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Autore: erica_lucariello    07/04/2013    1 recensioni
amo i green day
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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21century è l’album che preferisco in assoluto, lo so che il più bello per tutti è DOOKIE ma sé avete capito come sono mi piace gridare fuori dal gruppo anche negli IDIOT nonostante sia un album che parla di guerra e di nazionalismo in uno stato che non è il mio e che purtroppo non conosco bene, la voce di Billie è più matura e più melodica. e lui è più.. Figo! Scusate il termine. Il gruppo in genere è più maturo e si sente dalle melodie e dai testi. Hanno una musicalità più soft e meno cupa, anche sé alcune canzoni sono allegre e ritmate. Quando sento quel album ho voglia di gridare e ballare. Negli altri album parla molto del mal contento generale dei giovani e del loro posto nella società, che a mio parere e molto instabile. I giovani d’oggi non riescono a inserirsi nella società e trovare un loro posto perché questa cambia ogni momento. I canoni cambiano e questa pretende che tutti la seguano. Alla fine nessuno capisce nulla e si trovano giovani sballottati da una parte all’altra senza un faro che li illumini il cammino. In 21century oltre a enunciare la guerra e il potere assoluto di una nazione sulle altre, oltre a parlare di uomini che vogliono il potere a discapito di altri uomini. Descrivono questa nazione attraverso gli occhi delle donne, guardando questa nazione come una donna. Nel suo simbolo più forte. Ma questo credo che questo lo sappiate già. Come a tanti IDIOTI i GD hanno salvato la vita anche a me! La mia play list è formata in gran parte dalle loro canzoni. E quando sento che sto andando fuori di melone mi metto le cuffie alle orecchie e mi allontano dal mondo. Da oggi al concerto del 25maggio manca ancora del tempo e molti dei mie famigliari mi chiedono sé sia opportuno che io vada al concerto, dato che mi da fastidio stare in mezzo a tanta gente. Tante volte ci ho pensato e mi sono detta – Erica vuoi proprio farti del male – molte volte ho guardato quel biglietto, lo faccio anche adesso, e mi dico tu non sei in grado di andare, molte volte ho avuto la tentazione di prenderlo e metterlo nella mia bacheca degl’insuccessi , sì ho una bacheca degl’ insuccessi. Fa parte della mia “riabilitazione” ogni volta che non ho il coraggio di fare una cosa la scrivo sulla bacheca per ricordarmi che ho rinunciato per il mio “male”. Tutto non è perduto però quando sarò pronta a fare le cose che ho lasciato in sospeso e avrò la bacheca vuota. Quella volta sarò guarita!  ma quando sento una loro canzone alla radio la mia natura si risveglia e mi fa staccare quel biglietto dicendomi si io voglio andare. E così farò! Ovviamente l’ho acquistato senza pensare. Billie era stato ricoverato dopo il “malore” a Bologna, anche lì avevo preso il biglietto ed ero anche io una fan preoccupata più che delusa delle condizioni di Billie. Dopo l’ennesima volta che mettevano oh love alla radio. Prova che era vivo! E che stava per uscire il loro cd il pensiero stava già facendosi strada nella mia mente. Avevo voglia di vederlo per essere sicura che stesse bene, mi capita spesso di fare la “mamma” della situazione, parlando con i miei colleghi di lavoro, avevamo deciso di andare tutti insieme a Trieste. detta così a caldo era una fantastica idea, e io ero entusiasta della cosa. Ma con il passare del tempo cominciai a ragionare sulla mia condizione. Sé avessi chiesto al mio compagno di venire con me mi avrebbe dato il due di picche, non sarebbe mai venuto a quel concerto. I miei compagni di lavoro adesso ex compagni li conosco da sei anni, mi fido di loro ma non sono la compagnia giusta per il mio problema. Alla fine della giornata era già sfiduciata e decisa a non andare. La persona che mi segue, mi ha sempre detto che il primo problema in questi casi sei tu! Sei tu che ti metti paletti che non esistono nella testa e sono quei paletti che non ti permettono di vivere la tua vita. be dalla mattina ce avevamo deciso di andare alla sera ne avevo messi almeno mille di quei paletti. Il giorno dopo e per tutti i giorni successivi il mio pensiero era sempre quello. il mio cuore faceva a pugni con il mio cervello. La mia ragione. Il destino volle che presi quel biglietto quando ero in macchina, stavo andando nel paese vicino per fare benzina, non avevo messo nessun cd e stavo ascoltando la radio. Feci benzina e subito dopo mi squillò il cellulare. Era un mio amico che mi chiedeva sé andavo con lui per bere un aperitivo. Gli risposi di sì, ci dovevamo trovare in piazza. Quando stavo per fare la strada di ritorno alla radio sentii tre note a me famigliari mi concentrai sul suono della radio erano i GD ma non era oh love , era una canzone più vecchia 21century, mi misi a cantarla a squarcia gola, mi tornò l’allegria. Parcheggia la macchina di fronte al locale. Il mio amico mi stava già aspettando fuori. Scesi dalla macchina con un sorriso grande così. Nonostante io sorrida sempre lo aveva notato quel giorno mi disse – che sorriso grande hai oggi – ero felice veramente, non sapevo di preciso il perché ma una forza nuova stava crescendo in me, con quella forza potrei andare da per tutto. Mi dissi. Entrammo e ordinammo il bere. Io guardai dentro la borsa, non avevo soldi nel portafogli e me ne vergognai. Girai lo sguardo verso Simone – vado in banca a prelevare, il giro è mio – disse uscendo dalla porta, la banca era a pochi passi dal bar. Mentre passavo il bancomat nella fessura per aprire la porta girai lo sguardo e vidi l’insegna del negozio dove vendono strumenti musicali. Non ci feci caso. Entrai nell’anticamera della banca dove erano incastonati i bancomat prelevai i soldi e tornai fuori. Mi fermai davanti alla porta, il viso rivolto verso il negozio mentre la mia testa mi diceva NO! Abbassai lo sguardo sulla mano che teneva i soldi, rialzai la testa verso il negozio e presi la mia decisione. Le mie gambe si stavano muovendo da sole verso quell’insegna, il passo era sicuro e gli occhi ben puntati verso l’obbiettivo, cercavo di non ascoltare quella vocina che mi diceva che non era cosa giusta, voce che non ho mai ascoltato tra le altre cose, misi la mano sulla maniglia in ferro e provai a spingere. Chiusa! Panico! Non potevo aspettare, sapevo sé avessi aspettato l’indomani non lo avrei mai fatto. Cogli l’attimo questo il mio motto. Tolsi la mano dalla maniglia e presi il cellulare dalla borsa, avevo lo sguardo fisso sulla porta a vetri. Dentro c’erano le luci accese- non possono essere chiusi – pensai. Mi portai il cellulare davanti agli occhi erano le sei e mezza. Guardai l’orario di chiusura sette. È aperto mi dissi. Ma perché la porta non si apriva? Sentii una voce dietro di me – scusa devi entrare? – mi chiese io mi girai rossa in viso e lo guardai – veramente si ma la porta è chiusa – dissi con un filo di voce. Lui mi superò sorridendomi, alzò sopra alla mia testa e schiacciò un bottone incastonato sul muro – devi suonare perché ti aprano – mi spiegò divertito. Io guardavo quel bottone come una deficiente – certo Erica lo sapevi ci sei già stata qui – la mia testa mi prendeva in giro, rideva di me! Mi girai verso il ragazzo e gli sorrisi. il rumore della serratura della porta che si sbloccava mi fece quasi prendere uno spavento. il ragazzo mi fece passare avanti. Entrai e mi diressi verso il bancone. Ero ad un passo dalla felicità, dopo lo spavento iniziale che il negozio fosse chiuso l’agitazione di comprare il biglietto era ancora viva più che mai – buona sera – mi dissero in coro i due uomini dietro il bancone – buonasera – risposi io più raggiante che mai – vorrei un biglietto per i GD a Trieste – dissi quasi urlando. Uno dei due gestori si mosse verso il computer e si mise a smanettare. Pensiero pericoloso – e sé sono finiti? L’uomo dietro il bancone non mi diceva nulla ancora, smanettava ancora sulla tastiera del computer guardando fisso lo schermo – Erica non chiedere nulla! Non portarti sfiga da sola – ecco – disse dopo alcuni minuti. Io lo stavo guardando preoccupata – ecco che cosa?- pensai. Quando sentii il rumore della stampante che si azionava, feci un respiro profondo – era fatta! Consegnai i soldi che sarebbero serviti per l’aperitivo e loro mi consegnarono il biglietto. Era bellissimo. Blu. Ringraziai i due gestori facendogli un grande sorriso. Uscii di corsa dal negozio e corsi dentro il bar dove Simone mi stava spettando – scusa per averci messo tanto – dissi con il fiatone. Lui mi porse un bicchiere, mentre l’altro lo prese per lui. Alzammo i calici per il brindisi – ho mentito – dissi anticipandolo – questo giro lo devi offrire tu! Io ho speso tutti i soldi per il biglietto dei GD – gli dissi sorridendo. ero divertita dal suo sguardo stupito, non capiva – uffa i GD stanno per i GREENDAY e io ho appena acquistato il biglietto per andargli a vedere a Trieste! cosa mi disse lui? – tu sei pazza! E in effetti lo sono. Sé avessi aspettato ancora non avrei mai preso quel biglietto. Mi sarei lasciata sprofondare dal mio male, non permettendomi di vivere. La ragione avrebbe preso il sopravvento sulla pazzia e io avrei fatti la brava ragazza. Il problema più grande era dirlo al mio moroso e alla mia famiglia, contavo sul fatto che non andavo da sola e che loro non avrebbero dovuto preoccuparsi. Così il giorno dopo diedi la notizia prima al mio moroso. Non ne fu entusiasta! Anzi mi fece una testa così. Riuscimmo anche a litigare, la prima volta in tre anni. nelle sue parole sentivo la preoccupazione per il mio male. così gli dissi – vieni anche tu – ovviamente la sua risposta fu negativa. Volle sapere con chi andavo e tutto il programma. Non potevo dargli nessuna risposta dato che non ci eravamo messi ancora d’accordo. La mia famigli fu più comprensiva mi dissero che sé io ero sicura per loro andava bene, forse erano tranquilli per il fatto che mancava ancora molto per il concerto e che potevo ancora cambiare idea. – ma chi sono questi ?- mi chiese papà quando ormai ero tranquilla – è un gruppo – risposi io vaga – be sé è un gruppo come quelli che ascolti di solito faranno rumore – intervenne mia madre sarcastica – be è un gruppo che suona musica classica – risposi io. Silenzio. Mi guardavano come sé l’avessero bevuta. Certo ve lo immaginate Billie vestito di bianco con la chitarra classica che canta canzoni di chiesa. Il pensiero mi passò veloce nella mente e quasi mi scappo da ridere. in quel momento entro mio fratello più grande di me di sei anni. un uomo ormai a cui piace la pesca e che lavora come un matto tutti i giorni ma un grande appassionato di musica rock degli anni 70/80 – allora Fabio tua sorella va ad un concerto tra qualche mese – intervenne mio padre. Fabio si girò verso di me. Silenzio – è un gruppo americano i..i – be i miei non hanno mai avuto molta dimestichezza con l’inglese – si chiamano i giorni verdi – intervenne mia madre sorridendo. orgogliosa di saper tradurre il nome. Mio fratello li guardava come sé avessero detto una parolaccia. Spostò lo sguardo su di me – i Green Day – intervenni io. Lui continuò a stare zitto – tua sorella ci ha detto che fanno musica classica, ma francamente siamo un po’ dubbiosi – intervenne mio padre sarcastico. Silenzio – be Erica non avrebbe nessun motivo per mentirvi – annunciò lui salvandosi. I miei si diedero un’occhiata d’intesa. Nei giorni seguenti capirono che i GD non facevano musica classica. a loro spese! Era andata! Che sia ben chiaro non avevo bisogno di avere il permesso dei miei per andare al concerto, se mi avessero detto di no avrei fatto di testa mia ma nella mia famiglia la regola principale è di trovarsi alla sera intorno alla tavola e di raccontare che cosa si era fatto durante il giorno e poi è comunque mio dovere avvisare i miei così potevano abituarsi all’idea. Il giorno dopo arrivai al lavoro sventolando il biglietto. Incredibile ma vero era la prima ad averlo preso di tutte le persone che dovevano venire con me al concerto nessuna ancora aveva preso il biglietto. Ok ma dovevano muoversi! Alla fine nessuno viene al concerto. Quando me lo dissero sprofondai nell’oscurità. Mi hanno dato buca. Tutti e adesso? Non potevo tornare a casa e dirlo al moroso e ai miei, mi avrebbero piantato mille paranoie. Io volevo andare. Punto e ci sarei andata! Con o senza di loro! il giorno stesso andai in un’agenzia di viaggi e prenotai una camera in un albergo della città, non mi interessava che fosse vicino alla stazione, mi premeva che fosse vicino al luogo del concerto. Per non stare in giro da sola per le strade in una città che non conosco di notte. Quando arrivai a casa mi feci il programma. Arrivo in treno, albergo tranquilla, cancelli, concerto, albergo, stazione, casa. fatto! Be sembra facile detto così ma sono convinta che andrà tutto bene. L’importante essere positivi! Così la sera stessa presi coraggio e informai i miei e il mio moroso. Questo ancora adesso qualche volta cerca di entrare nell’argomento, forse per convincermi a desistere. Mia madre dopo che le ho consegnato il foglio con il programma era quasi stupita dalla mia efficienza – ma sarai sempre da sola – intervenne poi ridandomi il foglio – sì ma non sarò in balia di una città che non conosco – disse tranquilla – ho prenotato l’albergo proprio per quello – aggiunsi. Pareva tranquilla – il viaggi in treno non sarà un problema – dissi – insomma ci sarà altra gente che viaggia con me e che va al concerto – aggiunsi –mi fido degli idiot – l’espressione dei miei cambiò – Idiot sta per idiota – mi disse papà – all’apparenza sembrerebbe di sì ma non è così – risposi io sorridente – andiamo bene – rispose papà guardando prima mia madre e poi il mio moroso.- gli Idiots seguono il gruppo sono i loro fan – spiegai a tre “vecchi” che ovviamente non capirono. Restavano lì con gli occhioni aperti e lo sguardo da ebeti. Non avevano capito una sola parola di quello che avevo spiegato.- ok diciamo che anche sé non ci conosciamo siamo una grande famiglia – dissi insistendo. Così capirono in po’ meglio. Ero elettrizzata dopo il passo indietro dei miei compagni di concerti non mi ero demoralizzata. Ero tranquilla avevo organizzato tutto. Durante la pausa di mezzo dì un mio collega di lavoro era solito chattare con amiche su di un social network che non era il mio – sé vuoi trovare qualcuno che venga con te al concerto devi iscriverti qui, segui i tuoi idoli e troverai gente che come te va al concerto – mi spiegò. Mi sembrò una bella idea. dopo mesi che sono iscritta, adesso penso che quella volta è stata una fantastica idea. mi iscrissi il giorno stesso. Mi creai una bacheca e cominciai a cercare tra i suggerimenti che mi proponeva il sito. A dire la verità mi ero veramente iscritta per trovare qualcuno vicino a me che andasse al concerto, perché sinceramente sono ancora da sola. Ma non pensavo che mi accogliessero così calorosamente tante persone. Persone più piccole di me, altre generazioni. E con il passare del tempo ho scoperto che oltre ad essere unite dall’amore per un gruppo, per i loro pensiero. mi sento unita a loro per il modo di vivere e pensare in generale. Ho capito che la mia e la loro generazione messe a confronto sono identiche. Seguendole in quello che scrivono, che sperano, quando si sfogano per un ragazzo o per un litigio con i genitori, mi catapultano anni addietro, quando io alla loro età ero uguale, rivoluzionaria, fuori dalle righe, quando amavo e quanta passione mettevo per le cose in cui credevo. Quando anche io litigavo con i miei. Per gli stessi identici motivi, quando anche io ero arrivata ad odiarli e a voler scappare di casa la loro insicurezza era la mia insicurezza, la loro paura di vivere era la stessa che avevo io. fasi che mi hanno permesso di crescere e di capire perché si comportavano in quella maniera. Ogni no mi sembrava che mi mettessero le catene hai polsi e ogni forse era una speranza nel buio.ma soprattutto adesso che sono diventata una donna “matura” così dice la mia carta d’identità, seguendo queste giovani, future donne e uomini ho riacquistato fiducia nelle generazioni future. Qualche volta mi succede che faccia la mamma. E per questo me ne scuso Ma è più forte di me! L’unica cosa che ci differenzia è il fatto che io quando ero giovane non avevo il computer, mi ricordo che quando ero alle medie avevo un’amica di penna che si chiamava Isa, veniva dalla Finlandia. Ci scrivevamo spesso. Ecco era il mio unico contatto fuori dall’Italia. Vedevo il mondo tramite i suoi occhi e le sue descrizioni adesso basta un clic e sei collegato con tutto il mondo.
   
 
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