Capitolo 39 – Measure
for measure
RIASSUNTO DEI
CAPITOLI PRECEDENTI: Draco ed Hermione sono riusciti a fuggire dalla trappola
tesa da Astoria, alias Summer Layton, che si è
alleata con Pucey e Montague, gli assassini di sua sorella Helena, per uccidere
entrambi dopo aver compreso il legame che unisce i due. Hermione, ancora
parzialmente sotto il controllo dello Zahir che Astoria, con l’inganno, le ha
fatto creare, è senza voce e sotto il pesante rischio di essere nuovamente
controllata dalla Greengrass, che vuole che uccida Draco. Quest’ultimo l’ha
portata a casa di Pansy Parkinson, per proteggerla, prima di recarsi in un
luogo sconosciuto, senza riuscire a parlare con Hermione e senza sapere che la
ragazza è innamorata di lui e che l’effetto dello Zahir è parzialmente sopito.
Draco per aiutare Hermione a tornare sé stessa, ha convocato una sua vecchia
conoscenza, la figlia di Igor Karkaroff, Raissa, che le ha detto che l’unico
modo per tornare libera, sarebbe concentrarsi sull’amore che Draco nutre per
lei. E per farlo, le mostra i ricordi che Draco ha su di lei, conservati da
Blaise Zabini per farli vedere a Serenity, qualora fosse accaduto qualcosa a
Draco stesso. Ma, mentre Hermione sta rivivendo i ricordi di Draco, essi
sembrano scomparire nel nulla. Al suo risveglio, Hermione apprende che cosa
Draco sta facendo: si è rivolto ad un demone, Adamar, per ottenere i poteri
necessari per difendere Hermione e Serenity da Astoria. Il prezzo per tale
demone sono i suoi ricordi di Hermione stessa, la cosa più preziosa che ha, per
questo essi sono scomparsi. Se Draco fallisse la prova oppure decidesse di
ritirarsi dalla stessa, Adamar gli restituirebbe i suoi ricordi. Ad Hermione,
non resta che aspettare che Draco ritorni. Insidiata da Dimitri il fratello di
Raissa ed oramai vicina a perdere le speranze, una sera di pioggia, Hermione
distingue un’ombra nel vialetto d’ingresso della casa di Pansy. È Draco che
misteriosamente è riuscito a tornare. I due finalmente si riuniscono e passano
la notte assieme. Trascorrono dieci giorni assieme di perfetta felicità:
decidono di contattare Harry per rivelargli la loro situazione, ma il Ministro
è ignaro che Astoria abbia una spia nella sua cerchia più fidata. Nonostante i
tentativi di Blaise e Draco, la spia non viene individuata e, quindi, sono
costretti ad usare Daphne Greengrass e una sua passata relazione con il
Ministro, per contattare Harry, in modo che non lo sappia nessuno. Daphne verrà
avvicinata da Pansy, la sera del suo compleanno, quando dà una festa a casa
sua. Nella stessa occasione, Draco chiede ad Hermione di sposarlo: la ragazza,
raggiante, sta per accettare, ma vedendo l’anello con cui Draco la chiede in
moglie, che è lo stesso anello di Helena, crolla e decide di prendersi del
tempo per pensare, dilaniata dal dubbio che Draco non la ami quanto abbia amato
Helena stessa. I due si lasciano momentaneamente, ed Hermione esce nel giardino
della villa. Intanto nel futuro, dopo cinque anni, Hermione è tornata a casa di
Pansy Parkinson assieme a Seth e a suo figlio Alex. Pansy, che adesso è sposata
con Dean, però, non sa dove Draco sia. Dean, però, le rivela che Draco,
cinque anni prima, è andato via da lì con Raissa Karkaroff, la sorella di
Dimitri. Hermione, sempre più vicina a perdere le speranze, ricordando gli
eventi degli anni passati, ripete che la sera del compleanno di Pansy è stata
l’ultima sera in cui ha visto Draco. Quella sera, infatti, Hermione venne
rapita da Dimitri Karkaroff che si era alleato con Astoria, Pucey e Montague,
proprio per separarla da Draco e farne la sua “regina”. La crudeltà e la
determinazione di Dimitri a fare sua Hermione, si spingono al punto di
catturare anche Hayden, l’amico babbano che Hermione frequentava
precedentemente, ferendolo gravemente e rendendolo incapace per sempre di
camminare. Nella sua prigionia nel castello di Dimitri, però, Hermione apprende
di essere incinta di Draco, cosa che spinge Astoria, sterile e desiderosa di
fare suo l’ultimo erede dei Malfoy, cosa che sicuramente le garantirebbe la
possibilità di riavere Draco, a prendere tempo con Dimitri e ad ingiungergli di
non toccare Hermione nel tempo della gravidanza. La ragazza, però, dopo dieci
giorni, viene liberata dalla prigionia da Helder, la sua amica Empatica, Harry
e Ron, ma durante la fuga, batte violentemente la testa, restando in coma per
tre mesi. Al suo risveglio, si trova in Italia, dove gli amici la tengono
nascosta, fingendo persino un matrimonio con Ron, fino a quando Hermione
apprende della morte di Dimitri ed Astoria, potendo tornare in Inghilterra con
suo figlio per cercare Draco. Una traccia per trovare Raissa risiede
inaspettatamente in un incontro che Draco, incalzato da Adamar durante la sua
prova, aveva fatto nell’aldilà: una donna di nome Tatia Krasova gli aveva
chiesto di riferire ad Hermione il suo nome in modo che si ricordasse di lei.
Hermione, però, non la conosce. Cinque anni dopo, tuttavia, Hermione, Dean,
Pansy e Seth scoprono che Tatia Krasova era una profetessa, il cui nome era
stato celato e nascosto da Raissa, strappando la pagina di un libro,
testimoniando quindi un probabile contatto tra le due. Tatia non voleva che
Hermione si ricordasse di lei cinque anni prima, ma in quel momento, alla
scoperta del gesto di Raissa. Hermione riesce a scoprire dell’ultima dimora di
Tatia Krasova: era in Finlandia dove era sposata con un uomo di nome Ilai
Radcenko. A casa di Tatia, Hermione trova una lettera destinata a lei dalla
ragazza e scritta ben dieci anni e dove lei le dice tutto quello che le è
accaduto, rivelandole anche che Raissa sente ancora Ilai di cui è innamorata.
Tatia era un’amica d’infanzia di Dimitri e Raissa, sebbene fosse più piccola di
loro, i tre erano cresciuti assieme come fratelli. Tatia da sempre dotata di un
fortissimo potenziale magico, aveva da sempre attratto l’indole
scientificamente curiosa dei fratelli Karkaroff, specialmente di Dimitri, che
ne era ossessionato molto più che innamorato. Quando però Tatia ed Ilai si
erano innamorati, Raissa aveva finito per uccidere casualmente Tatia e Dimitri
le aveva fatto promettere di aiutarlo a fare sua una donna che suscitasse in
lui lo stesso interesse che gli aveva provocato Tatia, altrimenti avrebbe
rivelato ad Ilai il nome dell’omicida della moglie. Hermione quindi, conosciuta
la verità, ritorna in Inghilterra con Ilai, Dean, Seth e Pansy, ma giunta a
casa di Draco, scopre una cosa straziante: Serenity chiama Raissa mamma.
Interrogando con il Veritaserum la bambina, scopre che Draco sta addirittura
per sposare Raissa stessa; distrutta, Hermione decide di andarsene senza
incontrare Draco e di partire per la Finlandia con Ilai, a cui la lega una
complicità sempre più stretta. Ma, alla festa di paese dove è andata con suo
figlio e i suoi amici prima di partire, qualcuno dal palco chiama il vincitore
del secondo premio di una lotteria. Viene annunciato a gran voce il nome di
Serenity, facendo presagire che la bambina non sia ovviamente da sola.
Il grilletto che
cambierà la vita di due persone si preme in un secondo. Un secondo, ed uno
perderà la vita, l’altro perderà l’anima.
Una roulette russa,
macabra, mortale, incomparabilmente semplice e tragica: un colpo, uno schioppo,
il rumore sordo che fa tacere il cielo. E tutto cambia per sempre.
Io, lo scoppio non
l’ho sentito. Ho sentito solo un nome. Eppure l’effetto è lo stesso. Identico.
Uguale. Mortale.
I miei sensi
improvvisamente si congelano. Vista, udito, olfatto… credo di perderli tutti
assieme nello stesso momento. Sono come una specie di larva vuota, un bozzolo
in cui dentro prima c’era qualcosa di vagamente rassomigliante a me stessa, con
una sua storia, un suo passato ed un suo futuro; volizioni, sentimenti e
pensieri ed ora invece c’è un cumulo di polvere rancida.
Una parte della mia
mente registra la presenza di una bambina bionda che saltellando mi sorpassa,
la vedo al rallentatore camminare verso il palco mentre supera Seth e gli altri.
Sconvolti, immoti, loro guardano alle mie spalle. Io non riesco a muovermi, a
pensare, a fare una qualsiasi cosa che non sia solamente impormi di respirare.
Perché, se non me lo impongo – muovi il
diaframma, ispira, trattieni il fiato, espira - credo che sverrò, cadendo
riversa per terra. E magari, allora, sarà un sogno. Tutto questo sarà un sogno.
La Finlandia, la lettera di Tatia, Ilai, il Veritaserum a Serenity.
Sarò ancora nel mio
letto a Favignana, con Alex che urla: “Sveglia mamma!”.
Dentro sarà
speranza amara, al sapore di arancia acerba. Ma forse sarà sempre meglio della
certezza lercia che ho raggiunto nel corso degli ultimi mesi. Ma che dico mesi…
degli ultimi anni.
La vita ha con me
un senso dell’umorismo macabro, grottesco, raccapricciante. Mi dà le illusioni
delle scelte, mi fa lambiccare su cunicoli di decisioni e su vicoli ciechi di
pensieri, mi fa soffocare nel pulviscolo confuso di una motivazione e, quando
io alla fine giungo a capire che cosa devo fare e muovo tutta me stessa in quella
direzione, vengo chiamata al destino e al caso. Non ho scelto nulla in questi
cinque anni, nemmeno se essere madre. Ho deciso solo di tornare, e poi di
andarmene, quando ho saputo di Raissa e Draco.
Una decisione da
spaccarsi il cuore, ma era la decisione giusta. È ancora la decisione giusta.
Ma, adesso, già è
diventata inutile, già da lassù qualcuno mi ha nuovamente spogliato del mio libero
arbitrio, lasciandomi ancora ad annegare nelle coincidenze.
Strattonata, ecco
come mi sento: dai destini, dagli spiriti, dagli altri. Persino Helena e Tatia
sembrano divertirsi a giocare con la mia vita.
Ma la cosa
peggiore, la cosa davvero peggiore, è il cuore. Che batte, batte, forte. E
comanda il corpo.
Lo strattona, lo
spintona, esplode come una meteora di luce estiva.
Girati Hermione,
girati, questo dice. Questo comanda. E io non so nemmeno osare contraddirlo.
Draco è lì, è dietro di te, guardalo.
Ricordi i suoi occhi? Dici che sono quelli di Alex, ma sarà davvero così? Ne
hai un’immagine così sbiadita. Saranno davvero grigi? O sono azzurri? Il tempo
li ha macchiati di odio rendendoli neri? Ha una ruga d’espressione in cui sei
annidata tu? Ha una piega diversa delle labbra quando pensa al colore turchese
di un bacio rubato? Arriccia il naso se sente odore di vaniglia? Luccicano le
iridi se ricorda la pioggia e il profumo delle rose umide, ed una notte a fare
l’amore fino a perdere il fiato, pelle contro pelle, soffocando sì, ma
respirando davvero?
Capirà, vedendo Alex? Andrà tutto a posto
come per magia? Sarà un attimo e la ricongiunzione di tutto? Puoi sperarlo
Hermione, finché lo guardi e ti sciogli in un questo secondo di caramello.
Dolcissimo sarà quel secondo, da incollare i denti e placare la gola riarsa di
pienezza opprimente. E te lo godrai, fino in fondo. Per una volta sola.
Guardalo, Hermione, sarà solo per questa
volta.
Dopo, ammantati di rabbia e dolore… dopo,
maledici ogni cosa. La tentazione, la speranza, la colma consuetudine
dell’amore che diventa adorazione idiota ed improvvisa remissione dei peccati.
Ma quello sarà dopo. Prima… guardalo. Non
hai imparato che con lui negare non serve a nulla?
Negavi di tenerci a lui, poi negavi di
esserne attratta, hai negato così a lungo di amarlo da distruggerti quasi
l’anima.
Vale la pena farlo ancora, farlo adesso? Con
un cuore maciullato, con il respiro sciolto, con un corpo che lo reclama? Vale
la pena farlo con un figlio che è suo e che respira del suo sangue?
Vale la pena farlo dopo cinque anni persi a
sognare solo questo momento? Vale la pena farlo se persino le ossa si piegano
come giunco, imponendoti di voltarti?
Girati Hermione, guardalo… tanto comunque,
anche se non lo facessi, è sempre lui che amerai per sempre, è sempre lui che
immaginerai sempre come tuo marito, è sempre da lui che vorresti dei figli che
abbiano solo i suoi occhi.
Guardalo, Hermione.
Il mondo diventa
grigio e sono daltonica di tutto quello che non sia Draco: fuoco nelle
sterpaglie, divento cenere riarsa dal desiderio, dalla rabbia, dal dolore, da
qualsiasi cosa che si mescola nella mia carne con l’effetto di una mistura
chimica impossibile anche solo da immaginare addosso ad altri, ma che invece è
tipica di me quando ho a che fare con Draco Malfoy. Mi volto su me stessa,
vinta, piegata, incurante, sconfitta, come sempre sono stata dentro a questo
amore troppo grande per il mio essere così maledettamente piccola per
contenerlo tutto. La mano di Ilai nella mia è fredda, è improvvisa zavorra, è
memoria tattile di giorni che si srotolano assurdi davanti ai miei occhi,
adesso troppo presi dalla vista desiderata dell’uomo che amerò fino all’ultimo
fiato del mio corpo. Il sole scompare dietro le nuvole in un anelito di vento
improvvisamente gelido, mentre turbinano le foglie secche. Trovo la figura che
già i miei amici stavano guardando e la mia schiena vibra di brividi freddi,
fioriti come bucaneve nel ghiaccio.
Il mio volto
diventa terreo, gelido: ritorno ad una coscienza urgente, che si traduce in una
stretta allo stomaco che mi toglie il fiato. Sparisce la spasmodica ricerca del
modo di respirare, e tutto passa in secondo piano eccetto mio figlio. Alex è
ancora sul palco, guarda la sua bicicletta, ci gira attorno. È troppo lontano. Troppo, maledizione.
Improvvisamente
ritorno cosciente di me stessa, come se fossi appena riemersa dall’acqua
ghiacciata. Percepisco il repentino cambio di temperatura, l’annuvolamento del
cielo, la scomparsa del sole, le ombre lunghe delle cose e delle persone.
Terrorizzata, osservo i miei amici che si stringono tra loro, Pansy che si è
chinata velocemente su Charisma prendendola in braccio; la piccola che, sebbene
non ne capisca il motivo, a sua volta si è stretta a Biscotto che tace,
uggiolando. Dean si è parato davanti alla moglie, la tiene ferma dietro di lui,
strizza gli occhi nella polvere del vento che diventa sempre più forte. Seth,
che come sempre ha capito tutto da solo, ha trattenuto Serenity per un braccio,
mentre continua a guardare me con gli occhi sbarrati. La bambina si dimena e si
agita, ma lui non la lascia andare. I miei occhi volano lontano, al palco, alla
foresta di sedie di plastica nello spiazzo, al banditore che continua a
chiamare Serenity.
Il sudore mi
inzuppa la schiena, mi gela il respiro nei polmoni, mi dà l’impressione di
annegare. Il vento mulina rapido, la gente inizia ad allontanarsi temendo un
temporale, Alex getta uno sguardo confuso nella nostra direzione. Ma non posso
dirgli nulla, non capirebbe, non riuscirebbe a sentirmi. Ma forse se lo ignoro,
forse se non lo guardo… lei non se ne accorgerà.
I miei occhi
spalancati sotto le palpebre che tremano, osservano Raissa con attenzione
vigile, i suoi capelli lunghi danzano nel vento come le fronde di un albero
notturno. Allo stesso modo, il vestito scuro che indossa si gonfia per l’aria
in tempesta, aprendosi come una medusa nel mare. Stringe con ansia febbrile una
collana dal ciondolo rotondo che porta al collo, ne tormenta il cinturino ma
gli occhi restano fissi, ipnotizzati, catturati. Il respiro cresce come se
l’aria attorno a lei si facesse sempre più rarefatta, il viso si chiazza di
rosso mentre finalmente comprendo che cosa sta fissando con tanto odio. Il mio
sguardo scende lungo il mio braccio, trovando la mano di Ilai ancora stretta
tiepidamente nella mia. Raissa segue i miei occhi, fremendo come una bestia
pronta ad attaccare, e io le restituisco uno sguardo sbiadito e pallido,
preoccupata che si accorga di mio figlio ancora sul palco.
È un attimo prima
che mi accorga che anche Ilai sta guardando il palco alle nostre spalle con la
coda dell’occhio, la sua mano trema nella mia e sento la tensione scoppiare
nelle vene del polso. Poi, con lentezza, le nostre dita trovano lo spazio tra
quelle dell’altro: non so chi sia stato per primo, ma sento che come sempre ne
avevamo bisogno entrambi. E poi… è sadico, velenoso, tossico, ma io quella
mano, per un attimo, la stringo di più, sollevo il mento e sfido Raissa con lo
sguardo. Occhio per occhio, Karkaroff.
Un rombo di tuono
crepita vicino, mentre Raissa freme, ansima e continua a non distogliere lo
sguardo come se anche farlo per un istante le costerebbe la vita stessa. Ad
ogni ansito, ad ogni respiro affannoso, il cielo si fa più scuro, l’aria
diventa più ghiacciata, il vento si fa più forte al punto che iniziano a volare
i tendoni che rivestono le bancarelle. Gli ambulanti raccolgono le loro cose
velocemente, si arrabattano per mettere a posto. Gli avventori della fiera
guardano il cielo, aspettano una pioggia che non arriva, si chiedono come abbia
fatto il tempo a cambiare così repentinamente.
È il preludio
dell’inferno, ecco perché è piombato senza sconti.
Ho il tempo solo di
guardare Alex, sperando che resti dov’è. Respiro di sollievo quando lo vedo
accucciarsi dietro i gradini del palco stesso, scomparendo alla mia vista. Per
anni, in Sicilia, nel terrore cieco che mi accadesse qualcosa, ho insegnato a
mio figlio che deve solamente nascondersi se vede qualcuno che possa farmi del
male. Deve nascondersi, chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie e io, in men
che non si dica, sarò da lui. Alex ha capito da solo che sono in pericolo, che
lo è anche lui… ed ha obbedito. Dio, sono così fiera di lui.
Temporaneamente
rassicurata, torno a guardare Raissa, che ha il volto chiazzato, gli occhi di
fiamma, resa pazza e cieca dalla gelosia. Solleva le braccia al cielo come
un’orrenda dea pagana. Scorrono lungo la pelle bianca delle braccia scariche
verde-oro dello stesso colore di quelle che adesso solcano il cielo. Charisma
piange, Serenity tace e io ho solo il tempo di urlare ai miei amici di
andarsene da qui, prima che quell’energia malefica ci venga scagliata addosso.
Distinguo solo un lampo nero e verde, prima che Ilai mi spinga lontano,
carambolando poi di lato con una flessuosa capriola all’indietro. L’onda di
energia nera distrugge tutto nel suo passaggio, esplodendo come un petardo di
luce nel cielo poco distante.
Rovinando per
terra, prendo un colpo al collo ma non lascio che il dolore mi stordisca. Mi
rialzo immediatamente, tossendo, guardandomi attorno, la polvere
dell’esplosione che si attacca alle ciglia. Cala una notte innaturalmente
fitta, come se improvvisamente fosse sparito il sole dalla faccia della terra e
nessuna luna fosse arrivata provvidenziale. Non distinguo nulla ad un passo da
me, tutto è nero, oscuro. L’angoscia per i miei amici e per Alex mi fa piangere
senza ritegno, mentre mi tasto le tasche alla ricerca della bacchetta. La
gente, adesso, scappa via lontano, urlando ed urtandosi. Sento solo le voci di
chi corre e strepita, impedisco con un incantesimo pigro che mi calpestino.
Cerco di diradare la calugine nera, ma ottengo solo di illuminare con una punta
della mia bacchetta circa ad un metro davanti a me, cosa che mi costringe a
camminare a tentoni. Non è ovviamente un Incantesimo che conosco, è oscuro
quanto basta per farmi drizzare i capelli sulla nuca. La sfera d’energia ha
fatto volare via le sedie di plastica, adesso giacciono a pezzi per tutta la
piazzetta. Anche le bancarelle sono state rivoltate l’una dopo l’altra, cadono
caramelle, cioccolate, dolciumi. Il cristallo degli acchiappasogni si frantuma
come una pioggia di stelle colorate. Mi faccio strada fino al punto dove
c’erano i miei amici ed Ilai, urlando “Bombarda!” per far saltare in aria tutti
gli oggetti che ostacolano il mio passaggio.
Nel miasma di
polvere e di vento, nella nebbia nera come petrolio, per un attimo credo di
essere rimasta da sola, non riesco nemmeno a distinguere dove si trovi Raissa. Poi
finalmente vicino all’albero dove ci siamo fermati poco fa io ed Ilai,
intravedo il baluginare dei capelli di Serenity. Corro in quella direzione,
sono tutti lì, impolverati ma salvi.
“Che diavolo è
successo?!” urla Dean, ha un profondo taglio sul braccio che tiene con l’altro
stretto al petto. Anche lui ha la bacchetta tesa, come Ilai e Pansy. Così
riusciamo ad illuminare un po’ di più la zona, ma non fino al palco dove
dovrebbe essere ancora nascosto Alex. Mi sento mancare l’aria dallo spavento e
dall’ansia di mettere al sicuro mio figlio, ma immediatamente l’adrenalina mi
comunica le giuste parole: “Andatevene da qui, è tra me e Raissa questa storia…
sono stata chiara? Portate via le bambine, Seth e Biscotto… non posso
difendermi se devo pensare anche a voi…”.
“Tu non ci resti
qui da sola, Herm!” urla Seth, un frammento di vetro gli ha tagliato a metà il
sopracciglio, l’occhio è chiuso sotto il sangue che continua a scorrere.
“Sì invece!” urlo
ancora, guardandoli “Pansy e Dean si Smaterializzeranno lontano… possono
portare al massimo le bambine e te Seth… io devo restare qui!”.
“Ed Alex?” sibila
Dean, afferrandomi per un polso. Tremando, indico con un cenno della testa il punto
dove dovrebbe essere Alex, il labbro che trema senza controllo.
Dove diamine è Raissa? Se lo vede…
maledizione…
La mia angoscia e
preoccupazione si tramutano in un urlo acuto: “Andatevene subito da qui! Posso
restare da sola… siamo una contro l’altra, ce la posso fare!”.
Dean mi guarda
negli occhi, continuando a stringermi il polso. Ha uno sguardo che conosco, che
parla dei momenti che abbiamo passato assieme in due anni, di ogni dannata
volta in cui ho avuto bisogno di aiuto ma non ho mai chiesto assolutamente
nulla. Posso farcela da sola. Con
lui, io ho sempre fatto così. Certo, è stato un bene per lui, gli ho impedito
di accontentarsi di un amore rattrappito e stanco per trovare invece quello
inaspettatamente dolce di Pansy Parkinson. Ma, intanto, è così che è andata. È
quello che lo feriva maggiormente di me, il fatto che non avessi mai bisogno di
lui e scommetto che anche adesso lo ferisce, anche se siamo solamente amici.
Per questo, so perfettamente che sta per dirmi e so perfettamente che stavolta,
come risarcimento della sofferenza che gli ho arrecato, io obbligherò me stessa
ad avere bisogno di lui, ad affidarmi completamente a lui. Anzi, ad affidare
tutto quello che ho a Dean.
“Appena porto al
sicuro Seth… io torno qui a prendere Alex…” pronuncia affrettato, stringendomi
il polso “Dì che diamine vuoi, ma io lo farò lo stesso…”. Pansy lo guarda,
stringendo forte Charisma tra le braccia, ha negli occhi una sofferenza
rassegnata, una paura quieta che comunque si stempera in fiducia. È forse la
prima volta che mi rendo conto di quanto questa donna dura, amara, acida,
sarcastica, ami quest’uomo. Ha un terrore dannato e maledetto per suo marito,
eppure lo lascia qui a fare promesse ad una donna che ha amato in passato.
L’amore è una
dimostrazione costante che non ha nulla a che vedere con i “ti amo” o con i
baci appassionati. L’amore si annida negli sguardi che gli occhi lasciano
sfuggire senza volerlo, che sanno di consapevolezza maturata come un frutto
dolce di sole estivo. L’amore di Dean e Pansy è una lama di luce che lasciano
involontariamente vedere agli altri, ma che tengono solitamente per sé.
Spiazzata da questo
riflesso, arrendendomi alla fiducia che hanno l’uno nell’altra e che contagia
anche a me, sussurro solo con le lacrime agli occhi: “Grazie…”.
Pansy si alza in
piedi, gettando un’occhiata veloce attorno a sé e tenendo stretta tra le
braccia Charisma, che a sua volta tiene Biscotto. Seth segue il suo movimento e
sussurra solo: “Tu resti con lei, vero?”. Rabbrividisco, chiudendo gli occhi,
mentre la voce di Ilai mi giunge da un punto imprecisato alla mia destra. Mi
volto, trovandolo accovacciato dietro di me, i capelli spettinati, il volto
coperto di polvere, gli occhi luccicanti di furia: “In questa storia, ci stiamo
dentro assieme… e così ci restiamo… assieme…”. Ripete le parole che ho detto io
poco fa, con un tono però più deciso, più risoluto, infinitamente più convinto
di quello che avevo io. Non se ne andrebbe da qui nemmeno se lo pregassi, se lo
implorassi, se mi gettassi in ginocchio ai suoi piedi. Per un attimo, penso a
Tatia, penso che mi ha chiesto di proteggerlo, penso che forse dovrei
obbligarlo ad andare via, penso che lei mi ha detto che se avesse affrontato i
Karkaroff, sarebbe morto. Ma non so se questa premonizione sia ancora attuale,
adesso che ci sono io… e soprattutto come farei a mandarlo via? Ha ragione. Questa
strana cosa dentro che condividiamo io e lui, risuona peggio di un voto fatto a
Dio: ci siamo dietro assieme e, con Raissa, la chiudiamo assieme. All’inverso,
lui non mi avrebbe mai obbligato ad andare via, se Raissa avesse ucciso Draco.
Quindi, annuisco
senza forze, la polvere che cancella il mio sorriso tirato e preoccupato.
Serenity ci guarda
tutti, atterrita, spaventata, terrorizzata, uno sguardo sgranato da cucciolo
abbandonato che mi stringe il cuore. Raissa l’ha lasciata qui senza
preoccuparsi per nulla di lei, resa cieca dalla rabbia di avermi visto con Ilai,
anzi ha persino attaccato senza nemmeno preoccuparsi della bambina. Questo mi
assolve da tutte le mie colpe di aver coinvolto Serenity, usando anche il
Veritaserum… la stiamo salvando. Lei, però, questo non lo sa… ed adesso è
circondata da sconosciuti, ha appena subito un attacco, non sa che le sta
succedendo.
“Andate a casa di
Serenity…” ingiungo severamente, guardando la bambina che mi restituisce
un’occhiata incerta, dubbiosa, sospettosa. Respiro a fatica ed aggiungo con un
filo di voce, guardandola: “Siamo amici del tuo papà, piccola… stai tranquilla,
lui tornerà presto…”. Vorrei che restasse dall’altra parte del mondo adesso, ma
ovviamente posso solo promettere a sua figlia che ritorni.
La bambina,
rassicuratasi lievemente, si lascia prendere in braccio da Pansy che si
smaterializza con Charisma e Biscotto, dopo avermi detto con voce affrettata:
“Vedi di non fare scherzi… Malfoy tende a diventare irritante quando subisce un
lutto, credimi…”. Le sorrido, prima che sparisca, seguita da Dean e Seth. A lui
biascico severamente di non dire nulla, qualsiasi cosa la farebbe sembrare un
addio, mentre Dean mi ripete che tornerà subito.
Appena loro
scompaiono, l’ansia del combattimento mi riprende ad ondate mentre cerco di
restare lucida, soprattutto perché la nebbia nera inizia finalmente a
diradarsi, consentendomi di vedere al di là del mio naso. Magari riesco ad
individuare il palco ed Alex. Ilai, accanto a me, ha già sguainato la bacchetta
e mi sta accanto mentre si guarda sospettosamente attorno. Il silenzio attorno
a noi, adesso, è totale. La gente è fuggita completamente, non sento rumore di
passi o altro, potrei arrischiarmi anche a chiamare Alex ma non voglio attirare
l’attenzione di Raissa, che sicuramente si è nascosta qui vicino. Se c’è anche
una sola possibilità che non l’abbia visto e non si sia accorta di lui, devo
aggrapparmi ad essa.
“La priorità è mio
figlio…” sussurro con un filo di voce, provando ancora a farmi luce con la
bacchetta senza grande esito. La presa diventa meno salda mentre aggiungo: “Non
farò nulla se non lo saprò al sicuro…”. Ilai non dice nulla, prende solo la mia
mano come ha sempre fatto, intreccia le sue dita con le mie. Ci siamo dentro, assieme.
Improvvisamente
qualcosa mi fa urlare di dolore. Una vampata di fuoco incandescente mi fa
bruciare la mano che tengo stretta ad Ilai, mi stacco da lui gemendo, prima di
intuire immediatamente che cosa sta succedendo. Ghigno tra me e me, almeno
adesso so perfettamente come tenere lontana Raissa da Alex.
“Karkaroff!” urlo
con la bacchetta tesa davanti a me “Non sarà cresciutella
per questi giochetti da asilo?! Hai ucciso sua moglie, hai ucciso Tatia…
credevi forse che davvero avrebbe tenuto te per mano?!”.
Quello che succede
dopo mi fa pentire immediatamente di averla sfidata così apertamente. La nebbia
si dirada immediatamente, il sole ricompare nel cielo come una palla infuocata
che ci soffoca di afa ed Ilai viene sbalzato via lontano da me, atterrando
supino poco distante. Mentre sgomenta cerco di capire che cosa stia succedendo,
fumo nerastro mi circonda come un miasma tossico portandomi a tossire
pesantemente, finché quel fumo diventa una morsa d’acciaio attorno alla mia
gola. Gli occhi socchiusi, cerco di liberarmi dalla stretta letale senza
riuscirci mentre vengo sollevata di malagrazia da terra. Le mie mani graffiano
senza forza il mio invisibile aggressore senza riuscirci, mentre finalmente mi
rendo conto che è lei, Raissa in persona, che mi sta tenendo senza apparente
sforzo sollevata, stringendo le mani attorno al mio collo. L’aria diventa
rarefatta nei miei polmoni, sento i pensieri sfuggirmi sotto il suo sguardo
ghiacciato che mi squadra apparentemente senza alcun interesse. Le palpebre
però fremono irate, il suo respiro è sempre affannato, sembra far un
incredibile sforzo per non spezzarmi l’osso del collo ma per darmi invece solo
l’illusione della morte. Agitandomi, le braccia aggrappate alle sue, guardo
Ilai steso per terra, privo di sensi. Chiudendo gli occhi, spero almeno che
Alex non stia vedendo questa scena e che, dopo avermi uccisa, lei non si
accorga di lui.
Raissa allenta lievemente
la presa, non lasciandomi andare, ma consentendo che un po’ di ossigeno arrivi
alla mia gola, dandomi la forza di ascoltarla. Le sue labbra si muovono appena,
come se nemmeno parlasse, come se ogni respiro passasse a malapena tra i denti.
È calma, gelida, assolutamente disinteressata. Ma le dita che stringe sulla mia
giugulare continuano a tremare riarse dall’odio, ogni sforzo è concentrato per
impedirsi di uccidermi così velocemente da non farle pregustare il tutto con
spasmodica e crudele lentezza. Dice dapprima qualche parola sottovoce, come se
parlasse tra sé e sé: suoni gutturali e duri giungono alle mie orecchie
ovattate, assieme alla percezione di uno spostamento d’aria repentino. Distinguo
a fatica sopra di noi un piccolo bagliore aranciato che non riesco ad
interpretare: raggiunge il punto più alto sopra le nostre teste, resta immobile
per qualche istante e poi scompare. Un Incantesimo non verbale.
Che, naturalmente
ancora non conosco. Adamar ha dato a lei e a Dimitri un potere di conoscenza così
elevato che quest’Incantesimo potrebbe essere persino sparito da secoli.
Finalmente dedica
tutta la sua attenzione a me, guardandomi schifata.
“Mi sono sentita in
colpa verso di te per anni… “ respira pacata con il tono di una che sta
parlando del colore nuovo delle tende “Per anni. Non ti avevo mai odiata, mai,
avevo voluto persino proteggerti da mio fratello, terrorizzata che lui si
reclamasse al Voto Infrangibile…”. Fa una pausa, studiando il mio viso come a
cercarvi un’onta di stupore che ovviamente non trova. Sorride con elegante
scherno ed aggiunge: “Scommetto che sai tutto, no, di questo? Del Voto
Infrangibile con Dimitri, del fatto che si potesse appellare ad esso, della
sensazione cupa e cieca di doverlo controllare per impedire che perdesse la
testa per un’altra come era accaduto con Tatia. Me ne volevo andare subito, non
appena ho scoperto che poteva essere interessato a te. Ma eri una Mezzosangue,
una che per pura fortuna aveva creato uno Zahir. Non ne eri morta, ok, ma
Dimitri doveva capirlo che valevi poco, che non valevi nulla, che era solo
caso. Ma non l’ha capito… mai… e ho dovuto assecondarlo. Per anni, per cinque
stramaledettissimi anni, mi sono sentita in colpa verso di te… ti avevo
consegnata nelle mani di mio fratello. E mi sono sentita in colpa verso Draco
Malfoy. Mi aveva salvato da Voldemort e gli avevo portato via la sola cosa che
voleva al mondo…”. Raissa sospira, improvvisamente serena come se fosse in
pace: “Ma oggi, Mezzosangue, sei tu che mi hai portato via tutto, quindi finalmente
questo buco dentro si è cucito… e adesso so esattamente che cosa fare…”.
La guardo
terrorizzata, cercando ancora di liberarmi dalla stretta attorno al collo. Ho
le braccia indolenzite a furia di provarci e la gola che gratta come se stesse
sanguinando, ma continuo mio malgrado a sentirla: “Tatia… è stata lei, vero?
Quella piccola puttanella… si è affidata
a te, alla Salvatrice delle anime degli uomini abbandonati. Scommetto che ti ha
affidato Ilai, scommetto che è convinta che lo proteggerai, scommetto che si
augura anche che lui si innamori di te, no, Mezzosangue?!”, ad ogni inevitabile
insulto che riversa o su me o su Tatia le sue dita aggiungono pressione sulle
vene del mio collo, costringendomi a reprimere la tosse “E lei ti ha detto
tutto no? In qualche sciagurato modo dei suoi… e tu ovviamente, la regina del
bene, dovevi dirlo ad Ilai, dovevi dirgli tutto, così da splendere di luce
riflessa davanti ai suoi occhi. La nobile Mezzosangue, la dea della giustizia
che cerca l’assassina della profetessa sventurata… quando invece non sei
null’altro che una povera piccola sciocca, manovrata da forze più grandi di
lei…”. I miei occhi si socchiudono nel fissarla, creda che diamine vuole, non
mi interessa. Cerco di snebbiare la mente al punto di riuscire a lanciare un
Incantesimo non verbale ma le sue successive parole cancellano di botto ogni
mio pensiero: “Sei solamente il rimpiattino delle donne morte che cercano una
sostituta innocua per i loro fidanzatini e maritini. Prima Helena, e adesso
Tatia. Non te lo sei mai chiesto, Granger? Non ti sei chiesta come mai tutto
questo interesse dall’alto dei cieli? Non sei niente di speciale in fondo… ed è
questo il punto… sanno che resteranno indimenticabili. E scelgono te per avere
questa certezza. Non scalfirai minimamente il loro ricordo.”, la bocca di
Raissa si piega in un sorriso dolciastro prima che sputi fuori: “Sarò anche
un’assassina, sarò anche la feccia dell’umanità… ma Ilai scriveva a me, prima
di sapere tutto questo. Mi ha voluto bene per quella che sono… mi avrebbe amato
per quella che sono… e mi amerà per quella che sono, non perché sono la
sostituta di Tatia. E in quanto all’amore della tua vita, Granger… mi sta per
sposare. Sapevi anche questo? Adesso capisco perché te ne sei innamorata da
povera piccola cagna in calore… è una specie di dio a letto, vero? Mai scopate
migliori di quelle con Draco Malfoy…”.
Le sue parole hanno
l’effetto di conficcarsi come schegge acuminate dentro il mio cuore, come se mi
avessero infilato un paletto nel petto che adesso si sta spezzettando in
minuscoli frammenti. Non so quale mi ucciderà, ma li sento uno ad uno avanzare
mortiferi nel mio sangue e farmi il male che la stretta alla gola non ha potuto
minimamente preconizzare.
Sentirla parlare
così di me mi lascia del tutto indifferente: odia me e Tatia, quindi potrebbe
mentire per quello. Inoltre è una vita che vengo chiamata Mezzosangue o vengo
sottovalutata e disprezzata, non può certo farmi il male che potevano farmi
altri insulti a dodici anni. Ma le parole su Draco… quelle so che sono vere, so
che lei davvero lo sta per sposare. E non era nemmeno difficile capire che, se
fossero giunti a quel punto, voleva anche dire che erano stati a letto assieme.
La nausea emotiva che sento mi fa immediatamente venir voglia di abbandonarmi
alla soffocante stretta delle sue dita: li immagino assieme, nudi, avvinti in
un abbraccio caldo e seducente. E mi viene da vomitare. Potrebbe mentire anche
adesso, certo, ovvio… ma sono così stanca e così esausta di crearmi palizzate
di ragionamenti nella mente che mi difendano da tutto questo. Sono stanca, sono
così maledettamente stanca.
Improvvisamente la
stretta di Raissa si fa meno forte, le sue dita abbandonano un po’ la pressione
sulla mia pelle senza consentirmi di liberarmi, ma lasciandomi almeno respirare
normalmente. Riapro faticosamente gli occhi e la vedo guardare qualcosa alle
sue spalle con aria terrorizzata ed affranta. Ilai. Le punta una bacchetta alla nuca, l’espressione stravolta e
il sangue che gli cola da una profonda ferita alla testa. Sibila come se anche
lui si stesse trattenendo a stento dall’assassinarla: “Lasciala andare,
Karkaroff, prima che ti faccia fuori…”.
Raissa fa un verso
strano con la gola, assomiglia ad un singhiozzo trattenuto e cambia espressione
come non l’ho mai vista fare. Diventa livida, pallida, smunta. Trema
vistosamente e getta uno sguardo confuso alla collana che porta al collo. Gli
occhi diventano lucidi, non so se sia sofferenza o rabbia, non mi interessa.
Ma, dimenticandosi totalmente di me, guarda Ilai sconvolta come se
improvvisamente si rendesse conto di che cosa sta succedendo. È un attimo ma è
come se diventassi lei, vedo la Russia, le notti chiare, l’odore del fuoco e di
quella sera fatale in cui ha presentato Tatia ad Ilai. Sento il dolore che ha
provato quando li ha saputi assieme, la rabbia, la gelosia. E sento che adesso
lo vede ancora sparire da sé, dopo aver fatto di tutto per tenerselo stretto.
Non mi fa pena. Ci
mancherebbe.
Ma capisco
immediatamente la sua immediata domanda, la sola cosa che le preme davvero
sapere. Chiederei la stessa cosa io a
Draco, se adesso fosse qui.
“Ti sei innamorato
di lei, Ilai?” esala fuori velenosa, guardandomi in tralice.
Ilai di primo
acchito non risponde, mi guarda per un attimo come se davvero cercasse una
risposta onesta ad una domanda a cui non ha mai prestato attenzione. Gli
restituisco uno sguardo stanco, teso, preoccupato, cercando quasi di fargli
capire che ogni risposta a questa domanda non cambierà nulla tra me e lui. Ilai
chiude gli occhi, poi, riaprendoli, preme più forte la bacchetta contro la
pelle di Raissa che geme ancora, mentre lui biascica stentoreo: “Il ragazzo che
hai conosciuto in Russia si sarebbe innamorato di lei la prima volta che l’ha
vista…”.
Nonostante la mia
intenzione iniziale, comunque il mio cuore perde un battito e i miei occhi si
spalancano di contemporanea sorpresa ed imbarazzo. Guardo Ilai con la coda
dell’occhio mentre prosegue affannato, continuando a fissare Raissa e non me:
“Il ragazzo con cui hai parlato quella sera vicino al Palazzo d’Inverno… quello
che voleva fare il medico dopo la morte dei suoi fratelli… quello che pensava
che bastava essere giusti per avere in dono giustizia…”, Ilai segue un filo
intessuto di ricordi solo suoi e di Raissa e di cui mi sento ospite molesta.
Lei improvvisamente inizia a piangere senza nemmeno mutare espressione, la
presa sul mio collo si fa così debole che temo di cadere al suolo.
Ilai prosegue,
tornando a guardarla: “Bè, quel
ragazzo, Karkaroff… si sarebbe innamorato dei suoi occhi, della sua risata,
dell’effetto che ha di rendere tutto buono e tutto migliore, si sarebbe
innamorato del modo buffo che ha sempre di andare avanti e di continuare ad
avere speranza. E si sarebbe innamorato di come lei ama sempre senza odiare
mai, anche se le spezzi il cuore in mille pezzi…”. Improvvisamente quelle
parole mutano anche la mia espressione, facendomi venire voglia di piangere. È
come stesse parlando di un’altra persona, è incredibile vedermi attraverso i
suoi occhi. Poi, l’aria dolce di Ilai si raggela, diventa di nuovo pietra
scolpita e la bacchetta quasi perfora la pelle del collo di Raissa mentre dice:
“Ma tu, Karkaroff, hai ucciso quel ragazzo il giorno che hai ammazzato Tatia. E
io non posso nemmeno pensare di amare un’altra persona, come ho amato mia
moglie, tantomeno se si tratta di Hermione Granger. Perché io di lei non amerei
tutto quello che è, ma solo il dolore che è uguale al mio e che le avete
inferto tu e di quel bastardo di tuo fratello”. Chiudo gli occhi, cercando di
renderli limpidi dalla foschia che li avvolge.
Come io amerei di te solo il fatto che le
stesse persone che ti hanno rubato Tatia, mi hanno tolto anche Draco.
Cosa sarebbe allora? Vendetta, giustizia,
pietà, tenerezza? Sarebbe tutto tranne che amore: sarebbe anche giusto, no?
Ma abbandonarci a questo sarebbe darla
vinta a loro. Dimostrargli che ci hanno reso incapaci di amare.
Ilai conclude
stoico, mentre lo guardo con uno strano senso di orgoglio per quello che ha
detto e che come sempre ha prevenuto i miei stessi pensieri: “… ma soprattutto,
Karkaroff, non posso permettermi nulla di diverso dal mero sopravvivere fino a
che ti saprò in giro libera e pronta ad ammazzare la moglie di qualcun altro…”.
Raissa per qualche
secondo non fa assolutamente nulla, assorbe le sue parole come se non le
accettasse, come se avesse bisogno di qualche secondo per capirle. Continua
pensosamente a guardarsi la collana al collo, la studia come se fosse la cosa
più interessante del mondo. Ha gli occhi asciutti adesso, solo lievemente rossi
ed anche l’espressione è tornata calma, gelida, riflessiva.
“Non sarai mai
mio…” commenta fiocamente, come si fosse accorta solamente adesso di che cosa è
accaduto. Ilai non risponde, continua a tenere la bacchetta puntata al suo
collo e getta uno sguardo preoccupato nella mia direzione. Debolmente glielo
restituisco, guardandolo dall’alto in basso.
Repentinamente
Raissa lascia andare la presa sul mio collo, gettandomi senza apparente sforzo
contro Ilai. Lui mi afferra saldamente per la vita, impedendomi di cadere al
suolo, mentre finalmente tossisco e recupero il respiro. Ilai mi sorregge per
un fianco, mi aggrappo senza forze al suo braccio teso.
“Stai bene?” mi
chiede piano, non mollando la bacchetta puntata verso Raissa e non distogliendo
l’attenzione da lei. Annuisco con il capo, recuperando immediatamente la mia
bacchetta e guardandomi attorno alla ricerca di un segnale qualsiasi che mi
faccia capire che Dean è riuscito intanto a portare via Alex. Purtroppo il
palco è sempre troppo lontano per capire qualcosa, spero con tutta me stessa
che mio figlio sia al sicuro.
Raissa
improvvisamente si aliena completamente da sé stessa e da me e da Ilai. Inizia
a camminare in circolo, tenendo sempre la collana stretta tra le dita e
guardandola con aria corrucciata. Sembra riarsa da un conflitto interiore
insanabile, il viso è trasfigurato dall’incertezza. Mentre recupero le forze,
ansimando, la bacchetta tesa, guardo distrattamente la collana che ha al collo.
Un ciondolo
normalissimo, rotondo, di colore scuro. Rabbrividendo, però, noto
improvvisamente qualcosa di strano. Scintille. Al suo interno. Nere e verdi.
È qualcosa di
magico, quindi, non lo guarda solo per riflesso condizionato. Ed è indecisa sul
fare qualcosa… probabilmente sull’ucciderci, dato che comunque ama ancora Ilai.
Forse quel ciondolo ci farebbe esplodere in mille pezzi, senza che nemmeno ce
ne accorgessimo.
Sto appena per
aprire la bocca, avvisando Ilai di disarmarla immediatamente e di toglierle
quella cosa dal collo, che Raissa improvvisamente urla con tutto il fiato che
ha in gola. Prima le sue parole sono scomposte, incomprensibili. Sono solo una
sequela di suoni inarticolati, colmi di rabbia e dolore. Raissa si strappa i
capelli, continua ad urlare, si accascia al suolo.
Poi finalmente
alcune sue parole diventano comprensibili, un attimo prima che si tolga la
collana dal collo e la getti furiosamente per terra, facendola rompere in mille
pezzi.
Dice solamente:
“Non avrei voluto arrivare a questo…”.
Urlo immediatamente
ad Ilai di nascondersi, di stare giù, di ripararsi, preparandomi al delirio
dell’inferno. Ci gettiamo entrambi a terra bocconi, la testa tra le braccia,
cercando di proteggerci.
Ma non accade
nulla. Nulla di esplosivo, di letale, di mortale, al punto che penso che
l’incantesimo sia andato a male e non abbia funzionato.
Mi azzardo
timidamente a sollevare il viso e ciò che vedo mi gela il sangue nelle vene,
facendomi assumere in tutto e per tutto le fattezze di una statua di marmo. Mi
trattengo dallo stropicciarmi gli occhi, incredula, pensando ad un macabro
scherzo, ma so subito che non ci sarebbe nessuno così malvagio da farmi
rivivere tutto questo. E soprattutto la mia stessa fantasia non avrebbe mai
potuto concepire questo oggi, adesso. L’ondata che risale dallo stomaco mi fa
mordere furiosamente il labbro e digrignare i denti per la rabbia, mentre
rabbrividisco al contatto con lo sguardo che mi ha perseguitato per cinque
lunghi anni. Le ultime labbra che ho baciato si aprono sardoniche, prima di
sussurrare: “Mi piacevi di più con i capelli lunghi, piccola. Ma rimedieremo
anche a questo, adesso che finalmente sei di nuovo qui…”.
Come un animale lasciato
libero dopo anni di cattività, mi sollevo in piedi come una furia prima di
scagliarmi addosso a Dimitri con tutta la rabbia e l’odio che ho in corpo. Lo
Zahir non era nulla in confronto a quello che sento adesso, alla voglia
spasmodica che ho di fargli del male, di ferirlo come lui ha ferito me.
Inconsapevolmente provo persino piacere, immenso, che non sia morto, che sia ancora
vivo, che improvvisamente sia ancora qui, davanti a me, così che possa fargli
tutto quello che ha fatto a me, triplicato. Adesso finalmente posso ucciderlo,
con le mie mani. È colpa sua, è tutta colpa sua. Tutto quello che mi è
accaduto… tutto quello che… le immagini di questi cinque anni mi ballano
davanti agli occhi come fotogrammi di un film in bianco e nero, vecchio di
secoli.
La notte in cui è
nato Alex. L’odore di rose nella camera di ospedale. La sedia a rotelle di
Hayden. Una cartolina ingiallita indirizzata ad Helder. Il giorno della festa
del papà e Ron che guarda Alex confezionare un pacchetto che non è per lui. Le
lettere a Draco. Un ramoscello di menta selvatica in un libro. Mia madre che
guarda la mia pancia e piange. Mio padre che mi stringe per la nuca e piange.
Harry che si aggiusta gli occhiali sul mento dicendo che non ha visto James
nascere. Ilai che non amerà mai nessuna come Tatia. Ron che getta a terra un
vaso di rose. Tatia che muore a diciassette anni e dice a suo marito di ricordarsi
della cannella bruciata. E poi io che mi improvviso madre e padre, innamorata e
sconfitta, salvatrice e salvezza, vittima e carnefice, tradita e traditrice.
Per anni, mesi,
giorni, ore, mentre Draco si scopava Raissa Karkaroff e programmava di sposarla,
mentre avrei potuto diventare sul serio la moglie di Ron, mentre avrei potuto
andarmene con Ilai.
Tutto questo
scoppia in un secondo, mentre mi alzo in piedi e mi scaglio su Dimitri urlando
e graffiandogli furiosamente il viso. Il segno delle mie unghie rimane vivido
sul viso finché inizia copiosamente a sanguinare, finché con un gesto della
bacchetta semplicissimo, riesce ad immobilizzare il mio impeto. Senza timore,
prendo la mia bacchetta e provo ogni genere di incantesimo con sorda rabbia
cieca, continuando a gridare come un’ossessa, ma nulla infrange la barriera a
difesa dei Karkaroff.
“Se avessi saputo
che sentivi così tanto la mia mancanza, Granger, mi sarei fatto vedere molto
prima…” commenta con un ghigno Dimitri, ridendo dei miei tentativi a vuoto di
ferirlo e colpirlo. Non sembra assolutamente cambiato di una virgola da quella
sera di luglio in cui gli sfuggii: gli stessi occhi blu oltremare carichi di
sadico divertimento nel guardarmi, gli stessi capelli ricci e neri spettinati,
la stessa espressione gelida, la stessa posa militare. Indossa persino vestiti
molto simili a quelli che indossava da Pansy. Per un attimo sciocco, penso
persino che sia un miraggio. Ma il sangue della ferita sul viso è dannatamente
reale, le mie unghie che graffiavano la sua carne erano anch’esse reali. È
reale. Non è mai morto. È sempre stato nascosto da qualche parte ad aspettarmi
con disgustosa pazienza. Raissa, alle sue spalle, è rimasta nella stessa
identica posizione di poco fa: seduta per terra, con le gambe piegate, il volto
rivolto verso il basso.
“Come diamine fai
ad essere ancora vivo?!” urlo ancora, muovendomi come un’ossessa per cercare
una falla nella sua difesa, mentre la barriera continua a respingere facilmente
ogni mio incantesimo “Harry ha visto il tuo corpo! Helder ha sentito che eri
morto, dannato bastardo! Come diamine fai ad essere ancora vivo?!”. Ilai, alle
mie spalle, freme a sua volta, ma riesce a essere più calmo di me, almeno fino
a quando Dimitri con voce monocorde, non si rivolge direttamente a lui: “Prima
l’educazione, Granger, devo salutare il mio vecchio amico Radcenko… è così
confortante ritrovarsi dopo tanti anni a fare sempre le stesse cose… come
contendersi sempre le stesse donne… peccato che stavolta non l’avrà vinta
lui…”.
“Il giorno in cui
ti lascerò Hermione sarà lo stesso in cui mi dovrai ammazzare prima di poterci
anche solo provare…” sibila freddo Ilai.
“Bè allora sono
fortunato che questi giorni coincidano e che cadano tutti oggi…” sorride
gioioso Dimitri, guardando Ilai con espressione sarcastica “Già una volta ti ho
concesso di metterti in mezzo tra me e la donna che amavo. E Tatia è morta… non
accadrà ancora…”.
“Tatia è morta
perché lei l’ha uccisa…” ripete Ilai
con un gemito doloroso, facendo un cenno del capo in direzione di Raissa, che
si limita ad incassarsi nelle spalle magre “Non parliamone come se fosse un
incidente. Mia moglie è stata uccisa. Ed è giunto il momento che tu e tua
sorella paghiate per questo…”.
“Mia sorella ha già
pagato per questo…” commenta annoiato Dimitri, guardando in tralice Raissa “Ha
perso te, no? Ti ha perso per sempre. Era la cosa peggiore che le potesse
accadere, altrimenti non avrebbe stretto quel Voto Infrangibile con me. E in
quanto a me… dimentichi quanto io amassi Tatia. Non le avrei mai torto un
capello, se fosse rimasta mia… ma lei, no. Non mi aspettò, sposò te e a questo
punto posso dire che fece la scelta peggiore che potesse fare… visto che non
sei stato nemmeno in grado di salvarla da mia sorella…”.
Mi volto appena in
tempo per rendermi conto del potente Schiantesimo che Ilai scaglia ferocemente,
il viso tumefatto dall’ira contro la parete che protegge Dimitri che continua a
ridere sguaiatamente. Lo spostamento d’aria mi fa fare qualche passo indietro,
mentre si solleva un’onda di polvere a causa del contraccolpo. Ilai continua a
scagliare maledizioni furibonde, gli occhi annebbiati e il respiro corto, senza
ottenere nulla. Il mantello di Dimitri non si increspa nemmeno. Approfittando
di un attimo di sosta di Ilai che cerca di riprendere fiato, mi avvicino
velocemente a lui afferrandolo per un polso. Lui mi guarda quasi trapassandomi
da parte a parte, cieco, folle, nella sua ricerca di vendetta. Poi qualcosa nei
suoi occhi cambia mentre sembra mettere a fuoco chi sono, il braccio che regge
la bacchetta si piega e la voce blocca in gola l’incantesimo inutile che stava
già pronunciando.
“Vuole farci
perdere la pazienza e farci stancare inutilmente…” sospiro con un filo di voce,
guardandolo e stringendogli la mano “Non permetterglielo, Ilai… ci siamo dentro
assieme…”.
“… e la finiamo
assieme…” conclude lui, annuendo stancamente “Hai ragione. Ma quella barriera…
è Magia nera. Per quanto ci sforziamo, non verrà mai giù. Potrebbe fare di noi
quello che vuole… e non mi preoccupa quello che vuole fare a me… ma quello che
vuole fare a te…”, la sua mano stringe forte la mia mentre sussurra deciso:
“Non gli permetterò di portarti via da me”.
Sorrido
stancamente, accarezzandogli piano il dorso della mano con il pollice, ma non
faccio nemmeno in tempo a parlare che la voce di Dimitri ci interrompe
nervosamente, rivolgendosi ancora ad Ilai: “Radcenko, ti ho già detto di
smetterla con questo vizio di infatuarti delle mie cose…”. La voce di Dimitri
sembra calma, tranquilla, ma si è già increspata vistosamente. Lo guardo con
odio puro, non ha perso il maledetto vizio di considerarmi di sua proprietà e
di trattarmi alla stregua di un oggetto. Giuro che lo farò pentire di essere
tornato qui. Se solo sapessi che Alex è al sicuro, avrei già fatto esplodere l’intera
piazza. Certo, io ed Ilai potremmo anche Smaterializzarci lontano, qualora
capissi che Dean ha portato via Alex… ma vorrei lasciarla come ipotesi finale
nel caso le cose si mettano male. Oggi deve finire questa storia. E non me ne
andrò da qui fino a che non vedrò i Karkaroff in catene.
Dimitri guarda
prima me e poi Ilai e sussurra in modo lascivo: “Vedo che il tuo non era poi il
grande amore della tua vita, eh Granger? Ti sei già dimenticata di Malfoy? Adesso
fai gli occhi dolci a Radcenko… ma ti va male anche in quel caso… entrambi
hanno lasciato o lasceranno che tu venga dritta da me… aspetto da cinque anni
questo momento, credi che mi faccia fermare da lui?”.
“E credi che per me
le cose in cinque anni siano cambiate?” rispondo acidamente, con voce strozzata
“Che tu non sia morto, mi dà solo la felicissima occasione di gettarti io
stessa ad Azkaban…”.
Dimitri assume
un’espressione canzonatoria, mi guarda con gelido e sarcastico divertimento.
Qualcosa in lui è cambiata in questi cinque anni: me ne accorgo solamente
adesso. E’ dannatamente sicuro di sé, al punto da deridere me ed Ilai con lo
sguardo in modo insopportabile. Prima, aveva ogni cura e premura che io lo
desiderassi autenticamente, adesso non gli importa. Vuole solamente avermi, in
qualsiasi modo ciò dovesse avvenire. E per farlo, non esiterà ad usare ogni
mezzo possibile. La frustrazione di questi lunghi anni deve averlo fatto
scendere a patti con sé stesso in modo inaspettato. E potendo usare tutto
quello che ha a disposizione, ovviamente il rapporto tra me e lui si è
sbilanciato come non mai. Non sono davvero nulla, adesso, in confronto a lui.
“Di te ho sempre
adorato questo straordinario idealismo che hai, nonché il coraggio e la
speranza…” sorride dolciastro, guardandomi con le labbra serrate “Credi forse
che io possa essere rinchiuso ad Azkaban? Credi forse che ci sia un rimedio
diverso per fermarmi che non sia uccidermi?
Aspirazione invidiabile la tua… ma assolutamente ridicola, piccola Granger…”.
Fa qualche passo deciso, fermandosi ad un soffio dalla barriera e da me, Ilai
lo guarda digrignando i denti, Dimitri lo ignora e mi dice, inclinando la testa
di lato: “La Conoscenza Assoluta… quella che mi ha donato Adamar… non è solo
Conoscenza di ogni singolo Incantesimo mai esistito su questa terra ed
inventato da uomo. E’ conoscenza di tutto, Granger. Conosco ogni singola pietra
di Azkaban, ogni crepa nelle mura, ogni botola, ogni passaggio segreto, ogni
falla nella sicurezza. Resterei lì pochi secondi… e potrei far saltare in aria
tutta quella feccia nel tempo che tu impieghi a respirare…”.
Rabbrividisco,
distogliendo lo sguardo da lui. Ovviamente ci avevo pensato, l’avevo
immaginato: ma accettarlo compiutamente significa anche comprendere che allora
lo devo uccidere io. E non sono ancora diventata un’assassina… e poi… esisterà
davvero un modo per ucciderlo? Probabilmente conosce ogni contromossa possibile
ad ogni Incantesimo.
In fondo, è qui,
vivo e vegeto. Harry mi mandò persino delle foto del suo cadavere, perché lo
riconoscessi. Aspettarono persino qualche giorno prima di comunicarmi la
notizia, così da escludere che avesse fatto bere la Polisucco a qualcuno che
poi aveva ucciso. Helder aveva sentito la sua forza vitale venire meno. Come
diamine ha fatto?
Do voce ai miei
pensieri, ringhiando: “Immagino che la suddetta Conoscenza assoluta sia stata
anche utile per farti mettere in scena la tua morte, no?”. Dimitri sogghigna
soddisfatto, guardandomi in tralice ed annuendo con sussiego: “Sarebbe accaduto
anche prima, se non avessi avuto tra i piedi quell’oca idiota di Astoria
Greengrass…”.
“Quindi lei è morta
sul serio?” aggiungo debolmente, non l’ho mai detestata quanto ho detestato
lui. Mi ha fatto creare lo Zahir, mi ha quasi costretto ad uccidere Draco, però
ha fatto sì che Dimitri mi obbligasse ad abortire, dato che Astoria ha sempre
voluto per sé il figlio di un Malfoy. Era una donna debole, fragile,
intimamente legata ad un mondo dalle regole assurde. Provo pietà per lei ed
arrivo persino a sentire un po’ di compassione quando Dimitri mi conferma che è
morta sul serio e che è stato lui ad ucciderla. Questo, ovviamente dopo che mi
si confermi nella testa che quest’uomo ormai è disposto praticamente a tutto e
che è un diavolo incarnato.
“Non valeva la pena
ucciderla…” sciorina con voce monocorde, guardandosi le unghie “Mi è sempre
stata utile nella fuga, aveva contatti con il Ministero, anche dopo che avete
neutralizzato Lavanda Brown. E poi era anche graziosa… me la sono fatta un paio
di volte…”, trattengo il disgusto a quelle parole turpi e continuo ad
ascoltarlo mentre riprende: “Era noiosa, intendiamoci… ossessionata dall’idea
di mettere le mani sulla preziosa progenie di Draco Malfoy… si faceva i calcoli
per vedere quando sarebbe nato, cercava di ricordare particolari di te che le
facessero capire se era maschio o femmina, mi tediava con ogni stramaledetto
aneddoto per cui, se fosse stato maschio, sarebbe stata riaccolta nella sua
famiglia a braccia aperte… ed anche Draco non l’avrebbe più rifiutata… da
quello che mi ha raccontato Raissa, Malfoy ha una figlia femmina che non è sua…
per un Malfoy, un figlio maschio sarebbe stata la più grande delle benedizioni
esistenti…”.
Trattengo in gola
un groppo di pianto confuso, pensando a che cosa ho negato volutamente a Draco.
Un figlio maschio… non ci avevo mai concretamente pensato… per i Purosangue
come lui, queste cose sono ancora dannatamente importanti. Trasmettere un
cognome, essere erede di tradizioni e valori, vedersi proiettato in lui… chissà
come sarebbe cresciuto Alex se avesse conosciuto Draco sin dal primo momento.
Sarebbe un Malfoy, adesso, in tutto e per tutto. Quelle poche tracce che ha di
me… forse non ci sarebbero state. Ma sicuramente l’avremmo cresciuto in modo
che prendesse solo il meglio dalla sua famiglia d’origine. E lui, Draco…
sarebbe scoppiato di orgoglio ogni momento della vita di nostro figlio.
Ricaccio a fatica
quei rimpianti inutili, gettando uno sguardo distratto al palco dove spero non
si nasconda ancora mio figlio, e continuo ad ascoltare Dimitri: “Me la sono
sempre portata appresso mentre fuggivo… Pucey e Montague erano delle zavorre
inutili, li ammazzai la sera della tua famosa fuga dal mio castello. Ma lei
tutto sommato poteva ancora tornarmi utile… specie perché da quella notte, tu
sei praticamente scomparsa. Ho fatto in ogni modo, provato centinaia di
incantesimi, preparato decine di pozioni… ma nulla, per cinque anni non sono
mai riuscito a trovarti in nessun modo… nonostante avessi ordinato a Raissa di
rimanere con Malfoy fino a quando tu ti fossi fatta viva… tu non provavi
nemmeno a contattarlo…”.
Ecco perché Raissa
era partita con Draco e ci era rimasta per cinque anni… l’ultimo pezzo mancante
è tornato a posto. Effettivamente, il punto non tornava perché non sapevo
Dimitri ancora vivo… adesso ha tutto senso. Restava con lui perché Dimitri si
era appellato al Voto Infrangibile… e continuava ovviamente ad amare Ilai. Ma
allora perché stanno per sposarsi?
Mi trattengo la
domanda in gola, sicura che mi mentirebbero, e lascio ancora spiegare Dimitri
che comincia ad andare concitatamente avanti ed indietro come se il nervosismo
di questi anni si fosse improvvisamente palesato di nuovo nelle sue membra,
impedendogli di restare fermo.
“Sono passati
cinque anni stramaledettissimamente lunghi…” riprende incolore Dimitri,
mascherando la rabbia “E non riuscivo a capire come avessi fatto semplicemente
a sparire. Nessuno parlava di te, da Malfoy non andavi, la tua stessa forza
vitale era come morta… poi un anno fa, Astoria sputa il rospo. Casualmente
quell’oca, dopo quattro anni, si ricorda che tu conoscevi un’Indicibile da cui
avevi avuto la formula dello Zahir… quindi probabilmente avevi qualche metodo
magico per celarti… peccato che io conosca tutto anche degli Indicibili. Non è
questo il punto… finalmente si degna di dirmi chi era quell’Indicibile… Helder Cassidy Bode… come se non la conoscessi. Riuscì a diventare
un’Indicibile al mio posto… la conoscevo da anni, mi fu presentato anche suo
padre una volta dal mio… e sapevo che non era solo un’Indicibile. Era anche
un’Empatica… per quello non riuscivo a trovarti. Era il suo potere a
nasconderti… e la cosa peggiore era che lei invece avrebbe potuto trovarmi
sempre. So che noi che abbiamo vinto una prova di Adamar siamo ciechi agli
Empatici, ma so anche che, se ci sentono una volta, non si dimenticano più di
noi… e quella mocciosa poteva avermi sentito la sera della tua fuga. Doveva essere
stata lei a trovarti quella volta. Questo significava che potevo avvicinarmi
anche solo per caso a te e lei se ne sarebbe accorta subito, mettendoti in
fuga. Quell’imbecille di Astoria non mi aveva mai detto nulla… non l’aveva
considerato importante… la ammazzai quella sera stessa…”. Rabbrividisco,
gelando. Ha ammazzato Astoria solo perché non si è ricordata di dirgli questa
cosa. Le gambe mi tremano anche se non vorrei mostrarmi debole davanti a lui,
improvvisamente la paura mi prende come una morsa ghiacciata. Ilai mi sfiora con
il dito l’interno del polso senza farsi vedere da Dimitri. Sospiro, cercando di
calmarmi.
“Finalmente capii
il punto… l’Empatia era l’ostacolo…” riprende allegro come un bambino
soddisfatto “Ma purtroppo per me, l’Empatia è così poco conosciuta nei suoi
effetti e nei suoi poteri che non sapevo bene come affrontarla. Io conosco
tutto quello che è stato scritto da uomo: formule, incantesimi, libri, anche se
persi da secoli. Tutto, dai romanzi ai progetti di edifici agli articoli di
giornale. Ma dell’Empatia so pochissimo, semplicemente perché è l’uomo stesso
che non sa nulla dell’Empatia. Sono sempre stati una casta chiusa, dalle regole
ferree, persi nei loro deliri di onnipotenza, che comunicavano di generazione
in generazione solo con il loro dono, senza scrivere mai nulla. C’è gente che
nemmeno sa che esistono… e poi hanno il potere esattamente contrario a quello
di Adamar. Lui mutila le anime per dare potere, loro conoscono le anime per
avere forza… credo che nemmeno Adamar stesso sappia molto degli Empatici.
Ucciderla non sarebbe servito, si sarebbe accorta comunque di me per tempo… e
in ogni caso continuavo a non sapere dove fosse lei… e dove fossi tu.
Sicuramente eravate nello stesso luogo. L’unica possibilità era fingere che
fossi morto io… tu ti saresti sentita libera, saresti tornata indietro… ed
avresti prevedibilmente cercato Malfoy. Sei sempre stata un libro aperto per
me, Granger…”. Ignoro il suo sorriso saputo, serrando forte la mascella.
“Serviva qualcosa
di potente… qualcosa che ingannasse un Empatico. Doveva celare ogni cosa di me…
rendermi morto sul serio… nemmeno un Distillato della Morte vivente potenziato
sarebbe bastato... tutto di me doveva congelarsi e a lungo… avrebbero fatto
prove, test per giorni, per capire se ero davvero morto… e la maledetta
Empatica non doveva più avvertire di me la benché minima traccia vitale. Un
modo c’era… un fiore che cresce sulle Ande, rarissimo, di nome Titanca.
Proviene da una pianta endemica, che fiorisce solo una volta per poche
settimane nei suoi circa cento anni di vita, poi muore. Dalla polverizzazione
dei suoi petali si ricava un estratto che induce la morte, fino al momento in
cui viene innescata una scarica elettrica sul corpo della vittima. Ci ho messo
settimane a trovare la pianta, che era vicina a perdere i fiori… e ne ho
ricavato la mistura, che mi ha immediatamente indotto la morte. Ho fatto
trovare il mio cadavere accanto a quello di Astoria… così che pensaste che ci
fossimo uccisi a vicenda. E la collana che portava Raissa…”.
“… era il modo per
svegliarti…” completo scioccamente, giungendo finalmente a comprendere tutto.
Le scintille che avevo visto erano scariche elettriche, collegate, chissà come
a Dimitri. Appena la collana era esplosa, aveva trasmesso l’impulso a Dimitri
che si era svegliato. Fino ad allora, dovunque Dimitri fosse, lo avrebbero
sempre scambiato per un cadavere.
“Bravissima, Granger…”
commenta Dimitri in tono disgustosamente fiero, prima di proseguire sinistro: “Comprenderai
quindi che sono cinque anni che attendo con ansia questo momento… chiunque si
metterebbe in mezzo tra me e te, adesso, non mi farei scrupoli nel farlo fuori…
Auror, Ministri della Magia o altri patetici personaggi…”, la sua voce si
abbassa di tono, suonando come una minaccia stentorea: “Figuriamoci se poi si
tratta di qualcuno con cui ho un conto in sospeso da più di dieci anni… se non
si era capito, parlavo di te, Radcenko…”. Ilai non controbatte, resta immobile
e gelido guardandolo, io rabbrividisco e chiudo gli occhi, cercando di non
sovrapporre Hayden ad Ilai. Già lui ha pagato per quello che Dimitri voleva da
me, non sopporterei che accadesse ancora. Dimitri sorride ancora, guardandomi
di sbieco, e biascica dolce: “Per dovere di completezza, c’è anche qualcun
altro da considerare…”. Il mio cuore perde un battito, mi volto repentinamente
a guardarlo mentre aggiunge melenso: “Draco Malfoy, come dimenticarlo. Ma,
andiamo Hermione, è un idiota. Non ha mai capito nulla di ciò che era successo,
sta per sposare mia sorella, credi che adesso potrebbe davvero capire
qualcosa?”.
“Lui dov’è?” chiedo
con un filo di voce, temendo la risposta.
“Sta bene, per
quanto io ne sappia…” biascica Dimitri annoiato “Da quel giorno in cui sei
scappata da me, non è mai stato nei miei interessi primari. Quello che ha
fatto, lo ha fatto tutto da solo. Credo che sia a Londra adesso, o qualcosa del
genere, no Raissa?”. La donna, abbandonata al suolo, fa un cenno di assenso
inarticolato. Che diamine sta facendo a
Londra?!
“Perché è lì?!”
urlo nervosa.
“Sai Hermione
Granger, mia sorella e il tuo amato hanno avuto una vita assieme in questi
anni…” mormora Dimitri sorridendo alla mia espressione devastata “Ed una vita
assieme, significa vacanze, feste di Natale, bambini per casa e lavoro con
annessi viaggi, quello che sta facendo adesso… tu non esisti più per lui,
tesoro. È andato avanti”. Le sue parole mi procurano il solito ben noto tonfo
al petto ma decido con improvvisa risoluzione di non ascoltarlo più e di non
chiedergli più nulla. Al momento non ho né tempo, né voglia di occuparmi di
Draco Malfoy e di quello che ha fatto in questi cinque anni. E soprattutto non
so nemmeno come stiano oggettivamente le cose e non lascerò che mi manipolino
come, ai tempi, fecero con Draco stesso.
Peraltro, ho
davanti a me un demonio insaziabile che ammazzerebbe mezzo mondo pur di
arrivare a me e non è sicuramente la mia priorità sapere adesso di Draco: sta
bene e tanto al momento basta. Certo, Dean a quest’ora avrà sicuramente portato
Alex in salvo, ma intanto qui c’è ancora Ilai. Nessuno deve finire in mezzo tra
me e i Karkaroff, di nuovo… anche se questo può voler dire che posso solamente
ucciderli a questo punto. Accetterò di farlo, se sarà la sola strada per
impedire che facciano del male a qualcuno. Soprattutto ad Ilai. Non voglio che
gli accada nulla, mai.
L’ho promesso a
Tatia, l’avrei difeso e protetto… e non sopporterei mai che gli accada qualcosa
per colpa mia.
Non sopporterei che gli accada qualcosa in
ogni senso, in verità. Perdere lui adesso mi darebbe il colpo di grazia.
Mi fa terribilmente male nel pensarlo… e mi
rende così confusa da farmi girare la testa… ma non posso perderlo. In nessun
modo possibile.
“Quindi torniamo a
noi…” ricomincia Dimitri, gettandomi uno sguardo famelico a cui Ilai reagisce
irrigidendosi e parandosi davanti a me. Lo trattengo per un braccio,
fermandolo, lui mi guarda senza capire prima di dire sottovoce: “Non esiste che
vai via con lui…”. Il braccio di Ilai è rigido, la pelle è colma di tensione
che scorre nelle vene assieme al sangue. Mi guarda negli occhi e percepisco le
stesse cose che sto provando io, tutte, dalla prima all’ultima. La paura,
l’impotenza, la rabbia, la voglia di vendicarsi. E in più questa strana
connessione dentro, che non ci lascia mai in pace.
Perderci… adesso… è
impossibile. Siamo l’uno il sostegno dell’altra. Andremmo in pezzi da soli.
Ilai chiude la mano che ho sul suo braccio, soffiando tra i denti: “Lascia che
sia io a farlo fuori…”.
“No” dico
nervosamente, stringendo la presa sul suo braccio “Sarà lui a fare fuori te, lo
sai meglio di me, Ilai…”. Gli occhi mi si annebbiano, mentre sento Dimitri
continuare a ridere disgustosamente divertito. Improvvisamente, come un petardo
acceso, la voce di Ilai scoppia nel mio cervello mentre apre una connessione
telepatica con me. Rabbrividisco, colma di meraviglia e stupore, sentendolo
dentro di me. Non ho avvertito intrusione, non ho opposto resistenza, non mi
sono dovuta nemmeno aprire per accoglierlo nei miei pensieri. Il legame strano
tra me e lui funziona persino a livello di magia… c’è una connessione alchemica
quasi, che non ho mai sentito con nessuno e che continuo ad imputare ad una
sorta di lascito di Tatia. La voce di Ilai, nei miei pensieri, mentre sono
ancora sotto il suo sguardo d’ardesia, sussurra: “Hermione, devi lasciarmelo fare. Devi farmi provare ad ucciderlo. Io
vivo solo per questo ormai… solo per vendicarmi di Tatia. Loro… non potremo mai
chiuderli in una cella. E tu… devi scappare. Hai ancora tuo figlio e Draco è
vivo da qualche parte. Non rischiare la tua vita per niente, non ne vale la
pena. Questa è una mia responsabilità… anche se non lo voleva, è stata mia
moglie a trascinarti in tutto questo… e non mi perdonerei mai se ti succedesse
qualcosa.”.
Le lacrime mi
affannano la vista mentre stringo il suo braccio, aggrappandomi ad esso: “Credi che tornerei mai me stessa, se ti
lascio andare adesso?”. Ilai sospira, chiude gli occhi e sta per replicare
qualcosa, ma lo interrompo malamente: “Tatia…
ci ha legato in questo modo. Se uno dei due non ne esce… probabilmente non ne
uscirà nemmeno l’altro. Questo è un peso che spartiremo assieme, d’accordo? Io
sono l’ex Capo degli Auror… deve esistere un modo per riuscire a colpirlo. E al
momento la sola cosa che abbiamo è questa…”.
“Cosa?”.
“Questa connessione, Ilai… sei riuscito ad
entrare nella mia mente senza che quasi me ne accorgessi. Se riusciamo a
sfruttare questa cosa a livello di magia, forse possiamo intaccare la sua difesa…”.
Ilai batte le
palpebre sorpreso, rendendosi conto della verità delle mie parole. Poi annuisce
impercettibilmente, soffermandosi a riflettere. Tutto questo, nella mia mente e
nella sua, si svolge in pochissimi istanti, all’esterno non sono passati nemmeno
due secondi.
“Un attacco condotto perfettamente
all’unisono potrebbe avere successo…” riprendo mentalmente, mentre a voce fingo di star implorando Ilai di non
attaccare Dimitri “La barriera è forte. Ma
magari colpita nello stesso punto, con lo stesso incantesimo, se usiamo la
medesima forza… potrebbe funzionare…”.
“Che incantesimi hai usato fino ad ora?” mi chiede febbrilmente Ilai, sento ancora
la sua indecisione a farmi collaborare ma enumera velocemente quelli che ha
usato lui. Confrontandoli con i miei, ci rendiamo velocemente conto che non
abbiamo usato solo il “Finite incantatem”. Mi sembra
abbastanza debole come incantesimo e magari nemmeno funzionerà. Ma distruggere
la barriera al momento è la cosa migliore. La sicurezza di Dimitri si incrinerebbe
e riusciremmo perlomeno a colpirlo. Raissa, al momento, non sembra un pericolo.
È completamente svuotata delle sue forze. Tra i due, certo meglio occuparci di
Dimitri al momento. Continuando a fingere di parlare, pianifichiamo che, se la
barriera cade, cercheremo immediatamente di disarmare Dimitri. Il suo potere è
la conoscenza, sapere ogni mossa e i mezzi per controbattere, ma non ha mai
avuto un potere magico interiore elevatissimo. Persa la bacchetta,
probabilmente lo scontro sarebbe ad armi pari: non riuscirebbe ad evocare la
maggior parte degli incantesimi che conosce. O perlomeno spero. L’indemoniata
onniscienza che possiede, magari, può persino questo.
“Non te ne andrai via vero?”
Ilai sospira nella mia mente e sento il muscolo del suo braccio tendersi
sotto le mie dita. Nego impercettibilmente con il capo, un piccolo sorriso che
mi spunta sulle labbra: “Mai senza di
te”. Lui scuote piano il capo, tra l’incredulo e il rassegnato, e alla fine
acconsente. Vedo nella sua testa che, se mi attaccassero direttamente, si
parerebbe davanti a me per impedire che mi succeda qualcosa, ma ricaccia
immediatamente quell’immagine, forse per impedirmi di conoscere i suoi veri
pensieri che mi sono comunque arrivati. Non
glielo permetterei mai.
Fingo un isterico
scoppio di pianto davanti a Dimitri, mentre biascico ad Ilai di andarsene
immediatamente, che non ho bisogno di lui, che non può succedergli niente come
è successo ad Hayden. Dimitri osserva la scena come se stesse a teatro, le
braccia conserte ed un sorriso sardonico sui tratti duri del viso. Lascia in
piedi la nostra pantomima solo per divertimento, sa perfettamente che, se anche
mi consegnassi a lui, non lascerebbe in pace Ilai. Forse gli concederebbe anche
di fuggire, per poi battere tutta la Terra alla sua ricerca per farlo fuori.
Odia Ilai più di quando odi Draco.
“Lascerai che se ne
vada? Mi prometti che sarà in salvo?” urlo sconvolta a Dimitri, voltandomi
verso di lui e continuando a piangere rabbiosamente.
Dimitri annuisce in
silenzio con un sorriso quieto, e simula persino con le dita un segno sul cuore
come se stesse facendo una promessa stupida ad una bambina. Ilai probabilmente
farebbe tre passi e poi morirebbe ugualmente… oppure aspetterà davvero che se
ne vada, visto che comunque Raissa è sempre presente.
“Io e Radcenko ce
la vedremo poi…” sussurra suadente e minaccioso al suo indirizzo “Vieni adesso
con me… e gli darò qualche ora di vantaggio…”. Annuisco continuando a piangere,
mentre Ilai finge ancora una sua resistenza e io lo spingo via con le mani,
urlandogli contro con eccessiva foga ed enfasi. Ma, ovviamente, meglio
esagerare. Sia Raissa che Dimitri, anche se quest’ultimo in modo più velato,
sono così presi dal tentativo di capire che cosa ci sia tra me ed Ilai che
esagerare non può fare altro che bene: più fingiamo di essere così legati da
impazzire al pensiero che all’altro succeda qualcosa, più loro perdono la
testa. Rivedono Ilai con Tatia, forse, e questo li fa ammattire. Raissa,
infatti, ha alzato lo sguardo ed è completamente presa da Ilai che continua ad
implorarmi di farlo restare, mentre Dimitri inizia nervosamente a serrare le
labbra mentre si inizia a spazientire.
“E’ il momento!” urlo nella mia testa, un secondo prima di
puntare la bacchetta contro la barriera e gridare con tutte le mie forze:
“FINITE INCANTATEM!”. Alle mie spalle, poco distante, Ilai fa la stessa cosa
nel medesimo momento, colpendo lo stesso punto che colpisco io e che ha visto
nella mia mente mentre lo puntavo. Il contraccolpo dei due raggi dorati, che si
fondono l’uno nell’altro diventando una sola saetta bronzo, è tale da farmi
perdere l’equilibrio mentre si solleva in aria un pulviscolo di foglie secche e
cartacce. Barcollo per qualche istante, prima di reggermi di nuovo sulle gambe:
l’onda d’urto del potere sollevata è stata enorme. Non vedo assolutamente nulla
per qualche secondo, tutto ricade in una polvere diffusa e in una miriade di
scintille luminose, ma cerco di recuperare immediatamente il controllo,
correndo in direzione di dov’era prima Dimitri. Ilai mi sorpassa correndo a sua
volta, ci rendiamo subito conto che l’Incantesimo congiunto ha funzionato e che
la barriera è caduta. Ilai corre molto più veloce di me e, improvvisamente, lo
perdo di vista finché sento una serie di tonfi ed un gemito trattenuto. Gelata,
agghiacciata, corro ancora in quella direzione con il cuore in gola, mentre con
la bacchetta e delle formule di rito cerco di diradare la polvere. Quando la
mia visuale torna limpida, mi rendo conto che Ilai ha raggiunto Dimitri. Deve avergli
mollato un calcio in pieno viso, perché Dimitri è in ginocchio, il volto un
mascherone di sangue e cerca di tamponare la feroce emorragia dal naso.
Velocemente, prima che raggiunga la sua bacchetta, riesco con un colpo a farla
volare nelle mie mani; immediatamente, senza la minima esitazione, la spezzo in
due con le mie mani. Intanto Ilai ha preso Dimitri per il collo, gettandolo per
terra per poi tenerlo supino, un piede sulla sua carotide. Dimitri annaspa,
tossisce, ma non si muove. Mi volto con preoccupazione, rendendomi conto che,
in tutto questo, Raissa non si è assolutamente mossa: guarda suo fratello ed
Ilai con aria afflitta, ma non accenna a muoversi. Qualcosa mi si accende
furiosamente nel cervello, una specie di spia luminosa, sembra tutto troppo facile, ma cerco di ignorarla: punto la
bacchetta in direzione di Raissa, intimandole di non muoversi. Lei non fa
assolutamente nulla, resta immobile come se non stessi nemmeno parlando con
lei.
Che Dimitri sia
rimasto sorpreso dalla nostra manovra, non è evidentemente un mistero: ha gli
occhi sbarrati, lo sguardo confuso e le labbra impregnate di sangue che
tremano. Eppure non fa nemmeno lui nulla per opporsi alla stretta di Ilai che
continua a tenere premuto il piede sul suo collo, bloccandogli la respirazione.
Al contempo, Ilai tiene ferma la bacchetta sulla fronte di Dimitri, digrignando
i denti, colmo di rabbia. È strano. Tutto
questo… è troppo strano.
“Non avevi detto
che eravamo arrivati alla resa dei conti, Karkaroff?” lo minaccia Ilai, premendo
il piede ancora sulla sua vena, Dimitri tossisce furiosamente. Mi impongo di
non distogliere lo sguardo, ripetendomi che ci ha spinto lui a questo e
ricordandomi tutto il male che ha fatto a me e ad Ilai stesso. Non voglio
lasciare solo Ilai, non voglio che si prenda la sola responsabilità di questo.
Se lui ammazzerà Dimitri, io farò lo stesso con Raissa. Lo dovrò fare,
altrimenti non ne usciremo più. Deglutisco pesantemente, guardando il cumulo di
stracci in cui si è trasformata.
Dimitri, dopo un
primo attimo di smarrimento, ghigna e guarda Ilai dal basso verso l’alto come
se fosse un insetto, lui in risposta preme ancora più forte sul suo collo al
punto da farmi temere che gli spezzerà l’osso. Tossicchiando, Dimitri aggiunge
con tono di sfida: “Dovevi andartene quando ne avevi ancora la possibilità,
Radcenko… ho già accettato che Malfoy toccasse la Granger una volta. Non la
lascerei mai a te, che già mi hai portato via Tatia. Non ti senti enormemente
idiota nell’affrontare una sfida che sai di perdere?”.
“Non sono io quello
che sta per andare all’altro mondo…” mormora Ilai spingendo la punta della
bacchetta contro la sua fronte, al che Dimitri scoppia a ridere con enfasi,
facendomi drizzare i capelli sulla nuca, mentre biascica: “Non credi forse che
io non abbia un piano B? E se va male, un piano C, D o E? Sono cinque anni che
aspetto di prendermi quella donna… e mi farei fermare solo perché ci sei tu e
perché avete fatto cadere la mia barriera? Scommettiamo che tra cinque minuti sarà
lei stessa a chiederti di lasciarmi andare?”.
Ilai lo guarda con
l’ombra di un sorriso sarcastico, convinto che stia mettendo in campo solo una
delle sue minacce. Io invece sento distintamente crescere la sensazione di
pericolo dentro lo stomaco, molto più di quanto non sia avvenuto fino a questo
momento. Il mio stesso sangue mi ribolle nelle vene e il sudore mi imperla la
fronte, mentre un timore ancestrale mi colpisce gli arti facendomi tremare la
bacchetta tesa. La strana stasi di Raissa, la presunzione calma di Dimitri… c’è
qualcosa dietro, di molto peggio di quello che ho visto fino ad ora.
Dimitri solleva
leggermente il viso, guardandomi con espressione tronfia, nonostante il dolore
provocatogli da Ilai. Si inumidisce le labbra prima di dire: “Questa volta,
Hermione Granger, tu sarai mia. E non intendo fermarmi davanti a nulla… a
niente, hai capito bene? Ho lasciato che ti consegnassi da sola, ho cercato di
convincerti ad abbandonare Radcenko come hai già abbandonato Malfoy…”, assimilo
le sue parole senza rispondergli, mentre prosegue: “… ma tu sei come Tatia.
Siete due maledette sciocche testarde… che vi andate sempre ad innamorare delle
persone sbagliate. Sei persino caduta anche tu nella stessa trappola di
Radcenko… ti sei persino innamorata anche tu di lui…”, continuo a non controbattere,
la testa che agghiaccia per quello che scommetto sta per dirmi.
Dimitri sorride
malevolo, e poi dice, lo sguardo allucinato: “Ma cinque anni mi sono valsi per
mettere le cose in prospettiva, Granger… me ne frego dell’amore, me ne frego di
chi ami, me ne frego se ti vuoi scopare Malfoy o Radcenko… me ne frego. Tu sei
mia, e lo sarai per sempre. Ti avrò nel mio letto la notte, nella mia casa ogni
giorno, e tu sarai tutto quello che ho sempre chiesto e mai avuto. Non amarmi…
piuttosto odiami, bestemmiami, ma intanto questo è quello che sarai… la morte
si è presa Tatia, a te non lascerò lo stesso onore, Granger…”.
“Cosa mi impedirà
di non uccidermi quando dovessi capire che non ho scelta?” mormoro, la voce che
trema “Cosa me lo impedirà, eh, Karkaroff? Anche se arriverà il momento in cui
non avrò più la speranza di farti fuori, io mi ammazzerò e ti maledirò assieme
a Tatia…”.
“Tesoro” commenta
Dimitri con un filo di voce “Tatia poteva anche uccidersi, l’ha tenuta in vita
l’amore idiota per Radcenko… e un giorno non è bastato più. E ha affrontato la
morte, sapendo che era il solo modo di liberarsi, scommetto che sapeva che
sarebbe morta, l’aveva predetto, ma non ha fatto nulla per impedirlo…”, Ilai a
quella parole raggela, ferito si stringe nelle spalle e Dimitri fa una lunga
pausa per godersi l’effetto delle sue parole. Poi prosegue sempre più
divertito: “Il tuo caso è diverso, Hermione Granger, tu non ti ammazzeresti mai,
lo so da quando sei stata mia ospite nel mio castello… perché c’è qualcuno che
ami molto di più di quanto ami Malfoy o Radcenko o chiunque altro su questa
terra. Non è così?”.
Improvvisamente,
con una scarica di brividi ghiacciati e gelidi, capisco di che cosa sta
parlando. Sgrano gli occhi, la bacchetta scivola dalle mie dita fattesi di
burro.
“Già, Hermione,
piccola…” sorride fintamente comprensivo Dimitri “Tatia non ha fatto in tempo a
diventare mamma… ma tu sì…”. Tutto di me improvvisamente muore, tutto. Mi
dimentico di tutto, di ogni cosa. La mente si annebbia, il cuore si oscura e la
vista viene meno. Mi sento richiamare al suolo come se fossi una marionetta
lasciata cadere giù. Mi aggrappo ferocemente con tutte le mie forze a Dean, al
pensiero che ormai dovrebbe averlo portato in salvo, penso che quella di Dimitri
sia solo una minaccia. La pelle del viso fredda, ghiacciata, le unghie che
affondano nei palmi, biascico: “Mio figlio… non c’entra nulla… prova a fargli
qualcosa e io…”.
“Tecnicamente,
Radcenko gli sta già facendo qualcosa…” ride Dimitri, suscitando la reazione
sgomenta di Ilai che non comprende assolutamente che cosa stia succedendo. Il
cuore mi balza in gola, l’ansia mi chiude il respiro e mi sento improvvisamente
svenire. Con furia, afferro di nuovo la bacchetta che è caduta al suolo,
incurante di tutto pronuncio la formula di Smaterializzazione concentrandomi
sulla casa di Draco dove i miei amici dovrebbero essersi rifugiati e dove Dean
ormai dovrebbe essere con Alex. Ma non succede nulla. Piangendo, balbettando,
convinta di aver sbagliato le parole, ripeto ancora la formula, ma ancora non
mi muovo, non succede assolutamente nulla. Un lampo tragico di comprensione mi
avvolge, con l’effetto di farmi piegare a terra, in ginocchio come una
supplice. Raissa… poco fa… l’Incantesimo non verbale, il bagliore aranciato.
Dopo non mi è sembrato che fosse successo nulla di visibile. Ed invece… ha reso impossibile la Smaterializzazione.
Dean non è mai arrivato… Alex è ancora dietro quel palco.
Resa cieca e pazza,
inizio a correre in direzione del palco come una fiera nella savana, ma immediatamente
qualcosa mi ferma. Ricado violentemente al suolo, sbattendo la faccia sul
pietrisco, che si bagna del mio sangue e delle mie lacrime. Sollevo lievemente
il capo per vedere che finalmente Raissa si è alzata in piedi e mi punta la
bacchetta contro, trattenendomi schiacciata a terra. Il suo sguardo è così
freddo e vuoto che capisco che la sua era solo la calma prima della tempesta:
nel tentativo di distrarla, lei alla fine si è convinta sul serio che mi sono
innamorata di Ilai. E adesso brama la mia morte più di quanto ha bramato la
morte di Tatia stessa. Certo, Dimitri non lascerà che lei mi uccida, ma non si
opporrà a che io soffra quanto più possibile. E mio figlio è ancora qui, pronto
a pagare per le mie colpe. Dovevo ucciderli subito, dovevo lasciare che Ilai lo
uccidesse, dovevo farlo io stessa. Il cuore mi si strappa dal petto, continuo a
dibattermi impotente ed urlo con tutte le mie forze, quando Raissa agita
pigramente il braccio verso il palco.
Quando vedo mio
figlio, curiosamente mi viene in mente il primo momento in cui l’ho visto:
dormiva profondamente, come se niente fosse. Un ciuffetto rado di capelli
biondi in testa, gli occhi chiusi e l’espressione infastidita. Le infermiere lo
avevano coperto bene, aveva un pagliaccetto celeste di lana pesante: era una
notte scura di aprile, pioveva a dirotto. In Sicilia le luci rade delle stelle
del porto di Favignana erano annegate nel cotone delle nubi nere e tutto
sembrava tremare dei lampi e dei fulmini. In tutto questo, mio figlio, dopo
essere stato lavato dalle ostetriche, se ne stava buono a dormire, un pugnetto
chiuso vicino al viso e le sopracciglia aggrottate. Quando me lo avevano
sistemato sul seno, lo avevo punzecchiato con un dito, sperando che si
svegliasse. Non so perché, ma mi dava quasi fastidio che dormisse: mi dicevo
che, cavolo, avevo aspettato tanto per vederlo, e lui adesso dormiva! Mi
sfuggii persino mentalmente che era l’atteggiamento tipico di un Malfoy… e
proprio allora decisi di chiamarlo Leo di secondo nome, come una stella, come
Draco forse avrebbe voluto chiamare suo figlio, come lo avevo sentito dire in
un ricordo con Helena.
E decisi anche per
il cognome Malfoy. Non si poteva chiamare in altro modo, non era un Granger,
non era un Weasley. Era un Malfoy, ce l’aveva nel sangue. Alex dormiva e
continuava ad aggrottare le sopracciglia apparentemente senza spiegazioni,
finché collegai che sembrava infastidito quando sentiva un tuono. Non
spaventato, non terrorizzato: infastidito. Per la serie, fatemi continuare a
dormire. Lo amai in quel preciso momento. Lo adorai sopra ogni cosa in quel
preciso istante. Non avevo sentito istinto materno durante la gravidanza, non
mi ero sentita madre nei nove mesi passati, avevo vissuto da pazza incosciente,
eppure mio figlio si era salvato. In quel momento, però, dal nulla mi sentii
inondare dall’amore per quel bambino dalla faccia dispettosa. Fu prima l’amore
veloce e rapido della mamma, quello che nasce quando riconosci la tua carne, il
tuo sangue, le tue ossa. Dopo fu l’amore della donna, perché sentivo Draco in
quel bambino piccolo e lo avevo di nuovo accanto a me. Con il passare dei
giorni, divenne un amore da innamorata, perché mi sono innamorata di mio
figlio. Ne scoprivo pieghe della pelle, curve delle braccia, riflessi delle
ciglia e lo trovavo perfetto. Mi chiedevo come potesse essere così perfetto, me
lo chiedevo sinceramente. Poi venne il suo carattere: i primi tentativi di
camminare, le prime parole, i primi capricci, i primi discorsi pieni di
ragionamenti arzigogolati, i primi giochi sempre al limite del pericolo, le
prime paure come quella dell’acqua che io stessa gli avevo trasmesso. E me ne
innamorai ancora, peggio di come ho amato Draco stesso. Perché tramite Alex,
amavo di nuovo lui… ed amavo anche me stessa, trovando un balsamo che mi
limasse dal dolore. Se avevo fatto nascere quell’esserino così meraviglioso,
forse non ero così sbagliata, forse qualcosa di buono l’avevo fatta, forse non
tutto era perduto.
Quella notte,
mentre se ne stava addormentato sul mio seno, mentre Ron lo guardava storto
cercando e trovando tutte le somiglianze con suo padre, ricordo distintamente
la prima parola che dissi a mio figlio. Mormorai solamente, un nodo in gola che
mi impediva di tenere la voce ferma: “Certo che se iniziamo così, andiamo bene…
sei uguale a tuo padre… ci manca solo che hai preso anche i suoi occhi…”. Alex,
come se mi avesse sentito, aprì gli occhietti, sollevò le palpebre raggrinzite
e mi guardò con uno sguardo tra la sfida e l’adorazione.
Non dimenticherò
mai quel momento, il nodo in gola che si scioglieva e le lacrime sul viso che
scoprì essere di commozione, e non di dolore.
Aveva gli occhi del
cielo in tempesta, mio figlio, aveva gli occhi della pioggia che cadeva fuori.
Aveva gli occhi di Draco.
E io mi considerai
la donna più fortunata del mondo, nonostante tutto.
Gemendo,
agitandomi, muovendomi come una anguilla catturata, impotente, incapace di
muovermi, vedo Raissa che, senza nessuno sforzo, solleva un braccio in
direzione del palco che viene avvolto da un bagliore perlaceo, prima che la
sagoma di Alex emerga dall’ombra. Addormentato, con gli occhi chiusi, come quel
primo giorno in cui l’ho visto. Con l’espressione infastidita, una mano attorno
al collo. Le scarpette rosse da ginnastica slacciate, come io non vorrei mai
che camminasse. La salopette di jeans mezza sporca di polvere, con ancora i
segni delle zampette di Biscotto sulle gambe. I capelli biondi spettinati. E
gli occhi grigi chiusi, gli occhi di Draco chiusi, gli occhi di mio figlio
chiusi. Perché li ha chiusi? Perché?
Urlo ancora, dibattendomi,
il volto sudato e bagnato di lacrime: imploro, piango, prego, chiamo mio
figlio, chiamo Draco, chiedo aiuto ad Ilai, ma nessuno mi ascolta.
“Se Radcenko toglie
il piede dal mio collo, magari tuo figlio si riprende, Granger…” biascica
ridendo Dimitri, guardando prima me e poi Ilai. Capisco anche stavolta senza
molto sforzo: ha fatto qualcosa, ha legato lui ed Alex, quello che accade a
Dimitri accade anche a mio figlio. E
stavo per ucciderlo, Ilai stava per ucciderlo. Urlo graffiandomi la gola ad
Ilai di lasciar stare immediatamente Dimitri, che quello che succede a lui
succede anche a mio figlio. Batto i piedi nella polvere, agito le braccia ed
affondo le unghie nel terreno, graffiando la terra impotente. Ilai libera
subito Dimitri, scioccato guarda Alex e dopo me. Stringe i pugni, intima a
Dimitri di lasciare stare mio figlio, ottiene solo che lui si alzi in piedi e
si asciughi il sangue che ancora gli cola dal naso. Flessuosamente, con un
movimento rapido, agita il braccio e immobilizza anche Ilai al suolo, prima di
sferrargli una serie di violenti calci negli stinchi. Ilai annaspa, geme, sputa
sangue, ma continua ad urlare a Dimitri di lasciare stare Alex. Raissa guarda
il pestaggio ormai indifferente alla sorte dell’uomo che ama.
“Il bambino è la
mia polizza sulla vita, Radcenko…” mormora Dimitri con cupo divertimento,
massaggiandosi il collo indolenzito e fermandosi finalmente. Io non lo guardo
neppure, vedo solamente Alex che finalmente si muove: resta addormentato ma non
si tiene più la mano sul collo. Continuo ad agitarmi, ma niente scioglie la
presa di ferro di Raissa.
“Lascia andare il
bambino, Karkaroff…” sibila ancora Ilai, con voce più greve, sputando sangue.
“Granger, è con te
che voglio parlare, non con il tuo ennesimo innamorato…” sogghigna Dimitri,
guardandomi dall’alto verso il basso con ingordigia, continuo ad urlare senza
voce e senza nemmeno intendere che cosa sto dicendo, pazza dal dolore e dalla
furia.
“Io e tuo figlio
siamo legati… l’avrai capito, no, Granger? Una precauzione, mettiamola così…
nel caso foste riusciti ad uccidermi, tuo figlio sarebbe venuto dritto dritto all’inferno con me…” mormora Dimitri, chinandosi
alla mia altezza e guardandomi in volto “Te l’ho detto che questa volta non
c’erano sconti… non c’è neanche quella troietta di Astoria a scocciarmi… non è
un’assimilazione completa, non è definitiva ed è ancora debole. Tuo figlio
sarebbe morto, adesso, se avesse subito quello che io ho subito da Radcenko…
tra tre giorni, però, diventerà definitiva. Quando sorgerà la luna piena,
Granger… ed io mi ammazzerò, portandomi dietro tuo figlio. In fondo, se non
posso avere te, posso anche andarmene all’altro mondo, no? Ma almeno farei in
modo che tu mi pianga sul serio…”, Dimitri fa una pausa colma di enfasi prima
di aggiungere: “…a meno che tu non ti consegni a me spontaneamente. E non mi
porti i cadaveri di Draco Malfoy ed Ilai Radcenko. Credo che sia un prezzo
equo, no? La salvezza di tuo figlio in cambio di quella dei tuoi amanti… in
fondo credo che tu lo debba a tuo figlio, no? Credo che tu gli debba di non
essere la puttana in calore che si fa sbattere da tutti quelli che le fanno gli
occhi dolci… o saranno più importanti loro, di tuo figlio?”.
“M-mio figlio non
c’entra nulla…” mormoro, piangendo, implorandolo, cercando i suoi occhi,
sperando che quest’ossessione malata che ha per me lo faccia rinsavire “Per
favore, ti prego Dimitri, per favore… lascialo andare… l-lascia in pace mio
figlio… e Draco, ed Ilai. È me che vuoi, verrò con te, farò tutto quello che
vuoi, tutto quello che chiedi… ma per favore, ti prego, lascia stare mio
figlio…”. Lui si china di più alla mia altezza, piegandosi su sé stesso, fino
ad accarezzarmi dolcemente il capo e ad asciugarmi le lacrime con le dita,
prima di aggiungere: “Scapperesti, fuggiresti, un giorno ti uccideresti. Oppure
loro ti verrebbero a cercare… no, tesoro, non deve esserci più nessuno tra me e
te. Uccidi Malfoy e Radcenko… e io lascerò libero tuo figlio… hai tre giorni
per pensarci…”. Mi accorgo di essere libera di muovermi un nanosecondo dopo che
Raissa e Dimitri sono scomparsi, evaporando come stelle nel mattino, assieme a
mio figlio.
Mi alzo in piedi,
mi guardo attorno, cerco di vederli e di localizzarli, ma nulla. Piango, urlo,
grido al cielo, biascico maledizioni ed insulti, imploro Dimitri di prendere
me, ma nulla, niente. Il cielo resta vuoto, la piazza resta deserta, il
bagliore di mio figlio che scompare è la sola cosa che mi si scolpisce nella
retina.
Sento delle voci,
mi volto furiosamente in quella direzione, ma sono babbani che accorrono dopo
tutto quel frastuono. Non ho la forza di fare nulla, piango e basta, vedo Alex
che sparisce, vedo solo Alex davanti ai miei occhi. Chiudo gli occhi, gemo, non
ce la faccio nemmeno a muovere un passo. Poi, sento una stretta forte al
braccio, uno strappo all’altezza dell’ombelico e vengo risucchiata via. Quando
riapro gli occhi, sono nel giardino della casa di Helena, il sole sta morendo
all’orizzonte, l’odore delle magnolie è quasi insopportabile, la casa riluce fredda
ed assente.
“Perché mi hai
portato via?!” grido senza motivo, sconvolta, graffiandomi il viso, ad Ilai che
se ne sta immobile, davanti a me, improvvisamente piccolo, minuscolo, curvo
sulla schiena sotto il peso di un fardello pesante tonnellate. Lo odio, odio
tutto, odio il cielo, odio il mare lontano, odio la mia carne, il mio sangue,
odio il mio respiro, odio che sono in vita e vorrei morire, e poi penso ad Alex
ed allora devo vivere per forza. Penso a come sorrideva quando ha visto
Biscotto, penso che lo dovevo proteggere, penso che sono la peggiore delle
madri.
Mi scaglio su Ilai,
lo prendo a pugni sul petto senza capire il perché di quello che sto facendo,
lo insulto, gli urlo di tutto, mi divincolo mentre cerca di abbracciarmi.
“Dovevi lasciarmi
stare lì! Loro potevano tornare! Si sono presi mio figlio… hai capito che si
sono presi mio figlio?! Devo tornare indietro, me lo devono ridare, che cosa
vuole da me, vuole che muoia, vuole che mi uccida, vuole che uccida qualcuno?!
Perché si sono presi mio figlio, il mio bambino?! Portami indietro, riportami
indietro, maledizione! Che cosa diamine vuoi anche tu, da me?!”. Continuo a
calciare, a battere i piedi, Ilai che mi trattiene per le braccia, non dicendo
nulla, sopportando tutto. Dentro, un buco si allarga a dismisura, mi ingloba,
mi svuota, mi rende morta dentro.
Batto forte i pugni
sul torace di Ilai, tento di spostarlo, provo a fargli male, desidero ucciderlo
perché così posso riportare mio figlio a casa. Ma lui non si sposta, resta lì,
immobile, le labbra serrate, gli occhi lucidi, la polvere dello scontro sul
viso. Lui resta lì, fermo come una montagna, e io non riesco a vederlo più,
piango e le lacrime lo coprono, non posso fargli male, non gli farò del male,
non ci posso riuscire, sono debole, piccola, sola. Ed Alex morirà tra tre
giorni. Riarsa dalla rabbia, continuo a scaricare colpi su colpi su Ilai, che
non cessano, che non diventano più deboli ma che rendono me ormai prossima al
punto di rottura. Finché lui, piano, lentamente, prende i miei polsi tra le sue
mani e mi attira vicino a lui, chiudendo le mie labbra con le sue.
Per un secondo, la sorpresa
per il suo gesto è tale da lasciarmi immota, le braccia ferme e poggiate sul
suo petto. Poi la rabbia esplode più cieca che mai, vorrei davvero ucciderlo
adesso, continuo a divincolarmi a costo di farmi male, lo colpisco ancora, mi
dibatto come una fiera catturata al lazo. Ilai, però, non interrompe la sua
pressione delicata sulle mie labbra, le sue mani lasciano i miei polsi e mi
trattengono stringendomi per gli avambracci. È un attimo, ma, dimenandomi,
finisco per accarezzare goffamente con le mie labbra le sue, trasformando quello
che era solo un contatto forzato e privo di senso in un vero e proprio bacio,
che improvvisamente diventa così indiscutibilmente giusto da farmi tremare le
ginocchia. Sento il sapore di Ilai e lo riconosco come nuovo, sa di qualcosa di
aspro come questo bacio strano, che è solo catarsi, solo esigenza, solo
purificazione. Mi strappa con forza il ricordo del bacio di Dimitri di cinque
anni fa, restituendomi a me stessa, mi si snebbia la mente piano, come se
improvvisamente tutto diventasse bianco ed accecante. Il buco dentro di me
diventa smisurato, ma adesso ne avverto solo il dolore, l’impotenza, l’angoscia
che sento per il mio bambino. La rabbia che mi teneva in piedi si sgonfia come
un palloncino. Nelle labbra di Ilai sulle mie, non c’è amore, non c’è
desiderio, non c’è passione. C’è solo bisogno, enorme, immenso, al punto che mi
affloscio come un bambola vecchia e mi accuccio tra le sue braccia. E dolore
sterminato, così incomparabile che nulla che mi ha fatto soffrire fino ad
adesso mi sembra paragonabile a questo momento, mi sembra che, se Ilai mi
dovesse lasciare andare adesso, io probabilmente mi spezzerei a metà. Mi tengo
assieme solo perché lui mi stringe ed impedisce che io vada in frantumi. La
resistenza delle mie braccia frana come se fossi di pastafrolla, mi aggrappo
alla sua maglia con le dita, chiudo gli occhi e singhiozzo devastata, grata che
le sue labbra mi soffochino le parole in gola e mi impediscano di articolare il
nome di mio figlio, cosa che mi graffierebbe dentro al punto tale da uccidermi
davvero adesso.
Amare dell’altro solo il dolore. Ecco che
cosa hanno finito per farci i Karkaroff.
È la sola cosa che ci è concessa, adesso.
Piano, lentamente,
quasi quando è certo che io davvero non vada in pezzi e possa reggermi da sola
in piedi, Ilai si stacca da me e resta così, fermo ad un tiro dei miei occhi,
le mani sul mio viso, l’espressione sofferente e distrutta come la mia.
Singhiozzo, fatico a respirare e guardo le sue spalle. Poco fa, lì c’era mio
figlio, c’era Alex che parlava a ruota libera e poi mi diceva che non voleva
che Ilai fosse sempre così triste. Le lacrime non si fermano, esplodo in un
singulto soffocato e mormoro come se me ne accorgessi solo ora: “Si sono
portati via Alex, Ilai…”.
Lui mi accarezza
piano i capelli e la nuca, apre la bocca piano e, dolorosamente, in un sospiro
spezzato sussurra: “Lo so, Hermione, lo so piccola…”, continua a ripetermi
questo mentre singhiozzo, mentre lo abbraccio e mi stringo nella sua maglia,
soffocando le lacrime dentro il suo petto caldo e saldo, che sembra non dover
crollare mai mentre mi aggrappo a lui. Delicatamente, mi prende di nuovo il
viso tra le mani, asciugandomi le lacrime con le dita, prima di sussurrare:
“Ascoltami, lo riporteremo a casa… non gli faranno del male, è legato a
Dimitri… non può succedergli nulla per ora, Hermione… abbiamo tre giorni… lo
riporteremo a casa, ok? Ti giuro che lo riporteremo a casa…”. Annuisco senza
forze, senza convinzione, senza il benché minimo sforzo perché tutto quello si
traduca in una qualsiasi volizione dentro di me. Ilai mi stringe piano, lascia
che i miei singhiozzi si calmino sulla sua spalla, mi tiene stretta a sé mentre
la luna prende il posto del sole. Resto immobile tra le sue braccia, incurante
del tempo che passa, la guancia poggiata sulla sua clavicola, gli occhi chiusi,
le lacrime che non smettono di scorrere. Sotto le palpebre passano lampi di vita
di mio figlio, nelle orecchie sento le sue parole affastellarsi una dopo
l’altra sin dal giorno in cui ha parlato per la prima volta. Ilai tiene un
braccio stretto attorno alla mia vita, mentre l’altra mano mi sorregge per la
nuca. Mi stringo forte al suo braccio teso, come se fosse il solo appiglio in
mezzo ad un naufragio. Mi tiene ancora stretta a sé, quando improvvisamente una
voce fende l’aria con la forza di una frustata.
“Mi avevano già
detto tutto… non c’era bisogno che venissi qui, Granger…”.
Aggrotto le
sopracciglia ed apro a malapena gli occhi, che mi bruciano come se ci fosse
finito dentro del sapone. Il vento mi soffia nelle orecchie, dandomi per un
attimo l’illusione che io mi sia solo sognata quella voce. Il labbro mi trema
in modo incontrollabile nel sentire l’eco di quella voce nella mia testa, dove
si mescola assieme tutto quello che ho amato nella mia vita. Sembrava Alex, il
mio bambino, ma adulto, uomo, capace di consolarmi e di reggermi in piedi come
io non sono stata in grado di fare con lui. Le lacrime tornano a premere contro
le mie palpebre e sento di nuovo l’istinto di abbandonarmi all’abbraccio di
Ilai, di chiudere gli occhi, di precipitare in un pantano privo di pensieri,
dove possa non rendermi conto di aver condannato mio figlio.
Però, non ci
riesco. Improvvisamente la schiena rabbrividisce di brividi, sebbene la
temperatura non sia cambiata. Mi si gela il cervello e mi rendo conto che anche
Ilai si è irrigidito, continua a trattenermi per la vita, ma la mano che teneva
poggiata sui miei capelli è scivolata lungo il suo fianco, privandomi del mio
appoggio. E sono costretta ad aprire del tutto gli occhi, fissando Ilai.
L’espressione, mentre lo guardo dal basso, è rigida, scolpita, cesellata nella
pietra: ha il labbro contratto, gli occhi neri fissi di fronte a sé, le spalle
chiuse. Qualcosa lo colpisce come una saetta nello sguardo e mi lascia andare,
imbarazzato, intimidito, come se il mio fianco scottasse. Mi ha appena baciato
ed adesso si fa problemi nel toccarmi? Lo guardo, cercando di capire, ma solo
allora mi rendo conto che non è me che guarda, non è di me che è preoccupato.
Guarda qualcosa davanti a sé, alle mie spalle.
Il cuore mi schizza
in gola, mentre lentamente mi volto su me stessa, barcollando per qualche
istante.
Miraggio, allucinazione, visione: non può
essere altro che questo.
Quello penso,
subito, quasi con un afflato di sollievo. Sono impazzita, ho perso la ragione,
il dolore mi ha sopraffatto al punto tale che ormai vedo cose che non ci sono.
Mi chiuderanno ben presto in una stanza dalle pareti imbottite e sarò il
pettegolezzo più di moda nel mondo magico per diversi mesi.
Il primo effetto,
sebbene sappia che è la mia mente a tendermi questo tiro mancino, è
un’incredulità potente come una botta in testa: poco gentile, improvvisa,
assolutamente destabilizzante. Le gambe mi tremano, il respiro si ferma, vado
in apnea per qualche secondo, il viso mi diventa rosso ed incandescente.
Cinque anni, e la
mia mente non si è mai dimenticata di Draco Malfoy al punto che, adesso, riesce
a ricostruirlo in un modo malato ed insano davanti ai miei occhi colmi di
lacrime. Nulla di lui è cambiato, nulla: è esattamente lo stesso di quella sera
di inizio luglio in cui ci siamo lasciati. Alto, le spalle larghe,
l’espressione arricciata di fastidio nobile, le braccia incrociate al petto, un
movimento del piede impaziente come se fosse in ritardo con la vita stessa e tu
fossi sempre e solo d’impaccio. Le labbra sottili e morbide sono serrate in un
moto di disagio, i capelli biondi sono sempre spettinati ad arte, le gambe sono
ben piantate per terra, gli abiti sono ordinati e puliti. Piango come una
bambina piccola, chiudendomi il pugno in bocca e socchiudendo gli occhi,
negando con il capo come a voler cancellare un brutto sogno. Perché sì, Draco
Malfoy, adesso, è solo un brutto sogno e la mia mente me lo deve cancellare
dalla vista. Non ho guardato gli occhi di quella visione, ma so come sono: sono
grigi, azzurri nel fondo, colmi di saette luminose come quelli di mio figlio. E
se alla mia mente è venuto in mente di assassinare il mio corpo, non poteva
scegliere sicario migliore. In pochi secondi, però, quando riapro gli occhi
nella nebbia del pianto, qualcosa mi taglia di netto il fiato, costringendomi a
considerare che questo, adesso, è qualcosa di ben peggiore di un incubo. La
luce della luna illumina come il faro di un palcoscenico l’uomo che ho davanti,
che mi guarda con qualcosa di diverso rispetto a prima. Gli occhi, sì, adesso
sono costretta a guardarli… e sono occhi stanchi, occhi di vecchio, occhi di
mare morto, occhi putrefatti. Scintillano di qualcosa che non ricordo, che non
riconosco, che la mia mente non avrebbe saputo creare.
Scintillano di chi
vede una persona che amava, cinque anni dopo.
Una vertigine
ancora mi coglie indolente, facendomi fare un passo indietro, mentre sento
l’istinto di cadere. E stavolta non c’è lui dietro di me a reggermi, come
quella sera al Petite Peste, come quella sera che lo lasciai a casa di Pansy
dopo che mi aveva chiesto di sposarlo. Stavolta c’è un altro uomo, un uomo
alto, un uomo distrutto, un uomo dagli occhi neri, un uomo che prima mi baciava
e adesso non mi tocca più, un uomo che si sente ladro sotto lo sguardo di
ghiaccio dell’altro. Perché era l’altro che baciava me, era l’altro che
abbracciava me, era l’altro che adorava me.
Ma soprattutto l’uomo
alle mie spalle ha tenuto sulle spalle mio figlio, l’ha conosciuto, l’ha
ascoltato, l’ha adorato tanto quanto me.
E l’uomo dallo
sguardo di ghiaccio, davanti a me, che stringe i pugni reggendo una valigia,
non sa nemmeno che esiste mio figlio.
Non sa nemmeno che
esiste suo figlio.
E’ suo padre, dannazione. È il padre di mio
figlio, ed Alex adesso non c’è, Alex adesso è addormentato, o forse è sveglio,
o forse piange, o forse mi chiama, o forse ha paura del buio, o forse chissà
che fa. Alex non c’è a chiedergli se gli piacciono le carote, se davvero non si
toglieva mai i calzini, se davvero ha gli occhi suoi, se davvero non è
diventato un Mangiamorte perché non poteva uccidere nessuno, se davvero ha una
sorellina che si chiama Serenity. Alex non c’è, non è tra le mie braccia a
guardarlo sospettoso, non sta camminando vicino alle sue gambe con aria
indagatrice, non sta soppesando la somiglianza che ha con lui. Perché gli
assomiglia così tanto che mi sta spezzando il cuore.
Era questo, dunque,
che volevano da me, gli spiriti, gli angeli, le anime, i diavoli e i santi:
ecco che volevano. Come una pazza, come un’isterica, come una che ormai è
lontana dall’avere un barlume di ragione nel cervello, guardo Draco con
espressione spiritata trattenendo una risata che sarebbe solo nevrotica,
malata, inspiegabile. Lui non capisce, piega la testa di lato come faceva
sempre, lascia finalmente la vista di Ilai per tornare su di me ed accorgersi
che c’è qualcosa di strano. Nei suoi occhi mi vedo riflessa con i capelli
spettinati, i graffi sparsi sul viso, la polvere addosso, la camicetta
strappata, gli occhi gonfi di lacrime, le labbra arrossate e screpolate: mi
vedo come una superstite di guerra, come una vittima, come una profuga. E vedo
le onde dei suoi occhi calmarsi, tornare oceani limpidi e cristallini,
riempirsi di preoccupazione e di una cosa che non riesco a decifrare. Qualcosa
di dolciastro, di stonato, di stridente con lui. Pena, pietà. Gli faccio pena, pietà.
Chiudo gli occhi,
il respiro che diventa veloce, le unghie che mi feriscono l’interno dei pugni
chiusi.
Non ti azzardare a guardarmi così, non ti
azzardare a preservare negli occhi un minimo segno di quelli che eravamo cinque
anni fa, non ti azzardare a cancellare questi anni come se non esistessero.
Non ti azzardare a cancellare mio figlio
come se non esistesse, come se non l’avessi portato dentro, come se non fosse
nato in una notte di aprile, come se non me l’avessero strappato dal petto
cinque minuti fa. Non ti azzardare, adesso, ad essere bello come sei sempre
stato, ad essere il desiderio confuso che tu mi baci ancora, sempre e per
sempre, ad essere l’amore sorto e mai morto, ad essere domande che sorgono
fulminee e muoiono dentro l’orgoglio e il dolore. Non ti azzardare a guardare
l’uomo che mi è vicino come guarderesti un insetto, come guardavi Hayden, come
guardavi Dimitri, come ricordavi Dean. Non ti azzardare a guardarmi ancora,
come se mi spogliassi ancora, come se ancora mi conoscessi, come se ancora mi
capissi. Non ti azzardare, mai, e poi mai ad indugiare su un ricciolo che
tiranneggiavi, sul lobo di un orecchio che baciavi, su una spalla su cui
respiravi, sulle labbra che tormentavi. Non ti azzardare a chiamarmi per nome.
“Hermione?!” la sua
voce strascicata mi chiama con un velo di sollecitudine che ha l’effetto di
finire di mandarmi in pezzi, facendomi incendiare come una steppa bruciata.
Perché ho capito il prezzo di quello che avevo chiesto al cielo, alla vita,
alla morte e ai giorni intercorsi e passati. Volevo Draco indietro, e ora ce
l’ho. Ma non mi avevano detto quanto costava questo desiderio.
L’ho avuto. E si
sono presi mio figlio. Nostro figlio.
Occhio per occhio,
dente per dente: destinata ad avere nella vita un solo paio di occhi tempesta
alla volta.
Ed adesso i soli
occhi che vorrei non sono i suoi. Voglio solo quelli del mio bambino.
È un attimo, un
solo secondo singolo che mi getta nel baratro. Lui che chiama il mio nome, lui
che dice Hermione ed io ormai che vado in frantumi.
Tutto si confonde,
tutto sparisce, tutto diventa l’esatto contrario di quello che avrei provato
stamattina se, al posto di Raissa, ci fosse stato lui: allora, nonostante
tutto, sarei scoppiata a piangere, avrei dimenticato tutto, avrei chiamato Alex
a gran voce e gli avrei detto che era il suo papà. Adesso, senza Alex, non
riesco nemmeno a respirare da quanto ho l’impressione che tutto, tutto di Draco
Malfoy, mi faccia male. Più lo guardo, più lui mi guarda e più mi sento morire.
È un attimo, un
solo secondo e perdo il controllo: mi scaglio su di lui come se fosse la mia
vittima designata e come se l’avessi cercata per anni. Draco non capisce,
ancora mi guarda con quello sguardo di pena che mi fa solo infiammare di più,
trattiene i miei polsi mentre cerco di colpirlo e di schiaffeggiarlo.
“Granger si può
sapere che diamine hai?!” mi ripete, cercando di fermarmi e tenendomi ferma,
mentre continuo a dibattermi, piangendo ed urlando, singhiozzando e respirando
a fatica al punto che le mie parole all’inizio non le capisce, non le intende,
non le ascolta. È più forte di me, come sempre, come sempre è stato, e riesce a
trattenermi immobile così che non lo possa colpire, non gli possa fare del
male. Mi guarda stranito, gli occhi grigi socchiusi, le labbra chiuse e livide,
e io riesco solo a pensare a quanto lo ami, a quanto siano calde le sue mani
sui miei polsi, a quanto vorrei che mi spogliasse adesso e mi baciasse. E non
l’ho mai odiato tanto per questo.
Non riuscendo a
colpirlo con le mani, non riuscendo nemmeno a reggere un altro secondo sotto i
suoi occhi spalancati, mi metto ad urlargli contro: “Volevi che ti dicessi che
mi odio per essermi innamorata di te?! Eccotela qui! Mi odio da quello
stramaledetto giorno in cui sono entrata al Petite peste! Era questo che
volevi, era questo che vuoi?! Eccotelo, dritto in faccia! Mi dovevi lasciare in
pace! Mi dovevi lasciare in pace, maledetto bastardo!”, non lo riesco a ferire,
non prova nulla, come è ovvio che sia, glielo ha già detto Astoria tutto questo
cinque anni fa e lui pensava che fossi io, ci ha già fatto i conti con tutto
questo. È solo meravigliato, sorpreso che ancora adesso io sia così arrabbiata
con lui, soffre un po’, stringe le labbra ma non prova nient’altro.
Non lo sopporto, al
punto che riprendo ad urlare, stavolta piangendo così forte che la mia voce si
spezza un paio di volte: “Ti dovevi sbattere per forza la Karkaroff, vero? Anzi
no, dovevi decidere di sposartela vero?!”, adesso finalmente qualcosa cambia
nella sua algida espressione, stringe gli occhi e le spalle tremano un po’,
mentre la presa sui miei polsi si allenta. Continuo ad urlare, la gola che mi
fa male: “Dovevi trattenere per forza quella donna nella tua vita, vero? Non ci
sapevi stare senza una donna da farti la sera, vero?! Quanto tempo è passato da
quando ci eravamo lasciati? Due giorni, due ore, due minuti?! O te la facevi
anche mentre stavamo assieme?!”. Non so più nemmeno io che cosa sto dicendo, so
solo che l’ho ferito al punto tale che mi lascia di istinto i polsi e resta immobile
a guardarmi, come se gli avessi davvero tirato uno schiaffo. I suoi occhi sono
insopportabili, sono troppo chiari… troppo da Alex. Non ce la faccio più.
Gemo, chiudendomi
nelle braccia come a mantenere unita la gabbia toracica, e sputo fuori: “Non ti
perdonerò mai, mai, per avermi fatto questo… mai…”, Draco ancora non parla,
ancora non dice nulla, resta lì, immobile, il viso inespressivo, gli occhi
spenti. Biascico nervosamente, singhiozzando senza ritegno: “Se solo tu… se
solo l’avessi mandata via… se solo… adesso… non ci fossero stati… e io fossi
venuta qui… e non ci fosse stata… e…”, mi rendo conto subito che ormai sono
arrivata allo stremo, le gambe mi cedono e il buio inghiotte la mia vista,
mentre sussurro: “… adesso mio figlio sarebbe ancora qui…”.
La forza di gravità
mi attira famelica a sé, mentre mi affloscio come un fiore secco. Chiudo gli
occhi, un ronzio cupo nelle orecchie, ma non sento il contraccolpo del terreno.
Un paio di braccia mi sostengono subito, muovendosi rapide e tenendomi per la
vita, prima di sollevarmi e di prendermi in braccio. So subito, nelle nebbie
dell’incoscienza, che non è Draco, ma che è Ilai. Hanno un calore diverso, un
profumo diverso, un modo di stringermi diverso.
Anche le loro voci
sono diverse, profondamente diverse.
Quella di Draco è
lenta, strascicata, roca, profonda. Dice solo, un accenno tra lo sconvolto e il
furibondo: “Che cosa è successo a suo figlio?”.
Quella di Ilai è
calma, rapida, dolcissima, triste. Risponde, lo stesso accenno sconvolto e
furibondo di Draco: “La tua futura moglie e Dimitri Karkaroff lo hanno
rapito…”.
L’ultima cosa che
sento, prima di scivolare via nel sonno, è la domanda che Draco rivolge ad Ilai.
La voce incerta, tremante ed al contempo caparbia, decisa, rancorosa.
Sono stati questi cinque anni o siamo
sempre stati così?
Sento solo la
domanda di Draco, e ha l’effetto quasi di svegliarmi. “Sei il marito di
Hermione?”.
Ilai non ha ancora
risposto, mentre perdo del tutto coscienza.
Chiedo enormemente
scusa per le mie mancate risposte alle vostre stupende recensioni, scusatemi
davvero! Ma questa settimana mi laureo e ho avuto solo il tempo di caricare il
nuovo capitolo…L
Se volete contattarmi più velocemente, potete trovarmi su fb! Il gruppo si
chiama PUT A SPELL ON HER EYES, e questo è il suo indirizzo… https://www.facebook.com/groups/putaspellonhereyes/487515674636120/?comment_id=487765394611148¬if_t=like
! Ancora grazie a tutti!!:D