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Autore: Darik    15/04/2013    0 recensioni
La pace sembrava finalmente tornata al Mahora, ma ci sono sentimenti che durano molto, forse troppo, nel tempo, superano ogni difficoltà, e pur di vincere sono pronti a qualunque cosa, sentimenti che possono appartenere anche a persone diverse.
Seguito de 'La principessa e il cavaliere'
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2° Capitolo
Una volta fatte le dovute presentazioni, Saeko si fece indicare dove fosse la palestra di kendo e vi si diresse.
“Certo che era una ragazza davvero bella”, commentarono Fuuka e Fumika.
“Fortuna che essendo all’università è troppo grande per il professore”.
All’osservazione sarcastica di Kaede, Nodoka sussultò, a Yue quasi andò di traverso il succo, Asuna divenne rossa in viso, Negi diede a tutte le spalle mentre Konoka fece una faccia da, forse, finta tonta.
Kaede trovò la cosa divertente, quindi aggiunse: “Però, considerando quanto sia bravo come seduttore, chissà che un giorno, magari quando sarà più grandicello…”
Alla seconda osservazione, Nodoka svenne e Negi la prese subito al volo, Yue se ne andò di corsa farfugliando che sull’albero di Mana aveva aperto un negozio di succhi, Asuna si concentrò profondamente su Takamichi e Konoka fece un’espressione alla ‘forse capisco a cosa allude, o forse no’.
Setsuna invece continuava a fissare Saeko, una figura ormai lontana.
“Non l’ho mai vista, eppure mi guardava così intensamente… e poi, cos’è questa sensazione di familiarità? Chi la conosce quella?”
Rabbrividì.
“Be, ora andiamo al ristorante di Chao a festeggiare la vittoria di Setsy!”, propose Konoka, e trascinò via Setsuna, seguita dagli altri.

Il cibo cucinato da Satsuki era come sempre squisito, Ku Fei serviva ai tavoli, sempre affollati, mentre le sue compagne si dedicavano al parlare e a tessere elogi di Setsuna, che si scherniva.
“In fondo quel tizio era solo un gradasso, non ho fatto niente di che”.
“La tua esecuzione è stata comunque perfetta”, affermò Asuna. “Ku, per favore, potresti portarci ancora da bere?”
“Arrivo: sempre aranciate e coca cola per tutti e gazzosa per Setsuna?”
“Sì!”, risposero insieme.
Anche Satsuki aveva sentito, pur stando nel cucinotto interno del locale, che stava dall’altro lato rispetto alla piazza con i tavolini: andò nel frigo, prese tutte le bibite e le aprì, mettendole su un vassoio.
Avvertì poi un forte colpo sulla parete esterna, incuriosita uscì e diede un’occhiata in giro, senza vedere nessuno.
Si strinse tra le spalle e ritirò, portando il vassoio a Ku, che la attendeva.
Dopo che lo ebbe portato alle sue amiche, si accorse che delle nuvole scure si stavano facendo più grosse e vicine.
“Ragazze, professore”, disse loro mentre bevevano, “penso che sia ora di andarsene, sta per arrivare un temporale”.
“Stai esagerando”, le rispose Asuna, “è solo qualche nuvola.”
Detto fatto: preceduta da un paio di tuoni, dopo qualche minuto arrivò la pioggia, prima con poche gocce, per poi diventare sempre più forte e infine scrosciante.
Ci fu un fuggifuggi generale, Setsuna si tolse la camicetta e incurante del fatto che così rendeva visibile la sua fasciatura al petto, la usò per coprire al meglio Konoka.
“Ma Setsy…”
“Non ti preoccupare. Per te questo è altro”.
“Al dormitorio”, ordinò Negi.
“E non preoccupatevi di sparecchiare, ho già provveduto io”, avvertì con l’abituale sorriso Kaede, dopo che lei e otto sue copie avevano in simultanea preso i piatti da tutti i tavolini per portarli al bancone di Satsuki, che ringraziò facendo un sorriso e il segno dell’ok.
Il gruppo della III A si ritirò.

“Uff, ma guarda che schifo di tempo. E pensare che la giornata era cominciata benissimo”, sbottò Asuna asciugandosi i capelli.
“Si sa che il tempo può essere bizzarro”, disse Negi con un panno in testa.
“Io sono combattuta”, spiegò Konoka. “Da un lato mi dispiace che questa pioggia abbia rovinato la giornata in cui Setsy ha trionfato. Però sono pure contenta, mi permette di asciugare i suoi capelli, così lisci e profumati”.
Sentendo quelle parole, e le mani di Konoka che passavano dallo strofinare delicatamente all’accarezzare, Setsuna si fiondò dall’altro lato della stanza, rossa in viso e con lo sguardo stravolto.
Negi e Asuna pensarono: “C’era da aspettarselo”, mentre Konoka, per nulla sorpresa da quella reazione, iniziò ad avvicinarsi. “Setsy, i tuoi capelli hanno un profumo talmente buono… usi qualche shampoo particolare?”
“N-no, uso solo l’acqua e un semplice sapone…”
“Eh? Allora quell’odore così buono è naturale? Che bello, fammeli accarezzare ancora!”
Da un lato, c’era una ragazza dolce e carina con le braccia tese in avanti, che avanzava.
Dall’altro lato c’era una bella ragazza che pareva spaventata a morte tanto il suo volto era rosso e sconvolto dall’imbarazzo, e tentava quasi di arrampicarsi sulla parete su cui si era schiacciata, vedendo le braccia dell’altra come mostruosi artigli in avvicinamento.
Asuna intervenne e si piazzò tra le due. “Ehm, Konoka, che ne dici di preparare semmai la cena?”
“Io… vado alla mia stanza, ci vediamo domani!”, esclamò Setsuna approfittandone per sgattaiolare via, fuori dalla stanza.
“Non ti fermi a cena?”, domandò Negi.
Ma quando vide Konoka che osservava con occhi vogliosi i capelli di Setsuna, e il relativo sconvolgimento di quest’ultima, concluse con un: “Meglio di no, non mangeresti nulla".
"Lo temo".Poi si frugò nella tasche per prendere le chiavi della sua stanza. "Accidenti, devo averle dimenticate in palestra. Vado a riprenderle, sarà una rapida corsetta".
"Prendi comunque un ombrello” .
Setsuna rientrò ringraziando, ne prese uno, ma quando uscì dalla porta, il professore ebbe l’impressione che la sua allieva avesse lievemente sbandato.
“Stai bene?”
“Sì, un lieve capogiro, ci vediamo domani. Buonanotte”.

Fuori diluviava e tuonava, però non c’era vento, quindi l’ombrello proteggeva senza problemi Setsuna, che si muoveva con passo svelto per i viali deserti.
Ogni tanto lanciava delle occhiate ai rami degli alberi, con i più piccoli mossi dalla pioggia, e rallentò il passo, fermandosi a scrutare gli spazi tra una pianta e l’altra, quasi temesse la comparsa di qualcuno.
“No, non devo più pensarci, è una paura assurda”.
Riprese a camminare, e tuttavia, attimo dopo attimo, si accorse che qualcosa non andava: aveva l’impressione che il suo corpo diventasse sempre più pesante, e la testa invece leggera.
“Forse… forse è meglio se torno da Konoka…”
Si girò, e le gambe cedettero facendola cadere in ginocchio.
“Decisamente qualcosa non va… il cellulare. Sì, devo usarlo…”
Lo prese, ma non riusciva a premere i pulsanti, perché la vista le si annebbiava.
“Che… che succede?!”
“Sorpresa, stronza!”
Setsuna non fece neppure in tempo a girarsi che qualcosa di duro la colpì alla schiena, facendola finire con la faccia nella terra inzuppata di acqua.
Con la coda dell’occhio, scorse delle ombre nere che l’avevano circondata, ed erano almeno ventidue.
“La droga nella gazzosa ha funzionato”, disse una delle ombre. “Ora che facciamo?”
“Che domande!”, rispose una voce a lei familiare, “la pestiamo come si deve, no? Voglio vederla su una sedia a rotelle questa nanetta!”
Gli assalitori alzarono in contemporanea quelle che sembravano delle spade di legno, pronti a colpire.
“Ba… stardi…”, mugugnò Setsuna, tentando di muoversi, senza riuscirci: ora le sembrava di avere un corpo di pietra tanto era pesante.
Avvertì un rumore di passi e qualcosa sibilò nell’aria, che si riempì d’imprecazioni, prima, e grida di dolore, poi.
L’allieva di Negi non riusciva a muovere il collo, ma avrebbe voluto farlo quando sentì i tonfi di molti corpi che quasi in simultanea cadevano sulla terra bagnata.
Qualcos’altro le cadde addosso, era molto leggero e non si sentì più bagnata. Doveva trattarsi di un impermeabile.
Le grida ora erano diventate lamenti, quasi da bambino, e tra di essi e il rumore della pioggia, Setsuna sentì qualcuno parlare con voce impassibile.
“Cosa c’è, non ti è piaciuto il trattamento? Ora ascoltami bene, spilungone, perché voglio darti un consiglio da amica: ti conviene non dire a nessuno che io vi ho fatto questo. Per due motivi: il primo è che scoprirebbero perché l’ho fatto, e dubito che il preside Konoe sarà contento di sapere cosa volevate fare alla migliore amica di sua nipote. Il secondo è che poi io vi punirei per aver fatto la spia, e credimi, quello che avete subito stasera sembrerebbe acqua di rose a confronto. Vuoi dirmi qualcosa? Non ci riesci col tacco del mio stivale premuto sulla trachea, vero? Lo sai che se premo un altro po’ il tacco penetrerebbe senza problemi pelle e muscoli? Vogliamo vedere se riesci a respirare comunque? Ce la dovresti fare, a volte quando qualcuno soffoca gli si incide la trachea, un piccolo buco per far entrare e uscire l’ossigeno senza passare per il naso e la bocca. Certo questo lo fanno i chirurghi esperti nelle sale operatorie, io sono solo una ragazza senza alcuna competenza, che in questo caso utilizzerebbe un tacco, per giunta entrato in contatto col terreno, quindi immaginati quanti microbi penetrerebbero nel tuo sangue schifoso. Toh, te la sei fatta addosso. Non mi stupisce, vi siete messi in ventidue contro una sola ragazza, per giunta dopo averla drogata. Ora andatevene, apposta vi ho spezzato tre arti su quattro, tanto con uno solo, strisciando lentamente, ce la dovreste fare. Addio”.
Setsuna non aveva visto la scena, essendo bloccata con la testa girata dall’altra parte, e non aveva neppure sentito tutto, a causa dei lamenti, della pioggia e dell’impermeabile che teneva sopra, ma aveva comunque afferrato il succo del discorso, ed era stato sufficiente per farle venire i brividi, quindi tentò di muoversi, ancora inutilmente.
Tuttavia la sconosciuta la prese in braccio con estrema delicatezza e cominciò a correre sotto la pioggia.
“Chi… chi sei?”
“Ssh, riposati ora”, le disse dolcemente la sua salvatrice, mettendole una mano sugli occhi.
Setsuna si sentì cadere in un oblio che avrebbe voluto gradevole, ma ebbe l’impressione di essere portata tra gli alberi.
“No… alberi… tempietto… no”, mormorò prima di svenire.

  
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