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Autore: elyxyz    04/11/2007    23 recensioni
Un’interpretazione alternativa al finale dell’episodio n°13, ‘Fuoco contro Acciaio’.
“Cos’è?! Oggi piovono cani e gatti?” ipotizzò, tra il polemico e il divertito. “E’ la Giornata del Randagio e nessuno me l’ha detto?!”
(Roy x Ed)
Storia partecipante al Contest 100 Prompts! indetto da Fanfiction Contest ~ {Collection of Starlight since 01.06.08}
Dopo quasi 5 mesi d’attesa, ecco postato il nuovo capitolo. Avviso comunque i lettori che i futuri aggiornamenti saranno più frequenti ma ancora irregolari.
Genere: Romantico, Malinconico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: What if? (E se ...), Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Taisa…” lo chiamò Havoc,

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

 

Questo chappy è la continuazione (non diretta) del capitolo 21,Lische di pesce e scheletri nell’armadio’.

 

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Sono felice che il terzo omake vi sia piaciuto.

Grazie.

 

 

 

Litigi fra cuccioli (Far Cagnara)

 

by elyxyz

 

 

 

 

Taisa…” lo chiamò Havoc, mordicchiando pensoso il filtro della sua immancabile sigaretta. Roy sollevò stancamente le iridi nere dal fascicolo che stava leggendo.

 

“Signore, mi scusi…” si trattenne quasi, fissandolo.

Mustang aveva uno sguardo sfatto e due profonde borse scure sotto gli occhi, segno che non aveva dormito granché la notte precedente e probabilmente nemmeno quella prima. Una nuova fiamma? “Mi può dire perché Edward è così nervoso? Lei ne sa niente? Avete litigato?” domandò, sondando la sua espressione.

 

In un altro frangente, avrebbe ricordato al Sottotenente che sarebbe stato più saggio coltivarsi il suo orticello di cavoli propri, anziché curiosare nelle rogne altrui. Tuttavia…

L’Alchimista di Fuoco si limitò ad esalare un lungo respiro, sperando che il suo sottoposto non osasse insistere. Speranza vana.

 

“In mensa mi è sembrato che la evitasse di proposito… cioè, non che mi riguardi, beninteso, ma l’occhiataccia che le ha lanciato era degna di lei, l’avrebbe incenerita di sicuro!” chiocciò, in vena di pettegolezzi. “Al è venuto da me – un tantino preoccupato - a chiedermi se avete discusso più del solito, voi due…”

 

Dove avrebbe trovato una risposta politicamente corretta?

Posò la sua stilografica a lato del foglio, incrociando le dita sotto al mento, con voluta lentezza, prendendosi il tempo di farlo aspettare.

“Sono felice che tu sia diventato il confidente del giovane Alphonse, Sottotenente Havoc. Ciò non toglie che gli screzi disciplinari tra me e il Maggiore Elric non rientrino tra le vostre disquisizioni o competenze.” Precisò, dannatamente serio e letale.

 

Ci mancava solo che le loro discussioni private divenissero di dominio pubblico all’interno del Quartier Generale!

 

“Ti pregherei, se non interrogato, di tenere per te le tue elucubrazioni sui possibili tormenti di Acciaio, intesi?” lo freddò, impugnando nuovamente la penna.

 

Jean imbrigliò il proprio disappunto, piantando gli incisivi nella slim. Anche il malumore del Taisa era peggiorato!

Eppure la faceva facile, lui! Al era davvero addolorato per l’umore nero di suo fratello, e a tutti dispiaceva che quei due testoni avessero litigato.

Persino il Tenente Hawkeye era un po’ impensierita, dalla piega che avevano preso gli eventi.
Era risaputo, tra l’équipe del Colonnello, che l’allevamento congiunto di quel gattino randagio aveva giovato sia al Maggiore che al Taisa.
Come sosteneva Alphonse, Edward aveva bisogno di un adulto che lo guidasse, una figura paterna di riferimento, e il Flame Alchemist, suo malgrado, incarnava quella presenza.

E a Mustang, senza dubbio, dimostrarsi più adulto e responsabile non avrebbe fatto di certo male, no?

Del resto… non era stato forse lui, in quel giorno lontano di tanti anni addietro, ad andare fino a  Resembool da Edo-kun, e a convincerlo ad unirsi a lui?

Inutile dire che i ragazzi avevano sempre tifato di nascosto perché quei due muli andassero maggiormente d’accordo, per il bene di tutti, ovviamente. Per quei due, in primis, e per la pace in ufficio, come piccolo tornaconto personale.

 

Intesi, Sottotenente?” ripeté l’Ufficiale, infastidito per non aver ottenuto pronta risposta.

 

“Signorsì, signore. Non nominerò più il malumore di Edward Elric, signore!” e scattò sull’attenti.

 

E, come evocato, dal nulla comparve l’oggetto della loro discussione. Non prima di aver bussato con due colpi secchi - Jean avrebbe giurato che fossero stati provocatori -, spalancato la porta dell’ufficio del Colonnello, e sbattuto di malagrazia il suo ultimo rapporto sulla ronda che aveva compiuto fuori città; senza degnarli di un minimo saluto, perlomeno doveroso, al suo diretto superiore.

 

“Il resoconto che voleva.” Chiarì lapidario, e girò sui tacchi, pronto a congedarsi privo di permesso.

 

Mustang raccolse tra le mani il dossier, e lo posizionò tra le carte ancora da visionare, senza fiatare.

 

Havoc li osservò, zitto, mentre la cenere grigia gli sporcava la divisa.

Quando Edward mise la mano sul pomolo d’ottone, per uscire, si risvegliò di colpo.

Non sapeva perché quei due asini – col dovuto rispetto – fossero arrivati ai ferri corti, ma di certo non si sentiva a suo agio in quella stanza dove la tensione si tagliava col coltello.

 

“Ed, aspetta!” lo richiamò d’istinto, sollevando una mano nella sua direzione. Elric si voltò, sorpreso, verso di loro. “Ehm…” deglutì.

E adesso che cazzo s’inventava? “Vorresti…” lasciò vagare lo sguardo per la stanza, in cerca di qualunque appiglio. L’orologio sulla parete batté le cinque. “Un the!” gridò quasi, gioendo interiormente. “E’ l’ora del the. Lo sai che il Colonnello beve sempre il suo the, a quest’ora. Vuoi un po’ di the anche tu?” Ripeté, infilando per la centesima volta la parola the, nelle sue frasi.

 

Fullmetal assassinò la sua timida sbirciata speranzosa.

“Ti ringrazio, Jean.” Si sforzò di essere educato, impostando un tono civile. “Ma la trovo un’usanza da vecchie signore. Malignò, scoccando al Flame un’occhiataccia che la diceva lunga. “E non credo che Taisa Mustang trovi di alcuna utilità bere del the in compagnia di un altro uomo.”Articolò a denti stretti, sprezzante.

 

Havoc scosse la testa, esasperato. Beh, almeno ci aveva provato...

 

“E chi ti dice che invece io non voglia la tua compagnia?!” sbraitò Roy, sbattendo i palmi guantati sul ripiano liscio dello scrittoio, alzandosi in piedi di scatto. La sedia si rovesciò all’indietro, con un tonfo sordo.

 

Edward girò su se stesso, per affrontarlo.

“Lo dico IO!” sibilò, ma nel suo intento lo stava gridando.

 

Havoc! Vattene! Io e il Maggiore dobbiamo chiarire un paio di cose!” ordinò, imperioso, senza però levare gli occhi da Ed.

 

“Sottotenente resti! Io e il Colonnello non abbiamo nulla da dirci!” lo contraddisse un istante dopo Fullmetal, ritornando però sui suoi passi e fronteggiando l’Alchimista di Fuoco da sotto in su.

 

“Io ho detto che può andare…” ringhiò Mustang, a una spanna da Edward.

 

“E io che deve rimanere…” soffiò il biondo, col medesimo tono.

 

“Qui dentro comando io!” latrò.

 

Acciaio esplose in una risata sarcastica e falsa. “Oh, sì! Qui forse comanda lei!, visto che a casa non riesce a farsi ubbidire neanche dal suo gatto!”

 

Havoc valutò se la scrivania fosse sufficiente o meno per separarli abbastanza, poi uscì di soppiatto dall’ufficio, senza farsi vedere.

Non che ci volesse poi molto, erano così immersi a sputarsi addosso recriminazioni a vicenda, che non avrebbero notato nemmeno la presenza della Pietra Filosofale, se fosse stata per caso nella stanza.

Quando chiuse la porta dietro le proprie spalle, esalò un lungo sospiro. Che fosse saggio lasciarli lì, da soli?

Non che lui si sentisse poco coraggioso, beninteso, ma se dovevano scannarsi, e poi ci scappava il morto, lui non voleva dover testimoniare contro uno dei suoi due superiori… e che si sfogassero, per la miseria! Così avrebbero smesso di tenersi il broncio, come i pivelli delle elementari…

 

Jean si riprese da queste sue elucubrazioni, si accese un’altra sigaretta e iniziò ad origliare. Ma solo per dovere morale, ovvio. Nel caso in cui fosse dovuto intervenire, per dividerli, ad esempio.

Alphonse in quel momento era nell’altra ala del Quartier Generale, quindi troppo lontano per chiamare i rinforzi.

E non c’era mica da scherzare tanto! Il Colonnello indossava i suoi guanti e Edo-kun poteva trasmutare il suo auto-mail in un’arma contundente in ogni momento!

Sì, senza dubbio era un suo dovere spiare quelle due teste calde.

 

“Smettila di fare il bambino!” stava sbottando Mustang, esasperato.

 

“E lei sarebbe l’adulto della situazione?!” fu l’ironica risposta.

 

“Ti eri accollato un impegno, e invece l’altra sera non sei venuto!” si risentì, polemico.

 

“Aveva del cibo di scorta. Non sarà sicuramente morto di fame!” Precisò, caustico.

 

“Il punto è che hai mancato ad un tuo preciso impegno!”

 

“Io non ho firmato nessun contratto con lei, mi pare!” lo avvertì, quasi sul punto di rottura.

 

“Questo vuol dire che il nostro accordo è infranto? Che non verrai da me, stasera, a portare il latte fresco?”

 

“Al si è offerto di recapitarglielo al mio posto, io ho un impegno. Mentì, e neanche tanto bene.

 

“Non hai più intenzione di venire a casa mia?” Mustang arrivò al dunque.

 

Acciaio boccheggiò, senza sapere che dire.

 

“Cosa dirò a Tora, quando non ti vedrà più?” domandò, con espressione ferita e disillusa.

 

“Non avevo cognizione che lei sapesse parlare il felinese.” Ironizzò acre, per non biasimarsi.

 

Eppure non ci riuscì, anche se si era convinto di essere nel giusto. Cercò quindi di far sentire in colpa anche Roy, benché sapesse che era una mossa alquanto meschina.

 

“E’ venuta, poi, la sua amichetta a riprendersi le sue cose?” si informò, un misto di falso interesse e risentimento.

 

Havoc fu costretto ad interrompere l’ascolto, perché dei passi veloci si stavano avvicinando.

Si mise di guardia, come un bravo piantone. Fece il saluto militare al Generale di Brigata Vattelappesca e, quando questi svoltò l’angolo, riprese a sorvegliarli.

 

“A casa mia, faccio ciò che voglio!” sentì gridare il Colonnello. Ma come erano arrivati a quel concetto?

 

“Mai detto il contrario! Ma se a me dà fastidio, non può obbligarmi a venire!”

 

Ahi, ahi! Le cose si stavano mettendo male...

 

“Avevi promesso che lo avresti allevato con me! Ti rimangi la parola data?”

 

Se Mustang stava giocando la carta dell’orgoglio, erano arrivati alla frutta. Realizzò, rimpiangendo la quiete delle settimane addietro… finora era andato tutto troppo liscio…

 

Un’inserviente passò con lo scopettone, perciò si riposizionò di vedetta, a malincuore. Anche perché i discorsi andavano avanti, là dentro, senza aspettare i suoi comodi.

 

“Non mescoliamo il mio onore e il suo gatto!” precisò Edo, fuori di sé.

 

“Ah! Perché adesso hai deciso che non è più…” tuo?

 

La loro ultima discussione era partita esattamente così, qualche sera addietro. E a cosa aveva portato?

 

“Mi dispiace.” Sussurrò l’uomo, chinando il capo.

Di cosa rammaricarsi, esattamente, non lo sapeva neppure lui.

 

Edward aprì e chiuse la bocca. A corto di parole.

“Anche a me.” Esalò alla fine di un silenzio che gli era parso eterno.

 

“Non avremmo dovuto-”

 

“No. Non avremmo dovuto.” Ripeté Ed. Come se quella frase condensasse tutte le loro colpe e le cattiverie che si erano lanciati contro.

 

Giusto pochi istanti dopo che aveva ripreso ad ascoltare, dei nuovi passi obbligarono Jean ad assumere una posizione congeniale al suo essere una recluta.

Il Maggiore Armstrong si avvicinò imponente, accompagnato dalla sua leggendaria massa di muscoli.

“Salve, Sottotenente! Splendida giornata, non trova?” lo salutò, come sempre gioviale.

 

Il biondo pensò con ironia alla guerra che si stava combattendo oltre il muro che aveva alle spalle, e non trovò nulla di splendido, in quel dì.

Tuttavia annuì, per evitare che l’Alchimista Nerboruto lo subissasse di domande.

 

“Devo consegnare questi documenti al Taisa Mustang,” lo avvisò. “Potresti spostarti dalla porta, per cortesia?”

 

La sigaretta gli cadde di bocca,  non riuscì a catturarla con le labbra.

Scosse la testa, in segno di diniego, prima di inventarsi l’ennesima bugia della giornata.

“Il Colonnello è molto impegnato; mi ha espressamente chiesto di non far entrare nessuno, signore. Si scusò, sembrando quasi contrito, ma irremovibile.

 

“Capisco, tuttavia sono molto urgenti, ed è stato Mustang-san in persona a richiederli, appena fossero stati pronti.”

 

Jean si frappose con un gesto fulmineo tra il legno dell’entrata e il suo superiore.

“La prego, Maggiore! Mi metterà nei guai, se entrerà adesso!”

 

Armstrong parve rifletterci. Poi gli porse il plico di fogli, dandogli un’amichevole manata sulle spalle che lo fece abbassare di tre centimetri buoni.

“In tal caso, consegnaglieli tu, appena sarà possibile. Si lisciò i baffoni e scomparve da dove era venuto.

 

Lo osservò per qualche istante, la gola secca.

Accidenti! Aveva mentito! Aveva deliberatamente ingannato un suo superiore!!

Poteva finire sotto Corte Marziale! E per che cosa? Per quelle due capre?

Sperava ardentemente che almeno fosse servito a qualcosa…

 

Appoggiò l’orecchio sul legno. Ma dall’interno non proveniva più alcun rumore.

Ma che cavolo...?

Si chinò di più, sbirciando attraverso la serratura.

 

“Sottotenente Havoc!” fu richiamato.

 

Il soldato sussultò impreparato, sgamato nientemeno che dal Primo Tenente del suo Colonnello.

Maledì la sua camminata così leggera e letale, e ringraziò che non fosse un suo nemico. Molti uomini erano morti, ancor prima di accorgersi anche solo della sua presenza.

Riza Hawkeye sostava davanti a lui, un vassoio con teiera fumante e tazzine in mano.

 

“Stanno ancora litigando?” gli chiese, come se fosse un’informazione burocratica. E lei come faceva a sapere che...?

 

“Non sento più nulla!” si trovò a confessare, con una punta di panico.

 

“Mi apriresti la porta? Devo entrare.” Gli suggerì, ma era un comando.

 

“Veramente, non è prudente…” tentò di dissuaderla.

 

Lei sorrise, uno di quei rari sorrisi che concedeva solo nei momenti da festeggiare.

“E’ stato il Taisa a chiamarmi con l’interfono, pochi istanti fa. Lo tranquillizzò, annuendo in direzione della maniglia. “Mi ha chiesto di servire il the per sé e per il suo ospite.

 

A lui non rimase altro che spostarsi di lato, facilitandole l’ingresso. E solo quando gli passò accanto, notò che le tazze erano due, una con latte e l’altra senza.

 

Sorrise tra sé. Almeno quella burrasca era passata.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.


Note varie: parto dal colore del titolo.
Il rosso è il colore dell’ira, comunemente risaputo. E in questo capitolo quei due sono particolarmente irosi.

Il titolo riassume la parte infantile di quei due. Per buona parte della litigata, si sono rinfacciati le cose come i bambini quando bisticciano.

 

‘Far cagnara’ e ‘pomolo’ sono due termini della lingua italiana e non dialettali, benché possa sembrare il contrario. Il primo sta ad indicare uno stato di profonda confusione, dovuta a festeggiamenti o litigate; il secondo, invece, è sinonimo di ‘pomello’, oggetto di forma tondeggiante da impugnare, fissato all’estremità di una cosa. Tipo la maniglia, (che, ho controllato, nell’anime le porte del Quartier Generale dell’Est  hanno il pomolo! ^__^); si dice anche pomolo di una spada, giusto per completezza. ^_________^

 

La frase in cui Roy invita Ed a prendere un the con lui è ispirata direttamente ad una medesima scena del vol.2 del manga originale.

Da canto mio, resto convinta che una cosa così succeda anche nell’anime, ma (come ben qualcuno sa), malgrado le ricerche non ne sono venuta a capo. Prima o poi mi rivedrò le 51 puntate e la scoverò! >.<

 

Precisazioni al capitolo precedente: Io credo che Roy sia stato un tontolone… dopo la sua urlata furiosa, ha visto Ed coi lucciconi e il coltello in mano. E credo non si fosse reso conto che Mame-chan non ce l’aveva con lui, ma fosse solo colpa delle cipolle! XD

sempre meglio essere comunque prudenti e stare alla larga, no?! ^__=)

 

Rispondendo a Chiara: no, non è un caso. Tutti i cinque omake sono ‘guantocentrici’. Mi stavo giusto chiedendo quando qualcuno se ne sarebbe accorto! ^___^

Riguardo alla domanda sulla frase: “- Frattanto Tora giocava, rotolando un bulbo ancora integro sul ripiano accanto. – ” è messa esattamente così perché è un inciso. (Un pezzo a sé stante, che potrebbe anche non esserci, all’interno di un periodo più lungo). E’, nella fattispecie, un frammento di contemporaneità: mentre Ed lavora, Tora gioca lì vicino. Spero di essermi spiegata^^’’

 

Se volete ridere... la vendetta della lavatrice mi ha colpita!!!

Ho steso una lavatrice di jeans, e dentro c’erano dei miei slip dimenticati dal lavaggio ‘di bianco’ precedente. Ora sono blu slavato >_________<

Roy starà ghignando di me!


Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come contattarmi… ^____^



Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Una particolare menzione a Shatzy, per la consulenza preziosa.^*^

E ringrazio chi mi ha espresso le proprie impressioni dopo aver visitato il mio blog neonato, (i lavori sono in corso).
Se lasciate un parere o un saluto, non mi offendo mica! ^__=

http://foxelyearth.spaces.live.com/default.aspx


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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