva aiutato Belle a riaccompagnare Ashley nella sua cabina, ma la ragazza non aveva voluto dire nulla al suo fidanzato, e le aveva implorate con lo sguardo di tacere. Mary Margaret non riusciva a comprendere il perché di tutti questi sotterfugi; era sempre stata dell’idea che non si dovesse nascondere nulla alla persona che si amava, specialmente se di mezzo c’era anche un bambino. Si chiese se anche lei un giorno avrebbe mai avuto un figlio.
- Mary Margaret!
La ragazza si voltò al sentirsi chiamare, ma ancor prima di vedere chi fosse aveva già riconosciuto la voce. Si costrinse ad aprirsi in un sorriso che voleva essere nulla più che educato, quando vide David Nolan correrle incontro.
- Buona sera, signor Nolan - salutò cortesemente.- Come sta sua moglie?
Il sorriso di David si gelò all’istante. Ignorò la domanda.
- Credevo che avessimo stabilito di darci del tu…
- Non ricordo questo particolare.
- Beh, in tal caso, cominciamo da ora!- David sorrise, imbarazzato.
Mary Margaret annuì, guardandosi intorno alla disperata ricerca di un argomento di conversazione.
- Uno splendido tramonto, non trovi?- buttò lì dopo qualche istante.
- Già…davvero molto bello…
David Nolan aveva tutta l’aria di una tigre in gabbia. Ci vollero diversi istanti di silenzio, imbarazzato da una parte e sostenuto dall’altra, prima che si decidesse a parlare.
- Spero di non aver fatto nulla che ti abbia offesa…- mormorò.- Se è così, allora permettimi di dirti che non è stato affatto…
- Dipende cosa intendi per offesa - lo freddò Mary Margaret.- Se con questo vuoi dire l’avermi invitata a pranzo ed essere stato gentile con me, allora no. Se invece ti riferisci al fatto che mi stai corteggiando pur avendo una moglie che ti attende da qualche parte, in questo caso…
- Mi dispiace!- si affrettò a dire David.- E’ che…vedi…- balbettò, imbarazzato.- Fra me e mia moglie le cose non vanno molto bene…
- E corteggiare un’altra donna ti sembra il modo migliore per far funzionare il vostro rapporto?
- No! Voglio dire…non è così semplice come sembra…- spiegò.- Vedi, qualche tempo fa io…sono stato malato.
Mary Margaret sgranò impercettibilmente gli occhi.
- E…beh, la mia memoria ne ha risentito - proseguì David.- Non riesco a…non riesco a ricordarmi di Kathryn. Non riesco a ricordare come ci siamo conosciuti, il giorno del nostro matrimonio…non ricordo nemmeno perché le ho chiesto di sposarmi…cosa mi ha fatto innamorare di lei…
Mary Margaret non rispose, chinando il capo. Quello era tutto un altro paio di maniche; la situazione cambiava. Ma ciò non voleva dire che lei dovesse ridursi alla stregua di una concubina. David Nolan…beh, doveva ammettere che la faceva sentire strana. Come non si era mai sentita accanto a un uomo. Ma lui era sposato, e lei rimaneva pur sempre una donna onesta.
- Forse, se provassi a stare un po’ di più con lei…
- Perché credi che abbiamo deciso di intraprendere questo viaggio?- fece David, tristemente.- E’ l’ultima possibilità per salvare il nostro matrimonio.
- E allora non dovresti sprecarla insieme a me!- sbottò Mary Margaret, voltandosi e iniziando ad allontanarsi. Udì i passi di corsa di David Nolan raggiungerla alle spalle, e si sentì salire le lacrime agli occhi.
- Mary Margaret, aspetta!- chiamò l’uomo; la raggiunse, facendola voltare affinché lo guardasse negli occhi.- Non è come pensi…- soffiò.- Io…io non sto con te per fare un dispetto a mia moglie, o…
- Ah! Allora ammetti quello che stai cercando di fare!- sbottò Mary Margaret, divincolandosi.- Tu devi starmi lontano, David!- fece, con la voce incrinata.- Non possiamo fare questo! E’ sbagliato! Lo capisci, questo?
David scosse il capo, avvicinandosi a lei.
- E’ sbagliato amare qualcuno?
Senza che Mary Margaret si opponesse, le prese il volto fra le mani e la baciò; lei ricambiò il bacio, teneramente, imponendosi di non pensare alle conseguenze di ciò che stava facendo, mentre il sole tramontava sull’oceano.
 

***

 
- Mi sento come una principessa!- rise Grace, provandosi uno dei cappellini di Regina. Henry rise, liberandosi da uno dei corsetti della madre che aveva indossato fingendo che fosse un’armatura.
Era quasi sera, e Grace gli aveva detto che suo padre la rivoleva in cabina prima dell’ora di cena. Avevano trascorso un bel pomeriggio, insieme, a ridere e giocare. Henry non aveva mai visto una bambina più meravigliata di Grace di fronte a tutte quelle cose.
La sua nuova amica aveva trascorso più di mezz’ora solo a guardarsi intorno con aria stupita e spaesata, e quando avevano iniziato a giocare prendeva in mano i suoi balocchi come se temesse di romperli.
Era chiaro che in tutta la sua vita non avesse mai nemmeno visto cose del genere. E ora, di fronte agli abiti eleganti di sua madre, si sentiva come una principessa.
Henry ebbe un’improvvisa idea. Si alzò dal pavimento, volgendo lo sguardo poco più distante, sulla cassaforte della cabina. Sua madre teneva là dentro tutti i gioielli e gli oggetti di valore; in genere la chiudeva a chiave, ma quel giorno aveva affidato questo compito a Emma. E a Henry non pareva di averla vista armeggiare con il lucchetto.
Fece cenno a Grace di seguirlo; la bambina ubbidì, sconcertata, con ancora il cappellino sul capo. Henry afferrò una sedia e vi salì, gioendo quando trovò la cassaforte aperta. Aprì lo sportello.
- Che stai facendo?- s’informò Grace, bisbigliando; non sapeva perché, ma aveva la sensazione che stessero facendo qualcosa di proibito.
- Ti faccio sembrare una vera principessa!- ridacchiò Henry.
Grace lo guardò senza capire; il bambino saltò giù dalla sedia: in mano reggeva una splendida collana con un medaglione in cui era incastonata una pietra preziosa blu scuro. Gli occhi di Grace brillarono.
- Wow!- sospirò.- E’ un diamante, quello?
- La mia mamma dice di sì…- fece Henry.- Dice che si chiama il cuore dell’oceano. Dai, voltati, vediamo come ti sta…
Grace ridacchiò, ubbidendo. Henry armeggiò un po’ con il gancetto, prima di riuscire ad allacciarle il gioiello al collo. La bambina saltellò di felicità.
- Stai attenta, mia madre ci tiene molto…- sussurrò Henry.
- Che bello!- esultò Grace.- Ora mi sento davvero una principessa…
Henry sorrise, imbarazzato.
- Chissà cosa dirà il mio papà quando glielo racconterò…
 

***

 
Mary Margaret chiuse la porta alle sue spalle, scendendo le scale che conducevano alla seconda classe.
- Che piacere rivederla, signorina Blanchard!- esclamò una voce alle sue spalle.
Mary Margaret si voltò, incrociando gli occhi grigi e il sorrisetto beffardo del dottor Whale. La sua espressione un secondo prima sognante si tramutò in vero e proprio fastidio.
- Dottor Whale - salutò, con un cenno del capo.- Ero convinta che lei viaggiasse in prima…
- E’ così, infatti. Ma a quanto pare parecchia gente qua sopra soffre il mal di mare. Temo che il mio viaggio di piacere si sia trasformato in una trasferta di lavoro…
- Sono desolata - fece Mary Margaret in tono puramente cortese, prima di riprendere a scendere le scale.
- Non si può dire lo stesso di lei…
Mary Margaret si gelò; si voltò lentamente, squadrandolo come se volesse ucciderlo.
- Prego?
- Il signor Nolan sta allietando il suo viaggio, mi pare di aver capito…- ghignò il dottor Whale. Mary Margaret arrossì vistosamente, guardandolo con rabbia mentre risaliva velocemente le scale andandole incontro.
- Mi ha spiata?!
- Assolutamente no, signorina Blanchard. Udire casualmente una conversazione non significa spiare.
- Beh, la prossima volta le sarei infinitamente grata se rivolgesse la sua attenzione uditiva da qualche altra parte!- ringhiò Mary Margaret; quell’individuo non le era piaciuto sin dal primo momento che si era presentato, e ora il fatto che fosse a conoscenza dei suoi affari la irritava. Si trattava di questioni private, dopotutto…
…oppure era solo coscienza sporca?
Il dottor Whale smise immediatamente il suo sorriso, assumendo un’aria tanto dispiaciuta da apparire quasi sincera.
- Chiedo scusa, signorina - disse, con un lieve cenno del capo. - Non intendevo impicciarmi od offenderla.
Mary Margaret non rispose, indecisa se andarsene o no.
- Ma…- aggiunse un attimo dopo il dottor Whale.- Mi permetta di darle un consiglio…- si schiarì la voce.- Conosco gli uomini come il signor Nolan…e ammetto che anche io stesso faccio parte della categoria. E ho visto cosa succede alle giovani che si imbarcano in storie come questa. Stia attenta, signorina Blanchard…
Mary Margaret arrossì nuovamente, stavolta di rabbia.
- Ma come si permette, lei, di dirmi cosa devo o non devo fare?!
- E infatti non le sto dando un ordine. Il mio è solo un consiglio - il dottor Whale la guardò.- Lei sa che questa storia non ha futuro, signorina Blanchard. Lasci perdere, finché è in tempo. Lo dico per il suo bene.
- Può tenersi i suoi consigli per sé, grazie!- ringhiò Mary Margaret. Si voltò, riprendendo a scendere le scale, stizzita, lasciandosi il dottor Whale alle spalle.
 

***

 
Regina Mills si sentì parecchio sollevata quando, rientrando nella sua cabina al braccio del capitano Graham, non trovò più l’amica di Henry. Annotò mentalmente di tenere un discorsetto a suo figlio sui criteri con cui scegliersi le amicizie.
Vi trovò invece il bambino e la sua tata, più una cameriera con lunghi capelli castani che aveva appena terminato di sistemare su un tavolino l’occorrente per un leggero thé prima della cena.
Regina sorrise, liberandosi dei guanti di pizzo bianco.
- Cielo, è stato più tedioso di quanto immaginassi!- commentò.- Non è vero, capitano Graham?
- In effetti, non ho avuto il piacere di ascoltare nulla di diverso rispetto a quanto detto durante la chiacchierata di stamattina…- convenne l’uomo.
- Quanto ha ragione! Dico io: sappiamo tutti che il Titanic è inaffondabile, che bisogno c’è di ricordarcelo a ogni frase?- rise Regina.- Lei che ne pensa, signorina Swann?
Emma fece un piccolo sorriso, annuendo lievemente in segno di assenso. Graham le scoccò un’occhiata complice.
- Ah, signorina Swann, dimenticavo di dirglielo!- fece d’un tratto Regina.- Domattina io e mio figlio ci recheremo a messa, dopodiché Henry pranzerà con me. Può ritenersi libera fino alle tre del pomeriggio.
- Grazie, signora Mills.
- Lei parteciperà alla funzione, capitano?
- Desolato, signora Mills, ma il dovere mi chiama altrove, domani - rispose Graham.
- Oh, che peccato!- esclamò Regina.- Posso contare allora di averla con noi per il thé?
- Naturalmente. Sarà un vero piacere. Ora, scusatemi, ma devo proprio scappare. Buona notte, signora Mills. Signorina Swann, Henry - Graham fece un cenno con il capo a tutti e tre in segno di saluto.
- Aspetti, capitano! L’accompagno alla porta - si offrì Emma, guadagnandosi uno sguardo compiaciuto da parte di Regina. Chissà, pensò, forse ambiva a trasformarla in una cameriera…
Emma accompagnò Graham fino all’uscita. Il capitano avvicinò il proprio volto al suo, prima che Emma chiudesse la porta.
- A dire il vero, non c’è alcuno dovere che mi chiama, domani - sussurrò.- Semplicemente non amo molto le litanie e le prediche apocalittiche. Sono libero fino a…diciamo, le tre del pomeriggio - ridacchiò.- Mi piacerebbe godere della sua compagnia, prima che io debba recarmi a un tedioso thé.
Emma annuì, sorridendo, prima di chiudere la porta.
 

***

 
Regina congedò la cameriera con un gesto della mano. La ragazza fece una breve riverenza in segno di saluto, sistemando brevemente il vassoio dei biscotti prima di uscire.
Regina la guardò avviarsi verso l’uscita. Sgranò gli occhi, quando la vide lasciar scivolare nella tasca del grembiule un paio di biscotti al cioccolato.
Anche le cameriere ladre!, pensò, scandalizzata.
 
Angolo Autrice: Innanzitutto, mi scuso per il ritardo, ma ho in corso anche un’altra long in questo fandom, oltre ad altre quattro da altre parti, e sto cercando di aggiornare in ordine cronologico per evitare attese troppo lunghe. Chiedo scusa anche ai recensori per il fatto di metterci sempre dei secoli a rispondere alle recensioni, ma purtroppo è un periodo pieno e ho poco tempo per tutto.
Passiamo ora al capitolo: dunque, niente Rumbelle, ma il prossimo capitolo sarà Rumbellissimo, prometto. La cameriera alla fine del capitolo era Ruby…non si capiva? *piange*. Per quanto riguarda la parte su Henry e Grace, forse li ho resi un po’ troppo adulti…ho cercato di mantenerli più bambini possibile, scusate se non ci sono riuscita…
Dunque, nel prossimo capitolo avremo, come anticipato, 12 aprile, Astrid e Leroy e principalmente Hunter Swan e Rumbelle, con anche un pochino di Red Cricket…e in più avremo un gruppetto di persone che si troveranno a interagire tutte insieme: Moe, Belle, il signor Gold, Archie, August, Ruby e Graham…che succederà? Si accettano scommesse XD.
Detto questo, incrociamo le dita per Lacey e, per chi shippa Rumbelle, affinché Belle recuperi la memoria entro la season 2…perché non so voi, ma io personalmente non credo di farcela a restare in questo stato fino alla season 3 (l’hanno confermata, whaaaaaaaaa!!!!!!!! XD).
Ringrazio chi ha aggiunto la storia alle seguite, alle ricordate e alle preferite e jarmione, TheHeartIsALonelyHunter, The_Rabbit_Hole, Ginevra Gwen White, nari92, historygirl93, Lety Shine 92, LadyAndromeda e Lady Deeks per aver recensito.
Ciao, al prossimo capitolo!
Dora93

  
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