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Autore: Muser_G    09/04/2013    1 recensioni
«Potete dire qualsiasi cosa su Brian Molko. È un bastardo, uno stronzo, è un dolce veleno. Ma dopo il sesso è un dio. Per una notte è stato il mio Dionisio. Io la sua Arianna.»
Questa non è una storia d'amore. È la storia di una notte, e delle conseguenze provocate da essa.
Ho iniziato a scrivere questa fanfiction circa due anni fa, e sto scrivendo l'ultimo capitolo, quindi forse potreste trovare qualche differenza nello stile, non lo so.
*Il titolo viene da un verso della canzone Commercial for Levi, dei Placebo. C'entra con la storia? ...Nì.
Non so se scriverlo qui o se avrei dovuto farlo nei capitoli della storia, ma ovviamente questa ff è stata creata senza alcun scopo di lucro, i personaggi non mi appartengono e tutto ciò che leggerete (se mai avrò questo piacere) è frutto della mia fantasia.
Potreste trovare questa ff in placebo.forumfree.it; è scritta da me, °S p i t e & M a l i c e°, l'autrice nel forum, sono io.
Spero vi piaccia :)
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian Molko, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 7

This version of violence, dolci torture




Sprofondo nel divano sbuffando, esausta.
La casa è buia, le persiane sono abbassate, ma gli anodizzati sono stati lasciati schiusi per far passare aria, visto il gran caldo di questi giorni.
Kristine se n'è andata – chissà da quando – ma ha prima terminato tutte le pulizie di casa.
Sono davvero dispiaciuta per il modo in cui l'ho trattata, per come ho dipinto lei ed i nostri amici.
Sono mortificata per come mi comporto ormai da tre anni.
Probabilmente dovrei chiamare la mia amica, chiederle scusa. So già, però, cosa mi direbbe, se le telefonassi.
«È tutto a posto, non preoccuparti!» Mi risponderebbe.
Preferirei che non mi perdonasse, che non si comportasse in funzione delle mie dipendenze.
Vorrei che scindesse il mio problema da me, che tornasse la Kristine che conoscevo prima che io iniziassi ad autodistruggermi.
Vorrei che il tempo ci trasportasse indietro, a quel concerto, e regalasse a tutti noi un'altra vita.
Mi decido ad aspettare che il mal di cuore di Kristine sparisca.
Le passerà presto, credo.
Chiudo gli occhi, mi immergo nella mia mente.
Ripenso al pomeriggio appena trascorso con Brian, ripenso a lui, alla sua voce, al suo pungente sarcasmo.
Staserai ci verrai da Michel?
Dovrò sopportare la tua presenza, le tue battute, le tue frecciatine per una serata intera?
Di che mi preoccupo, non vengo certo per te, Brian.
Vengo per Michel, per Jack. Per la mia Kristine.
È tutto ciò di cui ho bisogno. La mia migliore amica, la mia amica.
Impazzisco al solo pensiero di vedere la tua faccia di bronzo per tutta la cena.
I miei pensieri mi trasportano a quella notte.
Tre anni fa.
Sesso. Cosa è rimasto dopo?
Tu hai dimenticato la tua Helena, e non di certo grazie a me, una delle tante scopate. Io invece ho perso.
Sei uno stronzo, Brian. È colpa tua.
Solo colpa tua, sparisci da Londra, dai miei amici dalla mia vita!
Lasciami crogiolare nel mio autolesionismo.
Lasciami in pace.
Stringo i capelli nelle mie dita, strizzo gli occhi cercando di non pensare alla mattina dopo il mio maledetto cedimento.
Se tu non fossi stato così stronzo, Brian...
Esplodo in un urlo straziato. Breve.
Gli occhi bruciano, cercano di rimandare indietro le lacrime, pulsano rossi e gonfi.
Mi alzo di scatto in cerca della mia borsa. Mi giro a destra, a sinistra, senza muovermi da dove mi trovo.
La mia borsa è sul divano. Appena me ne rendo conto la prendo e cerco il cellulare tra tutte le cianfrusaglie che mi porto sempre dietro.
Mi risiedo sul divano provocando un tonfo. Respiro forte e mi tranquillizzo.
Devo chiamare Kristine. Chiederle scusa.
Me ne frego della mia indipendenza. Adesso ho bisogno di lei.
Compongo il suo numero frettolosamente. Aspetto.
Il numero da lei chiamato è inesistente...
«Merda!» Mi dico ad alta voce.
Ho composto il vecchio numero della mia amica, quello che aveva tre anni fa.
Non sono mai riuscita a memorizzare il suo numero attuale.
Apro la rubrica del mio cellulare, inizio a sfogliare i contatti.
Aaron... Il mio editore. Chissà quante me ne ha mandate, quando non m'ha trovata a casa.
Bart, Christian, Dimitri, David, Enrica, Funny, Flora, Federika, Hans, Lionel...
Tutte persone che non sento da una vita..
Jack... Dopo chiamo anche lui...
Jenny, Kristine...
Jenny....
Mi fermo. La tentazione di chiamarla è troppo forte.
Sono sconvolta, ricordare quella notte è terribile. Lo è stato anche adesso.
La chiamo.
«Pronto? Sì... Ciao, JennyPrendo un forte respiro – Sono Monika... Sì, certo... No, è che volevo sapere verso che ora è l'”appuntamento”... No, non sono sicura di venire, però magari riesco a liberarmi... Ok, ti farò sapere tra mezz'ora, ciao».
Stacco la chiamata.
Ho una gran fame.
L'appuntamento con i Fratelli è alle sei e dieci.
Controllo l'orario sul cellulare.
Le quattro e mezza.
Devo farmi una doccia, lavarmi i capelli anche, prima di uscire.
Magari mi preparo anche, così esco e dopo l'appuntamento vado da Michel.
Però ho una gran fame.
Mi alzo dal divano.
Decido di andarmi a fare la doccia e prepararmi.
Appena finisco ordino una pizza e mi metto comoda in soggiorno a guardarmi qualche telenovela strappalacrime.


«Siediti»
Jack è venuto a trovarmi. Mi ha trovato nel bel pieno della mia maratona di soap-operas.
«Cosa guardi?»
«Amori e burrasche III» Risposi senza notare il suo sorrisino derisorio.
Si siede accanto a me sul divano.
«Come ti senti?»
Mi volto a guardarlo. Ha uno sguardo così preoccupato...
«Meglio, grazie»
Jack non riesce a credermi, glielo leggo dagli occhi, e dal modo in cui ha aggrottato le sopracciglia.
«Ho litigato con Kris – Gli confesso – Ho parlato male di lei, di voi... Ma non ho pensato nulla di tutto ciò che ho detto!»
Lo guardo disperato. Jack si avvicina e mi cinge con le sue braccia, sorridendo dolce.
«È tutto a posto, piccola. Kristine mi ha detto tutto. Stai tranquilla, non se l'è presa, davvero»
Scoppio in un pianto silenzioso. Gli bagno la camicia.
Jack mi stringe più forte a se, mi bacia i capelli. Lascia che mi sfoghi.
Mi addormento tra i singhiozzi, ma soprattutto, tra le braccia di un amico.


Il mio posto a tavola è accanto a Kristine.
A dir la verità, sono tra Kristine e Brian, ma Jack e Michel mi hanno sistemata così pensando di farmi un piacere.
Non sanno dell'odio profondo che provo per quel ragazzo.
Un po' mi fa pena, però. Gli rifilo tutte le colpe di quella sera.
Più ci ripenso, più la mia rabbia verso di lui aumenta.
Brian parla, ride, scherza. È un ottimo intrattenitore.
Io, invece, resto in silenzio per quasi tutta la cena.
Osservo gli sguardi dolci e preoccupati di Jack, seduto di fronte a me.
Gli sorrido, mentre lo imploro con la mimica facciale di far finire la mia agonia.
Jack afferra la mia richiesta di aiuto, un po' stupito, e propone:
«Ragazzi, che ne dite se andiamo in salotto?»
«Ottima idea! – Approva Kristine – Prima però devo andare in bagno a ripassarmi il trucco. Monika vieni con me, ragazzi vi raggiungiamo fra un po'».
Entrate nel bagno Kristine si siede sul bordo della grande vasca da bagno.
Io resto accanto alla porta, in piedi e immobile.
«Cos'hai, Moni? Sei stata zitta per tutta la serata!»
«Sì, hai ragione, mi dispiace – Mi scuso mortificata – Ma sai, la presenza di Brian un po' mi imbarazza... stare seduta accanto a lui non mi è stato d'aiuto. Vedrai che d'ora in poi andrà meglio»
Sorrido, poco convinta delle mie parole.
Kristine si alza, mi guarda sorridendo, sforzandosi di credermi.
Torniamo dai ragazzi.
Michel e Jack sono seduti su uno dei divani del salotto, parlano con Brian del più e del meno, intento, quest'ultimo, a provare dischi su dischi nel lettore.
Ci sediamo su un divanetto a due posti. Chiacchieriamo un po' fra di noi.
Brian si decide finalmente a far partire una canzone. Nell'aria si levano le note di un brano dal ritmo accattivante e leggermente ritmato, che non conosco.
Si avvicina a me, allunga un braccio verso di me.
«Dai forza! Muovi il culo!» mi urla prendendomi una mano per invitarmi a ballare.
In un attimo mi trovo a sfiorare il suo corpo.
Brian sorride, è leggermente sudato.
Si alzano anche gli altri, ballano.
Mi sento completamente sola, in balia del lupo cattivo.
Solo che non è Brian, il lupo. Sono io stessa.
Penetro i suoi occhi. Riesco a leggere lo stesso desiderio di tre anni fa.
Mi vuole.
Struscio il mio corpo contro il suo. Ballo e lo mando in estasi.
Il suo profumo mi fa perdere la testa.
Vorrei cercare di concentrarmi sulla canzone, capire qualche parola del testo.
Non ci riesco, mi sento come fatta d'eroina.
Sei tu, Brian, la mia eroina?


Mi svegliai colpita da un profondo senso di turbamento e fastidio.
Allungai le braccia in cerca di Brian, speravo di non trovarlo, speravo di aver soltanto sognato.
Brian non c'era.
Sollevata, mi misi a sedere. Sentivo chiaramente un continuo scroscio d'acqua.
Registrai la camera in cui mi trovai.
Non ero nel mio letto, non avevo sognato.
Mi sentii male, terribilmente in colpa.
Avevo mentito, quando avevo detto a Brian di non essere fidanzata.
Frequentavo Thomas da poco. Per anni siamo stati ottimi amici. Quasi d'improvviso abbiamo iniziato a comportarci in modo diverso, nei nostri confronti.
L'avevo tradito e mi sentivo una merda. Dovevo dirglielo al più presto.
Approfittai che Brian si prendeva tutto il tempo di godersi una doccia eterna per chiamare Kristine.
Mi allungai verso il telefono della suite sul comodino, composi il suo numero.
«Pronto?» Kristine aveva una voce strana.
Non ci feci caso.
«Indovina dove mi trovo?» Le chiedo con finta malizia.
«Monika! Dove cazzo sei? È tutta la notte che cerco di chiamarti!»
«Come, scusa?»
Mi alzai di scatto, coprendomi con il lenzuolo completamente sfatto del letto e raggiunsi frettolosamente il divano sul quale avevo lasciato la mia borsa.
Nel camminare diedi un'occhiata alle finestre, l'alba stava spuntando.
Aprii la borsa, estrassi il telefono da una tasca interna.
Trenta chiamate perse.
Mio Dio.
«Kristine, perché hai provato a chiamarmi così tante volte? Cos'è successo??»
La mia amica, dall'altro capo del telefono, scoppiò a piangere.

Brian uscì dalla doccia. Indossò l'accappatoio bianco su cui vi era cucito lo stemma dell'hotel a cinque stelle nel quale alloggiava con il suo gruppo e lo staff.
Annodò distrattamente la cinta alla sua vita ed uscì dal bagno.
«Oh la la, buongiorno!» Disse, vedendomi seduta sul divano.
Si avvicinò lentamente, il suo petto scolpito spuntava bagnato dall'accappatoio, mille goccioline d'acqua rigavano la sua pelle liscia.
Così diverse, quelle gocce, dalle lacrime che scorrevano lungo sulle mie guance.
Brian si spaventò.
«Cristo Monica, cos'è successo?»
Non riuscivo a rispondergli. Non volevo.
La mia disperazione era troppo forte per cedere. Sarebbe stato come accettare quella notizia, che il mio cuore non voleva neanche minimamente affrontare.
Deglutii e mi feci forza, tra i singhiozzi.
«Nicole... è morta»

   
 
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