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Autore: Lantheros    06/04/2013    2 recensioni
Secondo ed ultimo sequel di Sidro Proibito.
Ritroverete le mane 6 calate in panni vintage e armate di pistole, una certa dosa di cinismo e anche qualche parolaccia. Se pensavate che uno zeppelin volante, un assalto notturno e combattimenti tra piombo e incantesimi fossero abbastanza... beh... non era che l'inizio.
L’ultimo capitolo, il nono, è stato suddiviso in quattro atti, poiché tutto avverrà in una singola notte (quindi sarà denso di avvenimenti).
Avviso che, a differenza degli altri, in questo Sidro è stata miscelata una cospicua dose di introspezione dei personaggi ad una pari quantità di azione, più una spruzzata di "vago e misterioso" perchè... insomma... stiamo parlando di un alicorno oscuro, dopotutto.
TUTTI i personaggi avranno il loro momento sotto i riflettori. Tutti brilleranno per qualcosa e commetteranno altrettanti sbagli. Perché, là fuori, è un mondo difficile, fatto di criminali e intrighi malavitosi.
Appariranno alcuni bg della serie canon ancora non visti, più qualche oc che spero vi saprà conquistare.
Genere: Azione, Drammatico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Applejack, Nightmare moon, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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Ponymood.

Una settimana dopo.


    Il sole splendeva alto nel cielo.

L’orizzonte era terso. Le nubi appena visibili. Il paesaggio equestre si stagliava meraviglioso in ogni direzione.

Un’inoltrata mattina come molte altre, leggermente fredda. Una mattina molto simile a quella in cui i fratelli Apple vennero chiamati per riconoscere il cadavere del padre.

Ma quella, ormai, era storia passata.


    Un pony fischiettante si mosse per le trafficate strade cittadine. Tra le zampe reggeva un carretto con i corpi privi di vita di due mutaforma. Salutò educatamente alcuni passanti e proseguì.

Un furgone di grossa cilindrata, dal lato opposto della strada, percorse lentamente un tragitto e poi svoltò in una curva a gomito: trasportava con sé un enorme mucchio di cadaveri dalla pelle nera e ali membranose.

Uno di loro, come un fantoccio, venne catapultato fuori da una finestra accanto, sfracellandosi al suolo.

L’autista del furgone scese, lo caricò insieme agli altri e risalì, accendendosi poi una sigaretta.

La vita era ripresa per tutti, più o meno come prima.

Berry Punch era seduta in un bar, con una selva di bottiglie scintillanti davanti al muso. Aveva le pupille dilatate e già oscillava pericolosamente, con volto beato.

Chocolate, invece, si trovava in una Maison, seduto ad un divano con un paio di puledre attorno, completamente in estasi.

Dollar Jolt, per canto suo, era d’innanzi alla piscina al coperto di Discord. Indossava una cuffietta di gomma e un costume attillatissimo, che gli faceva trasbordare alcuni rotoli di ciccia. Preparò un balzò e si tuffò con gioia, battendo una sonora e dolorosissima panciata.


    Ben altra atmosfera si respirava invece presso la tenuta Apple.

Dall’esterno, nulla sembrava cambiato… ma così non era.

All’interno, proprio nello spazioso ufficio appartenuto al padre, Applejack era seduta dietro la scrivania.

Il suo volto non era mutato di una virgola: fiero, serio e deciso. La puledra aveva gli zoccoli congiunti davanti al muso. La chioma oscillava silenziosamente, lasciando che l’aura di riverenza facesse il resto.

Dietro di lei, otre alla mobilia, erano appesi due piccoli quadri, raffiguranti entrambi i genitori.

L’alicorno si trovava nello stesso posto in cui sedeva solitamente il papà. La stessa sedia. La stessa scrivania. Persino la stessa postura.

Twilight, con un grosso registro sollevato magicamente, attendeva silenziosa al suo fianco, pronta a trascrivere eventuali informazioni.

Davanti a loro, facendo scricchiolare la pelle della poltroncina sotto le natiche, Discord stava sudando sette camicie. Si sarebbe allentato il colletto, se solo ne avesse avuto uno. Attendeva con ansia e paura le parole dell’ex-alleata, reggendo a fatica lo sguardo accusatorio che continuava a puntargli dritto nei bulbi gialli e rossi.

Applejack spostò le zampe sul legno. Lo spirito deglutì.

Discord, Discord, Discord…”, cantilenò, “Cosa dovrei farne di te?”.

“Eeehmmmmmm…”, buttò lì, titubante, “Io… io avrei qualche idea… tipo… che so? Farmi uscire per una passeggiata?”.

Il pony sorrise: “Sei sempre stato così… ironico. In un certo senso… mi piace il tuo modus operandi”.

“Oh! Ne sono onorato! Se mi permetti… posso anche fare di meglio!”.

Tirò fuori un mazzo di carte e, con un gesto degno di un croupier, gliele sventolò d’innanzi.

“Scegli una carta!”.

Applejack le incenerì all’istante.

“Brava!!”, improvvisò Discord, battendo le mani, “Il fuoco era proprio la carta a cui stavo pensando!”.

Però…”, riprese, “Non mi è piaciuto granché il tuo ultimo voltafaccia…”.

Lo spirito si diede un ceffone, rigirandosi la testa di centottanta gradi: “Quale voltafaccia??”.

Ho detto che mi piace il tuo modus operandi… non le tue pagliacciate gratuite…”.

L’interlocutore si sistemò rapidamente nella posizione originale: “Ok. Messaggio ricevuto”.

Bene. Perché ora dovrò decidere cosa fare di te”.

“M-m-ma ceeerto!!...”, balbettò preoccupato.

L’alicorno si alzò ed iniziò a passeggiare per la stanza, girandogli attorno.

Mi sei stato di grande aiuto, Discord. Anzi, a dirla tutta, se non fosse stato per te, probabilmente la mia vita sarebbe terminata appesa ad una forca”.

“Ecco! Questo è un punto a mio favore, no??”.

Indubbiamente. In più hai liberato Luna. Anche se miravi ad avere il suo potere… è grazie a te, in un certo senso, se ora sono ciò che sono”.

“Discord segna di nuovo!”.

Però… hai comunque cercato di fregarmi…”.

“Discord supplica perdono!!”, sbottò disperato, mettendosi in ginocchio e unendo le zampe anteriori.

Applejack lo osservò con sufficienza: “E infine… avresti anche potuto uccidermi, prima che facessi lo stesso con Luna. Sei una testa di cazzo. Ma non sei un essere depravato e senza scrupoli”.

“Uuhhh, beh”, ammise, grattandosi il mento, “Qualche depravazione qua e là, forse… ma…”.

Io ho bisogno di un braccio destro”, lo interruppe, osservando il paesaggio dalla finestra.

“Ah… un…?”.

Ho bisogno di qualcuno di potente che mi serva con devozione e costanza. Tu non mi sei devoto e ti manca anche solo un accenno di buonsenso… ma sei potente. E, come ho detto, mi hai salvato la vita, in passato”.

La bestia caprina rimase interdetta.

E’ pur vero che ci hai mandati quasi a morire contro Celestia, senza rivelarci che fosse un inganno”.

“Oh beh…”, commentò, facendo spallucce, improvvisamente calmo, “Sai come si dice, no? Ingannare chi inganna è un piacere doppio…”.

Appunto. Sei stato astuto. E questo mi piace. Però…”.

“Però?...”.

Dopo aver sbattuto le palpebre, Discord si ritrovò il muso della puledra proprio contro il suo: “Però… Un ingannatore è pericoloso. Dovrei sempre guardarmi le spalle… e… forse… questo mi aiuterà a non abbassare la guardia”.


    All’esterno, intanto, le puledre, assieme a Hound e Spike, erano comodamente coricate sull’erba del cortile, accarezzate dai raggi del sole.

Fluttershy e Dash erano ricoperte da alcune bende mediche, ma stavano bene.

Lo stallone, invece, aveva di nuovo voluto fare il duro, rifiutando di farsi medicare. Aveva un occhio gonfio come una palla da baseball.

Il draghetto, intanto, consumava uno dei suoi sigari, comodamente appoggiato ad un albero.

Rarity si era messa addosso un vestito poco impegnativo, pronta a rifarsi il guardaroba con la collezione premaman che aveva in mente.

Octavia attendeva paziente il ritorno del capo e Pinkie saltellava da un cespuglio all’altro, cercando di catturare una fugace cavalletta. La musicista la osservò… e sorrise.

    Le porte del caseggiato si spalancarono e Discors uscì, piroettando sulla punta della zampe.

“Vivrò!!”, dichiarò con gaudio, “Non mi strapperà il cuore!! Oh quale gioia!! Quale superba notizia per allietare la mia giornata!!”. Si diresse quindi verso il furgone-gelati, riverniciato di nero, facendolo quasi sembrare un enorme scarafaggio su ruote. Si infilò dal finestrino, cercando affannosamente qualcosa. Tornò quindi dalle altre, con un enorme magnum di spumante tra gli artigli.

Lo agitò vigorosamente.

“Oggi si festeggia!!”, e fece partire il tappo, che gli finì dritto tra gli occhi.

Il corpo serpentiforme si intirizzì e cadde all’indietro, privo di sensi.

Nessuna fece una piega.

“Il tuo capo è un idiota”, dichiarò Dash, alzando le sopracciglia.

“Lo so”, rispose l’altra, quasi rincuorata dal gesto assurdo del draconequus.

Poco dopo, Twilight si palesò dall’ingresso, raggiungendole.

“Ciao, ragazze…”, le salutò.

“Ehy, dolcezza”, controbatté Rarity.

“AH!”, esultò Rainbow, abbracciandola con forza, ignorando il dolore, “Ecco la mia dottoressa preferita!”.

“Ed ora…”, riprese il drago, “Anche consigliera di un alicorno…”.

“Ah… sì… beh…”, farfugliò, preda della foga del pegaso, “Non… non cambia nulla”.

“Sai che non è vero”, intervenne Hound, “Le cose dovranno cambiare. Cambiano sempre, quando ci sono potenti creature di mezzo, come gli alicorni…”.

“Oh, non ricomincerai con questa storia?”, l’ammonì la puledra viola.

Grey osservò la compagna bianca: “…No… io… ho… altro a cui pensare, ora…”.

Fluttershy cercò di prendere timidamente la parola: “Uh… in… in effetti… ora cosa faremo?”.

Ci fu un breve silenzio, poi Rarity prese la parola.

“Oh… per quanto mi riguarda… devo dare una ristrutturata alla mia Maison. La nostra avventura l’ha maltrattata parecchio… e ci sono ancora alcuni… ehm… schifosi cadaveri mutacosi sparsi in giro…”.

Twilight volle saperne di più: “Quindi… continuerai con il solito mestiere di sempre?”.

“Direi di sì… ma poi… avrò un periodo impegnato… sapete, no?”, disse, massaggiandosi il ventre.

“Vecchio volpone!”, intervenne Rainbow, dando una gomitata al futuro padre.

Sparkle continuò con le domande: “E tu, Hound? Andrai in pensione anche tu?”.

L’altro sembrò visibilmente imbarazzato: “Io… uh…”.

“Sì?...”.

“Io… mhh… Negozio… negozio di… insomma…”, farfugliò.

Rarity lo cinse per una zampa: “Vuole aprire una piccola bottega di fiori!”. Il compagno divenne rosso e il pegaso blu non perse occasione: “Fantastico! Grey Hound, il fioraio di Counterlot!!”.

“Tappati quel buco, uccellaccio”.

“A proposito di Counterlot”, domandò Octavia, “Che ne sarà della città-fortezza?”.

“Applejack non salirà su alcun trono”, rispose Twilight, “E, per ora, si limiterà ad amministrare un nuovo potere attraverso la propria tenuta. Counterlot verrà… abbandonata? Non lo so. E’ ancora da vedere”.

“Certo che”, dichiarò Fluttershy, “Non sono ancora riuscita a capire… se quella… è la stessa Applejack che conoscevamo prima…”.

“E voi due, canarini?”, domandò la musicista curiosa, “Cosa farete, ora? Non credo ci saranno minacce a breve termine da contrastare”.

“Beh, mia cara strimpellatrice”, rispose Dash, “Nella vita non si può mai sapere… e poi… Applejack avrà sicuramente bisogno di una… uhm… protezione armata, no?”.

“Ma… ma, veramente…”, balbettò la puledra giallo paglierino, che ne aveva avuto a sufficienza di sparatorie.

“Eddai, Flutter!”, la incitò, dandole una pacca sulla schiena, “Ogni giorno è un buon giorno per morire!”.

“I-io… ehm… cioè… yay?”, buttò lì, con falso entusiasmo.

“Rimanete solo più tu e Pinkie”, affermò Sparkle.

Le due si osservarono.

“Beh…”, ammise la violoncellista, “Penso che per un po’… mi dedicherò ai miei interessi. Intendo… interessi diversi dalla solita… insomma… dai soliti affari loschi”.

Rarity le fece gli occhioni languidi: “Intendi… approfondire la tue relazione con Big Mac? O forse dovrei chiamarlo… Macky?”.

“Mh. Anche”.

“Cosa ci troverai mai in quello scimmione, poi…”, commentò Rainbow.

“E’ una cosa che una lesbica come te non potrà mai capire”, la istigò.

E Dash mantenne la calma: “E’ una cosa che nemmeno Big Mac potrà mai capire… una come te con un buzzurro come lui. L’amore è proprio cieco”.

“E Pinkie?”, incalzò nuovamente il dottor barbiere.

La stilista diede un colpetto ad un ciuffo di crine viola: “Come ai vecchi tempi, cara… Tu correggerai il sidro. Pinkie servirà nel mio locale. Octavia potrebbe stare tra i musicisti…”.

“Sììì!”, esultò la barista, “Torno a servire il Sidro Poribito!!”.


Tutte sorrisero.

“Proprio come ai vecchi tempi, eh, Twily?”, le disse sorridendo il drago, schiacciando il sigaro consumato sotto una zampa.

Tutte si osservarono negli occhi, provando una strana sensazione.

Una commozione appena accennata. Qualcosa che Dash e Fluttershy conoscevano bene… quel legame… che si instaura solo tra commilitoni che hanno condiviso gioie e dolori assieme.

Una sensazione unica, che le avrebbe accompagnate anche il giorno in cui non si fossero più riviste.

Tutto dovuto ad un unico avvenimento.

Un unico boccale di liquido ambrato.

Il Sidro Proibito.

Un nettare che, per loro, avrebbe per sempre avuto un significato profondo e indissolubile.


*** ***** ***


    Applejack osservò le amiche dalla finestra.

Le vide parlare e ridere tra loro. Percepì un piccolo calore nel petto.

Ancora non sapeva bene cosa volesse dire… cosa potesse significare… ciò che era diventata.

Il mondo, per lei, assunse un significato diverso. Tutto, da quella fatidica notte di luna rossa, subì una svolta decisiva. Non sapeva ancora cosa le avrebbe serbato il futuro.

Ora, in lei, risiedeva il potere primordiale di un essere centenario. Non si trattava più di mandare avanti una semplice attività famigliare. Si trattava di fare una falcata ben più ampia.

Un potere spaventoso… che avrebbe dovuto gestire con oculatezza.


Qualcosa le fece intuire che non sarebbe più stata sola, di lì a poco. I sensi trascendenti di un alicorno le permisero di riconoscere immediatamente l’essere che le giunse alle spalle, senza che nessun altro se ne accorgesse.

Ciao, Zecora”, dichiarò, con un lieve sorriso, senza nemmeno voltarsi.

La zebra si tolse il cappuccio, osservandola con sguardo neutrale.

Sei venuta a farmi visita?”.

L’altra ricambiò il sorriso, scorgendolo nel riflesso della finestra.

“Hai giocato sapientemente le tue carte”, commentò, con tono vagamente saccente, “Hai compiuto un gesto ad opera d’arte”.

Sei adirata. Lo percepisco…”.

Zecora cercò di minimizzare: “Non posso nascondere la mia frustrazione. Avevamo un patto e tu mi hai raggirata con attenzione”.

L’alicorno si voltò per guardarla: “Non prendertela troppo. Non potevo lasciare che le cose andassero in quel modo. Sono passate più di ventiquattro ore… ed io sono ancora qui”.

Lo sciamano sembrò acquisire sicurezza in sé. La luce radiosa della puledra, per un istante, parve dover lottare con un’oscurità opprimente che iniziò a diffondersi attorno all’interlocutrice striata.

“Ascolta bene le mie parole”, la ammonì Zecora, estremamente minacciosa, “Uccidere un alicorno è un atto che si ripercuoterà in eternità, persino sulla tua prole. Un essere puro che viene ucciso attirerà dannazione e pestilenza su chi l’essenza ne ha diviso. E’ un peccato mortale. Attirerà su di te un peso che non potrai ignorare”.

Applejack fece vibrare il proprio potere: Zecora venne scagliata contro la parete, da cui cadde un po’ di mobilia.

VALUTA ATTENTAMENTE CIO’ CHE DICI, STREGA!!”, le urlò, con voce assordante e occhi simili a fiamme verdi, “L’UNICO MOTIVO PER CUI NON TI HO ANCORA ANNIENTATA… E’ PERCHE’ NON VOGLIO DISTRUGGERE CHI MI HA AIUTATO IN PASSATO!!”.

La zebra strinse i denti. I suoi monili oscillarono e tintinnarono, subito prima che la furia di Applejack si placasse, ristabilendo il silenzio.

Se sei venuta qui solo per ravvisarmi con le tue nenie in rima… sprechi il tuo tempo. E’ tutta una vita che mi porto un peso sulle spalle. Alicorno, pony, pegaso… non fa alcuna differenza. Sopporterò anche questo”.

Zecora si massaggiò il muso, un po’ dolorante, e sorrise malignamente: “…Quale arroganza per un essere che dovrebbe invece dimostrare saggezza profonda…”.

Cos’è? Hai perso la tua rima?”.

L’altra si rimise in piedi, coprendosi il volto col cappuccio, e si diresse verso l’uscita. Un attimo prima di andarsene… le disse un’ultima cosa.

“Rimembra le mie parole passate, Applejack. Qualsiasi cosa accadrà… io avrò comunque la tua… anima…”.

Sai dove trovarmi”, concluse con sicurezza.

La figura misteriosa si congedò.


*** ***** ***


    Nel retro della tenuta, proprio ai piedi dell’albero su cui Applejack soleva giocare da piccola, Applebloom calciava annoiata una piccola palla azzurra. La faceva rimbalzare sul legno, lasciando poi che le tornasse indietro, per ricominciare.

Era una bella giornata per giocare all’aperto ma la puledrina era piuttosto triste e sconsolata.

Diede un altro calcio all’oggetto, mancando l’arbusto. La palla ruzzolò fino agli zoccoli di un equino incappucciato.

Applebloom lo osservò, un po’ intimorita, non sapendo chi fosse o cosa stesse facendo lì.

Zecora rivelò il proprio muso adorno di oggetti metallici, rimandandole poi la palla, con un colpetto di zampa tintinnante. Le sorrise.

Il pony col fiocco raccolse la sfera e continuò ad osservare la curiosa figura d’innanzi a lei.

“Ciao…”, le disse infine, un po’ titubante.

“Ciao piccoletta”, le rispose con garbo, “Vedo che sei educata e conosci l’etichetta”.

L’altra arricciò il muso: “Come… come parli strano…”.

Zecora rise appena: “E’ solo una parlata in rima. Basta un po’ di allenamento e potrai farlo quanto prima”.

“Chi sei?”.

“Di nomi ne ho molti, troppi per dirteli ora. Ma tu puoi chiamarmi semplicemente… Zecora”.

“Zecora?... E’ strano anche quello… Insomma… tu sei… strana…”.

“Sono solo diversa da ciò che vedi. Come quando desideri qualcosa che non possiedi”.

Applebloom rimase incuriosita da quella strana creatura dal manto striato.

“E dimmi”, riprese la zebra, “Come mai giochi qui fuori da sola? Non hai qualcuno con cui scambiare qualche parola?”.

La piccola tornò ad essere triste e alzò lo sguardo verso la finestra che dava nello studio di Applejack: “Una… una volta… giocavo con mia sorella. Ma poi… è stata sempre piena di impegni. E così… non ha più avuto tempo. E, da quando… insomma… da quando le sono spuntate le ali… non la vedo quasi più. E’ sempre impegnata a… parlare con altri pony… a scrivere su dei fogli…”.

Una scintilla malevola brillò negli occhi dello sciamano: “Tu… vorresti di nuovo che tua sorella ti desse attenzioni? Che giocasse nuovamente con te, senza tante lezioni?”.

“…Sì…”, ammise, con voce da bambina, abbassando lo sguardo.

Il sorriso di Zecora divenne lampante: “Devi sapere… che molte cose in questo mondo si possono ottenere. Non esiste nulla di troppo assurdo o lontano. Basta un poco di volontà e non lotterai invano”.

Le orecchie della puledrina la ascoltarono con attenzione.

“Ma niente si può ottenere, se prima non rinunci a qualcosa. Sii pronta a donare e di risultati ne riceverai a iosa”.

“Cioè?...”, domandò perplessa.

L’altra le mise una zampa sulla spalla, continuando a sorridere: “I desideri che coviamo nel cuore sono i sogni di chi non muore. Dimmi ciò che la tua anima custodisce. Io posso aiutarti laddove l’irraggiungibile lambisce. Rimembra però che tutto ciò che vorrai richiederà un prezzo… tieni questo a mente e non metterci inganni di mezzo”.

Applebloom ancora non capiva ma per Zecora non era un grosso problema.

Avrebbe dato tempo al tempo.


    Gli occhi affilati delle zebra si spostarono verso il cimitero lontano.

Accanto alla cripta di Celestia era stato edificato il sepolcro di sua sorella, anche se meno appariscente. Le due avrebbero riposato una accanto all’altra. Per l’eternità.

Forse…

Il mausoleo dell’alicorno oscuro era sigillato. Ma un accenno di strana nebbia fumosa si manifestò appena, sotto la fessura del portone in pietra.


Un sussurro nell’aria.

Una voce impercettibile.

Un alito senza un padrone.



Ricorda le mie parole,

anche se ti trafiggeranno il cuore come una lamina.

Per ciò che vuoi fare,

in un modo o nell’altro,

perderai comunque la tua…

                                                                                 anima.
   
 
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