Mi era venuta un’idea e così ho buttato giù qualcosa. Vi lascio alla lettura!
Le vacanze natalizie erano agli esordi la
sera in cui Harry, salito presto nel dormitorio comune, aveva deciso di dare una
lucidata alla sua scopa. Quello era stato l’ultimo giorno di lezioni e i
professori si erano molto impegnati nell’assegnare loro compiti da svolgere
durante i giorni di festa. Piton ,in particolare, aveva ordinato alla classe di
consegnare una relazione lunga oltre trenta centimetri su un argomento che non
si era nemmeno dato pena di spiegare.
Ron ed Hermione erano rimasti in sala
comune, l’uno a giocare con Dean alle magiche carte, ultimo dei giochi
illegalmente portati dentro la scuola, l’altra ad accarezzare Grattastinchi
leggendo un immenso tomo sulle più frequenti tecniche di avvelenamento tra
grandi maghi della storia. Neville e Seamus erano andati via quello stesso
pomeriggio. La nonna di Neville era venuta a prenderlo direttamente a scuola,
intrattenendo una lunga e udibilissima discussione sui profitti scarsi del
nipote con ogni professore riuscisse a bloccare prima che sparisse oltre le
scale. Neville aveva trascorso quelle ore in un angolo, accanto al proprio
bagaglio, con la testa china e le guance rosse. Infine, dopo quelle che erano
parse settimane, la vecchia donna aveva afferrato il nipote per l’orecchio e,
con la grande borsa al braccio, aveva oltrepassato con lui le porte della
scuola. Seamus, subito dopo cena, era andato via con i genitori. Harry sarebbe
rimasto ad Hogwarts per le vacanze e, quell’anno, anche Ron ed Hermione
avrebbero fatto lo stesso. Glielo avevano riferito proferendo centinaia di scuse
differenti, Hermione era arrivata addirittura a dire di dovere recuperare
qualche lezione arretrata, ma Harry, più scocciato che altro, aveva loro detto
che sapeva benissimo perché non sarebbero partiti. Dopo la morte di Sirius non
gli era quasi più concesso rimanere solo per oltre un paio di ore. Pensavano
forse che avrebbe potuto commettere una qualche azione inconsulta. In realtà
,Harry lo sapeva bene, ciò che tutti credevano era che fosse come una bomba ad
orologeria: pronto a scoppiare da un momento all’altro. Aveva soltanto dovuto
imparare a convivere con l’avere sempre qualcuno alle spalle o qualcun altro a
chiedergli se fosse tutto a posto. Non era difficile, bastava avere pazienza e
una certa dose di autocontrollo, doti che Harry aveva imparato ad
affinare.
Così quella sera ,nel clima di generale sollievo che ogni vacanza
portava inevitabilmente con sé, aveva deciso di dedicarsi qualche ora a ciò che
gli era più caro e restare così un po’ da solo. Dopo aver declinato le offerte
di compagnia degli amici, tra i due Ron si era mostrato particolarmente tenace,
era riuscito a sgattaiolare di sopra e gettarsi sul proprio letto, godendosi
quell’attimo di pace.
Scattò la mezzanotte nell’attimo stesso in cui si
accinse a posare il kit di manutenzione per manici di scopa nel baule aperto ai
piedi del proprio letto. Lo lasciò però dov’era ,aperto sul materasso, per
potere godere ancora qualche attimo di quella visione, e, sbadigliando e
chiedendosi che fine avessero fatto Ron e Dean, afferrò il pigiama a righe da
sotto il cuscino e se lo infilò piano. Fu in quell’attimo che la porta del
dormitorio si aprì e ne sbucò indefinita una massa di rosso, con movenze confuse
e frenetiche. Ron, quasi non accorgendosi che c’era anche Harry all’in piedi
vicino al proprio letto a osservare silenziosamente la scena, lanciò
imperterrito un calcio al baule aperto dell’amico e, inconsultamente, imprecò a
gran voce. Infine, dopo essersi placato, si sedette sul davanzale della finestra
mentre le gocce prendevano ad incrostare lentamente i vetri trasparenti. Harry,
incapace di formulare un pensiero logico o una frase qualsiasi, si sedette
gettando le coperte ai piedi del materasso e rimboccandosele sulle gambe. Ron
nel frattempo non accennò a muovere discussione così che Harry, sospirando
rumorosamente per farsi ben udire dall’amico, si mise a giocherellare con una
piuma trovata sul comodino. Annoiato incrociò infine le braccia sotto la testa
enumerando le crepe del soffitto, le botte possenti del vento incalzante contro
i muri della stanza, i grandi e sofferti respiri dell’altro. In realtà, non
sapeva se aveva o meno voglia di chiedere lui cosa ci fosse che non andava. In
quegli ultimi tempi, poi, Ron aveva avuto sempre qualcosa di cui lamentarsi, dal
cibo che peggiorava ai professori che si incattivivano contro di lui. Harry lo
ascoltava polemizzare senza muovere un muscolo, scostandosi ogni tanto da quei
discorsi e seguendo il filo logico di qualche pensiero più interessante,
annuendo con la testa e proferendo un “si, hai ragione” “ davvero, è proprio
così, già…” nei momenti in cui l’amico sembrava aspettasse una conferma. Ma
quella faccia, quei respiri che parevano sofferti all’inverosimile…gli davano
proprio sui nervi.
Cercò di voltarsi dall’altra parte e chiudere gli occhi
ma gli fu impossibile concentrarsi su altro allorchè Ron, ancora sospirando
fremente, cominciò a parlare da solo, sottovoce. Stringendo forte la presa sul
cuscino e serrando all’inverosimile le palpebre si voltò verso la finestra
contro la quale il rosso, che ancora parlava da solo, si era seduto.
-
Ron…che c’è?-
Ma Ron non rispose, neppure lo guardò. Come se nessuno avesse
parlato continuò a contorcersi le mani e a divenire paonazzo di tanto in tanto.
Harry, dopo aver atteso qualche secondo, si rimise sotto le coperte tirandosele
sin sul mento.
- Lasciami dormire quantomeno-
- Vuoi davvero sapere cosa
c’è che non va?! Lo vuoi sapere davvero?!-
Il tono di Ron si fece altero e
arrivò a divenire stridulo all’apice della domanda. Harry, che avrebbe voluto
rispondere che non gliene importava niente, annuì risistemandosi seduto e
poggiando la testa al muro dietro di se. Quella serata era stata fin troppo
perfetta per restare tale nei suoi ricordi.
- Ho litigato con Hermione, ecco
cosa c’è che non va! Ti giuro che io non la sopporto, non la sopporto
più!-
Ormai Ron urlava quasi e Harry, capendo quanto lunga sarebbe divenuta
quella discussione, si sistemò comodo. Hermione…sempre la solita storia. A volte
si chiedeva quando quei due l’avrebbero smessa di litigare, di punzecchiarsi, di
offendersi reciprocamente per ogni seppur minima questione.
- Lei è
insopportabile! E’ odiosa!-
- Lo so, ma mi chiedo perché te la prendi tanto.
Lo sai anche tu come è fatta Hermione-
- No, guarda Harry, tu non puoi capire
che cosa mi ha detto stasera…ha superato ogni limite-
- Peggio di dirti che
un troll rimbambito sarebbe comunque più intelligente di te?-
- Peggio?!
Questa le supera tutte, ma questa volta non la perdonerò tanto facilmente…lei e
quel suo gattaccio!-
Il quadro della Signora Grassa si aprì lasciando
entrare una piccola figura con dei lunghi capelli rossi. Ginny osservò la sala
comune e si accorse che era deserta. D’altronde era piuttosto tardi, solo pochi
minuti prima era suonata la mezzanotte. Cercando di non fare rumore si avanzò
nella stanza osservando i libri e fogli di pergamena lasciati in giro, le carte
gettate in terra, le poltrone riunite in piccoli crocchi. Il fuoco nel camino
ardeva però ancora ardente e Ginny, sorridendo, si andò a sedere sulla poltrona
più vicina a quello, protendendo le mani verso le fiamme rosse. Fu in
quell’attimo che sentì dei singulti alle sue spalle. Si voltò di scatto,
irrequieta.
- Chi…chi c’è?-
Chiese con appena un filo di voce, la mano
già sulla bacchetta riposta sotto il maglione. Ma la figura che giunse alle sue
spalle fu conosciuta sebbene trasfigurata dal pianto. La folta chioma scura di
Hermione sbucò dall’oscurità e Grattastinchi, sornione, si andò a posizionare
sul camino, stiracchiando le corte zampe.
- Hermione! Ma che ci fai qua? Io
pensavo non ci fosse nessuno…e poi, perché piangi?!-
Hermione prese posto sul
puff più vicino al camino e si soffiò rumorosamente il naso in un grande
fazzoletto.
- Tu dovresti essere a letto,sai bene che il coprifuoco è alle
dieci…!-
Nonostante tutto, pensò Ginny, Hermione era sempre Hermione. Anche
in lacrime non smetteva di far rispettare le regole.
- Si, lo so, ho avuto
un contrattempo. Ma adesso vuoi dirmi perché piangi?-
La bruna alzò gli occhi
fissandoli sul gatto rosso che ormai si godeva il calduccio muovendo la coda
all’in su.
- Tu…mi prenderai per una stupida…lo so…-
- No, non lo farò,
promesso-
- Sicura?-
- Sicura…ora dimmelo, però-
- Va bene…- la
risposta fu nasale e appena udibile ed Hermione, tirato fuori un altro
fazzoletto da un grosso pacco magicamente comparso dal nulla, si asciugò il naso
con fare rumoroso.
- Io ho litigato…con tuo fratello…-
Ginny corrucciò la
fronte. Possibile che piangesse soltanto per quello? Ron ed Hermione litigavano
almeno dieci volte al giorno ma mai l’aveva vista piangere per una cosa del
genere. Era quantomeno ridicolo. Tentò comunque di affrontare l’argomento con
cautela. Hermione, se infastidita, reagiva davvero male.
- Beh, non è una
novità…-
- Stavolta è stato diverso…-
- Diverso? Perché? Di la verità, mio
fratello ne ha sparata una delle sue, vero?! Io l’ho sempre detto che è un
insensibile maleducato! Non capisco proprio da chi abbia preso, ha il tatto di
un elefante! Ma appena lo vedo, giuro che…-
- No, sta tranquilla…non è stata
colpa sua…non del tutto, almeno…-
Ginny voltò gli occhi nocciola e guardò
l’altra. Sembrava più calma, adesso, e anche la sua voce aveva assunto un tono
pacato e mite.
- Se non è stata colpa sua, allora…-
- Gli ho detto che
preferirei cento volte avere grattastinchi come amico rispetto che lui…che non
vale niente e che per me può andare al diavolo…-
Ginny ascoltò perplessa le
parole dell’amica. Beh, effettivamente quelle non erano proprio le cose più
gentili da dire, però ricordava anche scambi di battute peggiori tra quei due, e
sentire quello non la sconcertava più di tanto.
- Scusa, forse non capisco
io…ma non è una cosa tanto grave, no?-
- No, in effetti no, però…-
-
Però…?-
- Aveva attaccato un’altra volta ad insultare Grattastinchi,
enumerando le sue centinaia di stupide teorie secondo le quali il mio gatto lo
detesta. Ho cercato di dirgli che non è vero, che è un paranoico, ma alla
fine…non ce l’ho fatta più a stare zitta e lui ha rimbeccato urlando che l’unica
persona capace di sopportarmi era Krum…allora io ho concluso col proferire che
lui non sarà mai al suo livello, nonostante lo desideri…-
Ginny spalancò gli
occhi.
- Così…tu gli hai detto questo?-
E la sua voce assunse una cadenza
divertita. Hermione la guardò in tralice. Non era divertente, affatto.
- Si,
sapevo che se la sarebbe presa…-
- E ha funzionato?-
Un ghigno attraversò
il viso della rossa. Era sbagliato ridersela, lo sapeva bene, ma ormai le liti
tra suo fratello ed Hermione erano tanto frequenti da non suscitare altre
reazioni. E il motivo per cui la bruna stesse piangendo non era difficile da
immaginare: si sentiva semplicemente in colpa perché, nonostante dicessero
sempre di non sopportarsi, era tutt’altro ciò che provavano. Ci stavano sempre
peggio, soffrivano ogni volta di più dopo aver litigato e Ginny si interrogava
sul perché non si decidessero a capire.
- Fin troppo bene,
credimi…-
Rispose infine Hermione prendendo un lungo respiro.
Harry ascoltava quella strafila di commenti
ormai da dieci minuti. In realtà non credeva di stare ascoltando nulla che non
aveva già sentito qualche altra volta. Era sempre così, ogni qualvolta
litigavano quei due…finiva che Ron sproloquiasse un’ora su tutti i difetti di
Hermione prima di accordarle il suo perdono. Anche quando capitava fosse in
torto, e succedeva certamente più spesso.
- Ma questa volta non gliela
faccio passare così alla buona! Stavolta non riuscirà a corrompermi, non sia mai
detto! Gliela faccio vedere io, le faccio capire una volta per tutte che sono
una persona e pertanto deve trattarmi come chiunque altro! Come trattava quella
sottospecie di scimmione muto!-
Ron gettò pesantemente dalla bocca il fiato
che si condensò in una nuvoletta davanti i suoi occhi.
- Non dovresti
prendertela tanto…non capisco neppure perché litighiate tanto spesso, in
realtà…e poi, chi sarebbe lo scimmione muto?!-
- Chi, secondo te?! Quella
mummia di Krum!-
Harry scosse la testa, sull’orlo della disperazione. Krum
era un altro degli argomenti preferiti dai suoi amici.
- A volte sembra che
lo facciate apposta, come se cercaste pretesti sempre diversi per
punzecchiarvi…-
- Io non cerco dei pretesti, è lei che lo fa. Ogni cosa che
faccio, ogni cosa che dico… sempre tutto sbagliato. Non potrò mai competere con
lui, non potrò mai essere al suo livello…è così che la pensa!-
Il tono del
ragazzo si fece d’un tratto amaro e affranto. Harry non avverti la cadenza
mutare perché, ormai, stava scivolando nel sonno. Ma Ron, convinto che l’altro
lo ascoltasse ancora, continuò.
- Forse sono davvero io ad essere sbagliato.
È vero, so benissimo di non essere intelligente o arguto come lei, però…chi lo
è, in fondo? E’ difficile competere con Hermione, lei è la migliore in tutto. Mi
piacerebbe solo che si accorgesse che io…che io non sono poi tanto stupido,
ecco…e che sono molto meglio di Krum-
-… perché a
volte mi chiedo se faccia lo stupido apposta! Non riesco a capirlo, non so, è
come se parlassimo lingue differenti, come se vivessimo su pianeti diversi. E se
lo tratto male non è per cattiveria, davvero, ma solo perché non riesco a
parlargli in nessun altro modo. Con tutti gli altri non mi succede, ma con lui…è
come se non trovassi altre parole per dirgli ciò che desidero se non quelle più
cattive!-
Ginny accarezzò il folto pelo di Grattastinchi che, annoiato, si
era appollaiato sulle sue gambe. Il fuoco del camino si era già un po’ estinto,
ma ardeva ancora forte e luminoso.
- Anche stasera, io volevo solo
intrattenere con lui una discussione normalissima, ma deve sempre complicare
tutto! Se avesse voluto avremmo potuto chiacchierare senza problemi, e invece
come al solito ha dovuto rovinare ogni cosa dicendomi di Grattastinchi, di tutte
le congiure architettate alle sue spalle e del fatto che a me non importi nulla
se un giorno morirà per colpa del mio gatto…ma è solo un gatto! Non capisce
niente, non capisce…-
Hermione sospirò a lungo e profondamente. Ginny sorrise
senza farsi notare dall’altra. Era da un pezzo che quei due facevano in quel
modo, e non era difficile comprenderne il motivo. Chissà se e quando si
sarebbero trovati.
- Vorrei solo, per una volta, riuscire a parlargli come
faccio con tutti gli altri. Ma lui è Ron, il re dei re, e nessuno può dirgli
come fare una cosa, non sia mai! Il suo orgoglio supera ogni altra cosa, sul
serio…non ascolta ragioni né riesce a vedere oltre il suo naso. Se solo provasse
a farlo, si accorgerebbe che a me importa della sua vita, e che non penso
affatto sia peggio di Krum-
- Non credi che anche il tuo orgoglio superi
molte cose?-
La bruna la guardò meravigliata.
- Che intendi dire?-
-
Beh, l’orgoglio può fare del bene, spesso è così, però capita anche che ci
offuschi la vista. Ad esempio, non ci fa capire come in realtà siano forti e
diversi da quelli che pensiamo noi i sentimenti versi qualcuno…-
-… chissà se
un giorno riuscirò a dimostrarle quanto valgo, perché io valgo, lo so, è solo
che con lei…mi sento una mezza cartuccia. Continuamente sotto esame-
Un tuono
rombò facendo tremare il vetro e Ron, gli occhi sul pavimento, li alzò per
assistere allo spettacolo che la finestra intarsiata di pioggia gli offriva.
-… penso
dovresti guardare più a fondo nel tuo cuore e chiederti il vero motivo di ciò
che ti accade quando sei con Ron. Sono sicura che ti accorgerai di cose
inaspettate. Buonanotte, Hermione, e pensaci-
Rimasta sola con Grattastinchi,
che si appisolò sul tappeto sotto i suoi piedi, Hermione si alzò dal puff e si
avvicinò alla vetrata. Fuori pioveva e riusciva a sentire, in lontananza, i
rumori dei tuoni. Poggiò la fronte al freddo vetro e socchiuse gli occhi.
Ron…
Perché tutto con lui appariva tanto complicato? Perché?! Perché
quando si poggiava alla sua spalla in cerca di conforto trovava molte più cose,
molte più emozioni di quelle che riuscisse a controllare? Perché ogni suo
sorriso, ogni sua seppur ebete espressione la facevano in fondo felice? Perchè
non riusciva a non pensarci, a scordarlo, a rinnegare la risposta ad ogni suo
interrogativo?
E lui c’era, lo conosceva da sei anni, ormai, ma non capiva,
non capiva… sapeva, purtroppo, che se un giorno non ci fosse più stato nella sua
vita, se non l’avesse più fatta andare su tutte le furie come faceva, non
sarebbe stato lo stesso. Diceva di essergli solo amica, a volte diceva di
sopportarlo per forza maggiore, quella sera gli aveva urlato che non sarebbe mai
stato al suo livello, che avrebbe preferito scambiarlo con uno stupido
gatto…
Era cresciuta con lui ed Harry, insieme avevano oltrepassato
difficoltà inaudite, avevano litigato, si erano riappacificati. Erano i suoi
migliori amici.
O, quantomeno, Harry era un suo amico. Non lo aveva mai detto
a nessuno, neppure a Ginny, ma lei sapeva, ne era più che cosciente... mentiva
ad ognuno perchè ammetterlo sarebbe stato stupido, e ciò che ne avrebbe ricavato
sarebbe stato il nulla. E, ogni giorno, si scontrava col dolore che quella
decisione comportava.
Sospirando si protese e afferrò da un angolo una
busta. Ne uscirono due pacchetti di uguale forma e colore. La ragazza,
guardandosi intorno, ne aprì uno. Chiuse allora gli occhi, si concentrò a fondo
e, infine, osservando il pacchetto, lesse.
***
La amava.
Sapeva benissimo di amarla da chissà quanto tempo. Ma lei non se ne accorgeva e,
in ogni caso, anche se se ne fosse accorta, nulla sarebbe cambiato. Lei era
troppo per uno come lui, Hermione era troppo. Meritava di più e, come quella
sera gli aveva ribadito, non era alla sua altezza. Comprendeva benissimo di non
poter essere alla sua altezza, lo accettava e restava in silenzio ogniqualvolta
lei glielo diceva. La verità era che non aveva nulla da ribattere, perché la
amava ma sapeva benissimo non avrebbe mai potuto averla. Amava un sogno, l’idea
che aveva di Hermione. E lei, che pure camminava a un passo da lui, non se ne
rendeva conto. Non lo aveva mai detto ad Harry, né lo avrebbe mai fatto. Lui non
avrebbe capito, forse lo avrebbe preso in giro, forse gli avrebbe detto di
lasciar perdere. Ma quello poteva farlo benissimo senza che Harry glielo venisse
a suggerire. Lo stava in fondo già facendo. Perché litigare era l’unico modo che
aveva di sentirsi qualcuno in sua presenza, l’unica maniera che aveva di starle
vicino. Perché ogni volta che la vedeva ridere, che la vedeva sfiorare Harry,
baciarlo seppure nel modo più ingenuo che esistesse, gli si contorcevano le
viscere. Perché era sua, avrebbe voluto gridare al mondo, sua, sua, sua…ma in
realtà di Hermione nulla aveva se non quelle parole spregevoli che lei gli
indirizzava in ogni loro lite. Avrebbe semplicemente rimosso quel sentimento dal
suo cuore, dalla sua testa. Avrebbe fatto finta di nulla, come sempre. L’avrebbe
sfiorata quando lei gli si avvicinava, l’avrebbe abbracciata quando lei ne aveva
bisogno. Sarebbero state rari ed effimeri momenti, ma sarebbero stati tutto ciò
che per sempre di lei avrebbe posseduto e conservato. L’avrebbe guardata ad un
palmo di cielo per vederla con qualcun altro, e avrebbe maledetto quelle mani
che potevano toccarla, quegli occhi che potevano guardarla proprio come in ogni
momento aveva maledetto Krum. Perché lui nulla era, nulla rappresentava se non
un suo amico. Forse caro, forse insignificante, ma questo a Ron non importava.
La cosa che contava era che Hermione era e sarebbe sempre stato tutto quello che
di più bello ed impossibile avrebbe sognato di possedere. Si alzò dal davanzale
della finestra e, convinto che non sarebbe riuscito a prendere sonno, uscì dal
dormitorio comune, lasciando Harry e Dean, salito poco prima, intenti nei loro
sogni. Scendendo le scale vide baluginante il fuoco che ardeva ancora nel
camino. Attraversò veloce la distanza che mancava a raggiungere quel calore
necessario e si bloccò allora, pietrificato. Hermione era distesa sul divano, i
capelli come una confusa massa attorno al viso, la giacca aperta sul davanti, le
labbra indifese ed esposte. Ron mosse incerto un altro passo nella sua direzione
e, senza pensarci, si andò a inginocchiare dinanzi a lei. Ma lei dormiva, ed era
bellissima, e quel fuoco creava sulla sua pelle mille increspature, e mai se ne
sarebbe andato. Avrebbe passato forse l’intera sua vita in quel modo, a
guardarla dormire, vicina e possibile persino a uno come lui, nel silenzio che
avvolgeva in quell’attimo il suo desiderio ancora imberbe. Sentiva il proprio
cuore battere, e afferrò titubante una delle mani di Hermione. Lei non se ne
accorse neppure. Ron strinse la sua pelle bianca tra le mani a coppa e si sentì
immediatamente pervadere l’intero corpo da un senso di beatitudine e perfezione
a lui estraneo. Lui che nella vita non aveva mai posseduto nulla, che mai aveva
potuto vantare qualcosa di proprio, che aveva sempre preso e avuto dagli altri,
adesso poteva dire di avere lei. In quell’attimo aveva Hermione, ed era la cosa
più bella potesse desiderare. Si chinò, allora, per completare quel senso di
appartenenza, per fare ciò che mai più avrebbe potuto. Sfiorò le sue labbra e
sentì che tutto ciò di cui aveva bisogno per andare avanti era lei. Era
Hermione. Era quella sensazione che lei gli donava. Mantenne vivo quel caldo
contatto per ancora qualche attimo, intento a tenerla per sé il più possibile.
Se non avesse potuto mai più possederla, quel momento doveva quantomeno essere
infinito nei suoi ricordi. Si accinse infine a distaccare le labbra da quelle
della ragazza, a rompere quel magico istante, conscio che mai più, mai
più...sarebbero semplicemente stati. Ed Hermione sempre a un passo da lui.
Ciò che Ron mai si sarebbe aspettato e che nei suoi futuri ricordi sarebbe
sempre apparso come un qualcosa di impossibile anche solo da pensare accadde
quando, già a pochi millimetri dalle labbra di Hermione, una piccola mano gli si
intrufolò tra i capelli e lo attirò di nuovo a sé. Spalancò gli occhi, allora, e
rimase fermo. Il bacio si rese vivo, concreto, ed Hermione si issò a sedere
tenendo i suoi capelli stretti tra le dita.
***
Fu però un attimo, prima che ogni
cosa svanisse. Hermione con un leggero movimento della bacchetta dissipò la
nuvoletta dentro la quale tutto quello aveva preso vita. “Nuvole dolci sogni” le
avevano chiamate i fratelli Weasley, e lei, un po’ per curiosità un po’ per
rimprovero, ne aveva prese un paio. Ma solo quella sera, dopo la lite con Ron,
dopo le parole di Ginny, aveva deciso di usarne una. Bastava pensare
intensamente a qualcosa, a qualcuno, pronunciare infine una breve frase
riportata sulla confezione, e il sogno prendeva vita da solo. E lei aveva
sognato Ron, aveva sognato ciò che desiderava lui pensasse di lei, ciò che
desiderava, forse, diventasse realtà. Ma sapeva bene sarebbe rimasto tutto un
dolce sogno ancora a lungo. Si alzò dal divano e raccolse le proprie cose.
Infine, lanciando un’ultima occhiata alla scala che conduceva al dormitorio
maschile, si chiese se stesse dormendo. Un sorriso dolce si allargò sulle sue
labbra a quel pensiero, perché era tenero, perché era Ron…
Ci sarebbe stato
tempo, ci sarebbe stata occasione. Lo sapeva, bastava avere pazienza. Aveva
aspettato così tanto che, ormai, qualche giorno in più non faceva di certo la
differenza. Lo aveva aspettato rifiutando persino Krum, perché non sarebbe
riuscito ad amarlo come lui meritava. Non ce l’avrebbe fatta perché sapeva di
amare qualcun altro, qualcuno che però doveva ancora crescere.
Ci avrebbe
messo un mese, forse un anno, forse una vita... ma, prima o poi, sarebbe stato
pronto. E quel giorno Hermione lo avrebbe atteso con un sorriso in faccia, con
una battuta pronta, con la solida convinzione che nulla li avrebbe
divisi.
Solo in quel momento avrebbe realizzato il suo dolce, dolce
sogno.
Questo è ciò che sono riuscita a
scrivere...allora, cosa ne pensate? Mi piacerebbe confrontarmi con le vostre
idee e ricevere consigli per migliorarmi, o, semplicemente, leggere le vostre
opinioni! Recensite in molti, mi raccomando, un bacio
Fifi